Monte Bianco

  

Il Monte Bianco, con un'altitudine di 4807, è la montagna più alta delle Alpi, d'Italia, di Francia e anche d'Europa, secondo alcune convenzioni geografiche, da cui i soprannomi di tetto d'Europa e di Re delle Alpi, condividendo assieme al monte Elbrus nel Caucaso un posto tra le cosiddette Sette Vette del Pianeta.

Posta nel settore delle Alpi Nord-occidentali, lungo la sezione alpina delle Alpi Graie, sulla linea spartiacque tra la Valle d'Aosta (val Veny e val Ferret in Italia) e l'Alta Savoia (valle dell'Arve in Francia), nei territori comunali di Courmayeur e Chamonix-Mont-Blanc, dà il nome all'omonimo massiccio, appartenente alla sottosezione delle Alpi del Monte Bianco. Prevalentemente di natura granitica, irta di guglie e di creste, intagliata da profondi valloni nei quali scorrono numerosi ghiacciai, è considerata una montagna di grande richiamo per l'alpinismo internazionale e, dal punto di vista della storiografia alpinistica, la nascita dell'alpinismo stesso coincide con la data della sua prima ascensione: l'8 agosto 1786.  

Dalla vista italiana, il Tetto delle Alpi non è poi così appariscente rispetto alle altre vette che lo circondano. A differenza dell'altro grande gigante delle Alpi, il Monte Rosa, visibile in tutta la Pianura Padana nord-occidentale fino alle prime alture appenniniche, il monte Bianco compare solo all'ultimo momento lungo la strada per Courmayeur, nascosto da una miriade di satelliti minori. Guardandolo da ovest è invece ben visibile da molto lontano, dalle alture del Massiccio Centrale francese, da quelle dei Vosgi, dalle alture del Giura, dalla Svizzera, dalla Foresta Nera.

È perennemente innevato e si trova nella parte centrale di una catena di monti che si estende in lunghezza per 40 km, in larghezza dagli 8 ai 15 km, su territori di tre diversi stati, occupando una superficie di circa 645 km²: il massiccio del Monte Bianco. Se si esclude la parete est del Monte Rosa di Macugnaga, la più alta delle Alpi, in questo massiccio sono presenti alcune tra le pareti più elevate del sistema alpino quali la Brenva e la nord delle Grandes Jorasses e sono raggruppate quaranta cime al di sopra dei 4.000 m, con un terzo di superficie a una quota non inferiore ai 3.000 m. L'azione degli agenti erosivi sulle rocce granitiche ha formato nel tempo creste acuminate e vette a guglia di particolare bellezza che richiamano nella regione alpinisti da ogni parte del mondo.

Mentre il versante francese discende lentamente in pendio, il versante italiano è formato da una ripida e maestosa muraglia granitica che dalle sommità maggiori precipita sul fondo delle valli Ferret e Veny. Su questo versante si trovano le pareti da scalare più difficili e impegnative. I luoghi abitati sono situati al disotto dei 2.800 m, mentre rari e difficili sono i valichi, il più basso dei quali è quello del Gigante a 3.359 m. Ecco alcune emblematiche cime:

- Il Dente del Gigante (4.014 m) è una delle più celebri cime. Si erge per circa 160 m al di sopra della caratteristica gengiva di neve.

- Le Grandes Jorasses: sulla sua parte sommitale, lunga circa 1 km, raggruppa una sequenza di sei punte, cinque delle quali superano i 4.000 m.

- L'Aiguille Noire de Peuterey (3.773 m) è uno dei simboli del Monte Bianco nel versante italiano: si innalza direttamente dai prati della Val Veny per 2.200 m di dislivello; è la cima più importante della gran cresta del Peuterey.

- Il Dôme du Goûter (4.306 m). Se la parte sommitale delle Grandes Jorasses è irta di cime, quella del Dôme du Goûter è completamente piatta ed è la più estesa di tutte le Alpi.

- Il Mont Dolent (3.820 m) è una cima piramidale; curiosamente la sua vetta è il punto d'incontro delle frontiere di Italia, Svizzera e Francia.

- le Guglie di Chamonix, tra i 3.000 e i 3.842 m, dominano la vallata di Chamonix e rappresentano uno dei paesaggi più celebri delle Alpi francesi.

Al di sotto della calotta sommitale, sotto una coltre di ghiaccio e di neve spessa dai 16 ai 23 m, a quota 4.792 m si trova la cima rocciosa, spostata di 40 m circa più a ovest rispetto alla vetta stessa. Nell'agosto del 1986 la misurazione ortometrica rilevata tramite satellite risultava di 4.804 m. Successivamente l'altezza ufficiale è stata per lungo tempo 4.807 m, per poi passare nel 2001 a 4.810 m; nel 2003 a 4.808 m; nel 2005 fu di 4.808 m; nel 2007 a 4.810 m; nel 2009 4.810 m e nell'ultima misurazione del settembre 2015 a 4.808 m, più basso rispetto alla precedente misurazione di 1,29 m. 

Queste variazioni sono dovute ai venti che accumulano la neve sulla cima, determinandone conseguentemente l'altezza. Se durante l'anno si registrano meno giorni ventosi rispetto all'anno precedente, di conseguenza si accumulerà meno neve condizionandone l'altezza. A causa delle continue variazioni della calotta ghiacciata a partire dal 2001 ogni due anni viene fatto un rilevamento ufficiale. Le misurazioni vengono effettuate a cura della Camera provinciale dei geometri dell'Alta Savoia in collaborazione con una società specializzata in rilevamenti tramite GPS. Dopo la siccità del 2003 la misurazione effettuata nel mese di settembre di quell'anno attestava l'altezza a 4.808,45 m e si constatò in quell'occasione che la cima si era spostata di 0,75 cm verso nord-ovest rispetto alla posizione del 2001.

Durante quella campagna di misurazioni sono stati sistemati sulla calotta sommitale più di 500 punti fissi di riferimento al fine di studiare con precisione il variare del volume di ghiaccio al di sopra dei 4.800 m che nel 2003 era di 14.600 m³, 14.300 m³ nel 2005 per arrivare ai 24.100 m³ attuali. Il monte Bianco è la montagna più alta di tutta la catena alpina e considerata anche la più alta dell'Europa. Tuttavia, se si considera il Caucaso come limite geografico sud-orientale del continente vengono citate quali vette più alte d'Europa quelle situate in territorio russo e georgiano, come l'Elbrus che culmina a 5.642 m, il Dykh Tau con 5.203 m, il Shkhara a 5.200 m e il Kazbek 5.047 m.

Il complesso montuoso delle Alpi è stato generato durante l'Era terziaria grazie alla spinta della placca tettonica africana e di quella asiatica, attraverso un processo di sopraelevazione verticale. Circa 300 milioni di anni fa, durante l'orogenesi ercinica, una grande intrusione granitica formò la struttura di base dell'attuale massiccio del Monte Bianco. Moderni metodi di rilevamento mettono oggigiorno in evidenza come la sopraelevazione delle Alpi prosegue incessantemente e supera ancora gli effetti dell'erosione. Attorno al nucleo granitico (protogino) affiorarono rocce metamorfiche (gneissmicascisti e calcescisti). Le rocce più frequenti sono:

- i graniti, che si distinguono nella parte centrale del Massiccio per le creste a guglia e le forme acute dei rilievi. Benché molto dura, questa roccia non resiste agli effetti dell'erosione provocata dai ghiacci.

- le rocce metamorfiche, che circondano i graniti. Queste rocce contengono le stesse famiglie di cristalli dei graniti, ma la loro resistenza all'erosione è minima e presentano forme più slanciate rispetto alle altre.

- le rocce sedimentarie, che vengono raggruppate generalmente in due grandi famiglie, ossia le rocce basiche (calcaridolomie, carniole, calcescisti), e le rocce acide (gresscisti argillosi, quarzite).  

Milioni di anni dopo (come già accennato, da 70 milioni di anni è tuttora in evoluzione) l'orogenesi alpina sollevò questa intrusione di granito creando delle fratture nelle quali si aprirono crepe e fessure. La formazione di cristalli di minerali è il risultato di un'iniezione d'acqua mineralizzata in queste fessure. Il processo di crescita dei quarzi nelle fessure alpine non è ancora completamente conosciuto. Per questa ragione il Monte Bianco è conosciuto anche come località mineralogica e dalle sue pendici proviene una gran quantità di minerali diversi, soprattutto quarzi di rocca e fluoriti rosa considerate le migliori. 

A testimonianza di un passato di sfruttamento delle risorse minerarie nel massiccio, sul versante italiano si trovano ancora due antiche miniere di galena argentifera e di blenda, abbandonate ormai da tempo. Una era conosciuta già nell'antichità con il nome di Trou des Romains e pare realmente che il suo sfruttamento sia iniziato in epoca romana; l'altra, la miniera del Miage è stata abbandonata nell'Ottocento, ed è posizionata a 3.500 m d'altezza, con l'ingresso direttamente dalla parete rocciosa, alle falde della Tête Carrée.

A 3,462 m di quota, a Punta Helbronner, sulla Terrazza dei Ghiacciai si trova una mostra permanente di cristalli provenienti dal Massiccio e tra i 150 minerali esposti si possono ammirare le più particolari varietà di quarzo di rocca, di morioni ialini e fumé; le vesuviane e i granati rinvenuti presso Châtillon, i minerali delle antiche miniere, tra i quali i campioni di oro nativo di Brusson e di violano di Saint Marcel, unica località di ritrovamento al mondo.

GHIACCIAI - Il massiccio del Bianco è una delle più vaste zone alpine ricoperte dai ghiacci e i suoi ghiacciai, in tutto 65, occupano un'area di 165 km². I più estesi sono localizzati sul versante francese dove i pendii sono meno ripidi ed esposti a nord. Tra questi il ghiacciaio dei Bossons e la mer de Glace che arrivano fin quasi alla vallata di Chamonix. Nelle Alpi quest'ultimo è il terzo per grandezza, con circa 40 km² di estensione, dopo quello di Aletsch nelle Alpi Bernesi in Svizzera e quello del Gorner nel Monte Rosa sempre in Svizzera. Sul versante meridionale, quello italiano, sono presenti i ghiacciai del Freney, della Brenva, del Miagedel monte Bianco, del Triolet, di Pré de Bar, per citarne alcuni. Tra i paesaggi glaciali alpini, quello della Val Veny è uno dei più singolari: due imponenti fiumane gelate scendono dalla cima del Bianco fino a quota 1.200 m sul fondo della valle sbarrandone l'ingresso. Continuando nella valle stessa, un'altra lingua glaciale, quella del ghiacciaio del Miage, irrompe nella vallata occupandola per tutta la larghezza per quasi tre km di lunghezza.

Attualmente il monte Bianco è sottoposto a continui monitoraggi per meglio conoscere e capire quanto accade ai ghiacci sulla calotta sommitale. A causa dei cambiamenti climatici e del conseguente generalizzato incremento termico, da alcuni decenni quelli del Bianco (e in generale lungo tutto l'arco alpino) sono in forte regresso, specialmente i più piccoli. Secondo dati provenienti dalle più recenti ricerche, negli ultimi anni si assiste a un particolare fenomeno che fa aumentare considerevolmente la coltre ghiacciata oltre i 4.000 m, tanto che la cima del monte è aumentata di 2,15 m e tutta la calotta sommitale di 10.000 m³ di ghiaccio. Secondo i meteorologi, questo incremento è spiegato dal fatto che negli ultimi anni è aumentato il numero delle giornate caratterizzate da venti provenienti da occidente, ossia quelli che spingono verso le Alpi le perturbazioni oceaniche molto ricche di umidità. Tale umidità si trasforma in neve ad alta quota, e in pioggia a quote più basse.  

FLORA E FAUNA - Nel territorio su cui svetta il monte Bianco i pendii delle montagne sono ripidi e levigati dai ghiacciai, con suoli prevalentemente acidi, conseguentemente l'ambiente è piuttosto povero di flora. Generalmente le nevi persistono oltre i 2.800 m di altitudine. Sulla parte ovest le prime pendici si situano sui 3.500 m mentre sull'opposto versante partono dai fondovalle valdostani. Date le condizioni estreme, la vita delle specie vegetali e animali è molto limitata, ma tra i crepacci o al riparo tra le pareti granitiche, alcune specie di piante riescono a sopravvivere sino ai 4.000 m, come il ranuncolo dei ghiacciai. A quelle altitudini si trovano anche muschi e licheni. A quote più basse i suoli spesso originano da calcescisti, o da rocce calcaree e le condizioni di vita per le piante sono meno estreme, pur rimanendo caratteristiche di un severo ambiente di montagna.

A queste altitudini prevalgono le foreste di conifere, popolate soprattutto dall'abete rosso e dal larice, ma localmente anche dal pino cembro e dal pino uncinato. Nella prateria alpina invece si possono osservare molte specie di fiori tra cui le vistose infiorescenze gialle dell'Hugueninia tanacetifolia, una pianta endemica del settore occidentale delle Alpi, e l'Anemone narcissiflora, e ancora la genziana, la notissima stella alpina, la rara campanula gialla. Nel sottobosco si può trovare l'orchidea scarpetta di Venere, l'orchidea Dactylorhiza sambucina, il giglio martagone, l'aquilegia, la viola, e le comuni genzianelle blu. Interessante la presenza dell'ibrido tra la genziana purpurea e la genziana punteggiata. Salendo più in alto si incontrano arbusti come il rododendro e il mirtillo. Nel cuore del massiccio, a 2.175 m s.l.m. si trova il giardino botanico più alto d'Europa: il Giardino alpino Saussurea, che raccoglie e valorizza le specie naturali della flora caratteristica del Monte Bianco.

Prende il nome dal fiore Saussurea alpina, chiamato così in onore dello scienziato ginevrino Horace-Bénédict De Saussure, promotore della prima ascesa al monte Bianco nel 1786. I mammiferi non possono sopravvivere a condizioni così difficili, contrariamente a certe specie di uccelli. Ad altitudini più basse invece la fauna si presenta più ricca e variata. La vicinanza di due Parchi Nazionali (Gran Paradiso e della Vanoise) ha contribuito al mantenimento e alla diffusione di alcune specie che si erano ridotte a pochi esemplari. Tra i mammiferi si può incontrare il camoscio alpino, che frequenta sia la prateria del piano alpino sia i boschi del piano subalpino, dov'è anche possibile incontrare due grandi erbivori come il cervo e il capriolo. Le ampie pietraie del piano alpino vedono la presenza dello stambecco, dell'aquila reale e della sua principale fonte di alimentazione: la marmotta. Un animale che si incontra sia nelle praterie di alta quota sia nel fondovalle è la volpe. Il lupo è stato segnalato nel fondovalle. Nell'area del massiccio sono state osservate ben 184 specie di uccelli e circa 110 di queste sono nidificanti. Oltre all'aquila, tra i rapaci si possono avvistare la poiana, l'astore, il gheppio.

Talvolta si può osservare il volo circolare dell'avvoltoio degli agnelli, il gipeto estinto sull'arco alpino all'inizio del XX secolo e reintrodotto di recente. Sono presenti anche il fagiano di monte, il francolino di monte (nella Savoia e nel Vallese, ma non più nella Valle d'Aosta) e il cervo imperiale. Poche sono invece le specie di rettili e si trovano comunque a quote relativamente basse, tra questi la natrice dal collare, mentre dove il terreno è pietroso e soleggiato si può incontrare l'aspide.

STORIA - Alla fine del secolo XIX nelle nazioni dell'arco alpino vennero creati reparti speciali addestrati per la guerra in montagna. L'alpinismo entrò così a far parte della preparazione militare, insieme all'uso degli sci. Il 9 gennaio 1934 ad Aosta venne costituita la Scuola Militare di Alpinismo, con distaccamenti a La Thuile e Courmayeur. Il primo comandante della scuola fu il tenente colonnello Luigi Masini. La Francia già si era dotata nel 1932 del l'ècole de Haute Montagne (E.H.M) con sede a Chamonix. Il grandioso scenario del gruppo del Bianco fu teatro allora delle spettacolari esercitazioni delle scuole militari dei due paesi, con manovre in alta quota di reparti specializzati. Alla scuola di Aosta, diventata l'Università dell'alpinismo, affluirono dalle valli alpine italiane i nomi migliori dell'alpinismo e dello sci nazionale. In breve furono organizzate e portate a termine imprese che all'epoca destarono grande ammirazione.

Il 22 giugno 1935 oltre 200 allievi alpieri della Scuola prestarono solenne giuramento di fedeltà alla Patria e al Re sulla cima del Bianco scalandolo per vie diverse, alcune delle quali tra le più impegnative. L'anno seguente 600 uomini completamente armati attraversarono la catena delle Grandes Murailles, da Valpelline a Valtournanche. Nel 1937 una imponente esercitazione in alta quota impegnò l'intero battaglione Duca degli Abruzzi (500 uomini) che occupò tutti i valichi di confine con la Francia per risalire, per vie diverse, sulla vetta del Tetto delle Alpi. Nel 1938 fu il turno delle truppe specializzate francesi che si ritrovarono sul Bianco il 14 luglio.

La Scuola Militare di Alpinismo di Aosta divenne in pochi anni famosa e conosciuta a livello internazionale. Successivamente, relativamente proprio al Monte Bianco, venne istituito il Reparto Autonomo Monte Bianco, costituito dagli elementi migliori degli alpini. Il compito del reparto (corrispondente come organico a una compagnia) era di presidiare la zona del Bianco dal Colle della Seigne al Col Ferret. Per meglio organizzarlo, fu diviso in tre schieramenti comandati da nomi celebri dell'alpinismo italiano come Giusto Gervasutti (il Miage), Renato Chabod (il Gigante) ed Emanuele Andreis (il Ferret). La scuola partecipò fin dagli esordi a eventi agonistici nell'ambito degli sport invernali e vinse nel 1936 a Garmisch la gara olimpica di pattuglia militare. Nel triennio 1935-1937 vinse inoltre il Trofeo Mezzalama di sci alpinismo.

Nel corso della seconda guerra mondiale il monte Bianco divenne il campo di battaglia d'Europa più alto in quota. Prima il rifugio Torino (3375 m), poi il col du Midi (3564 m) furono teatro di sanguinosi scontri tra soldati tedeschi e partigiani francesi e italiani. Ancora prima, nel 1940, Benito Mussolini, fino ad allora non belligerante, persuaso che il conflitto stava terminando, dichiarò guerra alla Francia. Il 10 giugno 1940 il 5º Reggimento alpini e il Battaglione Duca degli Abruzzi sferrarono l'attacco partendo dalle pendici del Bianco, in Val Veny, verso il col della Seigne, incontrando oltrefrontiera una forte resistenza nelle fortificazioni francesi a Sélonges in Val de Glaciers.

Le ostilità sul fronte occidentale durarono poco tempo e 14 giorni dopo, con l'armistizio del 24 giugno 1940, le operazioni si fermarono impedendo ulteriori avanzate italiane. Quattro anni più tardi, dopo lo sbarco alleato in Normandia e quello in Provenza nell'agosto del 1944, i tedeschi (Wehrmacht) iniziarono il ripiegamento verso la Germania risalendo la valle del Rodano inseguiti dagli americani della 7ª Armata del generale Alexander Patch e dai francesi del generale Jean de Lattre de Tassigny. Alla Resistenza francese gli americani assicuravano rifornimenti di viveri e armi. Dal cielo piovevano in Savoia contenitori pieni di fucili, mitra, pistole, bombe, bazooka, granate, munizioni di ogni tipo. Il 13 agosto il comando delle forze libere francesi chiese il sostegno della Resistenza valdostana per la liberazione della Savoia.

Dopo violenti combattimenti il presidio di Chamonix si arrese il 17 agosto. Due mesi dopo, in ottobre, a difesa del Massiccio fu creato in Francia il battaglione Mont Blanc, formato da tre compagnie nelle quali confluirono le formazioni di partigiani dell'alta Valle dell'Arve, guide di Chamonix, maestri di sci e guide del C.A.F. (Club Alpin Français). Il loro compito era quello di occupare e presidiare i rifugi di alta quota. Al rifugio Simond, al col du Midi, fu inviata una sezione di S.E.S (Section d'Eclaireurs-Skieurs), ossia una sezione di esploratori con sci del corpo dei Cacciatori alpini francesi al comando del tenente Jacques Rachel.  

Approfittando della mancata presenza tedesca sul Massiccio, gli esploratori alpini occuparono il rifugio Torino, sul colle del Gigante nel versante italiano. Da quella posizione potevano vedere quanto avveniva nel fondovalle, controllando i movimenti del fronte opposto che in quel periodo si era stabilizzato sul Piccolo San Bernardo. I tedeschi, che si erano accorti della loro presenza, pianificarono un attacco per neutralizzarli. Il 2 ottobre 1944 una pattuglia formata da un ufficiale e otto Gebirgsjäger (cacciatori alpini tedeschi) salì nella notte sul colle del Gigante aspettando il momento propizio per attaccare.

Finita una bufera di neve che nel frattempo imperversava, verso le 10:30 sferrarono a sorpresa un violento attacco contro gli occupanti del rifugio che si difesero strenuamente prima di arrendersi. Nella battaglia persero la vita tre partigiani francesi e uno italiano, gli altri vennero fatti prigionieri e portati a valle. Il rifugio venne poi danneggiato per renderlo inutilizzabile dalla Resistenza. Venticinque giorni dopo la battaglia, il 27 ottobre, Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, ritornando in Italia dopo l'esilio, passò la notte proprio nel rifugio Torino semidistrutto in quell'azione. Il giorno successivo i partigiani valdostani lo accompagnarono verso zone non controllate dai tedeschi.

Nonostante l'inverno 1944-1945 fosse stato molto rigido e con un susseguirsi ininterrotto di bufere di neve sul Bianco, gli esploratori francesi si inoltravano spesso sul confine italiano per controllare i movimenti nemici e prevenire eventuali attacchi. I tedeschi consci di questa continua sorveglianza decisero di occupare la displuviale fino al rifugio Simond sul col du Midi e neutralizzare la teleferica. Dal comando tedesco fu così pianificata l'operazione Himmelfahrt ("ascensione al cielo"), sotto il comando dell'Oberleutenant Hengster, esperto alpinista, che poteva contare su 176 uomini tra ufficiali e soldati delle truppe scelte per combattimenti in alta quota. I loro movimenti e le loro esercitazioni nelle settimane precedenti l'attacco furono seguite attentamente dalla Resistenza valdostana e segnalate tempestivamente sia agli Alleati, sia via radio in patois valdostano alla Resistenza francese. Il 16 febbraio 1945 i tedeschi salirono al rifugio Torino ma il giorno stesso furono individuati dagli esploratori francesi. Il giorno dopo partì l'attacco.

I tedeschi scesero attraverso la Vallée Blanche diretti al rifugio Simond. Il loro piano prevedeva un attacco centrale sostenuto dal grosso delle forze mentre due distaccamenti investivano il col du Rognon sulla destra e sulla sinistra le rocce del Tacul. Il tenente Rachel non volle farsi sorprendere e decise di andare incontro al nemico con il quale prese contatto già nella notte. Dopo un violento scontro i francesi decisero di ritirarsi arrampicandosi sulla cresta del Rognon, ma la loro posizione si rivelò ben presto indifendibile. Ripiegarono nuovamente attraversando la Vallée Blanche sotto il tiro di una mitragliatrice tedesca. Raggiunsero le forze rimaste al col du Midi e si arroccarono rispondendo al fuoco tedesco. La radio dei tedeschi era fuori uso cosicché questi non ebbero modo di utilizzare l'artiglieria mentre la loro posizione diventava sempre più critica. Decisero di ritirarsi mentre un aereo francese, comparso improvvisamente, buttava granate dall'alto. Ripiegarono e si disposero a difesa sul colle del Gigante. L'attacco a sorpresa al rifugio Simond era fallito. I tedeschi subirono la perdita di nove soldati mentre i francesi contarono una sola perdita.

A quel punto i Transalpini rafforzarono il loro presidio sul Col du Midi facendo arrivare mitragliatrici e due batterie da montagna. Con tali obici, senza poterla visualizzare, tentarono di colpire la funivia sul mont Fréty, quella che collegava il colle con il fondovalle, ma inutilmente. Furono loro invece bersaglio degli obici tedeschi che dal monte Fréty tirarono salve sul rifugio Simond e sulla teleferica. Riuscirono a centrarli entrambi, spezzando un cavo di sostegno della funivia e distruggendo il rifugio. Questa volta fu una battaglia di artiglierie. I francesi ripresero a sparare il giorno dopo aiutati da un aereo ricognitore che per radio dava indicazioni sulla riuscita dei tiri. Un colpo centrò il pilone di sostegno della teleferica mettendola fuori uso.

Il caso Vincendon Henry fu una tragica vicenda alpinistica che coinvolse due giovani scalatoriJean Vincendonparigino di 24 anni, e François Henry, 22 anni, di Bruxelles. I due partirono il 22 dicembre 1956 per passare il Capodanno sullo Sperone della Brenva, maestosa sommità rocciosa nel versante est del Monte Bianco. Durante il percorso di avvicinamento incontrano Walter Bonatti e Silvano Gheser che si avviavano verso l'ascensione invernale della Via della Poire. L'ascensione di entrambe le cordate iniziò alle 4 del mattino di Natale, orario ideale per l'itinerario di Vincendon e Henry, ma già troppo tardi per quello che avrebbero dovuto percorrere Bonatti e Gheser. Infatti, dopo qualche ora di sole le condizioni del ghiaccio peggiorarono e la cordata di Bonatti fu costretta a discendere sulla Brenva e a seguire la cordata di Vincendon.

I quattro alpinisti vennero però colti da una violenta tempesta che li costrinse a un drammatico bivacco di 18 ore a quota 4.100 m. Bonatti e Gheser riuscirono a raggiungere il rifugio Gonella dove vennero salvati, il 30 dicembre, dalle guide alpine Gigi PaneiSergio ViottoCesare Gex e Albino Pennard. Gheser, colpito da gravi congelamenti, avrà alcune dita di entrambi i piedi e di una mano amputate. Vincendon e Henry, che optarono per raggiungere direttamente Chamonix, morirono dopo cinque giorni di freddo a 4000 m di altezza nell'attesa che le squadre di soccorso, bloccate dal maltempo, li prelevassero (ancora vivi li raggiungerà un elicottero che però cadrà sul ghiacciaio). I corpi dei due giovani alpinisti furono recuperati solo nel marzo del 1957. La tragedia segnerà l'istituzione del PGHM, il gruppo militare di soccorso alpino francese (Peloton spécialisé de haute montagne).  

Nel mese di luglio del 1961 sul versante italiano del Bianco si consumò una delle vicende più drammatiche della storia dell'alpinismo. Il Pilone Centrale del Freney era una meta molto ambita dagli scalatori di tutto il mondo, una delle ultime non ancora conquistate. La sua parete di granito rosso era difficilissima da scalare e per molti addirittura ritenuta impossibile. Walter Bonatti e Pierre Mazeaud, già entrambi leggende dell'alpinismo, si incontrarono domenica 9 luglio al Bivacco della Fourche diretti verso lo stesso obiettivo e decisero di unire le forze per tentare la scalata insieme.

Con loro Andrea OggioniRoberto GallieniPierre KohlmannRobert Guillaume e Antoine Vieille, tutti rocciatori conosciuti ed esperti. Il tempo era buono ed erano previste condizioni stabili. Dopo una giornata e mezza di avvicinamento, raggiunsero la Chandelle, ossia la cuspide sommitale del pilone, a 4.500 m di quota. Quando mancavano 120 m alla fine della scalata, la cordata fu investita da un'improvvisa bufera di neve che li bloccò sulla parete. Erano le 2 del pomeriggio di martedì 11 luglio: il tempo era cambiato velocemente come spesso accade sul Monte Bianco. Fu impossibile continuare, bisognava ritirarsi per trovare riparo nel rifugio Gamba (attuale rifugio Monzino). Le guide alpine Gigi Panei e Alberto Tassotti furono i primi a mettersi alla ricerca delle due cordate Bonatti-Mazeaud e a comprendere la disperata situazione dei sette alpinisti, dopo averne scoperto le tracce al Bivacco della Fourche. A Courmayeur accorsero giornalisti e curiosi e tutta l'Italia seguì lo sviluppo della tragedia, raccontata ora per ora in diretta televisiva e radiofonica dai giornalisti Emilio Fede e Andrea Boscione. Panei, dopo aver letto sul libro blu del rifugio il messaggio di Bonatti ("Meta il Pilastro Centrale di Freney"), si precipitò nella sede della Società delle Guide Alpine di Courmayeur, evitò Emilio Fede che avrebbe voluto intervistarlo, e andò diretto verso il consigliere delle Guide Toni Gobbi per dargli la notizia. Partirono subito i soccorsi, coordinati da Ulisse Brunod per rintracciare gli alpinisti oramai bloccati da tre giorni.

La mattina del 15 luglio, stremato dal freddo e dalla fatica, perse la vita Antoine Vieille ai Rochers Gruber, dopo 5 bivacchi in parete. Robert Guillaume, nella serata dello stesso giorno, precipitò in un crepaccio del ghiacciaio del Freney. Nella notte tra sabato e domenica 16 luglio fu Andrea Oggioni a perdere la vita sul colle dell'Innominata a soli tre quarti d'ora dal rifugio Gamba. I superstiti si avvicinavano lentamente alla salvezza, ma appena prima di giungere al rifugio Pierre Kohlmann crollò nella neve privo di vita. Alle 3 del mattino di domenica, Walter Bonatti e Gallieni giunsero finalmente al rifugio Gamba dove trovarono gli uomini delle squadre di soccorso. Subito dopo raggiunsero Mazeaud rimasto indietro, salvandolo.

LA FUNIVIA DEI GHIACCIAI - La Palud, nelle vicinanze di Courmayeur, ha inizio il percorso della funivia del Monte Bianco progettato e ideato dall'ingegnere Dino Lora Totino. In poco meno di un'ora si può raggiungere Chamonix, in Francia, scavalcando completamente la catena delle Alpi. Concepita inizialmente per scopi prevalentemente militari, venne inaugurata nell'estate del 1947 e fino al 2015 era suddivisa in sei diversi tronconi: da La Palud si raggiunge il Pavillon di Monte Frety a quota 2.175 m; si prosegue per arrivare al rifugio Torino presso il Colle del Gigante a quota 3.330 m, (quasi 2.000 metri in undici minuti); si continua dal Colle del Gigante fino a Punta Helbronner a quota 3.462 m da dove si può godere di una vista su tutto l'arco alpino: dalla cima del Monte Bianco al Dente del Gigante, ai celebri "4.000" d'Europa come il Cervino, il Monte Rosa, la Grivola, il Gran Paradiso. Continuando da Punta Helbronner si prosegue verso l'Aiguille du Midi, il punto più alto a quota 3.842 m; dall'Aiguille du Midi è possibile scendere al Plan de L'Aiguille, a 2.137 m, per arrivare infine a Chamonix. La funivia è stata ultimata negli anni sessanta, e presenta alcune soluzioni tecniche uniche, come il pilone sospeso.

Dal 2011 sono stati effettuati lavori di ristrutturazione dell'intera tratta italiana con la costruzione di una nuova stazione di partenza e l'eliminazione di quella presso il Rifugio Torino, oltre alla sostituzione delle cabine con strutture più moderne e sicure. I lavori sono stati avviati il 10 aprile 2012 e sono terminati il 29 maggio 2015. Il 30 maggio 2015 la funivia rinnovata ha riaperto al pubblico con la nuova denominazione di SkyWay Monte Bianco. Il secondo tratto della nuova funivia porta direttamente dal Pavillon di Monte Frety alla Punta Helbronner. In tal modo si evita la tappa intermedia al rifugio Torino, per cui l'intera traversata è adesso suddivisa in solo cinque tronconi, e non più sei come in precedenza.

PROTEZIONE DEL MONTE BIANCO - L'afflusso di così tanti turisti, benché costituisca una ricchezza, è di per sé un pericolo per l'ambiente. Le comunità valdostane, savoiarde e vallesi, con l'aiuto delle regioni e degli Stati interessati, con un approccio transfrontaliero alle problematiche relative alla protezione e valorizzazione del territorio hanno trovato un accordo per dar vita al progetto Spazio Monte Bianco. Questa iniziativa di cooperazione coinvolge 35 comuni tra Savoia, Alta Savoia, Valle d'Aosta e Vallese ed è coordinato della Conferenza Transfrontaliera Monte Bianco. 

Sotto la presidenza di uno dei ministri dell'ambiente, la Conferenza riunisce per ciascuna nazione 5 rappresentanti dello Stato e delle collettività territoriali. Complessivamente lo Spazio Monte Bianco occupa una superficie di circa 2.800 km² e comprende 35 comuni: 15 in Savoia e Alta Savoia, 5 in Valle d'Aosta e 15 nel Vallese. In totale l'intera area conta circa 100.000 abitanti. Recentemente il sito del Massiccio del Monte Bianco è stato candidato presso l'UNESCO per essere classificato come Patrimonio dell'umanità.

IL TRAFORO DEL MONTE BIANCO - Il traforo del Monte Bianco è un tunnel autostradale che collega Courmayeur in Valle d'Aosta (Italia) a Chamonix-Mont-Blanc in Alta Savoia (Francia). È stato costruito congiuntamente tra Italia e Francia. 

I lavori di costruzione ebbero inizio nel 1957 e terminarono nel 1965, anno dell'apertura. È composto da una galleria unica a doppio senso di circolazione e costituisce una delle maggiori vie di trasporto transalpino. La sua lunghezza è di 11,6 km e la parte più lunga rimane in territorio francese: 7.640 m, con 3.960 m in Italia.

L'altitudine è di 1.381 m sul versante italiano, ai piedi del ghiacciaio della Brenva, mentre raggiunge a metà galleria i 1.395 m, per scendere poi ai 1.271 m sul versante francese, ai piedi del ghiacciaio dei Bossons. Il piano stradale del tunnel non è orizzontale, ma di forma concava per facilitare il deflusso dell'acqua.

Rispetto alla frontiera, il traforo passa esattamente sotto la verticale (l'aplomb) de l'Aiguille du Midi, dove lo spessore di copertura granitica raggiunge i 2.480 m, misura record per le gallerie autostradali e ferroviarie. 

La sua altezza è di 4,35 m e la sua larghezza di 8 m (2x3,5 m per le corsie, e 2x0,5 m di passaggio laterale). Il raddoppio del tunnel, già progettato, non è mai stato realizzato per l'opposizione degli abitanti delle valli interessate, preoccupati per un eccessivo aumento della circolazione dei camion e del conseguente inquinamento. Il traforo è stato inaugurato il 19 luglio 1965 e la sua gestione, su base paritetica, è divisa tra due società concessionarie: l'italiana S.I.T.M.B (Società italiana per il Traforo del Monte Bianco), creata il 1º settembre 1957 e la francese A.T.M.B (Autoroutes et tunnels du Mont-Blanc), creata il 30 aprile 1958. È rimasto per lungo tempo il traforo autostradale più lungo al mondo. Dal 1965 al 2004 vi hanno transitato 45 milioni di veicoli con una media di 3.083 veicoli al giorno.

I LABORATORI DEL MONTE BIANCO - Un altro aspetto meno conosciuto del Monte Bianco è quello di studio e di ricerca. All'interno della montagna infatti si trovano dei laboratori molto importanti gestiti dall'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario del CNR (Centro Nazionale Ricerche) di Torino, che lavora in collaborazione con l'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) di Frascati (Roma) e l'Università di Milano. In questi laboratori si conducono ricerche sui raggi cosmici e sono serviti da prototipo per altri due famosi laboratori: quello sotto il Gran Sasso, negli Appennini centrali, costruito successivamente, e il laboratorio gestito dal CERN di Ginevra che studia le particelle elementari.

In passato si cercò di costruirne anche sulla cima. Nel 1891, lo scienziato francese Pierre Janssen, si adoperò per costruire un centro di osservazione sulla vetta, nella speranza di effettuare in modo ottimale misure e ricerche sullo spettro solare. La mancanza di fondamenta solide e i movimenti continui del ghiaccio sulla calotta sommitale, indussero nel 1906 gli scienziati ad abbandonarlo, essendo divenuto pericolante. Nel 1890, sul versante francese, a quota 4.365 m, il botanico e meteorologo Joseph Vallot costruì uno chalet laboratorio a vocazione pluridisciplinare, tra le quali l'astronomia: l'Osservatorio Vallot.

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