Polistena (Borgo)
(Reggio Calabria)

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Alle pendici di quell’Aspromonte raccontato da Corrado Alvaro sorge Polistena, cittadina che si affaccia sulla piana di Gioia Tauro e il cui centro urbano settecentesco è tra i più interessanti dell'intera provincia di Reggio Calabria,

con i suoi giardini, i numerosi palazzi nobiliari, le chiese monumentali, tuttora conservati in perfetto equilibrio architettonico con il centro urbano più recente.

Polistena ha conservato intatte molte delle tradizioni del passato, arrivate ad oggi con la stessa carica di sacralità e cultura.

Sebbene non rientri nei confini amministrativi del Parco Nazionale d'Aspromonte, Polistena è comunque inserita in un'area di eccellente valenza naturalistica nella quale elemento di grande importanza paesaggistica e territoriale è proprio il massiccio montuoso dell'Aspromonte, così come le colline che digradano verso il mare, ondulate e a macchia mediterranea.

Il toponimo Polistena deriva forse dal greco, ed è associazione di due termini polis (città) e tena (forte) o tenon (fortezza). Si pensa anche che derivi sempre dal greco ma dalla parola polùstenos (molto stretto). Polistena, posizionata fin dai tempi storici in una verdeggiante piana, è altresì situata al centro dell'istmo più breve tra le città magno-greche di Locri e Medma (Rosarno), e fu una stazione di passaggio per i locresi che dovevano raggiungere Rosarno. I ritrovamenti archeologici (che sono nel museo di Polistena), evidenziano una forte frequentazione del territorio e ipotizzano la presenza di un qualche aggiornamento urbano prima e dopo l'epoca della colonizzazione della Magna Grecia. Nel territorio sono stati rinvenuti anche oggetti di epoca neolitica, mentre altri ritrovamenti di epoca più recente hanno permesso di identificare la presenza di insediamenti romani.

I primi documenti che attestano l'esistenza di Polistena con il nome attuale risalgono però al XIII secolo, quando un villaggio con questo nome viene nominato in occasione di una cessione di alcuni terreni a favore del monastero di Santa Maria di Campoforano. Siamo nel 1266, ma probabilmente la città con il nome Polistena esisteva ancora da prima, cioè almeno dal 1221 come attestato in un rescritto di Papa Onorio III inerente allo stato di decadenza di alcuni monasteri basiliani della Calabria Meridionale, tra cui ben 3 di Polistena. 

Nel 1291 Polistena viene concessa in feudo ad Aldobrandino di Firenze da Carlo II , nel 1875 si ritrovano nel fondo (Fra Giacinto), delle moneta d'oro del diametro di 21 millimetri, che appartenevano alla Repubblica Fiorentina. Nel medioevo fu sede di numerosi casati, fra cui quello dei Milano Franco d'Aragona e poi Riario Sforza.

Nel 1921 l'archeologo Paolo Orsi incaricò il Vincenzo De Cristo (di Cittanova) per eseguire alcuni scavi sul sito di Altanum (che va da Cinquefrondi-Polistena-San Giorgio Morgeto).

Melicucco, dal 1816 e fino al 1936 è stata frazione di Polistena. Il podestà era Giuseppe Lombardi ed il monsignore Luigi Guido, arciprete.

Il 5 febbraio 1783, Polistena fu rasa al suolo dal terremoto che interessò l'Italia meridionale, le vittime furono 2.261 su 4.600 abitanti circa. Tutti gli edifici crollarono, con l'eccezione della chiesetta di Sant'Anna dove vennero sepolte le vittime del sisma.

Polistena fu ricostruita completamente su un'altura più a nord su progetto dell'architetto napoletano Pompeo Schiantarelli. Fu realizzato un particolare impianto urbanistico che vide situarsi nella parte alta palazzi con imponenti frontespizi e portali in pietra granitica locale, mentre le fasce meno abbienti ripopolarono il vecchio sito ricostruito sulle muraglie.

Polistena prima del terremoto era una tranquilla cittadina, il palazzo dei Milano (nel palazzo si trovava un teatro), feudatari di San Giorgio Morgeto e Polistena, era a nord del fiume Jerapotamo che tagliava in due Polistena. Intorno al palazzo del Marchese, si trovavano le case delle altre famiglie nobili tra cui, Lombardi, Rodinò, Rovere, Sergio e altri ancora. Dall'altra parte del fiume, a sud, gli artigiani e i contadini.

Il terremoto del 16 novembre 1894 interessò la Calabria meridionale, con epicentro molto simile al sisma del 1783 (zona di San Procopio) ma fortunatamente con conseguenze meno gravi vista la minor entità della scossa. I morti totali furono circa 100 (contro le oltre 30.000 vittime del 1783) e comunque svariati furono i danni materiali. 

A Polìstena la scossa delle 6:15 non provocò danni, quella più forte fu quella delle ore 18:50, che creò gravi lesioni soprattutto agli interni degli edifici. Ci furono fratture negli archi della chiesa del Rosario, e dalla costruzione alta 38 metri si distaccò la facciata. Da segnalare che i danni maggiori si ebbero nella parte alta della città (zona Evoli) piuttosto che nella zona bassa (detta Arco), e su un totale di 2.850 case furono 378 quelle danneggiate, 18 delle quali inabitabili, 5 crollarono parzialmente e 54 invece in modo lieve e furono restaurate. Nessun danno particolare alle persone, e dal censimento del 1881 all'epoca gli abitanti di Polistena erano 8.400.

Il Terremoto della Calabria del 1905 fu un grande sisma che colpì principalmente la Calabria Centrale con 557 vittime, 2.615 feriti e gravissime distruzioni materiali. Le conseguenze di tale sisma a Polìstena furono fortunatamente più limitate essendo distante da Nicastro, zona dell'epicentro, e non furono registrati danni alle persone; tuttavia ci furono importanti danni materiali. Furono demolite 6 case, puntellate 33 e riparate 196. Il muro laterale destro della chiesa di San Francesco minacciò di crollare. Danneggiate anche altre 5 chiese tra le quali quella della Trinità fu chiusa al culto.

Il terremoto del 28 dicembre 1908. Non era ancora scomparsa l'eco drammatica del terremoto del 1905 che un altro evento funesto colpì la regione, cioè il sisma del 28 dicembre 1908. Esso interessò la Sicilia Orientale e la Calabria Meridionale e, sotto le macerie delle immani distruzioni che si ebbero soprattutto a Reggio e Messina, perirono almeno 80.000 persone. 

Anche Polìstena, pur lontana oltre 70 km dall'epicentro (Stretto di Messina), fu segnata dal tragico evento, registrando 6 morti, 30 feriti, e moltissimi edifici danneggiati e anche completamente distrutti; su 2.257 case che componevano la località 52 crollarono, 53 risultarono gravemente lesionate e in 204 si registrarono lievi danni. 

Tra le chiese, già provate dalla scossa del 1905, i danni maggiori si ebbero alla Chiesa della Trinità con il crollo del tetto, alla Chiesa dell'Immacolata con il crollo parziale della facciata, e al Duomo di Santa Marina Vergine che, a causa degli ingenti danni subiti nell'intero edificio, fu sul punto di venire abbattuto, anche se poi venne restaurato radicalmente 20 anni dopo. Molti sfollati furono alloggiati in provvisorie baracche di legno, posizionate in zone periferiche della città, e una di queste zone è oggi sede della villa principale della città, Villa Italia, i cui alberi furono impiantati negli anni '30. La ricostruzione degli edifici distrutti e le riparazioni di quelli danneggiati, in ogni caso, furono piuttosto veloci, e Polìstena si riprese in breve tempo dal tragico evento.

Duomo di Santa Marina Vergine

Il duomo di Polistena noto anche come "chiesa matrice" è la principale chiesa di Polistena ed è dedicata a santa Marina, patrona della città.

L'attuale chiesa risale al 1786 poiché la chiesa originale è stata distrutta nel terremoto del 1783. Un successivo terremoto, quello del 1908, provocò danni così gravi all'intero edificio sacro che fu sul punto di venire abbattuto, ma poi fu invece recuperato con un massiccio restauro tra il 1930 e il 1932, e la restituzione al culto dei cittadini.

La chiesa presenta una facciata semplice ma imponente su disegni di Francesco Jerace con un alto campanile e nella parte superiore si conserva una scultura di santa Marina Vergine. L'interno è invece a tre navate, più altre due cappelle dedicate al Santissimo Sacramento e a san Rocco.

L'altare centrale è in marmi policromi, e al centro è posizionata la nicchia lignea (ebanista Francesco Formica) al cui interno è conservata la statua sempre lignea di santa Marina (opera di Vincenzo Zaffiro nel 1835). Sopra il coro ancora in legno, progettato dagli ebanisti polistenesi Giuseppe e Giovanni Silipo (1893), vi sono altre due raffigurazioni di santa Marina, con due tele laterali del pittore Diego Grillo che descrivono momenti della vita di Santa Marina[10]; infine al di sopra della nicchia, vi è una tela absidale del pittore polistenese Ugo Borgese che raffigura i quattro evangelisti con al centro Gesù (1962).

L'opera più importante presente nella parte destra del transetto è senza dubbio la pala marmorea della Deposizione, altorilievo cinquecentesco proveniente dalle macerie dell'antica Chiesa Madre, e collocato nella attuale chiesa nel 1822. La Pala, secondo Francesco Jerace è opera di Giovanni Merliani da Nola, secondo altri di Giovanni Antonio Montorsoli e bottega. Sopra la pala marmorea è collocato un quadro dell'Eucaristia del pittore Brunetto Aloi del 1840. Dalla parte sinistra del transetto invece vi è un altare in stucchi e una Madonna del Carmelo e al di sopra di esso una tela della Deposizione, donata dalla pittrice Perla Panetta nel 2014.

La Cappella di San Rocco è posizionata dalla parte opposta della precedente cappella, in fondo alla navata sinistra, ed è caratterizzata dalla presenza di una nicchia molto simile a quella dell'altare centrale, che contiene all'interno una pregevole statua sempre lignea di san Rocco, opera di Fortunato Morani nato 1773 ad inizio '800. Della statua di San Rocco in casa di Francesco Morani a Polistena si conserva ancora, il bozzetto originale; ai lati della statua di san Rocco vi sono altre due statue, quella in cartapesta di san Biagio del Morani e quella di san Felice, mentre in altre due piccole nicchie laterali sono custodite rispettivamente la statua dell'Immacolata, e una reliquia di santa Marina, precisamente una costola, che si trova in un reliquiario d'argento e che viene portata in processione durante la festa insieme alla statua. Tale reliquia arrivò a Polìstena nel 1870 per intercessione del vescovo polistenese Domenico Maria Valensise.

Posta oltre la parte destra del transetto, la Cappella del Santissimo Sacramento conserva l'altare omonimo, opera dello scultore Francesco Jerace (1893), che è sovrastato da una tela (metri 4 x 2) raffigurante l'Ultima cena anch'essa di Jerace e dipinta nel 1904 (a devozione del padre Fortunato).

Nella navata centrale si ammira in tutta la sua magnificenza il soffitto a cassettoni dorati, opera dei fratelli polistenesi Pasquale e Francesco Mancuso, con al centro la Resurrezione di Lazzaro, grandiosa tela realizzata agli inizi del 1900 da Carmelo Zimatore di Pizzo Calabro. Sempre nella navata centrale si trovano alcuni medaglioni in carboncino che raffigurano dei santi, eseguiti dal polistenese Giuseppe Grio, e il fonte battesimale recuperato dall'antica chiesa, con base marmorea del 1782 e con intaglio ligneo sulla parte superiore eseguito da scultori locali.

All'ingresso della navata sinistra si nota un dipinto raffigurante il martirio di sant'Andrea, sempre opera dell'artista Zimatore; da qui in poi è un susseguirsi di statue, tra cui quelle lignee di san Nicola e dell'Addolorata, opere eseguite la prima da Francesco Morani la seconda da Vincenzo Morani (padre e poi figlio) da un crocifisso con ai lati i busti lignei, scolpiti dall'artista napoletano Gennaro Franzese, di santa Chiara e di santa Veneranda, quest'ultima già appartenuta alla chiesetta di Santa Veneranda, anch'essa andata in rovina con il terremoto del 1783; e infine vi è l'altare di san Michele con annessa statua lignea. E per ultimo altare e Madonna del Carmine scolpita da Fortunato Morani nato nel 1773 ed altare in stucchi eseguito dal figlio Francesco intorno al 1831 a devozione della Signora Pavia. Come da dicitura scritta sotto la base, che si sta deteriorando e scomparendo.

Percorrendo la navata di destra, si nota una pala d'altare raffigurante l'Immacolata con S. Marina ed altri santi (attribuita al Colloca); l'altare e la statua di santa Rita, la statua di Maria Ausiliatrice e infine quella del Sacro Cuore di Gesù (con annesso altare marmoreo del 1935).

Sono inoltre presenti un confessionale che porta scolpita la data del 1783, dei preziosi paramenti sacri, un archivio parrocchiale con registri che datano a partire dal 1586, e le vetrate dell'artista polistenese Giuseppe Niglia. 

Santuario di Maria Santissima dell'Itria

Il santuario di Maria Santissima dell'Itria, fino al 1997 chiesa della Trinità, sorge oltre piazzetta Bellavista, non lontano da piazza della Repubblica, centro della città ed è una delle più antiche di tutta Polistena.

Dell'originale edificio si hanno notizie già dal 1541, quando fu aggregato alla Basilica Lateranense di Roma, poi esso fu raso al suolo dal disastroso terremoto del 1783. Ricostruita poco dopo, la chiesa, a navata unica, esternamente si presenta con facciata a due piani con due ordini di colonne granitiche (opera di Raffaele Rovere, capo-mastro polistenese dell'800), per la muratura perimetrale, mentre la facciata fu realizzata partendo dai disegni di Francesco Morani (1804). Le colonne granitiche furono invece montate dal padre di Francesco Jerace. Vi sono inoltre un portale in pietra e una vistosa cupola di piastrelle maiolicate policrome. 

La cripta conserva i resti di numerosi illustri cittadini legati alla Confraternita; nella navata di sinistra, sotto il gruppo statuario della Deposizione, è visibile la sepoltura di Donna Ottavia Valensise Fazzari (S. Giorgio M. 1829 - Polistena 1861), moglie prematuramente scomparsa del musicista Michele Valensise (1822-1890) e molto amata in paese per le sue numerose opere caritatevoli.  

All'interno si conservavano una serie di "tesori", alcuni dei quali però andarono distrutti o seriamente danneggiati a causa dell'incendio del 22 maggio 1988, causato da un probabile corto circuito partito dal soffitto in legno a cassettoni (opera dell'ebanista polistenese Francesco Mancuso nei primi anni del Novecento, è stato ricostruito ex novo nel restauro della chiesa), per poi propagarsi alle altre strutture.

Malgrado i lavori di ripristino conclusi nel 1996, la chiesa oggi si presenta rimaneggiata; tuttavia all'interno si conservano varie opere, tra cui: una piccola icona posta sull'altare maggiore raffigurante la Santissima Trinità, ed è copia in dimensioni ridotte del quadro originale del pittore locale Giovan Battista Valensise (1824-1859), rubato dalla chiesa tanti anni fa; l'altare maggiore in marmi policromi fu ricostruito nel 1871 per volontà dell'Arcivescovo Domenico Maria Valensise (1832-1916) e proviene dall'antico convento dei Domenicani, distrutto nel terremoto del 1783

L'altare ha subito importanti danni nell'incendio del 1988 ed è stato restituito allo splendore originario dopo un lungo e difficoltoso restauro.

Continuando la descrizione delle opere d'arte della chiesa, da segnalare un quadro di Brunetto Aloi del 1852 rappresentante la Madonna dell'Itria, attualmente non custodito in chiesa, così come una tempera su tavola della fine del XVI secolo sempre raffigurante la Madonna dell'Itria, e di ignoto "madonnaro" locale; un imponente gruppo statuario ligneo della Madonna dell'Itria, opera dell'artista serrese Vincenzo Scrivo del 1798, e che fu eroicamente strappato alle fiamme del suddetto incendio da alcuni giovani polistenesi, ancor prima dell'intervento dei vigili del fuoco (tale gruppo statuario viene portato trionfalmente in processione la seconda domenica di luglio per l'omonima festa); un altro imponente gruppo statuario in legno e cartapesta raffigurante la Deposizione (in dialetto "Schiovata"), in cui la scultura del crocefisso è opera di Francesco Morani mentre le altre statue in cartapesta furono modellate da Vincenzo Morani, e un tempo la "Schiovata" veniva fatta uscire il venerdì santo (la processione non si svolge più già da parecchi decenni per problemi organizzativi); un artistico pergamo in ferro battuto del 1885 (opera dell'artista polistenese Francesco Tripodi); le statue di san Giovanni Battista (con annesso altare in stucchi di Francesco Morani fatto a devozione del padre di Francesco Jerace nel 1859, alla base è annessa targa che lo dimostra), santa Lucia, san Raffaele e san Francesco d'Assisi, scolpito sempre dal Morani nel 1854. Infine dopo l'incendio sono stati installati sulle mura perimetrali (in gran parte rivestite anch'esse di marmi policromi) dei quadri con i momenti della Via Crucis.

Tra le opere distrutte, da menzionare il coro in legno, non più ricostruito, e soprattutto la grande pala d'altare del messinese Natale Carta, raffigurante sempre la Madonna dell'Itria, sostituita da una parete bianca al cui centro è stato posto un grande Crocefisso in legno e cartapesta con le braccia del Cristo mobili, restaurato nel 2015, che fino ad alcuni decenni fa veniva usato durante la funzione liturgica dell'agonia il Venerdì Santo.

Chiesa di Sant'Anna

La chiesa di Sant'Anna è la più antica chiesa di Polistena. Fu infatti l'unico edificio a resistere al terremoto del 1783 che rase al suolo l'intera città. Come scrive Domenico Valensise, infatti, la chiesa non solo resistette al terremoto ma rimase anche aperta al culto e accolse le ceneri dei polistenesi periti nel flagello. 

I cadaveri, infatti, vennero trasportati nel largo antistante la Chiesa della SS. Trinità, dove vennero bruciati e le ceneri, una volta raccolte, vennero tumulate nella Cappella. A memoria di tale fatto fu posta un'iscrizione cancellata dall'umidità e dal tempo, su cui si può ancora leggere la parola EXSTINCTOS. La chiesa sorge al di sotto di piazzale Trinità, vicino al santuario di Maria Santissima dell'Itria.

L'ultima sepoltura effettuata nella chiesa di S. Anna, fu di 71 morti nel 1877, al pari di altre chiese di Polistena più importanti questa chiesa funse da vero e proprio cimitero.  

Chiesa della Madonna della Catena

La chiesa della Madonna della Catena chiamata semplicemente Chiesa della Catena sorge nella parte bassa della città, ai confini con i comuni di San Giorgio Morgeto e Cittanova. 

La chiesa, che possiede una singola navata, venne fondata nel 1894 ed eretta nel 1895 da Giuseppe Nicastro, per ricordare l'antica chiesa che sorgeva in quel punto. 

Ancora oggi continua a essere meta di numerosi pellegrinaggi, specialmente durante le festività. Maria Santissima della Catena, cui è dedicata la chiesa, viene solennemente festeggiata la terza domenica dopo Pasqua, protettrice delle partorienti e dei carcerati.

Chiesa dell'Immacolata Concezione

Essa faceva parte dell'antico convento degli Osservanti, operante a Polistena prima del terribile terremoto del 1783 che tutto distrusse. Dopo il terremoto, la chiesa fu ricostruita in modeste dimensioni assieme al convento il quale però venne definitivamente soppresso nel 1809. Del convento resta la testimonianza di una massiccia porta lignea all'interno della chiesa. La chiesa fu poi ampliata a cavallo tra il XIX e XX secolo da parte di artigiani e operai polistenesi (i Rovere, Formica, Calcopietro) in occasione del cinquantenario del dogma dell'Immacolata Concezione (1854), e un'epigrafe in latino incisa su una pregevole lastra di marmo e conservata nella chiesa, fu dettata dall'Arcivescovo Domenico M.Valensise (1832-1916) a testimonianza delle origini della chiesa stessa.. L'edificio sacro subì gravi danni a seguito di un altro evento funesto, il terremoto del 1908, in cui ci fu il crollo parziale della facciata, ma fu prontamente restaurato pochi anni dopo. Divenuta parrocchia autonoma nel 1961, la chiesa è infine andata incontro ad ulteriori lavori di restauro. Altri lavori di abbellimento negli anni '90 del XX secolo e nel primo decennio del XXI secolo.  

Ha una facciata semplice ma imponente, da cui primeggia una grande cupola rivestita in rame che si scorge anche da parecchi km di distanza. Sul finire del primo decennio del XXI secolo, è stato aggiunto un alto campanile staccato dall'edificio centrale. Prima di esso, la chiesa ne possedeva uno di piccolissime dimensioni posto a fianco del timpano che, nel corso del tempo e dei vari restauri, fu eliminato e il suono delle campane veniva riprodotto mediante altoparlanti.  

La chiesa presenta un'unica e ampia navata che si presenta allo stato grezzo, con un interessante tetto con travi in legno a vista, mentre le zone del coro, dell'abside, del transetto e della cupola sono rifinite con stucchi e decorazioni cromatiche di stile composito, grazie ai lavori eseguiti negli anni '60 del '900 dal polistenese Antonio Ursida (nome d'arte "Pepè") su disegni del prof. Michelangelo Parlato. La parte più pregevole senza dubbio è l'altare centrale in marmi policromi, opera degli artisti napoletani Varvella e Fluoreano (1771), ed è adornato da tre statue marmoree di diversa provenienza: quella centrale (altezza 1,88 m) raffigura l'Immacolata, quelle laterali (altezza 1,60 m circa per entrambe) rappresentano rispettivamente Santa Caterina e Santa Lucia; quest'ultima statua è attribuita a Pietro Bernini.

Il transetto è caratterizzato da due altari laterali in cui, entro altrettante nicchie lignee, fanno bella mostra le statue anch'esse di legno di Sant'Antonio (che viene solennemente festeggiato il 13 giugno), di origini settecentesche, e quella dell'Immacolata Concezione, opera del 1833 del serrese Vincenzo Zaffiro, che viene portata in processione l'8 dicembre. Adiacente all'altare di Sant'Antonio, c'è una nicchia in cui è custodita la statua di San Francesco da Paola raffigurato nell'atto della preghiera. Dall'altra parte del transetto, vicino invece all'altare dell'Immacolata, è stata costruita all'inizio del secondo decennio del XXI secolo una grande cappella laterale, ben decorata e rifinita, usata tra le altre cose per allestire l'Altare della Reposizione la sera del Giovedì Santo.

Lungo l'unica navata e il resto del transetto, si conservano inoltre numerosissime statue devozionali in legno o cartapesta tra cui: san Diego (scolpita da Francesco Morani nel 1854), san Giuseppe, sant'Espedito, san Pio X, santa Lucia, san Pio da Pietrelcina, san Pasquale, il Crocifisso (autore Francesco Morani), e il gruppo della Pietà, scolpito dalla ditta statuaria Malecore di Lecce nel 1905 e restaurato esattamente un secolo dopo, nel 2005; la Pietà viene portata in solenne processione durante il tardo pomeriggio del Venerdì Santo. Infine, sono degni di nota i grandi quadri in mosaico artistico che raffigurano le stazioni della Via Crucis, aggiunti negli anni '90 del '900.

Chiesa di Maria Santissima del Rosario

La Chiesa del Rosario è un monumento edificato tra il 1852 e il 1862, ad eccezione del coro completato nel 1890. Sorge laddove un tempo si trovava la chiesetta di San Giuseppe (l'attuale sagrestia), grazie alle maestranze locali della famiglia Rovere e dei Morani prima del terremoto del 1783 che distrusse ogni cosa, la chiesa del Rosario apparteneva al Convento dei Domenicani.

L'esterno della chiesa si presenta con due campanili e ordini di colonne, e vi sono quattro nicchie che ospitano altrettante statue di santi aggiunte nei primi anni del XXI secolo. L'interno è composto da tre navate con stucchi e altorilievi neoclassici dei Morani. Si conservano inoltre dipinti di Marino Tigani, Carignani e Scerbo, e gruppi dei Misteri di Luigi Prenestino, portati in processione la sera del venerdì santo.

Ebbene che si dica che tutti gli stucchi interni sono lavoro di Francesco MORANI ed figli Fortunato e Vincenzo lavori che ebbero inizio il 22 Giugno 1873 come da libro dei giorni lavorativi e disegni che ancora si conservano in casa Morani dall'erede Francesco Morani.

L'altare centrale, realizzato nel 1909 da Salvatore Grasso di Vibo Valentia, è in marmo e presenta una nicchia centrale che custodisce la statua ottocentesca della Madonna del Rosario, la quale proviene dal Convento dei Domenicani distrutto dal terremoto del 1783. La statua è acroxila, dal momento che soltanto il volto e le mani sono lignee, mentre il corpo ha un telaio imbottito di canapa, ricoperto da un vestito rosso e un mantello bianco, ricamati entrambi con fili d'oro. In alto è presente un quadro del pittore Marino Tigani che raffigura la Madonna del Rosario di Pompei con san Domenico. Infine ai lati dei gradini dell'abside vi sono le statue lignee dei santi Cosma e Damiano, noti anche come "santi medici", scolpite nel XIX secolo da Francesco Morani.  

Alzando lo sguardo verso il soffitto, si ammira un enorme dipinto raffigurante la Battaglia di Lepanto di Roberto Carignani; si nota poi sulla sinistra la statua di san Gaetano, mentre a destra vi è il pulpito marmoreo; tutt'intorno, ci sono le 21 vetrate che raffigurano la vita di Gesù e che sono state eseguite dalla ditta "Fontana" di Milano negli anni '30 su disegni di Marino Tigani.

All'ingresso, nella navata di sinistra, troviamo un medaglione che raffigura santa Caterina da Siena, opera di Marino Tigani. Subito dopo, si trova il fonte battesimale progettato dall'architetto Luigi Giffone con il Cristo di Michelangelo Parlato (1966); proseguendo nella navata, ci sono dei pregevoli altari decorati che custodiscono diverse statue: la statua di san Domenico di Guzman, le statue dell'Addolorata e del Cristo Morto, e infine quella di santa Teresa.

Speculare a quella sinistra, la navata destra presenta una serie di statue e altari, preceduti da un medaglione d'ingresso (sempre dipinto dal Tigani) raffigurante san Domenico di Guzmán. Proseguendo, si trovano: il gruppo statuario della Madonna del Rosario di Pompei, la statua di san Vincenzo e San Luigi scolpite da Francesco Morani, un quadro raffigurante san Raffaele e Tobia (di Antonio Cammarere, copia di uno più antico rubato dalla chiesa nel secolo scorso), e la statua di san Luigi Gonzaga di Francesco Morani.

Nella parte sinistra del transetto troviamo la statua di san Giuseppe, ancora opera dei Morani (Francesco e figlio Fortunato scolpirono nel 1856).Nel transetto di destra Sacro Cuore di Gesù. Al centro del transetto vediamo il tamburo della cupola, e sono presenti degli altorilievi raffiguranti quattro Santi: san Raimondo, san Domenico, Sant’Agostino e san Pietro da Verona, mentre sono altrettanto degni di particolare nota i quattro evangelisti in stucco di Francesco Morani posti nelle vele della volta centrale.

Chiesa di San Francesco di Paola

Edificata nella ricostruzione della città di Polistena, interessata dal terremoto della Calabria meridionale del 1783, la chiesa fu ultimata nel 1841 e presenta un'unica navata.

Nello spazio antistante la chiesa, nel 1836 e in piena fase di ricostruzione della chiesa, fu posizionata una croce litica risalente al 1739, testimonianza dell'antico convento dei Paolotti sopraccitato che prima del terremoto era situato in una zona del paese diversa da quella dove oggi si trova l'edificio sacro.

Il canonico don Antonio Pascale curò la restaurazione della chiesa, ribenedetta e inaugurata da Mons.Vincenzo De Chiara (Vescovo di Mileto), il 14 aprile 1955. I restauri alla Facciata della chiesa su progetto dell'Architetto Ing. Luigi Giffone, con una qualificata e ben distinta Ditta Edilizia di Cittanova.

La facciata, che si sviluppa verticalmente, è affiancata da due torri campanarie a base quadrata. Due nicchie ricavate ai lati del portale d'ingresso - sovrastato da una finestra che funge anche da punto di luce per l'interno - ospitano due statue in terracotta che raffigurano sant'Antonio da Padova e san Francesco d'Assisi, eseguite dallo scultore Fortunato Morani nato il 1828.

All'interno, l'altare maggiore è di probabili origini settecentesche e custodisce una statua dello stesso periodo e di ignoto autore di San Francesco di Paola. Un'altra statua dell'Ottocento, attribuita invece a Francesco Morani nato il 1804, è riposta in un grande stipo in noce e viene portata in processione la seconda domenica dopo Pasqua per l'omonima festa. L'altare è sovrastato da una tela dipinta da Ugo Borgese nella seconda metà del Novecento, che raffigura San Francesco in barca mentre attraversa lo stretto di Messina. Sono custodite nella chiesa ulteriori statue lignee devozionali, tra le quali la Madonna del Carmelo, la riproduzione della grotta della Madonna di Lourdes e santa Fara (queste ultime due statue sono poste sui loro rispettivi altari laterali del transetto). Vi è poi vicino all'ingresso una tela ottocentesca dipinta da R. P. Seraphini Torquato, nella quale è rappresentata la Deposizione. Si conserva una lapide con iscrizioni (1730) già appartenuta al Convento dei Paolotti operante a Polistena fino al 1866, ed infine la chiesa è stata arricchita alla fine degli anni '50 del Novecento di un pulpito in marmo, decorato da Michelangelo Parlato.

Gli stucchi, eseguiti dai Morani nel 1855, furono danneggiati da infiltrazioni d'acqua e furono copiati dagli stessi stucchi esistenti, sostituiti poi negli anni cinquanta del Novecento da Salvatore Angilletta nel corso di un radicale restauro.  

Chiesa della Santissima Annunziata

La chiesa della Santissima Annunziata è una chiesa di modeste dimensioni, sorta nel 1729 per volere dell'arciprete D. Giuseppe Rovere dentro la vecchia Polistena. Dopo il terremoto del 1783, che la distrusse, venne ricostruita da D. Nicola Jerace, ed è stata restaurata tra il 2013 e il 2014 e riaperta solennemente al culto dopo un lungo periodo di abbandono.

Si conserva una scultura Annunciazione, Angelo in legno scolpito da Fortunato Morani e immagine della Madonna in cartapesta con testa mani e piedi di legno scolpita dal figlio Francesco.  

Chiesa del Palazzo Valensise

La cappella Gentilizia di Palazzo Valensise è collocata appunto all'interno del giardino di palazzo Valensise. Fu ampliata nella seconda metà dell'Ottocento da mons. Domenico Maria Valensise, sopra quello che restava della chiesa del Rosario, interna all'antico Convento dei Domenicani. 

Si conserva al suo interno il Cristo Risorto scultura di Francesco e Giovanni Morani eseguita nel 1856.  

Chiesa di Santa Maria degli Angeli

La chiesa di Santa Maria degli Angeli sorge all'interno di Palazzo Riario Sforza, già Palazzo Milano, il quale si affaccia a sua volta su piazza del Popolo.

Casa Morani

Dopo il terremoto del 1908, nasce a Polistena l'orfanotrofio maschile e femminile.Costruita sulle fondamenta della precedente distrutta dal terremoto del 1783, in questa dimora vi abitò per primo Fortunato Morano. 

Dopo la morte di Fortunato, che avvenne il 28 aprile 1836, la casa rimase alla moglie e ai figli: sarà il figlio Francesco Morani nato il 1804, non come viene additato incerta la sua nascita, anzi la sua nascita è scritta nei registri di nascita della Chiesa Santa Marina di Polistena con scrittura personalizzata, ad acquistarla definitivamente nel 1856 la casa che prima la deteneva.

Monsignore Morabito dopo il sisma decise che bisognava fare qualcosa per i tanti orfani che il terremoto aveva procurato. All'inizio gli orfani vennero ospitati nei carri merci delle ferrovie, solo dopo l'arrivo dei Frati Maristi nel 1911, vennero ospitati nelle baracche di legno. 

Nel 1934 arrivarono a Polistena i Frati Concezionisti (I figli dell’Immacolata Concezione), ancora oggi portano avanti l'opera, cominciata dal Beato Luigi Maria Monti.

Nel 1960 l'orfanotrofio si trasforma, e viene chiamato Istituto di San Giuseppe. Il 19 novembre 1984, nasce la Comunità Luigi Monti, che si rinnova sia nel metodo educativo sia nella struttura. Una speranza per tante famiglie e ragazzi in difficoltà.

All'epoca che furono ricostruiti i nuovi locali, nel fare le fondamenta, è venuto fuori un grande masso di granito che, in seguito, fu scolpito dallo scultore Francesco Morani; l'opera rappresenta un "Padre che abbraccia l'orfano".

Oggi è di proprietà di Francesco Morani pronipote e a sua volta dagli eredi di questa famiglia di artisti Polistenesi.

Palazzi nobiliari

Tutti gli antichi palazzi presenti a Polistena, sono successivi al terremoto del 1783. I più importanti sono:

- Palazzo Riario Sforza, già palazzo Milano.

- Palazzo Avati - Subito dopo il terremoto del 1783, che distrusse la città di Polistena, il marchese Vincenzo Avati, discendente da una famiglia spagnola, e la famiglia dei Milano decisero di ricostruire la città sulla collina antistante al luogo in cui si ergeva l'antica Polistena. Fu, in questa zona denominata Evoli, che vennero ricostruiti i primi edifici come per esempio la chiesa matrice, il palazzo dei Milano e il palazzo Sigillò.

Fu nel 1785 che iniziarono i lavori per il palazzo Avati con i mattoni provenienti dalle città vicine di Anoia, Maropati e Galatro. I lavori terminarono nel 1790 e diedero alla luce una struttura di tre piani.

Nel 1908 il terzo piano venne demolito e sostituito da un tetto dando all'edificio l'aspetto che presenta tutt'oggi.

Fino al 1988 il palazzo è stato abitato dalla famiglia Avati, che poi lo vendette alla Banca Popolare di Polistena Soc. Coop. A.r.l.; in seguito la Banca Popolare di Polistena si è trasformata in Banca Regionale Calabrese ed è stata acquistata dalla Banca Antoniana Popolare Veneta. Attualmente il palazzo è di proprietà della società Il Marchese s.r.l.

Negli anni novanta la struttura dell'edificio, che è in muratura ordinaria, è stata rinforzata durante la ristrutturazione, sempre durante questa ristrutturazione sono state aggiunte nuove scale ed ascensori nelle due ali laterali e un caveau sotterraneo.

Nel 2008 la Banca Antoniana ha accorpato la sua filiale in una sola ala mentre l'altra è stata adibita ad uffici. Oggi l'ala di via Orefici è occupata dalla filiale della Banca Monte dei Paschi di Siena.

Dall'unico accesso, quello centrale, si accede a un portico a cupole che divide l'edificio in due distinte ali; dal porticato si accede anche all'ampio giardino di circa 1.120 m². Va ricordata anche la presenza di una cappella con annesso campanile del 1770.

Originariamente, prima della vendita alla banca, il piano interrato era destinato alla sicurezza. Oggi nel piano interrato troviamo il caveau, realizzato negli anni 90, un locale per operazioni riguardanti il caveau e alcuni depositi.

Al piano terra, nell'ala centrale, si trovavano le cisterne per contenere l'olio di oliva prodotto dall'Azienda Agricola del Marchese Avati, ai lati dell'ingresso che conduce anche al giardino vi erano due uffici, che ospitavano la direzione dell'azienda, e altre due stanze più grandi, una su ogni lato, di forma quadrata che contenevano i prodotti agricoli pronti per essere commercializzati. L'ala di via Orefice, che ospitava le scale per il piano superiore, ospitava numerosi garage e depositi e l'ala di via Croce ospitava invece, oltre alla scala di accesso ai piani superiori, le cucine e le stanze nella quale viveva la servitù.

Oggi, al piano terra, nell'ala di via Orefice, troviamo una sala d'attesa per il pubblico e uno sportello nel quale posso lavorare quattro operatori, sempre su questo piano troviamo le scale e l'ascensore che conducono al piano superiore e al caveau sotterraneo. Ricordiamo anche al presenza degli uffici della direzione della Banca. Sempre al piano terra troviamo la centrale dell'Enel e quella per la climatizzazione e pompaggio dell'acqua. Nell'ala di via Croce troviamo invece una grande sala di ricevimento, un'altra sala d'attesa per il pubblico, nove stanze destinate ad uffici e le scale e l'ascensore che portano al piano superiore e a quello sotterraneo.

Al primo piano, nell'ala centrale sorgevano le sale di ricevimento e di festa del marchese. L'ala di via Orefice ospitava invece le stanze e i bagni destinati agli ospiti e l'ala di via Croce le stanze e i bagni nei quali soggiornava il marchese. Oggi, al primo piano, nell'ala di via Orefice troviamo due grandi sale destinate ad archivi della filiale della Banca, mentre nell'ala di via Croce troviamo due semplici vani.

Sul secondo piano non si sa molto, esso era infatti previsto nel progetto originario, ed era stato anche costruito come testimoniano al cune foto degli inizi del 1900, tuttavia nel 1908 esso venne demolito in quanto si è bruciato, sostituito da un semplice tetto.

Il palazzo ospita un ampio giardino di circa 1.120 m². Al giardino si può accedere o dall'ingresso centrale o da un cancello su via Croce all'altezza dell'incrocio con via San Francesco d'Assisi. Il giardino ricco di specie pregiate ed esotiche è cinto da un alto muro, ed ospita al suo interno un pergolato in legno sostenuto da alcune colonne in pietra. Sempre nel giardino è presente una riproduzione in bronzo della Fortuna di Giuseppe Renda, la cui vera opera è situata all'interno del palazzo.

Per ciò che riguarda la facciata, quella principale che affaccia su piazza del Popolo presenta caratteristiche tipiche del 1700, mentre le facciate su via Croce e via Orefice sono semplici e lineari.

Proprio nella facciata di piazza del Popolo ricordiamo il portale d'ingresso, composto da uno arco a tutto sesto decorato con pietre lavorate a punta o a ricciolo. La chiave di volta è invece una raffigurazione antropomorfa realizzata dai fratelli Rovere che hanno realizzato anche i capitelli sotto i balconi.

All'interno i pavimenti sono, al piano terra in marmo mentre al primo piano sono di legno di rovere sistemato a lisca di pesce, in altre zone invece sono in ceramica di primissima qualità, le scale sono invece in marmo.

Sempre all'interno del palazzo si possono ammirare varie opere in gesso di Giuseppe Renda tra le quali ricordiamo soprattutto La Fortuna ma anche Ondina e La prima bellezza. Come già detto in giardino si trova anche una copia in bronzo della Fortuna

- Palazzo Amendolea-Cavatore è un palazzo storico costruito nel 1793.

Nel 1783 Polistena, insieme a gran parte dei centri della Calabria meridionale, venne quasi totalmente distrutta dal terremoto del 5 febbraio. Dopo il sisma, la città venne completamente ricostruita su progetto dell'architetto napoletano Pompeo Schiantarelli, realizzando un impianto urbanistico costituito in parte da case unifamiliari a schiera ed in parte dai palazzotti con corte interna destinati all'alta borghesia. Tra questi ultimi vi fu proprio il palazzo Amendolea-Cavatore, già Rodinò-Lidonnici.

Il palazzo è uno dei primi costruiti dopo il terremoto del 1783. La facciata principale si distingue dalle secondarie per la presenza di un portale centrale di accesso ai piani nobili. Il portale in pietra è contraddistinto da un arco a sistema a doppie paraste con architrave e cornice molto sporgente che fa da base continua al balcone soprastante. Questo portale è l'unico che presenti, incisa nel concio in chiave, la data di costruzione del palazzo (1793); il palazzo è di forma regolare, con una corte interna molto curata con doppio ordine di arcate sul corpo scale.

Dal pianerottolo intermedio delle scale, simmetriche a doppia rampa, si accede ad un grande giardino. La corte centrale, le scale di accesso ai piani superiori, gli archi ribassati, le pareti dei corpi che si affacciano sul cortile e che contengono le rampe delle scale, mantengono elementi e modi di reminiscenza classica e caratteri di un tardo barocco filtrato attraverso esempi siciliani; ciò vale per le cornici mistilinee che in questo palazzo racchiudono le bucature dei piani superiori. La pavimentazione dell'androne, della corte e del pianerottolo è realizzata con ciottoli di fiume allettati su un letto di malta. Il primo piano o nobile, un tempo abitato da un'unica famiglia (Rodinò-Lidonnici), dopo diviso in due abitazioni (Amendolea-Cavatore) mentre oggi di proprietà delle famiglie Furci e Cavatore.

Oggi, gli spazi idoneamente restaurati per accogliere mostre, esposizioni, conferenze ed eventi interattivi utili anche ai fini didattici, permettono al Palazzo di essere considerato un luogo di cultura per la comunità. Fulcro del complesso è la corte recentemente restaurata che con i suoi spazi espositivi polivalenti, permettono al Palazzo di tornare a partecipare a manifestazioni culturali di altissimo livello.

I recenti restauri dell’androne, della corte e del corpo scala hanno riportato all'antico splendore questi ambienti.  

- Palazzo Giffone

- Villa Giulia, del Barone Rodinò

- Palazzo Pecora

- Palazzo Valensise

- Palazzo Lidonnici

- Palazzo Sigillò

- Palazzo Sofrè, Montiglia (oggi Ammendolea)

- Palazzo Tigani-Regitano era un palazzo storico costruito dopo il terremoto del 1783.

Nel 1783 Polistena, insieme a gran parte dei centri della Calabria meridionale, venne quasi totalmente distrutta dal terremoto del 5 febbraio. Dopo il sisma, la città venne completamente ricostruita su progetto dell'architetto napoletano Pompeo Schiantarelli, realizzando un impianto urbanistico costituito in parte da case unifamiliari a schiera ed in parte dai palazzotti con corte interna destinati all'alta borghesia. La famiglia dei Milano decisero di ricostruire la città sulla collina antistante al luogo in cui si ergeva l'antica Polistena. Fu, in questa zona denominata Evoli, che vennero ricostruiti i primi edifici come per esempio la chiesa matrice, il palazzo dei Milano e il palazzo Sigillò.

Il palazzo viene costruito dopo il terremoto del 1783 da don Francesco Tigani Giudice del circondario di Galatro e vice Marchese (governatore) di Anoia, coniugato con la sig. Caterina Regitano. Nel passato nell’edificio scaturirono numerose iniziative sia amministrative che culturali. Il Tigani nel 1779, era governatore delle terre di Anoia. La famiglia Regitano costruisce a Mammola la chiesa di San Giuseppe fondata nel 1730. Nel 1832 il figlio di don Francesco, il Dottor Fisico don Giovanni sposa donna Francesca Guerrisi nipote del Dottore Domenico Guerrisi e Donna Rosa Lombardi, il matrimonio viene celebrato nella chiesa di Santa Marina Vergine di Polistena, dall’Arciprete Michelangelo Guerrisi.

Il palazzo viene abbattuto negli anni ottanta del novecento, perché pericolante e a rischio di crollo, le mura perimetrali del piano terra sono state conservate, con dovuti rinforzi, poiché contiene in esso lo splendido portale, che con buon senso è stato risparmiato. Un tempo presso il palazzo sito in Largo dei fiori o Piazzetta di Tigani, i fratelli Francesco e Michele Tigani (1833-1873) entrambi sacerdoti, fondarono una scuola superiore. Michele fu amministratore pubblico, poeta e patriota, fu anche sindaco di Polistena dal 1865-1866. Nel 1906 il nome della via Piazzetta Tigani diventa ”Piazza Fratelli Tigani”, il Podestà Edoardo Sigillò su progetto dell’architetto il sig. Giuseppe Prenestino, abbellisce ”Piazza Tigani” e il giardino di ”Piazza Tigani” .

Museo

Direttamente collegato alla Biblioteca Comunale, il Museo di Polistena conserva al suo interno importanti reperti di varie epoche, opere d'arte e una ricca sezione etnografica che dà il senso del valore dato dalla comunità alle tradizioni passate. Di particolare interesse è la documentazione storica della vecchia Polistena. 

Tra le opere esposte spiccano i quadri e le statue di artisti polistenesi fra i quali F. Jerace, V. Jerace, G. Renda, A. Cannata, G. Jerace, riconosciuti e apprezzati in tutto il mondo.

Polistena ha dato i natali a diversi scultori di fama nazionale. I Morani, le cui opere abbelliscono diverse Chiese della città, Giuseppe Renda che si formò nella loro bottega e operò principalmente a Napoli, ma tra tutti i figli di Polistena, da ricordare v’è sicuramente l’artista Francesco Jerace, autore di numerosi monumenti e sculture a Reggio Calabria, tra cui il "Monumento ai caduti di tutte le guerre", il "pulpito marmoreo con le palme" le sculture di San Paolo e Santo Stefano di Nicea presso sulla scalinata della Cattedrale, il Monumento a Giuseppe De Nava, nell’omonima piazza, e ancora il busto di Nosside di Locri, conservato nella Pinacoteca Civica.

L’artista polistenese, inoltre, scolpì per il Duomo di Napoli due bassorilievi raffiguranti rispettivamente il Martirio di San Gennaro e il Miracolo delle Reliquie durante un'eruzione del Vesuvio. Presso il Palazzo Reale di Napoli, poi, è possibile ammirare la statua di Vittorio Emanuele II di Savoia, effigiata per l’Unità d’Italia. Jerace, scultore prolifico, si espresse maggiormente nell'arte sacra, ma iniziò all’apice della sua carriera anche a creare monumenti di arte funebre di carattere civile, come la scultura presente al Vittoriano di Roma, intitolata: L'azione.

Piazze

- Piazza della Repubblica (popolarmente chiamata "Piazza Vara") situata al centro della cittadina.

- Piazza del Popolo: vi si affacciano i principali palazzi nobiliari della città e vi si trova al centro il monumento ai caduti. Nel giorno di Pasqua vi si svolge la tradizionale Affruntata.

- Piazza Diaz, riqualificata, sorge nelle vicinanze di via Santa Marina.

- Piazza Tigani, presso piazza del Popolo: vi si trova al centro una fontana. La piazza prende il nome dal palazzo che vi si affacciava.

- Piazza Fusco, nel quartiere Brogna.

- Largo San Francesco di Paola, piazzale di fronte alla chiesa omonima; vi si trova al centro una croce su basamento in pietra risalente al 1739.

- Piazza Garibaldi: si trova al centro una fontana e una stele che ricorda l'"albero della libertà", innalzato dai giacobini polistenesi nel 1799.

- Piazza 21 marzo, già piazzetta Municipio, prende il nome dal giorno della manifestazione nazionale antimafia svoltasi nel 2007. Al centro vi sorge una scultura raffigurante Marino Tigani, scultore polistenese.

- Piazzale della Pace, sul quale si affacciano il municipio, l'Auditorium comunale e la sede del commissariato di polizia.

- Piazza Valarioti, sulla via Catena, nella zona sud della città. Prende il nome da Giuseppe Valarioti, vittima della 'ndrangheta.

- Piazzetta Bellavista.

- Piazza Arco, esiste la targa nascosta in marmo. Detta in seguito Piazza Dott. Rocca.

Monumenti

- Monumento ai Caduti della prima guerra mondiale in piazza del Popolo, opera di Francesco Jerace

- Monumento ai combattenti, presso la scuola primaria "Trieste", opera di Marino Tigani

- Monumento a M. Tigani, in piazzetta XXI marzo

- Monumento a F. Jerace, all'inizio dell'omonima via

- Monumento all'emigrante, in piazzale della Pace, opera di Giuseppe Niglia

- Monumento alla pace, in piazzale della Pace, vicino l'Auditorium comunale

- Monumento al Partigiano, nel parco della Liberazione

Festività e ricorrenze

- Festa di Santa Marina Vergine, patrona di Polistena (17 luglio, con processione per le vie cittadine). L'origine della festa è molto antica, ma viene celebrata con la "Teoria dei santi" (ovvero la "Processione delle 26 statue di Polistena") che fu introdotta dopo il terremoto del 1783, che provocò oltre 2000 vittime e distrusse l'intera città. Quando la popolazione di Polistena si riprese dalla calamità, avvertì l'esigenza di ricorrere all'intercessione della santa patrona e di tutti i santi presenti nella cittadina, portandoli in gran festa per le vie del paese. L'usanza fu ripetuta di anno in anno e praticata sino al 1960. Interrotta per quasi quarant'anni, la processione con la "Teoria dei Santi" fu ripristinata nel 1998 per volontà dell'arciprete don Giuseppe Demasi e di un comitato che da allora sostiene questa tradizione;

- Festa di San Rocco, compatrono di Polistena (16 agosto, con processione per le vie cittadine).

Rispetto delle tradizioni

Polistena ha conservato nel tempo molte delle tradizioni del passato che sono arrivate ai giorni nostri con la stessa carica di sacralità e cultura. Una di queste riguarda le diverse fiere che vantano una storia lunga. Oggi si svolgono ancora le fiere di Tutti i Santi, dell’Immacolata e molti riti religiosi a esse connessi sono rimasti intatti. Grande è l’attesa ogni anno per i festeggiamenti in onore della Patrona S. Marina, il 17 Luglio, e la novena natalizia con il tradizionale suono mattiniero delle zampogne. 

Altri riti legati alle festività religiose sono quelli della Settimana Santa: al venerdì santo si comincia all'alba, con la processione che parte dalla Chiesa Matrice, mentre a mezzogiorno si celebra l'agonia e l'esecuzione delle "Sette parole" di Michele Valensise, musicista del XIX secolo. Al pomeriggio dalla Chiesa dell'Immacolata parte la processione della Pietà e sul finire della sera, dalla Chiesa del SS.Rosario parte la processione dei misteri. 

La domenica di Pasqua si svolge l'"Affruntata", evento molto suggestivo e atteso che celebra l'incontro tra Cristo Risorto e la Madonna in Piazza del Popolo. Anche il Carnevale conserva le sue tradizioni tipiche, con la singolare sfilata di maschere e carri allegorici realizzati da artigiani polistenesi. 

Da segnalare infine la Notte dei Giganti che si svolge nel mese di luglio e che consiste nella danza rituale di svariate coppie di “Giganti” (alti circa 3 metri) che rievocano la leggenda di Mata e Grifone, personaggi mitologici della storia di Polistena. La Città viene invasa dalla periferia al centro dai Giganti che con musica, feste e balli si perdono e si ritrovano in tutti i vicoli del borgo. Le coppie raggiungono Piazza della Repubblica per preparare il grande ballo finale che si tiene, da tradizione secolare, sul Piazzale Trinità dopo la mezzanotte.

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Fonte: