Zungri (Borgo)
(Vibo Valentia)

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Incastonato nella lussureggiante natura del Monte Poro, il comune di Zungri rappresenta uno dei centri più vivaci della provincia di Vibo Valentia, situato in una felice posizione geografica, a pochi Km di distanza dalle vicine località turistiche della Costa degli Dei.

Difficile risulta dare con precisione l’origine storica di Zungri. Alcune notizie affermano l’esistenza di un insediamento umano denominato Zungri, ad attestarlo è un antico documento (Rationes Decimarum Italiane) risalente all’anno 1310 dove si cita che il prete cappellano della chiesa di San Nicola di Zungri ha pagato le tasse dell’epoca. Importanti studi, inoltre, hanno accertato che Zungri è già stato popolato in epoca preistorica, esattamente in epoca magno-greca e romana e dal VI sec. l’area risultava abitata.

Fu fondata dai superstiti di Aramoni, i quali, dopo la distruzione della loro località da parte di Roberto d’Angiò, si rifugiarono nella zona, dando vita a diversi villaggi. Il territorio però fu abitato fin da tempi precedenti, stando alle tracce di un grande insediamento rupestre medievale, a una necropoli del IX secolo a.C. e ai resti di muraglioni e colonne di età romana rinvenuti nei suoi dintorni. 

Il toponimo, attestato nel 1500 nella forma Zungare, è di origine greca. Zungri deriva da "roccia", "tufi", "dirupi", toponimi ben compatibili con la morfologia del luogo; infatti vi è la presenza di banche in arenaria e dirupi.  

Casale di Mesiano, di cui seguì le vicende, fu successivamente infeudata ai Pignatelli. Gravi furono i danni causati dal terremoto della seconda metà del XVIII secolo. 

I francesi, all’inizio del 1800, ne fecero dapprima un’università del cosiddetto governo di Tropea e poi un comune del circondario con a capo questo centro. Col riordino amministrativo della regione disposto dai Borboni, tornati sul regno di Napoli, all’indomani del congresso di Vienna, fu trasferita nella giurisdizione di Briatico. La storia post-unitaria si confonde con quella del resto della penisola. 

Tra le testimonianze storico-architettoniche figurano: la chiesa di Santa Maria delle Nevi, contenente, tra l’altro, una tavola attribuita alla scuola del Raffaello, raffigurante l’incontro fra la Madonna e Santa Elisabetta; la chiesa di Sant’Anna, con pregevoli tele, e i ruderi romani, a Papaglionti. Molto interessanti sono le grotte anacoretiche, del XII-XIII e XIV secolo, scavate nel banco di arenaria; nella grotta degli Sbariati e soprattutto in quella di San Leo o San Lio, in località Fossa di Mesiano, si possono ammirare lacerti di affreschi bizantineggianti.

Insediamento Rupestre degli Sbariati

Nel 1983 una campagna di ricerca condotta dell’archeologo Achille Solano, portò a conoscenza della comunità scientifica un vero e proprio villaggio interamente scavato nella roccia, divenuto oggi una delle più importanti attrazioni turistiche dell’intera Calabria. Meglio conosciuto come le “Grotte degli Sbariati”, il sito archeologico si trova a ridosso del centro storico di Zungri, in provincia di Vibo Valentia, situato nel cuore del Monte Poro a pochi km da Tropea, Capo Vaticano e Pizzo. 

Il toponimo di Zungri è di formazione neogreca, ad indicare “roccia, rupe, dirupi”. Tale significato si adatta benissimo alle caratteristiche morfologiche del luogo, dove, tra il VI ed il XII sec., si edificò l’attuale villaggio che fu luogo di intenso e produttivo lavoro rurale, sicuramente sotto l’impulso di primitivi habitat monastici. “Sbariati” furono gli abitanti di questo luogo, «sbariat», sbandati, fuggiaschi, erranti, appellativo che indica le condizioni di vita di comunità dove monaci laici e contadini, fuggiti dall’Oriente e dalla Sicilia in seguito alle invasioni barbariche, trovarono riparo. 

InsediamenteRupestre8.jpg (298795 byte)L’insediamento conta oltre cinquanta grotte e copre una superficie di circa 3000 mq, articolata su più livelli dell’ampio costone roccioso. Esso si affaccia sulla profonda valle scavata dal torrente Malopera, le cui sponde sono fiancheggiate da terreni coltivabili, ancora oggi accessibili, presso i quali gli abitanti delle grotte usavano esercitare le attività agricole e molitorie. L’abitato è attraversato da una scalinata scavata nella roccia che conduce ai diversi ambienti rupestri. Gli spazi interni delle grotte hanno dimensioni variabili, con un uso privilegiato della pianta rettangolare, rispetto a quella ovoidale. Gli ambienti sono sia monocellulari che costituiti da più vani, dislocati su uno o su due livelli. Ai piani più alti si poteva accedere per mezzo di scale, realizzate in legno o scavate nella pietra.

Gli interni delle grotte consentono di poter immaginare la distribuzione dello spazio e lo stile di vita dei rupestri. Gli ambienti sono stretti e la forma è varia, si passa da quella circolare alla forma quadrata o rettangolare, alcuni presentano una copertura a volta o a cupola, con un foro al centro per l'aerazione, altre presentano finestre circolari.

Lungo le pareti di alcune cavità, infatti, sono visibili nicchie o incassi scavati nel banco roccioso, presso cui, probabilmente, erano sistemati giacigli, mensole o dispense. Si tratta di elementi molto utili che aiutano a comprendere meglio lo sfruttamento funzionale degli spazi e le abitudini del vivere in grotta.  La regolarità delle superfici verticali delle facciate sono interrotte dalle aperture delle porte e delle finestre che regalano scenografiche alternanze di pieni e di vuoti. 

InsediamentoRupestre4.jpg (86749 byte) InsediamentoRupestre5.jpg (277570 byte) InsediamentoRupestre6.jpg (312733 byte) InsediamentoRupestre7.jpg (335588 byte)  

Gli ingressi delle cavità sono stati ricavati scavando aperture quadrangolari o ad arco e, in alcuni casi, l’estro dell’uomo ha dato vita a vere e proprie decorazioni ricavate scolpendo nella pietra motivi incisi ad imitazione di portali di pietra, ben rifiniti negli stipiti e nei fori destinati all’alloggiamento di elementi di metallo o di legno. 

Nell’insediamento rupestre di Zungri la comunità che lo ha abitato ha differenziato gli spazi, separando gli ambienti abitativi dalle aree destinate alle attività produttive ed agropastorali, come nel caso del piccolo palmento, posto all’inizio dell’abitato, oppure della “calcara” quasi interamente ricavata nella roccia, utilizzata come opificio per la produzione di calce. 

Un ulteriore aspetto, di fondamentale importanza per la vita quotidiana dell’insediamento, è costituito dal complesso sistema di sfruttamento delle risorse idriche

Il territorio di Zungri è sempre stato ricco di sorgenti e di vene d’acqua dolce ed i rupestri hanno sapientemente sfruttato questo elemento naturale creando utili collegamenti fra vasche, pozzetti e canalette, realizzati all’interno o all’esterno delle grotte con l’escavazione del banco roccioso.  

All’ingresso del viale che porta all’Insediamento si trova il Museo della Civiltà Rupestre e Contadina.

Inaugurato nel 2003 sotto la guida dell’allora sindaco Tino Mazzitelli, è nato dall’idea di conservare e valorizzare la storia locale, le tradizioni e gli antichi mestieri. Originariamente, l’edificio era destinato a diventare un luogo per esporre i reperti archeologici ritrovati proprio nell’insediamento rupestre delle Grotte, scoperto dal professor Achille Solano. Tuttavia, l’idea si è evoluta, trasformando l’ex frantoio e mattatoio comunale in una struttura dedicata alla vita contadina.

Museo.jpg (118982 byte)Nel corso degli anni, il museo si è arricchito grazie alle numerose donazioni dei cittadini di Zungri, che hanno offerto oggetti, strumenti e manufatti legati alla vita quotidiana dei loro antenati. La raccolta degli oggetti continua tutt’oggi, con nuovi pezzi che arrivano costantemente, tra cui strumenti di falegnameria appartenuti al nonno paterno di Caterina Pietropaolo, preziosi ricordi di famiglia che si fondono con la storia del paese.

Il museo ospita una vasta gamma di attrezzi agricoli, come aratri e utensili usati quotidianamente dai contadini, oltre a oggetti legati alla vinificazione, come botti e damigiane. Questi strumenti raccontano non solo la fatica e il sudore di chi li ha usati, ma anche il legame profondo con la terra. 

La sezione dedicata agli abiti tradizionali offre uno sguardo su un passato lontano, con gonne a pieghe e copricapi invernali tessuti al telaio, che le donne del luogo indossavano tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Ogni dettaglio di questi abiti, dalla pesantezza dei tessuti alle bordure ricamate a mano, testimonia l’abilità e l’attenzione delle ricamatrici locali.

Il museo, però, non è solo un luogo di esposizione.  È anche un laboratorio vivo di tradizioni, dove le nuove generazioni possono osservare le antiche tecniche di ricamo e tessitura. Il passaggio di queste conoscenze è fondamentale per mantenere vive arti che altrimenti andrebbero perdute. 

Ogni oggetto presente nel museo narra una storia, non solo della famiglia di chi l’ha donato, ma anche della collettività. Il Museo della Civiltà Contadina è una finestra sul passato che permette di capire meglio le radici di Zungri e il duro lavoro che ha caratterizzato la vita quotidiana di intere generazioni. Questo legame tra il passato e il presente è ulteriormente sottolineato dalle emozioni che suscita nei visitatori, molti dei quali, spesso anziani, si commuovono nel vedere oggetti che risvegliano ricordi lontani.

Con oltre 35. 000 visitatori all’anno, il museo di Zungri è diventato un importante punto di interesse turistico, attirando persone da tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Argentina. Tuttavia, il suo successo è anche il risultato del lavoro instancabile di chi dedica tempo e passione per mantenerlo vivo e attivo, senza mai fermarsi. 

Porte dipinte

PorteDipinte9.jpg (350372 byte)PorteDipinte10.jpg (311503 byte)PorteDipinte12.jpg (338914 byte)PorteDipinte11.jpg (395590 byte)La visita prosegue nel centro storico dove è stato strutturato un percorso con "porte dipinte", decorazioni murali, proverbi, filastrocche e poesie sui muri, a rievocazone del tempo passato.

Il percorso si conclude al Santuario della adonna della Neva che custodisce un prezioso dipinto cinquecentesco, raffigurante l'incontro tra la Madonna, Gesù Bambino, Santa Elisabetta e San Giovanni, olio su tavola attribuito alla bottega di Raffaello Sanzio.

PorteDipinte.jpg (169938 byte) PorteDipinte2.jpg (154149 byte) PorteDipinte3.jpg (182617 byte) PorteDipinte4.jpg (124000 byte) PorteDipinte5.jpg (153160 byte) PorteDipinte6.jpg (142691 byte) PorteDipinte7.jpg (146279 byte) PorteDipinte8.jpg (128886 byte)

Villa Romana di Trisulina (Papaglionti)

La Villa Romana, o più comunemente chiamata "Grotta di Trisulina", rappresenta un'insigne testimonianza della presenza Romana del periodo Augusteo in questa zona della Calabria. 

La costruzione, imponente nel suo insieme, è ubicata sulla cima di una collinetta a sperone, a 499 mt. s.l.m. nel comune di Zungri in località Trisulina.

La sua planimetria originale rileva la tipica casa romana organizzata intorno a due cortili.

Questa costruzione offre oggi quasi integro, un cripto-portico, forse adibito a piscina, dove l'insieme lascia veramente perplessi per la grandiosità (si veda sezione prospettica allegata).

Questa vasta piscina (?) è divisa in due navate da pilastri rettangolari collegati fra loro da archi. Due volte a botte semicilindriche coprono le navate.

Due scalette laterali, una a due rampe ed una ad una sola rampa, vi danno adito.

Di valore architettonico son i capitelli corinzi in marmo finissimo e qualche altro a palmette che ricordano i capitelli egizi a forma di fiori di lato aperto, e vari avanzi di colonne granitiche attestano lo splendore originario di questa villa.

Nell'insieme era una costruzione di lusso, oggi non rimangono che le rovine a livello del suolo di una massiccia costruzione in muratura romana di mattoni dell'epoca dell'Alto Impero, quasi integra si conserva la parte interrata, scavata in roccia arenaria compatta (già descritta precedentemente).

L'ubicazione in prossimità di Hipponion e l'abbondante dotazione di acque che si raccoglievano nella grande piscina illustrata, Corrispondono perfettamente alla descrizione che ne dà Sanio Duri. "Scendendo dalla collina verso il mare, seguendo una certa mulattiera in prossimità del cimitero di Briatico,si incontra un buon tratto della antica via tomana che è facilmente riconoscibile dal tipico selciato".

In prossimità del mare e non molto lungi da questo pezzo di strada, è stata rinvenuta un'antica cella tricora, andata distrutta.

Calvario di Papaglionti

Il Calvario di Papaglionti, è posto lungo la strada che porta al vecchio centro urbano. Di semplice fattura, ha forma rettangolare, mt. 4,20 di lunghezza e mt. 0,60 di profondità.

È realizzato in muratura di pietra granitica locale rincalzata e regolarizzata con mattoni e scaglie di laterizio, la stessa tipologia muraria adottata per la costruzione del calvario si trova presente sia nella chiesa di Papaglionti sia nel palazzo della Famiglia di Francia.

Insieme ad un altro Calvario ubicato sul lato opposto del paese, sono la testimonianza della Crocifissione di Gesù Cristo. (Nel periodo di Pasqua si teneva la processione con la statua del Cristo Morto).

Realizzato intorno alla fine del 600, si conserva in buone condizioni, grazie alla struttura muraria abbastanza consistente. In posizione centrale vi è una nicchia mt. 0,70 e alta mt. 1,10 delimitata lateralmente con mattoncini di laterizio, al cui interno in origine ospitava sicuramente un dipinto raffigurante la Crocifissione.

Casa Signorile di Papaglionti

La casa di Papaglionti, è un esempio, di palazzotto di tipo economico, inserito all'interno di un insediamento rurale posto alle pendici del Poro.

L'insediamento è quello di Papaglionti, piccolo villaggio del Poro, situato poco lontano dall'antica Mesiano alla cui giurisdizione in origini apparteneva, oggi è una frazione del comune di Zungri.

L'antico Papaglionti è oggi disabitato, gli abitanti si sono trasferiti nel nuovo Papaglionti, che sorge a poche centinaia di metri di distanza.

L'abbandono di "Papaglionti Vecchio" è avvenuta a seguito dell'alluvione del 1952, con la riedificazione del nuovo paese in posizione più alta, completata solo nel 1980.

Ritornando al fabbricato preso in esame, di modeste dimensioni, ha forma rettangolare e si sviluppa su due piani. 

Il piano terra destinato a magazzino ed il piano primo a residenza.

Emerge nel contesto urbano e si differenzia dalle altre costruzioni, per la cura architettonica dei particolari. Oggi abbandonato, come del resto l'intero paese di cui fa parte, riversa in condizioni precarie.

Chiesa di Papaglionti

All'interno dell'insediamento di Papaglionti, piccolo villaggio del Poro, situato poco lontano dall'antica Mesiano nel comune di Zungri, si trova la chiesa a due navate, unico manufatto del genere presente nell'abitato di Papaglionti.

Oggi la stessa riversa in precarie condizioni, come del resto tutto il centro abitato ormai del tutto abbandonato. Realizzata in muratura di pietra granitica, intonacata all'interno e rincalzata all'esterno in modo abbastanza vistoso con mattoncini e scaglie di laterizio, al punto da dare un effetto cromatico della facciata dominante sul rosso mattone.

Di forma regolare con due navate, quella principale che misura 16,50 mt. di lunghezza e mt. 6,00 di larghezza, e quella laterale che misura mt. 14,50 di lunghezza e mt. 2,50 di larghezza, realizzata in un secondo tempo.

Collegate fra di loro da ampie arcate. Al disotto della navata laterale si trova un vuoto destinato alla sepoltura. Elemento particolare, che fa evidenziare la chiesetta di Papaglionti, è la forma dell'altare che risulta rastremato che dalla larghezza di mt. 6,00 si porta a mt. 4,90.

 

Mulino idraulico Cimadoro

Il mulino Cimadoro o di Ciappetta, è l'unico di una serie di mulini idraulici, rimasto in piedi sito nel territorio di Zungri. Posto nel punto di confluenza di due fossi "Ciappetta e Simileo" a 316 mt. s. l. m., di forma classica rettangolare con saetta adagiata al versante che degrada verso il torrente.

Il mulino è ad un solo livello, ha muri perimetrali larghi oltre un metro, e copertura a falde con struttura portante in legno e manto di copertura in coppi.

Il presente mulino abbandonato da tempo riversa in condizioni precarie di conservazione ed è ricoperto da una fitta vegetazione.  

Palazzo di Francia

Il palazzo di Francia, è forse l'esempio più rappresentativo di Casa Signorile presente in ambito rurale nell'arco del Poro. sia per il palazzo della costruzione che risale al 1700. Si trova nel territorio del comune di Zungri in prossimità del centro edificato di Papaglionti vecchio, in una posizione che domina tutta l'area circostante.

Di forma rettangolare ed imponenza costruttiva, infatti misura metri 33 sul fronte principale e metri 13,30 di larghezza. È realizzato con struttura portante in muratura di pietra granitica intonacata a calce all'interno, è rincalzata all'esterno con saette e scaglie di laterizio, al punto da fare assumere alla facciata un aspetto al quanto gradevole. Lo stesso sistema murario adottato nel presente edificio si trova nella chiesa e nel calvario del vecchio Papaglionti.

Particolare risulta il portale d'ingresso, le mensole e il piano dei balconi, sono realizzati in pietra granitica locale.

A livello distributivo come del resto la maggior parte dei palazzotti similari, il piano era adibito a magazzino - deposito dei prodotti agricoli e il piano primo a residenza dei proprietari. Oggi, l'intero complesso versa in precarie condizioni, di stabilità, tanto che, il piano primo è interamente crollato.

Casa Baronale Pisani

La casa Pisani, sita nel comune di Zungri, al confine con il territorio di Spilinga e Rombiolo, a 560 mt. s.l.m., rappresenta uno degli ultimi esempi di casa baronale, presente nell'area del Poro.

Costruita intorno al 1935, in muratura di pietra granitica locale, listata con mattoni pieni, con solai in cemento armato, e tetto a padiglione in legno con manto di copertura con tegole in laterizio tipo marsigliesi.

L’intero edificio, come del resto tutti gli altri similari, presenti nell’area del Poro, risulta diviso in due ambienti nettamente distinti, piano terra adibito a magazzini e ricovero attrezzature agricole.

Primo piano con ingresso da scala esterna indipendente, rispetto al piano terra, adibito a residenza. 

La casa Pisani, rappresenta il punto di riferimento principale di un complesso di manufatti legati alla conduzione del fondo di proprietà della famiglia Pisani.

La sua importanza va ricercata non a livello storico, ma testimoniale che il fabbricato rappresenta, quale esempio di presenza diretta della famiglia Nobiliare sui terreni di proprietà.  

 
Fonte

Settembre 2024