L'Iguazù
nasce nella Serra do Mar, a poca distanza dall'Oceano Atlantico, e scorre per
1300 chilometri sull'altopiano del Paranà: ricevendo le acque di ben 30
tributari, raggiunge un'ampiezza di oltre un chilometro. E dunque solo dopo aver
percorso questo suo placido cammino che arriva a meritarsi il nome datogli dagli
indios: nella lingua guarani, infatti, Iguazù (o Iguacu, secondo la
traslitterazione brasiliana) significa "grande acqua".
Poco
prima delle cascate, il corso dell'lguazù forma un arco molto pronunciato,
frammentandosi in un'infinità di diramazioni separate da isolette. Più a valle
il fiume si tuffa da un imponente precipizio di 2700 metri, dando origine a un
numero di cascate che oscilla tra le 160 e le 280, a seconda dell'abbondanza
dell'acqua del fiume.
Il
corso principale del fiume, che segna il confine tra l'Argentina e il Brasile,
precipita nella Gola del Diavolo. Senza dubbio il burrone fa onore al proprio
nome: le acque tumultuose si gettano verticalmente da un'altezza di 80 metri,
percuotendo il fondo violentemente e sollevando dense nubi di vapore che a volte
impediscono di vedere l'altra riva. Il frastuono, in prossimità della cascata,
è davvero assordante; la vista di questa immane caduta d'acqua provoca una
sensazione di vertigine.
L'arco
orientale della cascata, che rientra nel territorio brasiliano, ha un'estensione
di 600 metri e comprende le cascate di Benjamin Constant e di Floriano. È
attraversato da una serie di passerelle che permettono al visitatore di godere
del magnifico panorama verso la sponda opposta, quella argentina. È inoltre
provvisto di un osservatorio sospeso sulle acque, di fronte alla Gola del
Diavolo.
L'arco
occidentale argentino, invece, ha un'estensione di due chilometri e comprende le
cascate Belgrano, Mitre ed Escondido. Le acque di questo versante confluiscono
per dare origine, ai piedi del Gran Salto, all'Iguazù Inferiore, che si collega
successivamente al corso d'acqua originato dalla Gola del Diavolo.

Per
comprendere adeguatamente la grandiosità delle Cascate Iguazù è necessario un
breve cenno alla storia geologica dell'area, che è stata modellata da intense
colate di lava formatesi nel Giurassico, scaturite da faglie e spaccature del
terreno non ancora chiuse. La zona, di fatto, costituisce la superficie lavica
emersa più vasta del pianeta, con colate che ricoprono completamente un'area di
un milione di chilometri quadrati. Il rilievo montuoso della regione si modificò
nel Quaternario, in seguito all'alternarsi di periodi secchi con periodi umidi,
che fece oscillare il livello del fiume. Nei periodi piovosi le acque scavarono
un letto e cominciarono la loro lenta e costante opera di erosione, determinando
il progressivo arretramento delle cascate nelle quali riversavano verticalmente
tonnellate d'acqua, formando uno stretto canyon. Le cascate originate dal salto
che le acque del fiume Iguazù dovevano compiere per superare il dislivello
esistente fino al corso del Paranà erosero progressivamente le colate
basaltiche, fino a occupare la posizione attuale, 28 chilometri a monte della
confluenza dei due fiumi.
Le
cascate sono al secondo posto mondiale quanto ad ampiezza, dopo le cascate
Vittoria, all'undicesimo per altezza, più elevate di 12 metri rispetto alle
cascate del Niagara, e prendono il nome dall'espressione idiomatica degli
indigeni Guarani foz do iguazù, che significa le "grandi acque".
In
condizioni di scarsità idrica il flusso dell'lguazù si divide in quasi 300
cateratte, separate da spoglie isolette rocciose o coperte di vegetazione,
cosicché durante la stagione secca le acque tumultuose appaiono come un
magnifico schieramento di numerosi flussi posti uno di fianco all'altro; durante
la stagione umida, invece, il fronte si amplia ininterrottamente su
un'estensione longitudinale di quattro chilometri, gettandosi da 82 metri di
altezza nel corso inferiore del Rio Iguazù. Il punto più impressionante della
cateratta, attraverso la quale si stima che ogni secondo si riversi una media di
135.076 metri cubici d'acqua, consiste in un ampio doppio salto.

Le
nuvole di acqua nebulizzata che bagnano continuamente le pareti rocciose e gli
isolotti vicini alle cascate consentono la crescita di alcune graminacee
idrofile e di una podostenacea, simile a un'alga, che presenta lunghi rami che
aderiscono alla roccia dietro alla barriera d'acqua. Stormi di conuri dal ventre
rosso sono sempre in volo spostandosi di continuo tra le macchie alberate,
ricche di frutta e di semi, e le cascate, dove si recano per bere. Le pozze che
si formano vicino alle cascate, in particolare quelle con un alto contenuto di
materiale organico, attraggono fitti sciami di farfalle di diverse specie, che
vi si recano per assimilare i sali disciolti e l'umidità. Varie specie di
rondini, rondoni e tre differenti specie di martin pescatore sono alcuni degli
abituali frequentatori del fiume. Sui tratti del precipizio non coperti
dall'acqua, ossia sulla roccia nuda, si riuniscono gli urubù, una specie comune
di rapace americano, per concedersi bagni di sole in gruppo, con le ali
spiegate.
Apposite
passerelle consentono di osservare perfettamente i differenti aspetti della
flora della foresta igrofita. L'acacia boliviana, relativamente scarsa nelle
zone più aride, qui cresce in abbondanza, come anche l'albero endemico Roupala
catactarum. Si possono, inoltre, osservare piante d'inconsueta bellezza, come
Eryihrina cristagalli, una leguminosa tortuosa dal tronco irto di spine, la cui
infiorescenza rossa è stata scelta come fiore nazionale argentino, o come Inga
uruguensis, dai bei fiori filamentosi che sono particolarmente apprezzati dalle
scimmie urlatrici e che ospitano i bruchi della farfalla Morpho catenaria.
Àlvar
Nùnez Cabeza de Vaca non avrebbe mai potuto immaginare che quell'area, che gli
provocò tanto stupore, si sarebbe trasformata, nell'arco di quattro secoli, in
una meta raggiunta ogni anno da mezzo milione di turisti. La percezione della
bellezza, comunque, è qualcosa fuori dal tempo: dai primi Guarani - che ci
hanno lasciato affascinanti leggende sulle cascate - ai nostri giorni diverse
generazioni di viaggiatori hanno espresso la propria ammirazione per le Cascate
Iguazù.

Citiamo
le parole del botanico svizzero Robert Chodart: «Quando siamo in presenza di
questo mondo di cascate e solleviamo gli occhi, vediamo sopra di noi l'orizzonte
tagliato da una linea d'acqua, il sorprendente spettacolo di un oceano che si
lancia nel vuoto. Le acque del diluvio che cadono bruscamente nel cuore del
mondo, per volontà divina, in un paesaggio di rara bellezza formato da
vegetazione quasi tropicale, le fronde delle grandi felci, le canne di bambù, i
gracili tronchi delle palme e un migliaio di specie di alberi, con i loro
tronchi ricoperti di muschi, le begonie rosa, le orchidee dorate, le brillanti
bromeliacee e le Mane dai fiori a campanula; tutto ciò, unito al vertiginoso e
assordante rumore delle acque genera una sensazione indelebile, commovente, che
lascia senza parole».
«Il
fiume cade da un precipizio molto alto, e l'acqua colpisce la terra così forte
che il suo rumore si ode da molto lontano; e l'acqua, cadendo con tanta forza,
solleva una spuma all'altezza di due o più lance». Questa descrizione è opera
del cronista Hernàndez, che lavorò al seguito della spedizione condotta nel
1541 da Àlvar Nùnez Cabeza de Vaca tra Santa Catalina e Asunción. I
componenti della spedizione le chiamarono Cascate di Santa Maria, nome che con
il passare del tempo sarebbe caduto in disuso, utilizzando il toponimo guarani
Iguazù, traducibile come "acqua grande" (I, "acqua", e guazù,
"grande"). I membri della spedizione costituirono una squadra di 280
persone che da Santa Catalina si diresse ad Asunción per rispondere
all'accorato messaggio del governatore, che aveva chiesto rinforzi militari.
Tracce di questa spedizione sono rimaste nell'interessante relazione sulle
peripezie che il gruppo di uomini si trovò ad affrontare attraversando le
foreste della regione.
In
tempi recenti il parco paraguaiano è stato chiuso per proteggere la fauna
locale, tanto abbondante quanto incauta,
causando le proteste di una fazione convinta invece che il parco dovesse essere
aperto a tutti: questa controversia, giunta al limite dello scontro violento,
esemplifica i problemi della conservazione contrapposta allo sfruttamento,
problemi che potranno solo essere inaspriti dall'incremento della popolazione
mondiale, mentre le riserve naturalistiche diverranno sempre più importanti per
la scienza e per i fautori del conservazionismo. È però certo che una
meraviglia della natura come le cascate dell'lguazù attrarrà ancora i turisti,
non importa a quale prezzo per la riserva, perché il fragore e la furia
dell'acqua non smarriranno mai il loro fascino, in special modo in uno scenario
magnifico come quello che le circonda.

Fonte:
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