Il
castello di Châtel-Argent,
così chiamato
perché vi si
batteva moneta,
sorge nel comune
di Villeneuve,
sopra una balza
scoscesa posta a
dominio del paese,
nel punto in cui
la valle tende a
restringersi. La
particolare
conformazione
geografica rende
il luogo un ottimo
punto per il
controllo della
Dora e del
territorio, a
monte e a valle.
I
ruderi del
castello oggi
visibili risalgono
al XIII secolo, ma
il cocuzzolo
roccioso sul quale
essi si ergono era
già occupato in
epoca romana da
una fortificazione
posta a guardia
della valle.
L'area rinchiusa
da ciò che resta
della cinta
muraria è di 90 x
70 m; si calcola
che potesse
contenere 2000
uomini.
Per
quanto riguarda la
costruzione del
XIII secolo si
trovano,
all'interno della
cinta, nella
posizione più
elevata del sito,
i resti di un
corpo di fabbrica
e di una cisterna;
la parte meglio
conservata, che
caratterizza
l'aspetto del
sito, è
rappresentata dal
dongione di forma
cilindrica, alto
circa 16 metri ed
avente un diametro
di 9,50 m.
misurato
all'esterno.
Gli
elementi
costitutivi del
castello di Châtel-Argent
sono
sostanzialmente la
torre, il recinto
e la cappella;
vicino alla torre
si trova poi la
cisterna per la
raccolta
dell'acqua, mentre
lungo il muro di
cinta, sempre nei
pressi della
torre, si possono
individuare gli
innesti delle
murature di corpi
di fabbrica ormai
distrutti,
corrispondenti
agli originali
edifici per la
residenza.

L'edificio
più antico del
complesso è la
cappella, databile
alla metà del XI
secolo, tra 1050 e
1075, e quindi
preesistente
rispetto al
castello, il cui
aspetto attuale
dovrebbe risalire
alla seconda metà
del XIII secolo.
La
cappella è
costruita a
ridosso della
porzione orientale
del muro di cinta,
con la parte
absidale
totalmente extra
muros, ed è
canonicamente
orientata con il
fronte d'ingresso
ad ovest e la zona
dell'altare ad
est. La cappella
ha pianta
longitudinale e
presenta un'unica
navata terminante
con un'abside
semicircolare,
conclusa dal
catino absidale;
lo spazio misura
8,4 per 5,6 metri,
e le murature sono
realizzate
principalmente in
pietrame, ma vi si
possono trovare
anche laterizi,
materiale di
recupero
proveniente dai
precedenti
insediamenti
romani.
Alla
semplicità di
impianto
corrisponde la
semplicità
dell'apparato
decorativo degli
esterni, che
comunque non manca
di eleganza. Il
fronte d'ingresso
presenta un
portale
inquadrato, a
richiamare
idealmente l'arco
absidale interno,
completato dalla
decorazione ad
archetti e lesene
che segna anche
l'abside e il
fronte
meridionale, ma
qui mancano le
arcatelle,
probabilmente
vittime dello
scorrere del
tempo; la parte
superiore della
facciata è forata
da una finestra a
tutto sesto larga
circa un metro.
Sulla curva parete
absidale, che si
estende al di
fuori della cinta
muraria, si aprono
invece due sottili
monofore a doppia
strombatura,
simili alle due
che bucano il
prospetto
meridionale. Il
fronte esposto a
nord è il più
scarno, non
presentando alcuna
apertura, né le
pur semplici
decorazioni gli
altri prospetti,
ed è
semplicemente
intonacato.
La
cappella doveva
essere in origine
coperta da un
tetto in legno, ma
attualmente si
presenta a cielo
aperto, non
perdendo per
questo una sorta
di sacralità ed
offrendo comunque
ai visitatori un
fascino
particolare e
quasi sublime. Le
pareti interne
erano tutte
decorate con
affreschi di cui
rimane qualche
traccia cromatica
ma che sono
attualmente
irriconoscibili e
destinati a
scomparire. Carlo
Nigra ne rende
testimonianza
descrivendo
l'abside come la
si vedeva negli
anni '30 del XX
secolo: "L'abside
è internamente
colorata con ocra
gialla, rossa e
verde e mostra
rozzamente dipinte
le
rappresentazioni
del Battesimo di
Cristo e della
Madonna in trono
col Bambino tra
due santi, forse
sant'Eusebio o san
Grato.".
Dal
lato opposto del
recinto si trova
la torre
circolare; questa,
alta 15 m, ha
diametro interno
di 5,5 m e
diametro esterno
di 9 m, quindi le
mura hanno uno
spessore di circa
1,7 m. La torre è
coronata da una
merlatura
rettangolare,
sotto la quale si
notano i
modiglioni in
pietra disposti
per sorreggere le
bertesche lignee;
le bertesche sono
opere difensive di
completamento, che
venivano
realizzate in
pietra o in legno
con lo scopo una
maggiore copertura
dei soldati
impegnati
nell'attacco ai
nemici.
Lungo
la superficie
esterna la torre
presenta delle
feritoie, che
danno luce ai
locali interne;
queste sono
necessariamente
molto strombate,
dato l'elevato
spessore murario.
La torre presenta
ancora, inoltre,
le buche pontaie,
quei fori
destinati ad
accogliere i
sostegni dei
ponteggi, disposti
secondo un
andamento
elicoidale.
Rimanendo
all'esterno,
segnaliamo la
presenza della
porta d'ingresso
alla torre, posta
ad un'altezza di
circa 5,5 m
rispetto al suolo.

Il
paramento murario
è di ottima
qualità: infatti
i corsi di pietra
sono regolari, la
calce è di buona
qualità e la
proporzione tra
materiale lapideo
e legante è
corretta; sono
presenti anche
brevi brani di
muratura
realizzata in opus
spigatum. La
torre di Châtel-Argent
ha la
caratteristica di
avere archi di
sottomurazione in
luogo della
tradizionale
scarpa di
ispessimento della
sezione di base:
in questo modo
viene massimizzata
la capacità
difensiva in caso
di attacco con
mine (i cunicoli
che venivano
scavati sotto le
opere fortificate
per indurne il
crollo).
Internamente
la torre era
divisa in tre
piani, di cui
l'inferiore
completamente
buio; in un piano
è presente un
camino, segno che
nella torre
alloggiava, almeno
saltuariamente, il
castellano.
Per
quanto riguarda la
tipologia di torre
a pianta
circolare, è
necessario
osservare come
questa fosse
adottata da Pietro
II di Savoia, che
aveva al suo
servizio un
valente ingegnere
militare, Giacomo
di Saint-George
d'Espéranche,
noto come Magister
Jacobus de Sancto
Georgis. Questi
lavorò per il
duca d'Aosta e
quindi passò al
servizio del
nipote, Edoardo I
re d'Inghilterra
per il quale, con
il nome di
Magister James of
Saint George,
realizzò numerosi
castelli. La torre
tradizionale, a
pianta quadrata,
deriva dal modello
romano adottato in
epoca romanica;
viene abbandonata
a favore della
torre circolare,
posta non più nel
mezzo del recinto
ma a ridosso delle
mura, destinata
soprattutto alla
vigilanza, ed alla
difesa solo in
caso estremo.
Il
muro di cinta,
spesso 85 cm,
racchiude un'area
lunga circa 90 m e
larga 70, che
secondo Nigra
poteva ospitare più
di 2000 soldati.
Il recinto si
raddoppia in
corrispondenza
della torre, dove
si trova un doppio
recinto a
proteggere
ulteriormente la
torre, la cisterna
ed i corpi
residenziali, oggi
non più
esistenti. In
alcuni tratti, i
più esposti ad un
eventuale attacco
nemico, il muro di
cinta era
internamente
rinforzato da un
serie di pilastri,
realizzati in
aderenza alla
muratura a mo' di
contrafforti,
collegati tra loro
in sommità da
archi a tutto
sesto su cui
appoggiava il
camminamento per
la ronda.
Nei
pressi della torre
si trova quel
fondamentale
elemento che è la
cisterna per la
raccolta
dell'acqua; si
tratta di un
piccolo ambiente
rettangolare,
interrato e
voltato in pietra.
Già
prima che venisse
edificato il
castello, sul
colle sopra
Villeneuve
esisteva un
fortilizio romano,
tanto che sono
riscontrabili
testimonianze
materiali quali
lapidi con
iscrizioni e
mattoni
riutilizzati per
la costruzione
della cappella.
Del resto gli
stessi romani
erano con ogni
probabilità stati
preceduti da
popolazioni più
antiche, come si
può dedurre da
una stele
antropomorfa di
epoca protostorica
rinvenuta in loco.
La
cappella,
l'elemento più
antico del
castello, è
databile, in base
a considerazioni
tipo-morfologiche,
alla seconda metà
del XI secolo,
probabilmente tra
1050 e 1075.
Ottone
di Bard nel secolo
XI possedeva i
feudi di Bard,
Pont-Saint-Martin
e Châtel-Argent;
nel 1191 un Ugo o
Ugone di Bard
presta omaggio al
conte di Savoia ma
il toponimo di Castrum
Argenteum
compare già nel
1176.
Nel
1242 due dei figli
di Ugone di Bard,
Anselmo ed Ugo II,
che avevano
ricevuto entrambi
in eredità il
castello di Châtel-Argent
e per questo erano
in lite tra di
loro rifiutarono
di rendere omaggio
al conte Amedeo
IV, che minacciò
la confisca dei
feudi dei due
fratelli; dopo
alcune trattative
tuttavia Anselmo
ed Ugo vendettero
al conte le loro
proprietà e si
ritirarono in
Borgogna.
A
questo punto,
Amedeo IV infeudò
del feudo di Châtel-Argent
Marco ed Aimone,
figli di Ugo II,
che lasciarono il
nome di Bard a
favore
rispettivamente di
Sarriod d'Introd e
Sarriod de la
Tour.
Nel
1279 Guglielmo
Sarriod, fratello
minore di Marco e
Aimone, nel suo
testamento lascia
la sua parte del
castello di Châtel-Argent
alla moglie
Leonarda, che ci
dimora con i figli
Rodolfo, Guglielmo
e Pietro. A questo
punto diviene
difficoltoso
seguire il corso
delle successioni
e delle vendite
delle diverse
porzioni di
proprietà del
castello, in
quanto l'omonimia
tra il castello di
Villeneuve e la
castellania di Châtel-Argent,
che si estendeva
su Villeneuve e su
Saint-Pierre,
ingenera
confusioni nelle
attribuzioni dei
documenti.
Quello
che è certo è
che alla fine del
XVI secolo Châtel-Argent
ritorna ai Savoia,
fino al 1605
quando Carlo
Emanuele I ne
infeuda, come
barone di Châtel-Argent,
Pietro Leonardo
Roncas marchese di
Caselle.
Il castello viene
abbandonato poco
dopo il 1780, ed
attualmente
permane come
rovina, ben
visibile sopra
l'abitato di
Villeneuve.
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