Ed è proprio nel Carso che il fenomeno è stato studiato
più a fondo. I resoconti delle prime esplorazioni parlavano di formazioni
spettacolari, di fiumi e di laghi sotterranei, di sale enormi che
avrebbero potuto contenere le chiese più grandi, colmando di incredulità
e meraviglia i lettori. Così è successo per Postumia, e così è
successo per San Canziano, il nome italiano di Skocjan.
Fiumi che scompaiono - In superficie l'area dichiarata Patrimonio
dell'Umanità ha un'estensione molto limitata, ma, al di là delle
gallerie già esplorate, non è possibile quantificare il suo reale
sviluppo nelle viscere della Terra. Ci si trova di fronte a un vero e
proprio labirinto sotterraneo, preannunciato dal paesaggio dantesco che
contorna l'ingresso delle grotte.
Protagonista d'eccezione in questo
palcoscenico sotterraneo della natura è il fiume Reka. Dopo un breve
tratto in superficie, questo corso d'acqua si inabissa nella montagna,
scomparendo nella grotta Skocjampar, e percorre un corridoio sotterraneo
lungo 350 metri, per riaffiorare sul fondo di una dolina profonda 150
metri e con un diametro di 300. Subito dopo scompare di nuovo,
inoltrandosi in una galleria sotterranea di dimensioni monumentali: 150
metri d'altezza per 100 di larghezza. Il fiume percorre quindi un tratto
sotterraneo di oltre due chilometri, di eccezionale bellezza.
Concrezioni
che sembrano replicare i gradini di una scala, sale immense, canali di
scorrimento, cascatelle e rocce danno vita a un mondo fiabesco
attraversato da viottoli e passerelle in una luce spettrale. Una galleria
lunga oltre 500 metri, ornata da stalattiti e stalagmiti che in alcuni
casi si uniscono formando colonne e addirittura cortine, riconduce il
visitatore in superficie.
Al
maestoso sistema di grotte e gallerie di Skocjan, esteso longitudinalmente
per 5800 metri, si accede attraverso la grotta del Silenzio – la più
grande d’Europa, con una sezione di 12.000 metri quadrati -, un’ampia
cavità ornata di stalattiti, stalagmiti e concrezioni tra le più
affascinanti del mondo. Quindi si procede, tra il frastuono delle acque
del Reka, lungo le gallerie che portano alle doline, arrivando infine
proprio sopra le acque vorticose, sovrastate da un ponte naturale. La
sezione visitabile del complesso di Skocjan scende fino a 209 metri di
profondità.
Le caratteristiche morfologiche delle grotte hanno favorito
l'instaurarsi di particolari condizioni climatiche che permettono, nelle
doline e all'ingresso delle cavità, l'eccezionale convivenza di specie
botaniche proprie sia della flon alpina sia della macchia mediterranea,
consentendo anche la presenza di forme animali adattatesi all'insolito
habitat del Carso. Questa peculiarità fa delle grotte di Skocjan uno
straordinario laboratorio della biodiversità, che ha meritato una
speciale attenzione sotto il profilo della conservazione.
Con il
contributo della popolazione locale, la direzione del Para Regionale di
Skocjan, che si estende su una superficie di 413 ettari e comprende
l’area delle grotte, sta dedicando considerevoli sforzi alla protezione
di questi fragili ecosistemi, la cui sopravvivenza richiede uno sviluppo
del territorio cauto e compatibile.
Vita sotterranea - Grazie alla particolare ubicazione geografica, Skocjan
ospita forme di vita tipiche sia del Mediterraneo sia dell'Europa
orientale. Nelle grotte, ad esempio, si segnala la presenza del
capelvenere, una felce tipica del bacino del Mediterraneo, che qui cresce
accanto a primule orecchia d'orso di ambiente subalpino. Lo stesso
fenomeno si riscontra anche nella fauna.
Il campagnolo delle nevi, un
pacifico roditore che non esita a guadagnare quote superiori ai 2000 metri
nelle vicine Alpi Giulie, qui convive con cinque specie di pipistrelli
tipici dell'Europa meridionale.
Una rarità zoologica di Skocjan è
rappresentata dal proteo, un anfibio endemico di determinate zone
sotterranee della costa adriatica. Si tratta di una "salamandra"
acquatica che può raggiungere anche i trenta centimetri, quasi priva di
pigmentazione, di un delicato color rosa, con la coda schiacciata e
soltanto due dita nelle zampe posteriori. Gli occhi sono atrofizzati,
mentre le branchie esterne che lo mantengono in vita rappresentano la sua
caratteristica più evidente.
La purezza delle acque del Reka - Le
grotte di Skocjan sono visitate ogni anno da un gran numero di turisti
che, come per tutti i sistemi di grotte, rappresentano pur sempre un
rischio, dal momento che la loro presenza può alterare un equilibrio
naturale che si è mantenuto inalterato per millenni. I sistemi di illuminazione, come anche il calore corporeo possono
provocare un innalzamento della temperatura, mentre l'aria subisce un
aumento della concentrazione di anidride carbonica a causa della
respirazione umana.
Il visitatore, inoltre, determina un'alterazione fisica dei
passaggi che calpesta così come delle delicate pareti alle quali si
appoggia.
Fortunatamente, il sistema regolamentato di visite alle
grotte è teso a contenere questi rischi. Gli anni Ottanta sono stati però
caratterizzati da una nuova minaccia proveniente dalle acque del fiume
Reka, inquinate dagli scarichi delle industrie situate una trentina di
chilometri a monte delle grotte, per la cui soluzione è stato messo a
punto un imponente piano di depurazione.
All'interno dell'area protetta si trovano i villaggi di
Skocjan pri Divaci, di Matavan e di Betania che, con i loro pochi abitanti,
non rappresentano certo una minaccia per la zona. L'architettura di questi
piccoli insediamenti è caratterizzata da costruzioni in pietra calcarea
della zona, dal bel colore grigiastro perfettamente in tono con l'ambiente
circostante.

Le grotte e
l'uomo - Le grotte, o, più precisamente, le entrate nelle stesse,
erano conosciute agli uomini già nel periodo preistorico, in quanto
fornivano loro una difesa naturale, vista la loro difficile accessibilità
e l’asprezza dei luoghi. Gli scavi archeologici indicano che le grotte
erano abitate già verso la metà dell’era della Pietra e quindi per
tutto il periodo dell’età del Bronzo e del Ferro, quando nella località,
dove ora si trova il villaggio di san Canziano esisteva già una
fortificazione. Nell’epoca romana in questo posto fu costruito un forte;
nel Medioevo, invece, esisteva già un villaggio fortificato adiacente
alla chiesa dedicata a san Canziano, protettore contro gli spiriti
maligni, il maltempo e le alluvioni. Le zone erano possesso dei conti
Petazzi dal vicino castello Švarcnek (rovina già da secoli), mentre
sulla rupe sovrastante la stretta vallata del fiume, i conti Rossetti
avevano una base nel maniero Scoglio.
Già da molto tempo
la gente aveva un presentimento che il fiume dovesse riapparire alle
sorgenti del Timavo a nord di Trieste e distanti circa 40km; questo
fenomeno è più volte menzionato negli scritti degli antichi viandanti.
Nell’anno 1599 padre Ferrante Imperato tentava, con l’impiego di
natanti e galleggianti vari, di dimostrare il collegamento tra le Grotte e
queste sorgenti; è questo il primo tentativo conosciuto al mondo di
seguire delle acque sotterranee. Le entrate delle grotte sono state
visitate pure da Johann Weichard Valvasor, che le ha descritte e disegnate
per poi pubblicarle nel 1689 nella sua famosa opera "Die Ehre des
Herzogtums Krain" ("Gloria del ducato della Carniola"). Gli
indigeni conoscevano senz’altro tutte le varie fessure ed entrate nelle
grotte in quanto vi si rifugiavano in caso di pericolo.
Le prime
testimonianze scritte di discesa a scopo turistico risalgono agli inizi
del XIX sec. Nel 1815 il triestino Josef Eggenhöfner raggiunse a nuoto la
valle Maggiore, contribuendo così alla conoscenza e popolarizzazione
delle entrate. Nel 1819 il capitano distrettuale Matteo Tominc, sotto il
patronato del sindaco locale Jozef Mahorcic, ordinò di costruire un
sentiero fino ad una grande cavità laterale nella parete della valle
Maggiore, che prima ebbe il nome di Hlevnjaca (stalla) e oggi è dedicata
a Tominc.
Le ricerche vere e proprie delle cave ebbero inizio il 21 luglio
1839 quando un costruttore di pozzi, il triestino Giacomo Svetina, si
addentrò per 300m nella strettoia sotterranea della valle Maggiore. Lo
seguirono il viennese Adolf Schmidl, Ivan Rudolf da Idria e poi, nel 1873,
i soci del neocostituito Club Alpino austro-tedesco di Trieste, di cui
facevano parte anche diversi soci di nazionalità slovena, tra i quali
sono i più noti Jozef Marinic, Anton Hanke, Friedrich Müller e Josip
Novak; svolsero delle ricerche pure il francese Martel, Vilijem Putick da
Lubiana e il dottor Oedl da Salisburgo.

A tutti questi ricercatori un
valoroso aiuto fu fornito dagli abitanti di san Canziano e di Matavun, che
con l’uso degli scalpelli aprivano sentieri nella roccia, appuntavano i
chiodi per fissare le relative funi e guidavano i visitatori. Il più noto
fra loro era Jozef Cerkvenik (1877-1961) da san Canziano. Le grotte sono
state esplorate fino alle estremità della strettoia sotterranea nel 1893,
mentre nel 1904 furono scoperte le grotte con formazioni stalammitiche e
stalattitiche della grotta del Silenzio, agli inizi denominata grotta
delle Meraviglie.
Nel periodo italiano sono stati costruiti nuovi sentieri
e ponti e le grotte sono state adibite alle visite turistiche. Nel 1945
furono riunite alla madrepatria e nel 1958 furono fornite di un adeguato
impianto di elettrificazione. Nelle grotte e nelle voragini continuano
tuttora i lavori di ricerca a carattere scientifico.
Itinierario turistico
- La visita
turistica delle grotte è limitata ad una parte del complesso, cioè a
circa mezzo chilometro della grotta del Silenzio, ricchissima di
cristallizzazioni di ogni forma e colore, e ad altro mezzo chilometro del
canyon sotterraneo del fiume Timavo (grotta del Rumore) e della pittoresca
valle Maggiore. Dalla valle Maggiore un ascensore ci solleva per 90m
riportandoci in superficie; da qui alla biglietteria ci sono 5 minuti. Le
strade ed i sentieri, muniti di solidi parapetti ed illuminati, danno al
visitatore la massima sicurezza.
Alle grotte si
accede per l’orrida valle Globocak ad ovest della biglietteria di
Matavun. Da qui, attraverso un passaggio sotterraneo, costruito 60 anni fa
e lungo circa 140m, si giunge all’estremità della grotta del Silenzio
(Tiha jama) che è una lunga caverna laterale del canyon sotterraneo. La
visita vera e propria inizia nella caverna Paradiso (piena di conche
scavate dallo stillicidio delle acque), dove il passaggio si allarga e
scende dolcemente lungo il pittoresco Calvario per giungere ad un livello
più pianeggiante. Qui l'argilla depositata nei millenni mostra quello che
una volta era il letto del fiume Timavo.
Durante la passeggiata si
presentano allo sguardo del visitatore le delicate e lucenti formazioni
stalattitiche e stalammitiche. Per un basso e stretto passaggio si giunge
nella parte più bella della grotta del Silenzio, la caverna Grande
(Velika dvorana). Qui ci si trova di fronte ad una foresta di variopinte
incrostazioni cristalline e lucenti formazioni stalammitiche, tra le quali
la più appariscente è quella denominata il Gigante. Alla fine si
incontra una formazione che ricorda l’Organo
(Orgle); poco dopo il tunnel inizia ad aprirsi gradualmente verso il
canyon sotterraneo del fiume, che è una vera e propria sorpresa per ogni
visitatore.

Il
rumore provocato dalle acque nell’attraversare le cascate e le rapide ci
accoglie nella grotta del Rumore. Le altissime pareti delle caverne Müller
e Svetina (100m di altezza per 60m di larghezza) riescono ad impressionare
a tal punto da scordare quanto visto in precedenza nella grotta del
Silenzio.
Nella parte inferiore della caverna Müller, dove il canyon si
restringe ancora in un canale dedicato ad Hanke, il fiume viene
attraversato dal ponte Hanke (un’ardita costruzione dedicata ad uno dei
più valenti esploratori del secolo scorso, Antonio Hanke), che nel 1933
sostituì l’originaria passerella, detta dei Gatti, i cui resti si
possono tuttora scorgere 20m più in alto, sotto il soffitto verso destra.
Un sicuro sentiero, scolpito nella parete che sovrasta la riva destra del
fiume, ci conduce verso il livello del fiume nella caverna Svetina e nella
laterale grotta delle Fontane (dvorana Ponvic), con un’unica visione di
conche scavate nel calcare che ci ricordano le scodelle.
Il percorso sale
quindi quasi all’altezza del tetto della caverna Rudolf, in cui inizia
il canyon dopo l'inabissamento del Reka, ed entra nella caverna Schmidl,
che è già illuminata dalla luce diurna e si affaccia sulla valle
Maggiore. Questo abisso di impressionante vastità, con le sue altissime
pareti (160m) e 300m di diametro, è diviso da un ponte naturale detto
Okno (finestra) che lo separa dalla valle Minore ad est, sottostante il
villaggio di san Canziano.
Dalla grotta Schmidl
ci sono due possibilità di proseguimento: la prima, lungo la parete alta
180m e la grotta Brucker, ci porta alla stazione inferiore
dell’ascensore; la seconda attraversa la parte nord della valle Maggiore
e la grotta Tominc, nota per gli scavi archeologici, passa sul ponte
Tommasini sovrastante le cascate del fiume e procede sotto il ponte
naturale per finire sempre presso la stazione inferiore dell’ascensore.
A 50m dall’uscita dell’ascensore sulla destra, si trova un sentiero
che porta in pochi minuti al belvedere da cui è possibile ammirare la
valle Maggiore e la valle Minore con la soprastante chiesetta di San
Canziano.
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