Colosso di Rodi

Da una legge sacra di Cirene appare che la parola "Kolossos" significava la statuetta aniconica di argilla, legno o cera rappresentante il doppio di un individuo, maschio o femmina. Il vocabolo appartenente ad una lingua pre-greca di ceppo asiatico, significò, ancora in età pre-ellenica, non solo la statuetta di valore magico, ma la vera e propria statua, con tale significato, fu acquisito dal dialetto dorico, quando i Dori colonizzarono le isole e l'Asia Minore. Per tale ragione troviamo attribuito questo termine alla statua gigantesca di Helios che la città dorica di Rodi innalzò in ricordo della vittoriosa resistenza all'assedio di Demetrio Poliorcete.

Il colosso era una statua gigantesca che svettava sulla città portuale di Rodi sull'omonima isola del Mar Egeo, al largo delle coste dell'attuale Turchia. 

Nell'antichità, gli abitanti di Rodi, un popolo di commercianti, miravano ad essere indipendenti e cercavano di tenersi alla larga dalle contese militari con le altre popolazioni. Ciò nonostante furono conquistati numerose volte. 

Alla fine del IV secolo a.C. gli abitanti di Rodi volevano celebrare una vittoriosa resistenza all'assedio di Demetrio Poliorcete: essi avevano infatti appena difeso la loro città da un assedio durato un anno ad opera di un esercito greco. Essendosi resi conto di non poter vincere, i greci avevano persino abbandonato sull'isola parte della loro attrezzatura bellica. La popolazione di Rodi decise dunque di vendere questi oggetti e di costruire col ricavato una statua di Elio il dio del Sole, come segno di ringraziamento per la sua protezione.

La statua venne costruita da Chares di Lindo, scolaro di Lisippo. Dopo che venne eretta il vocabolo "kolossos" indicò solo le statue di grandissime dimensioni ed essa venne annoverata tra le sette meraviglie del mondo.  

L'iscrizione dedicatoria è conservata nelle fonti scritte e forse anche si può ricostruire l'epigramma dell'artista. La costruzione dell'opera durò dodici anni, sicché si può pensare che l'opera fu dedicata nel 290 a.C. a Helios. 

Pare che essa fu elevata sotto Seleuco Nicatore, data che non sposta tale cronologia. Dal racconto di Filone di Bisanzio riguardante la costruzione della statua, si apprende che essa era alta 32 metri e che l'artista, dopo aver infisso solidamente con grossi perni di ferro i piedi di bronzo della statua in una base di marmo, elevò il resto del corpo a strati avendo cura di preparare, nell'interno della statua, un'intelaiatura di ferro, formata da barre orizzontali e di montanti, che seguivano la forma della statua e che erano fissati con perni alle pareti di essa.

Lo scheletro di ferro era stabilizzato da un riempimento fatto con blocchi di pietra. Per la fusione, sul posto, delle parti bronzee era stato elevato tutto intorno un terrapieno. Non è escluso che essa fosse di legno e che la quantità di assi e di travi occorrenti fosse prelevata dalla colossale torre d'assedio, l'Elepoli, alta 40 metri, impiegata da Demetrio Poliorcete.  

Per molti secoli si credette che il colosso campeggiasse all'ingresso del porto di Rodi. Questo in realtà sarebbe stato impossibile: l'imboccatura del porto di Rodi era larga circa 400 metri e la statua non poteva essere così gigantesca. Alcune testimonianze scritte suggeriscono che potesse trovarsi nel cuore della città, in posizione dominante sul mare e sul porto.

Negli anni 224 e 223 a.C., a poco più di 50 anni dal compimento dell'opera, il Colosso di Rodi crollò in seguito ad un terremoto, spezzandosi alle ginocchia.

Un oracolo sconsigliò agli abitanti di Rodi di ricostruire la statua e perciò i frammenti rimasero lì dove si trovavano per 900 anni. La gente andava in visita a Rodi appositamente per vedere le rovine della statua del dio Sole. Nel 654 d.C. un principe siriano conquistò Rodi e spogliò il colosso di tutto il bronzo. Si narra che le lastre di metallo siano state trasportate in Siria in groppa a 900 cammelli, probabilmente per farne monete.

Durante il dominio dei Cavalieri di Rodi e nel Rinascimento, nacque la leggenda che il Colosso di Rodi sorgesse nel porto minore di Rodi e che le navi passassero sotto le gambe divaricate della statua; ricostruzione non accettabile per considerazioni stilistiche e tecniche. Migliore è l'ipotesi del Gabriel che (secondo cui) il Colosso di Rodi sorgesse là dov'è oggi il "forte di S. Nicola", eretto dai Cavalieri Giovanniti.

Non si sa se essa reggesse una fiaccola o una lancia. L'impostazione era verticale perché, date le dimensioni, la statica doveva essere sicurissima. E' pensabile che nel rendimento dei lineamenti del volto e nell'espressione psicologica nel Colosso, Chares si sia ispirato all'immagine del Sole sulla quadriga eretta per gli abitanti di Rodi da Lisippo.  

Le immagini di Helios nelle monete rodie non ci forniscono elementi per la ricostruzione dell'immagine lisippea, perché dal primo conio del 408 a.C. si susseguirono varianti non tanto differenziate da poter riconoscere un nuovo tipo, il quale riproducesse il volto dell'Helios di Lisippo. La scultura di Chares, con ogni probabilità, aveva intorno al capo una fitta raggiera, come altre immagini del sole scoperte a Rodi.