Grotte di Skocjian
Slovenia
 
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1988

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Ed è proprio nel Carso che il fenomeno è stato studiato più a fondo. I resoconti delle prime esplorazioni parlavano di formazioni spettacolari, di fiumi e di laghi sotterranei, di sale enormi che avrebbero potuto contenere le chiese più grandi, colmando di incredulità e meraviglia i lettori. Così è successo per Postumia, e così è successo per San Canziano, il nome italiano di Skocjan.

Fiumi che scompaiono - In superficie l'area dichiarata Patrimonio dell'Umanità ha un'estensione molto limitata, ma, al di là delle gallerie già esplorate, non è possibile quantificare il suo reale sviluppo nelle viscere della Terra. Ci si trova di fronte a un vero e proprio labirinto sotterraneo, preannunciato dal paesaggio dantesco che contorna l'ingresso delle grotte. 

Protagonista d'eccezione in questo palcoscenico sotterraneo della natura è il fiume Reka. Dopo un breve tratto in superficie, questo corso d'acqua si inabissa nella montagna, scomparendo nella grotta Skocjampar, e percorre un corridoio sotterraneo lungo 350 metri, per riaffiorare sul fondo di una dolina profonda 150 metri e con un diametro di 300. Subito dopo scompare di nuovo, inoltrandosi in una galleria sotterranea di dimensioni monumentali: 150 metri d'altezza per 100 di larghezza. Il fiume percorre quindi un tratto sotterraneo di oltre due chilometri, di eccezionale bellezza. 

Concrezioni che sembrano replicare i gradini di una scala, sale immense, canali di scorrimento, cascatelle e rocce danno vita a un mondo fiabesco attraversato da viottoli e passerelle in una luce spettrale. Una galleria lunga oltre 500 metri, ornata da stalattiti e stalagmiti che in alcuni casi si uniscono formando colonne e addirittura cortine, riconduce il visitatore in superficie. 

Al maestoso sistema di grotte e gallerie di Skocjan, esteso longitudinalmente per 5800 metri, si accede attraverso la grotta del Silenzio – la più grande d’Europa, con una sezione di 12.000 metri quadrati -, un’ampia cavità ornata di stalattiti, stalagmiti e concrezioni tra le più affascinanti del mondo. Quindi si procede, tra il frastuono delle acque del Reka, lungo le gallerie che portano alle doline, arrivando infine proprio sopra le acque vorticose, sovrastate da un ponte naturale. La sezione visitabile del complesso di Skocjan scende fino a 209 metri di profondità. 

Le caratteristiche morfologiche delle grotte hanno favorito l'instaurarsi di particolari condizioni climatiche che permettono, nelle doline e all'ingresso delle cavità, l'eccezionale convivenza di specie botaniche proprie sia della flon alpina sia della macchia mediterranea, consentendo anche la presenza di forme animali adattatesi all'insolito habitat del Carso. Questa peculiarità fa delle grotte di Skocjan uno straordinario laboratorio della biodiversità, che ha meritato una speciale attenzione sotto il profilo della conservazione. 

Con il contributo della popolazione locale, la direzione del Para Regionale di Skocjan, che si estende su una superficie di 413 ettari e comprende l’area delle grotte, sta dedicando considerevoli sforzi alla protezione di questi fragili ecosistemi, la cui sopravvivenza richiede uno sviluppo del territorio cauto e compatibile.

Vita sotterranea - Grazie alla particolare ubicazione geografica, Skocjan ospita forme di vita tipiche sia del Mediterraneo sia dell'Europa orientale. Nelle grotte, ad esempio, si segnala la presenza del capelvenere, una felce tipica del bacino del Mediterraneo, che qui cresce accanto a primule orecchia d'orso di ambiente subalpino. Lo stesso fenomeno si riscontra anche nella fauna. 

Il campagnolo delle nevi, un pacifico roditore che non esita a guadagnare quote superiori ai 2000 metri nelle vicine Alpi Giulie, qui convive con cinque specie di pipistrelli tipici dell'Europa meridionale. 

Una rarità zoologica di Skocjan è rappresentata dal proteo, un anfibio endemico di determinate zone sotterranee della costa adriatica. Si tratta di una "salamandra" acquatica che può raggiungere anche i trenta centimetri, quasi priva di pigmentazione, di un delicato color rosa, con la coda schiacciata e soltanto due dita nelle zampe posteriori. Gli occhi sono atrofizzati, mentre le branchie esterne che lo mantengono in vita rappresentano la sua caratteristica più evidente.  

La purezza delle acque del Reka - Le grotte di Skocjan sono visitate ogni anno da un gran numero di turisti che, come per tutti i sistemi di grotte, rappresentano pur sempre un rischio, dal momento che la loro presenza può alterare un equilibrio naturale che si è mantenuto inalterato per millenni. I sistemi di illuminazione, come anche il calore corporeo possono provocare un innalzamento della temperatura, mentre l'aria subisce un aumento della concentrazione di anidride carbonica a causa della respirazione umana.

Il visitatore, inoltre, determina un'alterazione fisica dei passaggi che calpesta così come delle delicate pareti alle quali si appoggia.

Fortunatamente, il sistema regolamentato di visite alle grotte è teso a contenere questi rischi. Gli anni Ottanta sono stati però caratterizzati da una nuova minaccia proveniente dalle acque del fiume Reka, inquinate dagli scarichi delle industrie situate una trentina di chilometri a monte delle grotte, per la cui soluzione è stato messo a punto un imponente piano di depurazione.

All'interno dell'area protetta si trovano i villaggi di Skocjan pri Divaci, di Matavan e di Betania che, con i loro pochi abi­tanti, non rappresentano certo una minaccia per la zona. L'architettura di questi piccoli insediamenti è caratterizzata da costruzioni in pietra calcarea della zona, dal bel colore grigiastro perfettamente in tono con l'ambiente circostante.  

Le grotte e l'uomo - Le grotte, o, più precisamente, le entrate nelle stesse, erano conosciute agli uomini già nel periodo preistorico, in quanto fornivano loro una difesa naturale, vista la loro difficile accessibilità e l’asprezza dei luoghi. Gli scavi archeologici indicano che le grotte erano abitate già verso la metà dell’era della Pietra e quindi per tutto il periodo dell’età del Bronzo e del Ferro, quando nella località, dove ora si trova il villaggio di san Canziano esisteva già una fortificazione. Nell’epoca romana in questo posto fu costruito un forte; nel Medioevo, invece, esisteva già un villaggio fortificato adiacente alla chiesa dedicata a san Canziano, protettore contro gli spiriti maligni, il maltempo e le alluvioni. Le zone erano possesso dei conti Petazzi dal vicino castello Švarcnek (rovina già da secoli), mentre sulla rupe sovrastante la stretta vallata del fiume, i conti Rossetti avevano una base nel maniero Scoglio.

Già da molto tempo la gente aveva un presentimento che il fiume dovesse riapparire alle sorgenti del Timavo a nord di Trieste e distanti circa 40km; questo fenomeno è più volte menzionato negli scritti degli antichi viandanti. Nell’anno 1599 padre Ferrante Imperato tentava, con l’impiego di natanti e galleggianti vari, di dimostrare il collegamento tra le Grotte e queste sorgenti; è questo il primo tentativo conosciuto al mondo di seguire delle acque sotterranee. Le entrate delle grotte sono state visitate pure da Johann Weichard Valvasor, che le ha descritte e disegnate per poi pubblicarle nel 1689 nella sua famosa opera "Die Ehre des Herzogtums Krain" ("Gloria del ducato della Carniola"). Gli indigeni conoscevano senz’altro tutte le varie fessure ed entrate nelle grotte in quanto vi si rifugiavano in caso di pericolo.

Le prime testimonianze scritte di discesa a scopo turistico risalgono agli inizi del XIX sec. Nel 1815 il triestino Josef Eggenhöfner raggiunse a nuoto la valle Maggiore, contribuendo così alla conoscenza e popolarizzazione delle entrate. Nel 1819 il capitano distrettuale Matteo Tominc, sotto il patronato del sindaco locale Jozef Mahorcic, ordinò di costruire un sentiero fino ad una grande cavità laterale nella parete della valle Maggiore, che prima ebbe il nome di Hlevnjaca (stalla) e oggi è dedicata a Tominc. 

Le ricerche vere e proprie delle cave ebbero inizio il 21 luglio 1839 quando un costruttore di pozzi, il triestino Giacomo Svetina, si addentrò per 300m nella strettoia sotterranea della valle Maggiore. Lo seguirono il viennese Adolf Schmidl, Ivan Rudolf da Idria e poi, nel 1873, i soci del neocostituito Club Alpino austro-tedesco di Trieste, di cui facevano parte anche diversi soci di nazionalità slovena, tra i quali sono i più noti Jozef Marinic, Anton Hanke, Friedrich Müller e Josip Novak; svolsero delle ricerche pure il francese Martel, Vilijem Putick da Lubiana e il dottor Oedl da Salisburgo. 

A tutti questi ricercatori un valoroso aiuto fu fornito dagli abitanti di san Canziano e di Matavun, che con l’uso degli scalpelli aprivano sentieri nella roccia, appuntavano i chiodi per fissare le relative funi e guidavano i visitatori. Il più noto fra loro era Jozef Cerkvenik (1877-1961) da san Canziano. Le grotte sono state esplorate fino alle estremità della strettoia sotterranea nel 1893, mentre nel 1904 furono scoperte le grotte con formazioni stalammitiche e stalattitiche della grotta del Silenzio, agli inizi denominata grotta delle Meraviglie.

Nel periodo italiano sono stati costruiti nuovi sentieri e ponti e le grotte sono state adibite alle visite turistiche. Nel 1945 furono riunite alla madrepatria e nel 1958 furono fornite di un adeguato impianto di elettrificazione. Nelle grotte e nelle voragini continuano tuttora i lavori di ricerca a carattere scientifico.

Itinierario turistico - La visita turistica delle grotte è limitata ad una parte del complesso, cioè a circa mezzo chilometro della grotta del Silenzio, ricchissima di cristallizzazioni di ogni forma e colore, e ad altro mezzo chilometro del canyon sotterraneo del fiume Timavo (grotta del Rumore) e della pittoresca valle Maggiore. Dalla valle Maggiore un ascensore ci solleva per 90m riportandoci in superficie; da qui alla biglietteria ci sono 5 minuti. Le strade ed i sentieri, muniti di solidi parapetti ed illuminati, danno al visitatore la massima sicurezza.

Alle grotte si accede per l’orrida valle Globocak ad ovest della biglietteria di Matavun. Da qui, attraverso un passaggio sotterraneo, costruito 60 anni fa e lungo circa 140m, si giunge all’estremità della grotta del Silenzio (Tiha jama) che è una lunga caverna laterale del canyon sotterraneo. La visita vera e propria inizia nella caverna Paradiso (piena di conche scavate dallo stillicidio delle acque), dove il passaggio si allarga e scende dolcemente lungo il pittoresco Calvario per giungere ad un livello più pianeggiante. Qui l'argilla depositata nei millenni mostra quello che una volta era il letto del fiume Timavo. 

Durante la passeggiata si presentano allo sguardo del visitatore le delicate e lucenti formazioni stalattitiche e stalammitiche. Per un basso e stretto passaggio si giunge nella parte più bella della grotta del Silenzio, la caverna Grande (Velika dvorana). Qui ci si trova di fronte ad una foresta di variopinte incrostazioni cristalline e lucenti formazioni stalammitiche, tra le quali la più appariscente è quella denominata il Gigante. Alla fine si incontra una formazione che ricorda l’Organo (Orgle); poco dopo il tunnel inizia ad aprirsi gradualmente verso il canyon sotterraneo del fiume, che è una vera e propria sorpresa per ogni visitatore.

Il rumore provocato dalle acque nell’attraversare le cascate e le rapide ci accoglie nella grotta del Rumore. Le altissime pareti delle caverne Müller e Svetina (100m di altezza per 60m di larghezza) riescono ad impressionare a tal punto da scordare quanto visto in precedenza nella grotta del Silenzio. 

Nella parte inferiore della caverna Müller, dove il canyon si restringe ancora in un canale dedicato ad Hanke, il fiume viene attraversato dal ponte Hanke (un’ardita costruzione dedicata ad uno dei più valenti esploratori del secolo scorso, Antonio Hanke), che nel 1933 sostituì l’originaria passerella, detta dei Gatti, i cui resti si possono tuttora scorgere 20m più in alto, sotto il soffitto verso destra. Un sicuro sentiero, scolpito nella parete che sovrasta la riva destra del fiume, ci conduce verso il livello del fiume nella caverna Svetina e nella laterale grotta delle Fontane (dvorana Ponvic), con un’unica visione di conche scavate nel calcare che ci ricordano le scodelle. 

Il percorso sale quindi quasi all’altezza del tetto della caverna Rudolf, in cui inizia il canyon dopo l'inabissamento del Reka, ed entra nella caverna Schmidl, che è già illuminata dalla luce diurna e si affaccia sulla valle Maggiore. Questo abisso di impressionante vastità, con le sue altissime pareti (160m) e 300m di diametro, è diviso da un ponte naturale detto Okno (finestra) che lo separa dalla valle Minore ad est, sottostante il villaggio di san Canziano.

Dalla grotta Schmidl ci sono due possibilità di proseguimento: la prima, lungo la parete alta 180m e la grotta Brucker, ci porta alla stazione inferiore dell’ascensore; la seconda attraversa la parte nord della valle Maggiore e la grotta Tominc, nota per gli scavi archeologici, passa sul ponte Tommasini sovrastante le cascate del fiume e procede sotto il ponte naturale per finire sempre presso la stazione inferiore dell’ascensore. A 50m dall’uscita dell’ascensore sulla destra, si trova un sentiero che porta in pochi minuti al belvedere da cui è possibile ammirare la valle Maggiore e la valle Minore con la soprastante chiesetta di San Canziano.


  

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