L'area
in cui sorse l'Artemisio era frequentata già dalla tarda età
del bronzo (seconda
metà del XIV e XIII secolo a.C.). A partire dall'età
protogeometrica i
frammenti ceramici rinvenuti testimoniano l'esistenza di un culto (fine
dell'XI - inizi del IX secolo a.C.), che si svolgeva probabilmente
all'aperto, forse in un semplice recinto sacro.
Nella
seconda metà dell'VIII secolo a.C.,
o nel secondo quarto del VII secolo a.C.,
fu eretto il primo tempio, un periptero con cella in
pietra ("naos 1"). Questo primo tempio fu
ricostruito, nella seconda metà del VII secolo a.C. ("naos 2",
o "tempio B").
L'edificio
sacro fu ancora ricostruito nell'ultimo terzo del VII secolo a.C. di
dimensioni maggiori, ma in forma di una cella priva di tetto (cella
"ipetra", sekos) e non più circondata da un
colonnato ("sekos 1", o "tempio C1").
Alla fine del VII secolo a.C. anche questo tempio ebbe una ricostruzione
nella stessa forma ("sekos 2", o "tempio
C2").
Nel
580-560 a.C. venne costruita una grande struttura in asse con il
tempio, interpretato in origine come un secondo tempio ("Hekatompedos") e
più recentemente come un altare monumentale,
probabilmente collegato al progetto del primo tempio in marmo,
l'Artemision arcaico di Creso ("diptero 1").
Durante
il regno di Creso sulla Lidia,
normalmente datato negli anni tra il 560 a.C. e il 546 a.C., ma con
inizio forse da considerare più antico,
e più precisamente intorno al 560 a.C.,
o intorno al 575 a.C.,
venne iniziata la costruzione del primo grande tempio diptero in marmo
("diptero 1" o "tardo-arcaico", o "tempio di
Creso").
Il
tempio fu bruciato il 21 luglio del 356
a.C., da Erostrato,
che ambiva in questo modo di passare alla storia. Il tempio era ancora
in rovina quando lo stesso Alessandro lo visitò nel 334 a.C. e propose
agli efesini di finanziarne la ricostruzione. Tuttavia i cittadini di
Efeso rifiutarono poiché era ingiusto che un dio (come veniva
considerato Alessandro) presentasse dei doni a un altro dio.
La
ricostruzione, finanziata dalle donazioni dei cittadini, fu completata
nella prima metà del III secolo a.C. Il tempio sopravvisse ad un
incendio all'epoca dell'imperatore Augusto e
fu distrutto dall'invasione dei Goti nel
263 d.C. I suoi marmi furono reimpiegati per la costruzione della chiesa
di San Giovanni ad Efeso e
della basilica
di Santa Sofia a Costantinopoli.
Il
Tempio di Artemide cadde in rovina o fu definitivamente distrutto nel
401 d.C. Secondo fonti parzialmente attendibili,
fu distrutto dai cristiani per ordine del vescovo Giovanni
Crisostomo (354-407).
Gli Atti degli Apostoli riferiscono
della contrapposizione fra la comunità giudaica ellenizzata e i
cristiani convertiti dall'apostolo Paolo, già nel I secolo.
Fonti
antiche - Gli
autori antichi che si occuparono del tempio spesso non distinsero
nettamente tra il "tempio tardo-arcaico di Creso" e il
successivo "tempio tardo-classico" e, pur essendo a conoscenza
delle diverse ricostruzioni, ne parlarono prevalentemente come di un
unico edificio, creando a volte difficoltà di interpretazione.
Le
origini del santuario furono considerate molto antiche: Pausania (110-180
d.C. circa) sostiene che il culto esistesse già in epoca precedente
alla migrazione degli Ioni e
che non fosse stato fondato dalle Amazzoni,
come riportava invece il poeta Pindaro. Tacito (55-120 d.C. circa)
riferisce che ai tempi di Tiberio gli
Efesini consideravano il santuario legato alla nascita di Apollo e
Diana, che ritenevano avvenuta non a Delo,
bensì in un bosco presso il fiume Cencreo, nei dintorni della città. Callimaco (310-235
a.C. circa) nel suo Inno ad Artemide racconta come le
Amazzoni avessero eretto nei pressi di Efeso una statua della dea posta
sul tronco di un albero, intorno al quale sarebbe poi stato costruito un
tempio.
Erodoto (484
a.C.-dopo il 430 a.C.) riferisce che il re
di Lidia Creso (560-546
a.C.) aveva donato al santuario di Efeso la maggioranza delle colonne
del tempio. Plinio
il Vecchio (23-79
d.C.) riferisce che il tempio era stato costruito in 120 anni con il
denaro di tutta l'Asia e
che le sue 127 colonne erano
state offerte ciascuna da un diverso re.
Anche Dionigi
d'Alicarnasso (60 a.C. circa -7 a.C.), parlando di Servio
Tullio, cita il
tempio di Artemide ad Efeso come di un tempio costruito da tutti gli Ioni.
Plinio
il Vecchio riferisce che il tempio era stato costruito dall'architetto
cretese Chersifrone di Cnosso,
che secondo Vitruvio (80 a.C. - 15 d.C. circa) fu aiutato da Metagene,
suo figlio. I due
architetti scrissero un trattato dal quale probabilmente derivano le
notizie sulle tecniche da loro adottate per trasportare le colonne e poi
gli architravi dalla cava e
per innalzare poi gli architravi sulle colonne.
Secondo Diogene
Laerzio (180- 240
d.C.) per le
fondamenta del tempio collaborò alla progettazione anche l'architetto Teodoro
di Samo, figlio di
Rhoikos, che aveva lavorato, inizialmente con il padre, anche per il tempio
di Hera a Samo:
secondo Plinio, per
evitare i problemi posti dal terreno su cui era costruito il tempio,
paludoso e poco solido, le fondamenta poggiavano su un letto di carbone
schiacciato e lana.
I
lunghi lavori di costruzione richiesero l'opera anche di altri
architetti: secondo Vitruvio vi
lavorarono anche Demetrio e Peonio
di Efeso,
probabilmente intorno alla metà del V secolo a.C., oppure per la
ricostruzione tardo-classica;
Peonio più tardi lavorò anche al tempio
di Apollo a Didima,
presso Mileto. Anche Strabone (ante
60 a.C. - 24 d.C. circa) riferisce di Chersifrone come architetto del
tempio arcaico, seguito da un altro di cui non fa il nome e che avrebbe
allargato l'edificio.
Plinio
il Vecchio riferisce
ancora che le dimensioni del tempio erano di 425 x 225 piedi (ovvero
125,8 x 66,6 m) e
le colonne avevano un'altezza di 60 piedi (17,76 m); 36 di esse erano
"columnae caelatae", ovvero scolpite.
Sempre Plinio riferisce al tempio l'invenzione delle basi con toro e dei
capitelli; il diametro delle colonne sarebbe stato 1/8 della loro
altezza e l'altezza del toro sarebbe pari a 1/2 diametro; ancora i fusti
avrebbero una rastremazione per
cui il diametro superiore sarebbe inferiore di 1/7 a quello inferiore.
Cicerone (106-43
a.C.) riferisce che lo storico greco Timeo
di Tauromenio (350-260
a.C. circa) affermava che il tempio venne bruciato la notte stessa della
nascita di Alessandro
Magno (21
luglio del 356
a.C.). Valerio
Massimo (morto
dopo il 31 d.C.) riferisce
come gli Efesini avessero vietato di ricordare il nome del responsabile
dell'incendio, che era invece stato tramandato dallo storico Teopompo (morto
intorno al 320 a.C.). Il nome di Erostrato è
ricordato da Strabone,
che riporta anche lui come fonte Teopompo, da Eliano (165-235
d.C. circa) e
da Solino (III
secolo d.C.).
Ancora
Strabone riferisce una notizia di Artemidoro
di Efeso (II-I
secolo a.C.),
secondo il quale lo stesso Alessandro, all'inizio della sua campagna di conquista
dell'Impero persiano, propose di finanziare la ricostruzione del tempio e che gli abitanti di
Efeso rifiutarono la proposta e pagarono i lavori con le donazioni e con
la vendita delle colonne del tempio distrutto. Sempre Strabone ci
informa, riportando ancora notizie di Artemidoro, che l'architetto fu
Dinocrate, che l'altare era stato decorato da Prassitele e
che erano presenti opere dello scultore Thrason.
Scavi
- Il riconoscimento
della posizione del tempio si deve a John
Turtle Wood, che lo
scoprì alla fine del 1869 e vi scavò fino al 1874,
inviando diversi frammenti architettonici e scultorei al British
Museum, che furono
studiati da Alexander
Stuart Murray. Nel
1894 l'Österreichisches
Archäologisches Institut riesaminò
a Efeso i frammenti scoperti da Wood e
redasse una pianta.
Nel
1904-1905 David
George Hogarth proseguì,
sempre per conto del British Museum, gli scavi di Wood, ripulendo lo
stilobate del tempio arcaico, scavando al di sotto di esso ed esplorando
anche il circostante temenos (recinto
sacro). Furono visti i resti di tre fasi (A, B e C) precedenti al grande
tempio arcaico (D).
Una
nuova campagna di scavo fu intrapresa negli anni 1969-1994 sotto la
direzione dell'archeologo austriaco Anton
Bammer, che riconobbe nel cosiddetto tempio A di Hogarth le fondazioni del naiskos costruito
all'interno della cella del grande tempio arcaico di Creso e le fasi ad
esso precedenti. Il tempio B di Hogarth rappresenta in realtà solo la cella di
un tempio già periptero,
ritenuto il più antico conosciuto.
In una fase successiva questo tempio venne rialzato su una piattaforma
più alta e in seguito, alla fine del VII secolo a.C., fu soppresso il
colonnato esterno, con il tempio ridotto alla sola cella (tempio C).
Descrizione
- Il tempio fu distrutto da un
incendio nel 356 a.C., ricostruito da Alessandro Magno non ritornò
comunque alla precedente bellezza; vi fu comunque aggiunta una scalinata
intorno al basamento, originali le basi delle colonne ornate con
sculture secondo la moda orientale. Gravemente danneggiato dai Goti nel
III secolo d.C., fu definitivamente distrutto dai cristiani nel IV.
La collocazione del tempio di Artemide fra le sette meraviglie del mondo
è dovuta alla stupenda architettura ed alle dimensioni eccezionali del
suo complesso. L'edificio più importante e più antico, denominato
"D" dagli archeologi, fu costruito per ordine di Creso circa a
metà del VII secolo; di ciò abbiamo come testimonianza delle
iscrizioni in caratteri Lidi e greci che si trovavano sulle colonne del
tempio "D".
La costruzione del tempio iniziò
nel VI secolo a.C., in un periodo in cui le città greche dell'Asia
Minore erano cadute sotto la dominazione di Creso, re della Lidia, e la
sua realizzazione fu lunghissima, richiedendo l'intervento di più
generazioni e proseguendo, quindi, anche dopo che la Lidia fu annessa da
Ciro all'Impero Persiano. I lavori furono eseguiti dall'architetto
Chersifrone. La fama del tempio nella antichità era legata al diritto
di asilo che questo elargiva e crebbe molto per i racconti legati a
personaggi illustri e alla vita religiosa della città. Fin dai tempi più
remoti il denaro necessario al sostentamento del tempio veniva procurato
dai pellegrini, dai mercanti che affollavano il tempio e dai sacerdoti
che vendevano le carni usate per i sacrifici. Gli scavi nel santuario
sono oggi ancora in corso, per il momento si ritiene che nel VII secolo
il santuario consistesse in una struttura simile ad un altare che cambiò
varie volte e di due altri monumenti: l'Hekatompedon, così detto perché
misurava 100 piedi e l'altare a rampa. Tutto ciò fu ricoperto con la
costruzione del tempio "D" e quella del cortile dell'altare.
Il tempio "D" aveva otto colonne sulla facciata e pare nove
sul retro, non doveva essere aperto, sebbene alcuni studiosi sostengono
che il tempio fosse aperto alla pioggia, perché nella zona della cella
fu trovato un tubo che serviva per eliminare l'acqua.
In seguito
si pensò che la copertura fosse tronca e limitata al colonnato, cioè
che la parte centrale fosse scoperta. L'accesso alla terrazza alta del
santuario avveniva per mezzo di scalini di marmo costruiti attorno
all'edificio come una gigantesca cornice.
L'alto
basamento era largo 7,85 m e lungo 131 m. Plinio racconta che le colonne
erano alte 20 m, snelle ed elegantemente scanalate (stile ionico), dei
bellissimi capitelli sostenevano le travi tanto grosse da far sorgere
una leggenda che parla di un intervento della stessa dea per aiutare
l'architetto ad erigerle, questi infatti scoraggiato dalla difficoltà
dell'impresa meditava il suicidio.

Il fregio non aveva figure ma
solo una grossa dentellatura sulla cimasa più alta che sorreggeva il
timpano. Quest'ultimo aveva tre aperture o finestre: quella centrale
fornita di sportelli e al suo fianco si ergevano due statue di amazzoni.
Plinio parla nel complesso di 127 colonne. La cella si trovava
esattamente al centro dell'edificio; non si è sicuri del fatto che la
statua della dea dominasse la cella, ma possiamo immaginare che la
grandezza della statua fosse quella delle copie di epoca romana. La
strana statua delle molte mammelle dell'Artemide Efesia rappresenta una
dea madre. La statua è rigida, la parte bassa assomiglia al sarcofago
di una mummia egizia.
Gli
elementi decorativi come cervi, leoni, grifoni, sfingi, sirene e api
sono originari dell'Est. Le statue avevano molta importanza in questo
complesso, infatti di tutte le competizioni svoltesi fra i greci, quelle
di scultura che si tennero nel V secolo per abbellire il tempio furono
uniche sotto molti punti di vista. Gli scultori delle statue di bronzo
delle amazzoni, qui però mostrate in atteggiamento di supplici che
implorano rifugio nel tempio, furono invitati ad esporle in pubblico e
le quattro giudicate migliori (erano quelle di Fidia, Policleto, Cresila
e Fradmone) furono scelte per decorare il tempio "D"; la
celebrazione della pace di Callia del 450 a.C. fu l'occasione per questo
avvenimento. L'altare non si trovava in linea retta rispetto al centro
della facciata, ma il sacerdote poteva scorgere le parti alte del tempio
dove avveniva "l'apparizione" della dea dalla finestra
centrale del tempio. Per stabilire quale fosse l'immagine di culto in
epoca arcaica è importante notare che il tempio "E" è
volutamente simile nelle linee e nei particolari al tempio
"D".
Il
tempio "D" fu distrutto il 21 luglio del 356 a.C. da un certo
Erostato, che lo incendiò pensando in questo modo di rendere il proprio
nome immortale; fu ricostruito da Alessandro Magno ma non ritornò
comunque alla precedente bellezza; vi fu aggiunta una scalinata intorno
al basamento e le basi delle colonne furono ornate con sculture secondo
la moda orientale.
Nel
più basso livello degli scavi, in quello che è chiamato "deposito
della fondazione", databile intorno al 600 a.C., furono trovate
statuette d'oro, di legno, d'avorio, d'argilla, alcune erano
raffigurazioni di Artemide come dea cacciatrice con l'arco o dea
dell'Ade con una torcia; le più piccole figure arcaiche del VI secolo
mostrano i diversi aspetti della dea. Senofonte narra di aver visto nel
tempio una statua arcaica della stessa forma di quelle trovate negli
scavi. Queste statue mostrano un miscuglio di forme orientali, lidie,
persiane, ittite ed egizie.
Una parte importante per la ricostruzione
del tempio è rappresentata dalle monete che recano la sua immagine,
nelle fondamenta del tempio "D" sono state trovate 87 delle più
antiche monete conosciute. Per ricostruire la facciata del santuario si
utilizzò una sola moneta e non ci si rese conto che, sulla moneta era
stata operata una sintesi del numero esatto delle colonne (8), come
risulta da altre monete.
Dopo la distruzione da parte dei Goti, avvenuta
nel 262 d.C., si era tentato di ricostruire il tempio che nel periodo
classico poteva essere considerato l'espressione dello spirito della
Grecia Ionica. L'uso dell'edificio nel IV secolo era mal tollerato dalla
religione cristiana, e per questo fu completamente distrutto da S.
Giovanni Crisostomo. Si dice che la gente continuasse ancora ad adorare
le pietre sottratte all'area sacra, la primissima e più venerata era la
pietra caduta dal cielo, probabilmente un meteorite. La scoperta dei
resti del tempio avvenne nel 1860 per opera di John Turtle Wood.

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