L'Amazzonia è
una vasta regione geografica del sud-America caratterizzata
da una foresta pluviale, detta foresta amazzonica, che copre gran
parte dell'omonimo bacino amazzonico, estendendosi su una superficie di sei
milioni di chilometri quadrati suddivisi in nove Paesi; la maggioranza della
foresta (circa il 60%) si trova in Brasile; un altro 13% si trova
in Perù, il 10% in Colombia e parti più piccole
in Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana
francese: stati e unità amministrative di quattro di questi paesi sono appunto
denominati "Amazonas".
La foresta
amazzonica si formò probabilmente durante l'Eocene, a seguito della diminuzione
su scala globale delle temperature tropicali, dopo che l'oceano
Atlantico era diventato grande abbastanza da rendere possibile un clima
caldo-umido nel bacino amazzonico. La foresta tropicale esiste da
almeno 55 milioni di anni; la maggior parte della regione rimase libera
da biomi simili a savana almeno fino all'ultima era
glaciale.
A seguito
dell'estinzione del Cretaceo-Paleogene, la scomparsa dei dinosauri e
il clima più umido potrebbero aver consentito alla foresta tropicale di
estendersi attraverso il continente. Tra 66 e 34 milioni di anni fa, la foresta
raggiunse i 45° sud. Le variazioni climatiche avvenute durante gli ultimi 34
milioni di anni permisero alle aree di savana di estendersi fino
ai tropici. Ad esempio, durante l'Oligocene, al di sopra dei 15° nord
esisteva solo una fascia forestale relativamente stretta. Durante
il Miocene medio la foresta si espanse nuovamente, per poi ritirarsi
in gran parte verso l'interno nell'ultima era glaciale. Tuttavia, anche durante
questo periodo, la foresta ha continuato a prosperare, consentendo la
sopravvivenza e l'evoluzione di innumerevoli specie.
Si
ritiene che il bacino del Rio delle Amazzoni sia stato diviso,
all'interno del continente, dal cosiddetto «arco di Purus» durante il Miocene
medio. Le acque sul versante orientale di esso defluirono verso l'Atlantico,
mentre quelle del lato occidentale defluivano attraverso il bacino
amazzonico verso il Pacifico. A seguito della formazione
delle Ande, le acque del bacino formarono allora un enorme lago, noto come
bacino del Solimões. Negli ultimi cinque-dieci milioni di anni, le masse
d'acqua riuscirono ad aprirsi un varco verso est sfondando l'arco di Purus e si
andarono ad unire ai corsi d'acqua orientali formando l'attuale Rio delle
Amazzoni, che defluisce nell'Atlantico.
È stato
dimostrato che negli ultimi 21.000 anni, durante l'ultimo massimo
glaciale e il successivo scioglimento dei ghiacciai, avvennero cambiamenti
significativi nella vegetazione della foresta tropicale amazzonica. L'analisi
dei depositi di sedimenti dei paleo-laghi nel bacino amazzonico suggerisce che
durante l'ultima era glaciale le precipitazioni fossero inferiori rispetto a
quelle odierne, e molto probabilmente questo provocò una riduzione della
vegetazione tropicale igrofila nella regione. È ancora oggetto di discussione,
comunque, quanto sia stato grande tale declino. Alcuni scienziati ritengono che
la foresta tropicale si ridusse a piccoli e isolati refugia separati
da zone boschive aperte e praterie; altri, al contrario, ritengono che la
foresta pluviale sia rimasta in gran parte intatta, ma non abbia potuto
raggiungere i suoi attuali limiti settentrionali, meridionali e orientali.
Finora nessuno di questi due punti di vista è riuscito a prevalere sull'altro,
dal momento che nella foresta pluviale tropicale le indagini scientifiche sono
possibili solo in misura limitata e pertanto sono necessari ulteriori dati
riguardanti le regioni periferiche del bacino amazzonico. I dati raccolti
finora, infatti, avvalorano entrambe le ipotesi.
Sviluppi
recenti - Gli
scavi archeologici effettuati nella grotta di Pedra Pintada suggeriscono che gli
esseri umani hanno vissuto nella regione amazzonica per almeno 11 200 anni.
Successivamente, a partire dal 1250 d.C., nelle regioni periferiche
dell'Amazzonia furono creati insediamenti che provocarono alterazioni nel manto
forestale.
Per molto tempo
si è ipotizzato che la foresta pluviale amazzonica fosse stata sempre
scarsamente popolata, dal momento che i suoli poveri di nutrienti non adatti
all'agricoltura non avrebbero consentito la presenza di una popolazione
numerosa. Una dei principali portavoce di questa opinione è stata l'archeologa
Betty Meggers, che presentò le sue ricerche nel libro Amazonia: Man and
Culture in a Counterfeit Paradise. La studiosa sosteneva che la foresta pluviale
amazzonica avrebbe consentito l'esistenza solamente a gruppi di cacciatori con
una densità di popolazione non superiore agli 0,2 abitanti per
chilometro quadrato, dato che solamente l'agricoltura avrebbe potuto
consentire una densità di popolazione maggiore. Recenti
scoperte antropologiche, tuttavia, indicano che la regione amazzonica era
più densamente popolata. Intorno al 1500 in Amazzonia avrebbero potuto vivere
circa 5 milioni di persone, sparse tra aree costiere densamente popolate come
l'isola di Marajó e l'entroterra. Nel 1900, questa popolazione si era
ridotta ad appena un milione di nativi circa, scesi a meno di 200.000 nei primi
anni '80.
Il primo
europeo a percorrere il corso del Rio delle Amazzoni nel 1542 fu lo
spagnolo Francisco de Orellana[15]. Il cronista dell'impresa, il frate
domenicano Gaspar de Carvajal, scrisse: «Tutto questo mondo nuovo [...] è
abitato da barbari di diverse province e nazioni [...] Sono più di
centocinquanta, ognuna con una sua lingua, immense e densamente popolate come le
altre che abbiamo visto durante il viaggio». Per molto tempo gli studiosi hanno
ritenuto queste affermazioni delle semplici esagerazioni, ma nel corso del
programma Unnatural Histories della BBC sono state presentate prove
dell'esistenza di una florida civiltà che fioriva lungo il Rio delle Amazzoni
negli anni '40 del XVI secolo. Questa fu probabilmente decimata a causa delle
malattie infettive trasmesse dagli europei, come il vaiolo. A partire dagli
anni '70 del XX secolo, diversi geoglifi risalenti ad un periodo
compreso tra l'anno 0 e il 1250 d.C. sono stati scoperti in aree disboscate,
facendo supporre l'esistenza nella regione di civiltà
precolombiane piuttosto progredite. Al geografo brasiliano Alceu Ranzi
viene generalmente attribuita la prima scoperta di geoglifi durante un sorvolo
dello stato brasiliano di Acre. Inoltre gli studiosi hanno recentemente
dimostrato che la foresta pluviale amazzonica non è una regione selvaggia
incontaminata, ma è stata modellata dagli esseri umani per almeno 11 000
anni attraverso la creazione di giardini forestali e di terreni arricchiti
artificialmente (terra preta).
La terra
preta è presente su vaste aree della foresta amazzonica ed è oggi
ampiamente accettato che sia il risultato della gestione del territorio da parte
delle comunità indigene. Tali terreni fertili hanno consentito
l'agricoltura e la selvicoltura in condizioni naturali altrimenti
sfavorevoli, il che significa che gran parte della foresta pluviale amazzonica
è il frutto di centinaia di anni di intervento umano piuttosto che, come si
pensava in precedenza, il risultato di un processo naturale. Nel 2003, un gruppo
di ricercatori dell'Università della Florida guidato da Michael
Heckenberger ha scoperto i resti di grandi insediamenti nel mezzo della foresta
amazzonica nell'area abitata dagli indigeni xingu. Fra questi figuravano resti
di strade, ponti e grandi piazze.
Dalla relazione
che fu scritta dal cappellano della spedizione Gaspar de Carvajal il
22 aprile del 1542, sul diario del suo viaggio in Amazzonia, racconta che gli
spagnoli combatterono contro i Tapuyas, tribù nelle cui file militavano
anche le donne. Francisco de Orellana chiamò il fiume Rio delle
Amazzoni, perché le donne guerriere gli ricordarono le antiche Amazzoni
dell'Asia e dell'Africa, descritte da Erodoto e Diodoro
Siculo, nella mitologia greca.
Caratteristiche
- Nota anche come Polmone
verde della Terra per la sua estensione e importanza, costituisce
più della metà delle foreste tropicali rimaste al mondo e ospita
una biodiversità maggiore di qualsiasi altra foresta tropicale; è
uno dei sei principali biomi del Brasile, e costituisce circa il 49.4%
del territorio brasiliano, coprendo tre delle cinque regioni
statistiche del Paese (Nord, Nord-est e Centro-Ovest).
Un'area di 52000 km² della foresta
pluviale dell'Amazzonia centrale, che comprende il parco nazionale di Jaú,
è stata dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 2000
(con un ampliamento nel 2003). Un'altra area protetta situata entro i suoi
confini è quella della Serranía de Chiribiquete, che, con i suoi
40 000 chilometri quadrati di estensione, è il parco nazionale di foresta
pluviale più grande al mondo, dichiarato anch'esso Patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO. La foresta amazzonica è stata inoltre inserita
al primo posto delle Nuove sette meraviglie del mondo naturali.
Dal punto di
vista socio-geografico, il settore di bacino amazzonico appartenente al
Brasile viene assegnato alla cosiddetta «Amazzonia legale». Ai fini dello
sviluppo economico della regione, nel 1966 è stata creata la «Sovrintendenza
dello Sviluppo dell'Amazzonia» (SUDAM).
La
sopravvivenza a lungo termine della foresta pluviale amazzonica
nell'Antropocene collide con gli interessi dell'industria mineraria e
dell'agricoltura industriale, sempre più pressanti: la foresta pluviale
brasiliana si è ridotta di ben 7900 km² a
causa della deforestazione, una superficie corrispondente a oltre un milione di
campi da calcio, solamente tra l'agosto 2017 e il luglio 2018.
Gli
uccelli lanciano incessantemente i loro richiami mentre ci apriamo una via con
machete lungo il fianco di una collina, nel groviglio della vegetazione che
nasconde ogni forma di vita immaginabile; gli insetti ronzano intorno al viso,
salgono lungo le gambe, una scimmia urlatrice si fa udire dalla cima di un
albero vicino. La luce del sole penetra il manto della foresta ad angolo retto,
proiettando nere ombre accidentate sulla giungla circostante. Improvvisamente,
giunti a una radura, scorgiamo una delle immagini più belle che si possano
sperimentare: un giovane, agile giaguaro nel suo habitat naturale. E' valsa la
pena di affrontare le scomodità del viaggio, perché per un attimo brevissimo
siamo riusciti a trovarci faccia a faccia con una della creature più elusive
della natura. Scendendo faticosamente dalla collina verso il fiume, alla vista
della magnifica distesa fangosa delle acque in quieto movimento ci rendiamo
esattamente conto del perché siamo venuti in questo luogo.
Il
possente Rio delle Amazzoni è il fiume principale del continente sudamericano,
uno degli elementi più importanti dell'ecosistema terrestre, e come tale ognuno
dei dati statistici che lo riguarda è "fuori misura": benché sia
inferiore di 400 chilometri rispetto al Nilo, il fiume contiene una quantità
d'acqua maggiore, tale da superare addirittura il volume idrico del Nilo stesso,
addizionato a quello del Mississippi e dello Yangtze.
Con
6280 chilometri di lunghezza il Rio delle Amazzoni è il secondo fiume del mondo
e, insieme agli oltre 1000 suoi tributari, forma il bacino fluviale più grande
del pianeta, esteso su quasi due quinti dell'intero Sudamerica, e raccoglie due
terzi del totale delle acque fluviali del mondo. Il fiume nasce nella catena
andina in due rami distinti, il fiume Maranón e l'Ucayali, che assumono il nome
di Rio delle Amazzoni quando il loro corso si unisce nei bassipiani del Perù
nord-orientale, quindi scorre in direzione est attraverso la foresta pluviale
del Brasile, aumentando di ampiezza con il confluire del Japura, del Jurua, del
Rio Negro, del Madeira, del Tapajos, del Purus, del Teodoro e dello Xingu.
Il
Rio delle Amazzoni ha ricevuto il nome nel 1541, quando uno dei primi
esploratori spagnoli, Francisco de Orellana, fu attaccato dalle popolazioni
indigene, uomini abbigliati in una foggia che gli rammentò le donne-guerriere
della mitologia greca: il conquistador fu il primo Europeo a navigare per tutta
la lunghezza del Rio, e da allora il nome delle Amazzoni venne applicato al
fiume.
Nel
corso dei secoli l'immenso fiume ha trasportato tanto materiale sedimentario da
creare un ampio bassopiano di spessi strati di sabbia e di fango, sicché la
pendenza si è ridotta a 4,5 centimetri per chilometro: infatti, il punto in cui
il fiume attraversa il confine fra il Perù e il Brasile si trova solo 61 metri
più in alto rispetto alla foce, ed è per questo motivo che, a dispetto della
massiccia portata, il fiume scorre molto lento, alla velocità di 2,5 chilometri
orari nella stagione asciutta, raggiungendo più o meno il doppio nel periodo
delle piogge.
Le
maree oceaniche soverchiano la corrente alla foce, creando un "muro
d'acqua" alto quasi cinque metri, e i loro effetti sono visibili a una
distanza di oltre 900 chilometri a monte. Il bacino amazzonico riceve
annualmente oltre 150 centimetri di pioggia, più di ogni altra regione di pari
dimensioni al mondo, ma gli alberi della foresta grondano d'acqua anche quando
non piove. Fra novembre e maggio le inondazioni sommergono il territorio
circostante, rendendolo più simile a un enorme lago fangoso che a un fiume, ma
il Rio è comunque tale, un corso d'acqua che sostenta un gran numero di forme
di vita: fra le oltre 500 varietà ittiche presenti nel Rio delle Amazzoni si
trovano i grandi pirarucu (il più grande pesce d'acqua dolce del mondo) e i
piraña, ma il bacino amazzonico ospita anche animali marini come i caimani, le
tartarughe e i delfini.
Al
di là delle meraviglie del rio stesso esiste la lussureggiante foresta pluviale
che lo contorna, ormai divenuta l’esempio primario della delicatezza
dell'ordito della vita sulla Terra e dell'assottigliarsi delle risorse naturali
del pianeta: estesa su una superficie di oltre 5.180.000 chilometri quadrati, la
più ricca foresta pluviale del mondo è un rifugio per 1800 specie di uccelli,
250 di mammiferi e per un numero tutt'oggi indeterminato di piante, alberi e
fiori che ammontano ad almeno 100.000 specie note, oltre a due milioni di specie
di insetti, i più numerosi e probabilmente i più importanti organismi per
l’equilibrio ambientale. Questa stessa smisurata foresta pluviale, che dal
Brasile si estende in Venezuela, Colombia, Ecuador e Perù, è ritenuta
l'ecosistema più complesso e fragile del mondo.
Alta
sugli antichi tronchi della formidabile foresta primaria, la magnifica, densa
calotta di foglie protegge e mantiene il suolo della foresta caldo e umido,
insieme ai molti livelli inframmezzati: sotto la cupola sono stati identificati
almeno quattro diversi strati, o zone, fra i quali interagiscono animali,
insetti e uccelli di livelli differenti, e sono proprio la varietà incredibile
dei colori, gli aromi, i richiami degli animali, la magnifica flora che ammanta
la regione a fare della foresta pluviale un luogo straordinario. La salvezza
dell'Amazzonia è divenuta una questione di tendenza, di cui si fanno carico
rockstar e altre celebrità, e a ben vedere esistono motivazioni fondate per la
causa: non per nulla la foresta, che fornisce il 50 per cento dell'ossigeno
presente nell'atmosfera, ha ricevuto l’appellativo di "polmone della
Terra".
L'incremento
dell'anidride carbonica determinato dalia perdita di vaste aree forestali
potrebbe condurre al riscaldamento globale, quindi alla fusione delle calotte
polari e dei ghiacciai: poiché si ritiene che la foresta controlli e regoli il
clima della Terra, la sua riduzione farà aumentare la temperatura in modo
definitivo. L'irradiazione solare e l'acqua creano un ciclo infinito, in cui
l'evaporazione degli oceani ricade sulla foresta sotto forma di pioggia, per
salire ancora mediante la traspirazione dei vegetali e tornare finalmente
all'atmosfera; così come agisce nella foresta pluviale amazzonica, questa
catena biochimica è ritenuta indispensabile per la del pianeta. Il bacino
amazzonico contiene una foresta più grande di quanto generalmente si pensi, e
forse perciò riesce difficile comprendere che la sua perdita possa sortire
effetti tanto drastici sulla Terra, ma gli esperti delle scienze forestali
forniscono dati assai eloquenti: la sola regione della foresta pluviale
amazzonica, se fosse una nazione a se stante, sarebbe la nona al mondo per
estensione e, di fatto, un quarto delle rimanenti foreste primarie del pianeta
vi è localizzato.
La
pratica corrente di tagliare drasticamente e di bruciare il legname abbattuto
per fare spazio alle coltivazioni e ai terreni da pascolo, oltre che alla
deprecata Amazonas Highway, si estende con una rapidità allarmante; inoltre, le
società interessate allo sfruttamento dei giacimenti auriferi e quelle che
gestiscono le raffinerie di petrolio brasiliane hanno raggiunto il cuore della
regione. L'immensa foresta è assediata dall'uomo, e per quanta parte di essa
scompare per mano dei responsabili del suo sviluppo, altrettanta deve aspettarsi
di perdere l'intero pianeta: la distruzione della foresta pluviale significa più
della scomparsa di una regione di bellezza estrema, perché procede di pari
passo con la perdita di milioni di creature, di sostanze potenzialmente
utilissime per la vita e di un ambiente naturale insostituibile. Non è
difficile concludere che la scomparsa di questa meraviglia della natura potrà
comportare una mutazione del pianeta talmente estesa da coinvolgere ogni essere
vivente.
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