In
epoca romana, nello stesso luogo si ergeva una
fortezza da cui venne il nome del borgo: Châtillon
deriverebbe infatti da Castellio, a sua volta
derivato da castrum castellionis. La stessa
etimologia la ritroviamo nel nome della famiglia De
Castellione che trasformò l'antica fortezza in
abitazione; i De Castellione si estinsero intorno
all'anno 1000, mentre la loro casaforte fu demolita
nel 1200 da Goffredo di Challant.
Il
Giacosa attribuisce la costruzione del castello al
secolo XIII; in effetti, il castello compare già
nella ricognizione dei feudi del 1242. Il feudo
appartenne agli Challant-Châtillon fino alla loro
estinzione tra il 1361 e il 1364, quando tornò sotto
il controllo diretto del conte di Savoia. Ibleto di
Challant acquistò il castello dal conte Verde nel
1366.
Nel
1405 fu ereditato dal figlio di Ibleto, Giovanni di
Challant, e secondo il Du Bois e il De Tillier fu da
questi ricostruito. Il castello divenne quindi una
delle residenze favorite della famiglia degli Challant
e in particolare da Francesco di Challant, il quale
morì senza lasciare eredi maschi. Nonostante la legge
salica, che impediva alle donne di ereditare,
Francesco di Challant si fece dare il permesso
direttamente dai Savoia per lasciare i vari feudi in
eredità alle sue figlie; il castello di Châtillon
andò a sua figlia Caterina di Challant, moglie di
Pietro d'Introd. Gli altri membri maschi della
famiglia Challant (dei rami Challant-Aymavilles e
Challant-Fenis) impugnarono la decisione e si
rivolsero nuovamente al Duca di Savoia, il quale,
rimangiandosi la decisione precedente, investì del
feudo Giacomo di Challant-Aymavilles e dichiarò
stavolta ribelli Caterina e il consorte. Nel 1456
Giacomo di Challant assediò il Castello di Verres e
il castello di Châtillon in cui si era asserragliata
la battagliera Caterina, la quale aveva fatto
costruire un profondo fossato e una cinta muraria per
resistere. A dicembre dello stesso anno, dopo oltre un
mese di assedio e la morte del marito caduto in
un'imboscata, Caterina si arrese e cedette tutte le
sue terre a Giacomo. Le mura erano state demolite,
mentre il castello risultò seriamente danneggiato.
Luigi
di Challant, figlio di Giacomo e nuovo proprietario
del castello, diede il via a numerosi lavori.
La
trasformazione del castello in residenza signorile
avvenne nel XVIII secolo. Nel 1717, ad opera
dell'impresario G. Francesia e per volere di Paolina
Solaro di Govone, moglie di Giorgio Francesco di
Challant, ci fu la terza ricostruzione del castello:
furono fatti i lavori di sistemazione dei giardini,
con la piantumazione di parte del parco, la creazione
del viale d'accesso da via Tollen (per poter arrivare
in calesse fino al castello e non più con la scomoda
portantina dall'ingresso di ponente) e il
terrazzamento dei terreni e vennero realizzati lo
scalone e il salone d'onore.
Nel
1755 un forte terremoto interessò tutta la Valle
d'Aosta e danneggiò seriamente il castello. Nel 1769
intervenne quindi l'architetto Giulio Pistono de
Mongrado per i lavori di ripristino, e le spese furono
tali da obbligare il conte Carlo Francesco Ottavio a
ricorrere a un prestito. In quest'occasione il
castello subì pesanti modifiche: la foggia medievale
sparì sotto gli interventi di de Mongrado che portò
avanti una decisa ristrutturazione del complesso, con
il rifacimento del tetto e delle mura. Nuovi
interventi ingentilirono le sale interne tra il 1773 e
il 1793.
Nel
1770 il castello divenne di proprietà di Francesco
Maurizio di Challant, ma questi morì subito dopo la
nascita del suo unico figlio nel 1796: l'ultimo erede
degli Challant, Giulio Giacinto, decedette infante nel
1802 all'interno del castello, decretando la fine di
quella che fu la famiglia più potente della Valle
d'Aosta. La madre, Gabriella Canalis di Cumiana, si
risposò con il colonnello Amedeo Passerin d'Entrèves
nel 1814. Dal 1846 in poi il castello e gli archivi
degli Challant divennero eredità dei Passerin d'Entreves.
Al
castello si accedeva un tempo solo tramite una
mulattiera che sale proseguendo la Strada della
chiesa, tra l'imponente chiesa parrocchiale dei SS.
Pietro e Paolo e il collegio Gervasone, e che corre
parallela al Ruisseau de la bourgade, un canale
costruito intorno al 1368 per portare l'acqua del
Marmore alle numerose industrie locali e alla
popolazione del borgo. Oggi l'accesso principale del
castello è su via Tollein dal lato meridionale.
L'accesso al parco per i visitatori resta quello sulla
Strada della Chiesa.

Il
castello, trasformato in palazzotto signorile nel
XVIII secolo, è uno dei più antichi della Valle
d'Aosta seppure conservi poco dell'aspetto originario
di castello medievale e nulla delle strutture
preesistenti sul promontorio.
La
parte più antica del castello (XIII secolo) è
sicuramente quella situata a ponente: il lato esposto
a sud è caratterizzato da una struttura tipicamente
valdostana, con tre portici ad arco e architravi di
legno. È proprio in questo punto che sorge la bella
torre rotonda che custodisce una minuscola cappella,
una sorta di oratorio.
Una
torre quadrata, al centro della struttura attuale del
castello, separa la parte più antica dell'ala di
ponente, notevolmente danneggiata a seguito di un
incendio nel XVIII secolo. Questo spiega la tipologia
completamente diversa della parte di ponente,
ricostruita in muratura solida.
La
parte a nord è caratterizzata da due torri rotonde
che si elevano alle due estremità dell'edificio e da
due torri quadrate simmetriche che delimitano
l'ingresso principale.
La
distribuzione delle aperture (porte e finestre) e la
dinamica dell'inclinazione dei tetti di questa parte,
ci ricordano l'atmosfera tipica dell'architettura
minore francese.
Il
castello è inserito in un parco progettato nel
Settecento; sono del 1717 il terrazzamento dei
terreni, mentre solo nel XIX secolo venne innalzata la
cinta muraria intorno al parco.
Sono
ottocenteschi anche gli edifici ancellari al castello:
le stalle e un rustico per l'abitazione dei custodi
furono fatte costruire da Cristino Passerin d'Entrèves
(1830-1896) là dove sorgeva l'antica torre esagonale
di ponente che conteneva l'argano per azionare il
ponte levatoio, ponte già demolito nel XVIII secolo.
Poco distante si vede la serra, anch'essa della stessa
epoca.

Il
castello cela una ricca biblioteca che un tempo
custodiva l'archivio degli Challant: la sala,
dell'epoca di Giovanni di Challant, presenta soffitti
in legno e le pareti decorate da affreschi
quattrocenteschi, in particolare una palizzata a
intreccio richiama quella dipinta nel cortile del
Castello di Fenis lungo il ballatoio del secondo
piano. L'arredamento è in stile impero e nella sala
da pranzo la tappezzeria è a tema napoleonico.
Risalgono
al 1502 gli affreschi della cappella di levante, fatti
realizzare da Filiberto di Challant per il battesimo
di Renato di Challant. La cappella sull'arcata
presenta anche l'effigie della Sacra Sindone voluta da
Giorgio di Challant nel 1678, per celebrare il
passaggio nel castello della sacra reliquia, durante
il suo trasferimento da Chambéry a Torino.
Nel
1717, per volere di Paolina Solaro di Govone, vennero
realizzati lo scalone a doppia rampa che conduce al
piano superiore e il salone d'onore adornato di
stucchi. Lo scalone fu successivamente illuminato da
una torretta finestrata dopo il 1841. Nel salone si
conservano oggetti d'arte.
Il
parco del castello si estende per una superficie di
tre ettari, di cui 2 dal 1996 sono aperti al pubblico
durante i mesi più caldi, grazie a un accordo tra
l'attuale proprietaria e l'amministrazione regionale.
Le
piante più vetuste risalgono all'epoca di Paolina
Solaro di Govone in Challant che le fece piantare
all'inizio del XVIII secolo per ripristinare quelle
abbattute dai francesi durante le invasioni del 1691 e
nel 1704. A questo nucleo principale di alberi si
aggiunsero man mano quelli piantati in occasione delle
natalità della famiglia. Per interessamento
dell'attuale proprietaria sono state dichiarati
monumentali ben 33 alberi di 9 specie diverse.
Nell'ala ad uso privato, il parco conserva l'ultimo
giardino alla francese storico rimasto in Valle
d'Aosta, voluto dalla stessa contessa Paolina insieme
al viale di tigli e faggi.




|