Immaginiamo
di trovarci a bordo di una canoa che scivoli silenziosamente su un fiume
torbido, chiuso fra i lussureggianti rami della foresta tropicale, viva
nei suoni e nei movimenti degli animali terrestri, degli uccelli, degli
insetti. Poco sopra le nostre teste, i pappagalli volano in cerchio
lanciando i loro richiami fra le foglie gocciolanti degli alberi; le
creature sulle sponde non sembrano disturbate dall'imbarcazione, né si
dileguano all'approssimarsi degli umani. Un caimano, il coccodrillo del
Sudamerica, scivola nell'acqua appena davanti a noi in questa che non è
una gita pseudo-avventurosa da Disney World, ma un viaggio reale verso
il cuore della foresta pluviale del Perù, terra di serpenti velenosi e
di insetti mordaci. La bellezza indicibile della scena che si apre
intorno a noi ripaga ogni minuto dei disagi patiti per raggiungere la
Riserva della Biosfera di Manu.
Nelle
terre alte della giungla amazzonica, sul versante orientale delle Ande,
alcune porzioni essenziali di foresta pluviale primigenia sono
attualmente protette all'interno della Riserva della Biosfera di Manu,
istituita dall'UNESCO nel 1977 e composta dal parco Nazionale del Perù
e da due zone adiacenti, una riservata ai turisti, l'altra alle
popolazioni indigene.
Il
parco tutela un intero spartiacque vergine, che include gli ambienti di
magiche foreste, delle praterie andine, delle foreste umide e delle
foreste pluviali di bassa e alta quota, variabili dai 300 ai 3700 metri
di altitudine; la posizione unica di Manu ne fa la singola riserva di
foresta pluviale più importante del mondo. Non tutti possono visitare
l'intera riserva, in quanto il parco nazionale è aperto unicamente agli
studiosi e ai ricercatori muniti di un permesso rilasciato dal Ministero
dell'Agricoltura del Perù, mentre la cosiddetta "Zona
Culturale" o "Area Riservata" è limitata, oltre che alle
ricerche scientifiche, all'eco-turismo; infine, la "zona a uso
multiplo" è riservata alle genti indigene e ospita l'area tribale
Nahua-Kugapakori, all'interno della quale due tribù nomadi continuano
il loro modo di vita tradizionale. Poiché da anni nella riserva la
caccia viene praticata, esclusivamente con l'arco, dalle popolazioni
native, la fauna locale mostra poco timore per gli esseri umani.

Cacciato
per la sua pelle fino al limite dell'estinzione, il caimano nero è un
lontano parente dei dinosauri del Mesozoico. Può raggiungere i sei
metri di lunghezza, e ha la fama di essere uno dei più feroci predatori
del bacino amazzonico. Famosi per il loro variopinto piumaggio, i
pappagalli del genere Ara sono i più grandi del mondo e, compresa la
lunga coda, possono raggiungere il metro di lunghezza. Il giaguaro è il
più grande e potente felino delle Americhe, va a caccia di notte e si
ciba preferibilmente di tapiri, cervi, caimani, tartarughe, oltre a
essere l'unico predatore naturale dell'anaconda. Il formichiere gigante
è un mammifero totalmente privo di dentatura, la cui lingua - cresciuta
a dismisura per insinuarsi nei formicai -può raggiungere i 60
centimetri di lunghezza.
La
lontra gigante, infine, è - a dispetto della famiglia cui appartiene -
un predatore di tutto rispetto che può raggiungere i due metri di
taglia, tanto che nel bacino amazzonico è nota con il nomignolo di
"otaria dei fiumi". Tutte queste singolari specie animali
hanno due caratteristiche in comune. La prima è di essere incluse nella
Red List delle specie in pericolo dell'International Union for
Conservation of Nature. La seconda è di essere presenti nell'Amazzonia
peruviana, nel cuore del gigantesco Parque Nacionàl Manu, considerato
da botanici e zoologi come l'area protetta più ricca di biodiversità
del mondo.
Esteso
su una superficie di 1.500.000 ettari, il Manu prende il nome
dall'omonimo fiume, il Rio Manu, un affluente del Rio delle Amazzoni di
cui occupa l'intero bacino idrografico, insieme a quello dei tributari
del Rio Alto Madre de Diós. Situato proprio a est delle Ande peruviane,
presenta un dislivello che va da 365 a 4000 metri di altitudine, ed è
occupato prevalentemente da pianure alluvionali e da bassopiani
collinari costituiti da rocce sedimentarie del Terziario superiore
(1-110 milioni di anni fa).
L'area montuosa situata al di sopra dei 1500 metri è invece
caratterizzata da rocce sedimentarie e metamorfiche più antiche
(risalenti a oltre 440 milioni di anni fa). Le sue dimensioni e la
varietà di altitudini su cui si snoda permettono la compresenza di
diverse condizioni atmosferiche, che vanno dal clima secco andino al
clima tropicale umido della foresta amazzonica. E grazie a queste
condizioni il grado di biodiversità della fauna e della flora che lo
abitano è così esteso da permetterne solo una stima sommaria. Dal
punto di vista botanico, si può dire che non esiste un censimento delle
specie presenti nel Manu, di cui sono state campionate solo piccole
aree, principalmente nelle pianure.


Una
recente indagine su appena 500 ettari prossimi alla stazione di ricerca
di Cocha Cashu ha permesso di individuare 1147 specie di piante
vascolari, di cui addirittura 200 nell'esigua area di un ettaro. In
particolare, sono state registrate 18 specie di Ficus, contro le 15
identificate in tutto il resto del Perù. E, con queste, 79 specie di
liane, di cui 43 nel corso di uno studio su un'area di 1000 metri
quadrati.
Dal
punto di vista faunistico, poi, la situazione del Manu è ancora più
eccezionale. Dato che anche sotto il profilo zoologico le aree più
studiate sono quelle pianeggianti, si può stimare che il numero totale
di uccelli sia ben superiore alle 800 specie già individuate, che pure
rappresentano il 25 per cento delle specie di uccelli dell'America
Latina e quasi il 15 per cento a livello mondiale.
Passando
ai mammiferi, ci sono 13 specie di scimmie e almeno 100 di pipistrelli.
E al lungo elenco di animali in pericolo occorre aggiungere
l’armadillo gigante, l'ocelot, il gatto andino, lo huemul nord-andino
e il procione.
Oltre
a questi, Manu ospita 12 specie di rettili appartenenti a sette diverse
famiglie e 77 specie di anfibi. Ma l'incredibile inventario del regno
animale che si trova in questo parco raggiunge il culmine con gli
invertebrati: sebbene non vi sia alcuna lista disponibile delle specie
presenti, è stato stimato che il Manu dia rifugio a circa 500.000
specie di artropodi. Forse è per questo che la regione cominciò a
essere studiata fin dalla fine degli anni Cinquanta, quando lo zoologo
Celestino Kalinowski cominciò a raccogliere sterminate collezioni di
uccelli, mammiferi e rettili da vendere ai più importanti musei del
mondo.
Negli
anni che seguirono furono intrapresi studi sui primati, e ricerche
ornitologiche e botaniche, fino a quando il WWF non riuscì, nel 1981, a
trovare i fondi per una donazione che ha permesso di costruire la
Stazione Biologica di Cocha Cashu, che può ospitare una ventina di
ricercatori impegnati nella registrazione della vita di questo
sterminato giardino dell'Eden.
Unici
altri abitanti del Parque Nacionàl Manu sono gli indios, poche
centinaia di individui appartenenti a tre gruppi etnici, i Machiguenga,
gli Amahuaca e gli Yaminahua. Di loro si sa poco, oltre al fatto che le
loro piccole comunità si reggono su un'economia di sussistenza basata
sull'agricoltura "taglia e brucia" e sulla caccia. La
conservazione del Manu significa anche protezione per queste popolazioni
assediate dalle attrazioni di un mondo moderno che non potrebbero
sopportare.

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