Il delta
del Danubio si
estende fra
la Dobrugia in Romania e
l'Oblast di
Odessa in Ucraina.
Con un'area
di 3446 km² il
delta del Danubio è
il meglio
conservato
fra quelli
dei fiumi
europei.
Durante
la maggior
parte
dell'Era
Moderna, il
delta del
Danubio è
stato sotto
il controllo
dell'Impero
ottomano.
Nel momento
della dissoluzione di
esso,
l'Impero
austro-ungarico e
le altre
potenze europee misero
in campo
tutte le
loro forze
per evitare
che il delta
finisse
nelle mani
dell'Impero
russo. Il Trattato
di Parigi
del 1856,
che pose
termine alla Guerra
di Crimea decretò
che fosse
una
commissione
internazionale
ad occuparsi
della
regione e da
quel momento
iniziarono i
lavori
continui per
mantenere
navigabile
il fiume
Danubio.
Dal 1877 al 1917 fu
confine tra
la Romania e
l'Impero
russo. Dal 1919 al 1940 e
poi dal 1941
al 1944 fu
interamente
parte della Romania.
Dal 1944 al 1991 fu
confine tra Romania e RSS
Ucraina,
allora parte
dell'Unione
Sovietica.
Dal 1991 è
al confine
tra Romania e Ucraina.
Nel
1991 il
delta del
Danubio è
stato
inserito
dall'UNESCO nell'elenco
dei siti
indicati
come patrimonio
dell'umanità e riserva
della
biosfera.
Circa 2733 km² sono
aree
strettamente
protette.
Dal 2000 la
riserva è
collocata
del Diploma
europeo
delle aree
protette.

La
parola
"delta"
definisce in
varie lingue
la parte
terminale di
ogni fiume
che, prima
di gettarsi
in mare, si
dirami in
una serie di
bracci
formando un
triangolo e
fu coniata
dagli
antichi
greci per
analogia con
la forma
della
lettera
delta del
loro
alfabeto. Il
primo delta
fluviale che
essi videro,
navigarono e
descrissero
fu quello
del Danubio,
il grande
fiume al
quale, già
nel 450 a.C,
lo storico
Erodoto di
Alicarnasso
riconobbe un
ruolo
fondamentale
nella civiltà
europea.
Lungo
2900
chilometri -
e navigabile
per quasi
tutto il
percorso -
il Danubio
ha un bacino
di 800.000
chilometri
quadrati,
abitato da
80 milioni
di persone
circa e
ripartito in
otto Paesi.
Il delta,
situato per
4340
chilometri
quadrati
della
superficie
in Romania e
per i
restanti 800
in Ucraina,
vanta il
primato del
territorio
geologicamente
più giovane
del
continente.
Dichiarato
Riserva
della
Biosfera nel
1990 e
iscritto al
Patrimonio
Mondiale
dell'Unesco
e alla
Convenzione
Ramsar
l'anno
successivo,
il delta del
Danubio è
infatti
un'area in
continua
evoluzione,
forgiata
com'è da un
fiume che
scorre con
una portata
di 5000-9000
metri cubi
al secondo e
trascina
verso la
foce circa
50 milioni
di
tonnellate
di detriti
alluvionali
all'anno.
I
rami
principali
in cui il
Danubio si
divide a
creare il
delta sono
quattro:
il Chilia,
il Tulcea,
il Sulina e
lo Sfantu
Gheorghe; a
questi si
aggiungono
numerosi
laghi
d'acqua
dolce
interconnessi
da canali e,
a sud, vaste
paludi
d'acqua
salmastra,
separate dal
Mar Nero da
barriere di
sabbia che
l'azione
combinata
del fiume e
delle maree
plasma senza
sosta. Solo
il dieci per
cento del
territorio
deltaico si
trova
permanentemente
sopra il
livello
dell'acqua.
In compenso,
l'area
acquitrinosa
è la più
vasta
d'Europa e
ospita
quella che
è
probabilmente
la più
grande
distesa di
canne
palustri del
pianeta.
Le
canne,
prevalentemente
della specie
Phragmites
australis,
formano
numerosi
isolotti,
detti plaur,
che emergono
dalle paludi
disseminate
di felci
d'acqua e
ninfee. È
tuttavia là
dove il
Danubio
incontra il
mare che lo
scenario
riserva le
maggiori
sorprese.
Isole che
appaiono di
giorno e
scompaiono
di notte,
sommerse
dalla marea,
dune coperte
da un folto
manto erboso
che
racchiudono
valli umide,
lunghe
barriere di
terreno
alluvionale
con una
folta
vegetazione
ad alto
fusto. Tra
queste
ultime, la
più
interessante
è quella di
Letea, alla
foce del
Sulina.
Lunga una
ventina di
chilometri e
ampia 15 nel
punto di
massima
estensione,
è
caratterizzata
da querce
delle specie
Quercus
robur e
Quercus
pedunculiflora
alte fino a
35 metri,
oltre che da
pini e
frassini, a
loro volta
assediati da
numerose
specie di
piante
rampicanti -
Peripbca
graeca,
Clematìs
vitalba,
Vitis
sylvestris e
Humulus
lupulus -
che
conferiscono
al paesaggio
un curioso
aspetto
"tropicale".


Le
marcite, i
laghi, le
dune e le
zone
"alte"
del delta
del Danubio,
suddivise in
12 habitat
diversi,
ospitano una
riserva
ornitologica
che, per
quantità e
varietà, è
la prima
d'Europa.
Delle oltre
300 specie
di migratori
provenienti
dal bacino
del
Mediterraneo,
dall'Europa
continentale
e persino da
aree remote
dell'Asia,
176
nidificano
qui. Tra
queste
figurano il
marangone
minore, la
cui
popolazione,
composta da
circa 2500
coppie,
rappresenta
il 61 per
cento del
totale
mondiale, e
le varie
specie di
pellicano,
che nel
complesso
costituiscono
la più
grande
colonia
europea.
Numerosi
sono anche
gli ibis,
gli aironi
purpurei, le
cicogne, le
egrette e i
cigni
bianchi, di
cui si conta
almeno un
migliaio di
esemplari
per specie.
Inoltre, per
quanto non
nidifichino
qui, nei
mesi
invernali si
riscontra la
presenza di
circa 45.000
anatre dal
petto rosso.
Anche
se non è
stato
quantificato
con
precisione,
l'ammontare
di piccoli
mammiferi
come la
lontra, la
nutria, la
lepre, il
gatto
selvatico e
il topo
muschiato è
considerato
rilevante su
scala
europea, così
come quello
delle
vipere.
Sulla
barriera di
Letea, poi,
vive la
Rhyparioides
metelkana,
una farfalla
notturna
unica in
Europa.
Infine, tra
le circa 70
specie di
pesci
d'acqua
dolce, una
trentina
delle quali
sono tipiche
del delta,
vanno
menzionate
le aringhe
del Danubio,
le carpe e
soprattutto
lo storione,
preda ambita
dai
pescatori
per il
caviale.
Sono
circa
15.000,
sparsi in
piccoli
centri, gli
abitanti
dell'area,
prevalentemente
di origine
ucraina e di
religione
ortodossa.
Il delta del
Danubio,
tuttavia, si
va
spopolando,
a causa
delle
restrizioni
sempre più
rigide che
il governo
rumeno
impone,
spinto da
diverse
organizzazioni
internazionali,
alla pratica
di attività
legate alla
pesca
sistematica
e
all'agricoltura,
entrambe
giudicate
non
sostenibili.
Tutto ciò
in assoluta
controtendenza
rispetto
agli anni
Ottanta del
secolo
appena
trascorso,
quando,
sotto il
regime di
Ceausescu e
l'egida
dell'Unione
Sovietica,
fu varato un
massiccio
piano di
sfruttamento
della
zona.
Furono
costruiti
numerosi
polder e si
sperimentarono
colture come
quella del
riso e del
mais, mentre
vaste aree
vennero
deforestate
per lasciare
spazio a
piantagioni
di pioppi,
in vista
della
costruzione
di cartiere.
Nel
frattempo, a
monte, le
industrie
pesanti
scaricavano
nel Danubio
tonnellate
di veleni.
Se per molti
versi il
crollo
dell'Urss e
dei suoi
Stati
satelliti ha
portato
drammatici
sconvolgimenti,
d'altra
parte è
stato un
toccasana
per il
delicato
ecosistema
del delta.
Ecosistema
che, secondo
gli
studiosi,
gode almeno
per ora di
buona
salute.