Da alta
quota vediamo un vasto oceano
blu a sinistra e un
altrettanto grande deserto
giallo a destra: da un lato le
onde si increspano in schiuma
bianca, dall'altro le dune
sono incoronate da ombre brune
e ciascuno dei due mondi,
quello dell'acqua e quello
delle sabbie, si estende a
perdita d'occhio verso
l'orizzonte. Ecco lo yin e lo
yang della Terra: l'essenza
della vita, l'acqua del mare,
e la realtà della sua
assenza, un arido deserto.
Questi mondi contigui si
"scontrano" lungo
una fascia di terra estesa per
quasi
2000 chilometri
lungo la costa sud-occidentale
dell'Africa e nota come
deserto Namib: benché dal
cielo appaiano contrapposti, o
meglio. opposti, il freddo
mare e il torrido deserto che
dissecca ogni cosa in realtà
interagiscono intensamente.
Il
deserto del Namib, il più
antico del mondo, famoso per
la sua selvaggia e sterile
bellezza, un mare di sabbie
sferzate dal vento in
pennacchi e in vortici il cui
nome deriva da un vocabolo
della lingua khoikhoi che
significa "terra
disabitata", è l'unico
deserto del mondo la cui fauna
e flora endemiche si siano
evolute in un ambiente di
dune, che di fatto sono
spoglie di vegetazione. In
effetti, all'interno di un
deserto che esiste da tre o
quattro milioni di anni. le
dune sono totalmente isolate
dagli altri ecosistemi: questa
regione arida iniziò a
formarsi intorno ai 55 milioni
di anni fa, ma il territorio
mutò in una zona semi-arida
tra 18 e 14 milioni di anni or
sono, per tornare
all'iper-aridità con
l'avvento della corrente
fredda di Benguela,
nell'Oceano Atlantico, circa
quatto milioni di anni fa.
Le
gigantesche dune dalla cresta
affilata, rosse e grigie, del
deserto del Namib sono le più
elevate del mondo, con una
media di
160 metri
di altezza: la maggiore fra
queste, chiamata Sossus Vlei,
supera le quota di
390 metri
, ma ognuna può raggiungere i
50 chilometri
di estensione lineare,
spaziata di oltre un
chilometro dalla duna più
vicina. I colori delle sabbie
che le compongono mutano in
relazione alla località e
all'età: le particelle più
recenti si trovano nei pressi
del litorale oceanico, a
ovest, dove le dune costiere
sono di una tenue tinta
gialla-bruciata, mentre le
dune dell'entroterra tendono
ad assumere una colorazione
bruna intensa, per diventare
infine, nella parte orientale
del deserto, la più lontana
dall'Atlantico, di un colore
rosso mattone.
Il
"mare di sabbia"
della regione copre
34.000 chilometri
quadrati di territorio e,
sebbene sia piuttosto esteso
in lunghezza, ha un'ampiezza
compresa fra i 100 e i 130
chilometri dall'oceano alle
alture che si trovano a
oriente. In buona parte
endemiche, per la
sopravvivenza la fauna e la
flora locali dipendono
dall'umidità appiccicosa e
dalle nebbie che giungono
dall'Oceano Atlantico, la cui
generosità, oltre all'acqua,
offre altri mezzi per
sostentare la vita: infatti, i
venti che spazzano le acque
superficiali verso nord
consentono l'affioramento di
acque fredde, ricche di
un'abbondanza di nutrienti che
alimenta la fauna ittica,
passando in tal modo da un
organismo all'altro e
dall'acqua alla terraferma,
perché una forma di vita è
il cibo di un'altra, fino
all'estremità della catena
alimentare.
Con
pochi punti di abbeveraggio a
disposizione, gli animali sono
costretti a vagare lungo le
spiagge, cercando di nutrirsi
di questa generosa vita
marina, sicché, per quanto le
sabbie appaiano sterili, in
qualche modo fra esse si sono
adattate a vivere oltre 200
specie di scarafaggi,
scorpioni, ragni, gechi,
camaleonti, serpenti e aquile.
Le macchie di vegetazione
lungo le pianure costiere
vantano licheni antichi di
10.000 anni e una sorprendente
reliquia della flora
preistorica, la welwitschia,
una pianta nana che sopravvive
soltanto dell'umidità della
costa atlantica, il cui arco
vitale è stimato superiore ai
1000 anni, mentre al margine
del deserto crescono gli steli
dell'aloè, che al di là di
questa linea lasciano spazio a
poco altro oltre ai licheni.
Ogni
giorno, all'alba, inizia il
ciclo della vita nel deserto
del Namib: mentre il sole si
alza tingendo il cielo di un
rosa delicato, l'aria calda
che proviene dall'oceano
spazza le fredde acque della
corrente del Benguela e il
contrasto delle temperature
produce una densa nebbia
costiera, che può penetrare
fino a
100 chilometri
nell'entroterra. Per molte
piante e per molti animali le
minuscole gocce di acqua
condensata prodotte da queste
nebbie, giorno dopo giorno,
costituiscono l'unico
sostentamento: gli scarafaggi
si alzano sulle zampe
posteriori per catturare
l'umidità, che i crotali
lambiscono dal proprio corpo e
le formiche delle dune
assumono dalle lame dell'erba
della savana. Poi il sole
nascente fa evaporare
gradatamente l'umidità
superstite nell'aria e il
deserto diviene un mondo di
dune arrotondate del colore
dell'oro.
Struzzi,
avvoltoi, facoceri, orici e
pernici della sabbia si
radunano intorno alle pozze di
acqua fangosa per abbeverarsi,
preparandosi per la torrida
giornata che seguirà. Il
giorno si riscalda velocemente
e al pomeriggio il sole che
brucia le sabbie del deserto
spinge tutte le forme di vita
a trovarsi un riparo dai suoi
raggi spietati, mentre lungo
le spiagge gli artocefali,
mammiferi marini della
famiglia delle Otaridae,
stanno pigramente sdraiati
entro la portata degli spruzzi
dell'oceano, attenti alla
presenza di predatori come
sciacalli e iene: le foche
approdano su queste spiagge
ogni autunno per partorire e
devono essere particolarmente
caute nel sorvegliare i loro
cuccioli appena nati.
Nelle
acque poco profonde sottocosta
pescano gli uccelli marini,
come i fenicotteri, i
pellicani e le sterne, mentre
i pinguini jackass, endemici
di quest'area e a rischio di
estinzione, giocano fra le
onde. Infine, quando la lunga
giornata rovente giunge al suo
termine, gli animali che per
la sopravvivenza dipendono
dalla luce solare,
specialmente i rettili, si
ritirano a dormire; la luna
gialla sorge sulle sabbie che
si vanno raffreddando mentre
le civette, gli scorpioni e i
minuscoli gechi quasi
trasparenti che lanciano i
loro sonori richiami per
l'accoppiamento emergono per
andare in cerca di cibo prima
che sorga il nuovo giorno.
Tale si
presenta il ciclo infinito e
immutabile della vita nel
deserto del Namib, dove
soltanto alcune creature
specializzate si sono adattate
a vivere fra dune torreggianti
che con le loro fantastiche
ondulazioni rendono facile
scordarsi quanto sia difficile
"tirare a campare"
in questi luoghi. Le piante e
gli animali, tuttavia,
sopravvivono, perché in
questa ineguagliabile
meraviglia della natura, in
questo che è il "luogo
deserto", ebbene, anche
qui la vita sussiste e
trionfa.
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