Los
Glaciares
(che in spagnolo significa "I Ghiacciai") è un Parco
nazionale che si trova nella provincia di Santa Cruz, nella Patagonia
argentina. Esso si estende su un area di 4.459 km².
Il
Parco nazionale, istituito nel 1937, è il secondo per dimensioni in
Argentina. Il suo nome si riferisce alla gigantesca calotta glaciale
(una delle maggiori del mondo) della Cordigliera delle Ande, da cui si
originano 47 grandi ghiacciai vallivi (di cui solo 13 scorrono verso
l'Oceano Atlantico). In altre parti del mondo i ghiacciai si originano a
partire dai 2500 metri di altezza, ma, a causa della particolare
conformazione geografica, in questa regione essi si originano a partire
da soli 1500 metri, e da lì scorrono fino a 200 metri sul livello del
mare, erodendo le montagne che li supportano.
Il
30% della superficie di Los Glaciares è ricoperta di ghiaccio. L'intera
regione può essere divisa in due parti, ognuna delle quali corrisponde
ad uno dei due grandi laghi contenuti nel Parco: il Lago Argentino (il
più grande del paese con i suoi 1.446 km²) a sud e il Lago Viedma
(1,100 km²) a nord. Le acque di entrambi i laghi finiscono nel fiume
Santa Cruz, che scorre fino a Puerto Santa Cruz sulle rive dell'Oceano
Atlantico. Fra i due laghi vi è una zona non-turistica chiamata Zona
Centro, priva di laghi.
La
parte settentrionale consiste di una parte del lago Viedma, del
ghiacciaio Viedma e di alcuni ghiacciai minori, oltre che di montagne
molto popolari fra i cultori di alpinismo e trekking, fra le quali il
Cerro Chaltén e il Cerro Torre.
La
parte meridionale invece contiene i ghiacciai più grandi: il Perito
Moreno, il Ghiacciaio Upsala e il Ghiacciaio Spegazzini, che scorrono
tutti verso il Lago Argentino. Un'escursione tipica si effettua in barca
fra gli iceberg del lago per visitare Bahía Onelli e gli altrimenti
inaccessibili ghiacciai Upsala e Spegazzini, mentre il Perito Moreno è
raggiungibile via terra.
Le
montagne trattengono la maggior parte dell'umidità proveniente
dall'Oceano Pacifico, lasciando passare solo la freddissima aria
proveniente dai ghiacciai (la temperatura media è di soli 7.5 gradi),
il che crea una steppa arida sul lato argentino della catena montuosa.
Questo ferma i nandù, i guanaco, i puma e le volpi grigie, che sono
specie in pericolo
(particolarmente danneggiate dopo l'introduzione dell'allevamento di
bestiame praticato in modo intensivo) e che trovano protezione
all'interno dei confini del parco.

Nonostante
avesse appena 25 anni, Francisco Pascasio Moreno era già al suo quinto
viaggio nelle inospitali terre della Patagonia argentina quando, il 15
febbraio 1877, si trovò davanti a uno dei più maestosi spettacoli di
quella regione. Un immenso lago di origine glaciale si stendeva ai piedi
delle rugose vette delle Ande meridionali. E nei tortuosi bracci più
addossati ai versanti delle montagne si gettavano imponenti ghiacciai.
In verità, non era il primo a scoprire quel vasto bacino, ma il
sottotenente Valentin Feilberg, che lo aveva preceduto di quattro anni,
pensava di essere approdato sulle sponde del Lago Viedma, situato invece
qualche decina di chilometri più a nord. Toccò così a Moreno dare la
paternità a quelle acque che - con lo stile un po' retorico che a volte
accompagna le parole dei grandi esploratori - battezzò Lago Argentino.
Alla
sua memoria, molti anni più tardi, fu consacrato il più affascinante
fenomeno naturale della zona, il ghiacciaio Perito Moreno, dal titolo
che l'esploratore assunse alla fine dell'Ottocento quando il governo gli
chiese di occuparsi della delicata questione dei confini tra Argentina e
Cile.
Esteso
su una superficie di circa 250 chilometri quadrati, il Perito Moreno è
un lembo del Campo de Hielo Patagónico, la più grande superficie
ghiacciata della Terra, se si escludono le calotte polari. Eredità
delle distese che ricoprivano l'emisfero meridionale durante l'ultima
glaciazione, il Campo de Hielo occupa oltre 14.000 chilometri quadrati,
e dalla sua massa si allungano propaggini che invadono le vallate erose
dalla millenaria azione dei ghiacci. Il Perito Moreno è, per l'appunto,
una di queste lingue di ghiaccio, e la sua massa è in continuo aumento,
alimentata dal Campo de Hielo.

Il
ghiacciaio si affaccia sul Canàl de los Timpanos, uno stretto passaggio
che collega il Brazo Rico e il Brazo Sur al bacino principale del Lago
Argentino. Periodicamente il fronte del Perito Moreno - largo cinque
chilometri e alto fino a 60 metri - raggiunge la sponda opposta,
ostruendo il canale e impedendo lo scambio tra le due masse d'acqua. Ciò
provoca un innalzamento delle acque nel Brazo Rico che può raggiungere
i 25 metri. Con l'aumentare della pressione, però, il ghiaccio
incomincia a fratturarsi e l'acqua penetra nelle fenditure facendolo
collassare con un fragore impressionante.
Nel
Novecento, questo spettacolare fenomeno si è ripetuto circa ogni 30
anni, l'ultima delle quali nel 1988. Per quanto straordinario, il Perito
Moreno è solo uno dei 47 ghiacciai principali che si incontrano nei
445.900 ettari del Parque Nacionàl Los Glaciares - istituito nel 1937 -
e non è nemmeno il più grande, superato dal ghiacciaio Upsala (595
chilometri quadrati) e dal Viedma (575).
Oltre
a essi, si registrano più di 200 ghiacciai secondari, di dimensioni
inferiori ai tre chilometri quadrati e non collegati al Campo de Hielo
Patagónico, la cui imponenza occupa circa 260.000 ettari all'interno
del parco, più del 50 per cento della superficie complessiva. L'attività
glaciale è concentrata sui due bacini del Lago Argentino e del Lago
Viedma, le cui acque si gettano nel Rio Cruz, che le scarica nell'Oceano
Atlantico. Ma l'erosione avvenuta nel Quaternario per opera delle
glaciazioni ha dato origine anche a molti dei vertiginosi picchi andini
dell'area, tra i quali il Cerro Fitz Roy (o Cerro Chaltén, che con 3375
metri è la più alta vetta del parco), il Peineta, l'Heim e l'Agassiz.

Presenta
invece forme più arrotondate il Cerro Torre, seconda cima della regione
con i suoi 3128 metri.
Coperto
per la maggior parte dai ghiacci e dagli specchi lacustri, il Parque
Nacionàl Los Glaciares non presenta caratteristiche faunistiche e
botaniche di rilievo, ma vi si riconoscono due formazioni
fitogeografiche ben delimitate: la foresta subantartica e la steppa
patagonica. La prima, estesa sui versanti montani, è caratterizzata dal
nire e dal guiruh, oltre che da faggi di diverse specie, tra i quali la
lenga. Di recente è stata osservata anche una ripresa del cipresso
delle Guaitecas.
La
steppa patagonica è invece costituita da praterie dove sono
diffusissimi il calafate, un arbusto che produce bacche agrodolci, il
notro, riconoscibile dai bellissimi fiori rossi, il saùco del diablo e
la topa-topa.
Sotto
il profilo faunistico il censimento del parco è ancora ampiamente
incompleto e, soprattutto, scarseggiano informazioni in merito ai
vertebrati che abitano la regione, fatta eccezione per gli uccelli. Tra
questi, che sono rappresentati in un centinaio di specie, vale la pena
di ricordare il condor andino, che nidifica in alta quota in colonie
chiamate condoreras.
Tra
i mammiferi si segnalano invece il puma, la volpe grigia e il piche, un
armadillo di piccola taglia, oltre ai guanachi e agli huemul. Benché la
Patagonia abbia sperimentato negli ultimi anni un crescente afflusso
turistico, non sono segnalati pericoli per la fauna e la flora locali.
A
preoccupare gli esperti è piuttosto il ritiro dei ghiacci dovuto al
riscaldamento globale, fenomeno che non ha risparmiato le Ande. Le
ricognizioni satellitari indicano che tutti i ghiacciai che si dipartono
dal Campo de Hielo Patagónico si stanno riducendo di estensione. Tutti
tranne uno: il Perito Moreno.

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