L’aggettivo che sembra adattarsi
meglio alla Rafflesia, il fiore più grande in
natura, è "fantascientifica". Questo
vegetale straordinario ha una massa carnosa color
rosso vivo, raggiunge il metro di diametro e i
nove chilogrammi di peso... e non ha un buon
profumo. Difficile da vedere al massimo del suo
splendore,
la Rafflesia
è una pianta parassita, senza radici né foglie,
e può germinare soltanto alla base della
Tetrasigma, un fusto legnoso della famiglia della
vite. Cresce per un anno intero, sboccia nell'arco
di una sola notte di pioggia e dura appena una
settimana prima di marcire.
Il nome che la distingue è un
omaggio a sir Thomas Stanford Raffles (1781-1826),
l'intraprendente suddito di Sua Maestà britannica
cui si deve la fondazione di Singapore, ma a
scoprirla fu il botanico Joseph Arnold, che
accompagnò sir Thomas in numerose spedizioni
sull'isola del Borneo. È facile immaginare lo
stupore dello studioso alla vista di
quell'inquietante meraviglia, celata nel folto
della giungla che ammanta le falde del Monte
Kinabalu, ma anche a distanza di tanto tempo la
Rafflesia
non ha smesso di incuriosire gli studiosi. Fino a
oggi ne sono state individuate 16 specie, l'ultima
nel
1988. A
parte qualche sporadico esemplare registrato a
Sumatra, la pianta è da considerarsi specifica
del Borneo.
La
morfologia del Kinabalu - che, con
4095 metri
di altitudine, è la massima elevazione del
Sud-Est asiatico - risulta da attività vulcaniche
e tettoniche databili intorno a un milione e mezzo
di anni fa, seguite da processi sedimentari
durante il Terziario e dall'erosione dovuta alle
glaciazioni. L'evoluzione del monte, comunque, è
ben lungi dall'essersi arrestata: in tempi recenti
gli scienziati hanno infatti registrato una
crescita di cinque millimetri l'anno.



Il Kinabalu e l'area circostante -
racchiusa in un parco nazionale che comprende
anche i massicci del Tamkiyukon (
2579 metri
) e del Templer (
1133 metri
) - contengono uno dei più vari e ricchi
campionari di flora del pianeta. Oltre a giganti
come
la Raffksia
e al più grande ascidio del mondo (Nepenthes
rajah), vi sono state catalogate circa 6000 specie
appartenenti a 200 famiglie e 1000 generi, con un
altissimo numero di endemismi. Ospita 1000 specie
di orchidacee, 24 di rododendri, 52 di palme, 135
di fìcus e 608 di felci.
I botanici considerano quest'area
come il punto di convergenza tra i generi cinesi e
himalayani e quelli dell’Australia e della Nuova
Zelanda, trovando persino con piante del
continente americano. Le fasce altimetriche
all'interno del parco, comprese tra i
152 metri
e la vetta più alta, comprendono sei zone
vegetative che ospitano una grande varietà
faunistica.
Tra i numerosi mammiferi, divisi in
90 specie che vivono a basse quote e in 22 specie
montane, spiccano colonie di orangutan e di altri
primati; assai ricca, inoltre, è l'avifauna (326
specie) e molto diffuse sono le farfalle (200
specie). Monte sacro per la gente di etnia Dusun,
o Kazdan, il Kinabalu prende nome da ahi e nabalu,
due parole in lingua kazadani che insieme
significano "luogo sacro ai defunti".
Nome tristemente appropriato a quanto
accadde in questo santuario naturalistico nel
settembre 1944, quando l'esercito giapponese fece
intraprendere un cammino di
240 chilometri
a 2400 prigionieri britannici e australiani.
Sopravvissero alla fatica in sei; tra questi, il
maggiore Carter dell'esercito britannico che,
tornato in patria, fondò il Kinabalu Memorial
Committee. L'interesse suscitato nel Regno Unito
dall'area del Kinabalu portò all'organizzazione
di spedizioni naturalistiche finanziate dalla
Royal Society che, nel 1964, ebbero come
conseguenza l'istituzione del parco.

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