Borgo
di quasi 1.700
abitanti, Fénis sorge in Val d’Aosta, circa 13
chilometri a sud
di Aosta, vicino
alla Francia: è
facile infatti
vedere le tante
influenze che
derivano dalla vicinanza francese, sia negli usi che nei costumi e nella
lingua.
Si
trova proprio
nel mezzo di un
comprensorio
ambientale che
riesce a
sintetizzare le
bellezze di
queste valli, Fénis:
la Val Clavalité, la Valle di Champorcher e la Valle
di Cogne,
tutte sotto la
protezione
panoramica della Punta Tersiva, cima montuosa che raggiunge i 3.513 metri di
altezza, subito
dietro al Monte Emilius.
La Val
Clavalité è
una valle
laterale che si
estende su una
vasta area del
comune di Fénis.
Essa inizia con
il Colle
di Fénis che
la mette in
comunicazione da
una parte con la valle
di Champorcher e
dall'altra con
la valle
di Cogne e
termina in
prossimità del
centro abitato.
La Punta
Tersiva,
con i suoi 3.513
metri di altezza
è il monte più
alto del comune
di Fénis e
domina la piana
di Clavalité.
È inoltre la
seconda cima per
altezza dell'Unité
des Communes
valdôtaines
Mont-Émilius,
di cui Fénis fa
parte, seconda
solo al Mont
Émilius.
Contrariamente
alle regole di
pronuncia della lingua
francese standard,
la "s"
finale di Fénis
si pronuncia
("Fenìs").
Si ipotizza che
il nome derivi
dal latino fenilis (fienile),
tuttavia tale
supposizione non
collima con il
toponimo in patois,
che è Fén-íc.
Da
Fénis, epoca
romana,
passava la via
delle Gallie, strada
romana consolare fatta
costruire da Augusto per
collegare la Pianura
Padana con
la Gallia.
La
storia di Fénis
si lega da
sempre con
quella della casata
di Challant,
che ordinò la
costruzione del
castello, oggi
tra i simboli
della Valle
d'Aosta. Sul
modello di Fénis,
nel 1884 venne
costruito il
castello del borgo
medievale del
Valentino a
Torino.
In epoca
fascista,
il comune è
stato accorpato
a quello di Nus.
Durante
la seconda
guerra mondiale,
il territorio
della Val
Clavalité e
quello di Fénis
furono il
quartier
generale delle
brigate
partigiane
guidate da Émile
Lexert
(1911-1944).
Non
c’è dubbio
che la prima
cosa da vedere e
quella che
contraddistingue
il paese è
sicuramente il Castello
di Fénis,
che impera e si
candida ad
essere il più
rappresentativo
fra quelli
presenti in Valle
d’Aosta:
con il suo
trionfo di torri
e la sua
bellissima cinta
muraria merlata,
si trova in una
posizione
inusuale per una
fortezza
edificata a
scopo bellico e
di
protezione.
Diversamente
dagli altri
castelli,
costruiti per
scopi bellici e
di protezione,
il castello
di Fénis non
è situato sulla
sommità di un
promontorio,
bensì su un
lieve poggio
privo di difese
naturali.
Unendo
ai caratteri
della
fortificazione
quelli della residenza
signorile,
il castello di Fénis
fu infatti la
prestigiosa sede
di
rappresentanza
dei maggiori
esponenti della famiglia
Challant,
che lo dotarono
dell’imponente
apparato
difensivo, nonché
di eleganti
decorazioni
pittoriche,
simboli di
potenza e di
prestigio.
L’architettura
del castello di
Fénis è il
risultato di
campagne
costruttive
succedutesi
negli anni: torri
e mura merlate furono
aggiunte verso
la metà del
secolo XIV da
Aimone di
Challant al
torrione
preesistente, già
dimora abituale
— un secolo
prima — del
visconte
Gotofredo II.
Il
castello di Fénis
appartenne ai
signori di
Challant del
ramo di Fénis
fino al 1716,
quando fu ceduto
al conte
Baldassarre
Castellar di
Saluzzo Paesana.
Le vicende che
segnarono la
storia di quella
famiglia
condussero il
maniero a un
lento degrado,
preludio
dell’abbandono
che lo vide
trasformato in
abitazione
rurale: le sale
del pianterreno
furono adibite a
stalle, mentre
il primo piano
fu usato come
fienile.
Il
recupero del
monumento si
deve ad Alfredo
d’Andrade,
che acquistò il
castello di Fénis
nel 1895 e, dopo
averne
restaurato le
parti più
rovinate, lo donò
allo Stato. Oggi
l’edificio è
di proprietà
della Regione
autonoma Valle
d’Aosta.
Il
castello di Fénis
ha pianta
pentagonale; gli
angoli hanno
torrette
circolari,
tranne lo
spigolo
sud-ovest, che
presenta una
massiccia torre,
e quello sud,
dove la torre ha
pianta quadrata.
Il mastio è
racchiuso in una
doppia cinta di
mura con
torrette di
guardia
collegate da un
camminamento di
ronda.
Si
accede al
maniero passando
attraverso una
torre quadrata
che aveva una
saracinesca per
sbarrare
l’androne in
caso di
pericolo. La
visita al pianterreno si
sviluppa
attraverso la
sala d’armi,
il refettorio
per soldati e
servitori, la
dispensa e la
cucina dotata di
un grosso
camino.
Si
prosegue salendo
al primo
piano,
dove si
osservano la
cappella con
l’annessa sala
di
rappresentanza,
la camera domini,
la cucina
nobile, la sala
da pranzo dei
signori e la
sala di
giustizia.
Il
percorso si
conclude nel cortile
interno,
con lo scalone
semicircolare
sovrastato dal
pregevole affresco
raffigurante San
Giorgio che
uccide il drago;
alzando lo
sguardo al piano
superiore si
possono ammirare
le balconate in
legno decorate
da un gruppo di
saggi e di
profeti recanti
dei cartigli sui
quali si leggono
proverbi e
sentenze morali
in antico
francese. La
parete orientale
infine è ornata
dai dipinti
dell’Annunciazione
e di San
Cristoforo,
attribuiti ad un
pittore vicino
alla scuola di
Jaquerio e
databili intorno
al 1425-30.

Intorno
al fulcro del
borgo, si
conservano
inoltre alcune caseforti e
abitazioni
antiche:
-
a circa 100 m a
monte del
castello, in una
zona
pianeggiante e
soleggiata, si
trovano i ruderi
della casaforte
Challant o casaforte
de Putat,
probabilmente
del XIV-XV
secolo. La
casaforte è
scoperchiata e
in attesa di
restauro: nel
frattempo è
stata recintata,
puntellata e
ricoperta da una
tettoia.
-
la Casaforte
di Chénoz,
a Chénoz, tra
le case Ravarey,
del XIV-XV
secolo e un
tempo di
proprietà della
nobile famiglia
de Tillier.
-
la casa dei
nobili de
Tillier del
XVIII secolo
nella località
omonima.
l-
a Tornalla o
Casa dei Ramein,
casa
cinquecentesca
in località
Cors (località
un tempo detta
Chez-Ramein).
Oltre
a queste, André
Zanotto ne
segnala altre
due: una casa
medievale in
località
Bavavey e la
Casa Challant,
nei pressi della
Chiesa
parrocchiale, in
cui prima di
un'asportazione
vandalica degli
elementi di
pregio si
conservavano
finestre a
crociera e ad
arco carenato, e
in una in
particolare lo
stemma degli
Challant era
scolpito su una
pietra.
Risale
agli anni
duemila un
piccolo
monumento con
cappella posto a
monte della
casaforte de
Putat, a memoria
delle vittime
dell'alluvione
dell'ottobre del
2000.

Chiesa
di San Maurizio
La chiesa
parrocchiale di Fénis,
dedicata a San
Maurizio,
si trova in
località
Fagnan. Nata in
origine a tre
navate nel XV
secolo, è lunga
35 metri;
all'altezza
della sua abside
vi è una
cupola,
all'esterno ha
il tetto
triangolare
ricoperto con
delle lose.
La
facciata
intonacata ha un
rosone ad
un'altezza di
8-10 metri; il
portone in
legno, ha nel
punto di
chiusura
un'incisione a
forma di fiore,
che tocca nella
parte superiore
in marmo. È in
classico stile
valdostano, con
la tettoia in
muratura, con la
volta a crociera
e sorretta nella
parte anteriore
da due o quattro
colonne in
pietra grezza,
liscia o in
marmo scuro, che
serve per parare
la neve, la
quale con il
vento si
andrebbe ad
attaccare allo
scalino e al
portone
ghiacciandosi,
così da
impedire
l'accesso.
Il
campanile in
pietra, ha alla
sua estremità
una cuspide in
pietra, sulla
cui cima ci sono
delle piccole
finestrelle, che
consentono alla
luce di entrare.
In
cima alla
piramide di
pietra
all'interno
cava, è stata
applicata una
punta in rame
con una croce in
ferro battuto;
questa torre ha
un'altezza
complessiva di
44 metri, che
domina il
territorio di Fénis e
di Nus.
Il
campanile
contiene 5
campane, al suo
interno
risiedono le tre
maggiori e nella
bifora opposta
alla chiesa le
due minori, sono
tutte campane a
mezzo slancio e
tutte
elettrificate,
le prime tre
sono provviste
di martello, ma
solo la maggiore
suona le ore
dalle 7:00 alle
22:30.
Eremo
di Saint-Julien
L'eremo
di Saint-Julien è
un eremo ubicato
a Fénis.
Secondo
la tradizione,
un primo
oratorio venne
edificato nel
luogo in cui i
soldati romani
compirono il
martirio nei
confronti di san
Giuliano, un
legionario della legione
tebana, che
fatto
prigioniero e
condotto a
lavorare nelle
miniere di Misérègne,
fu fatto cadere
nel precipizio
che domina il
villaggio di
Charnicloz,
poiché
diffondeva la fede
cristiana tra
gli altri
schiavi:
furono proprio i
suoi amici ad
edificare
l'oratorio.
Leggenda vuole
inoltre che le
striature
bianche presenti
sulla roccia
siano il latte
delle capre di
san Giuliano,
versato dai
romani che lo
uccisero.
La
costruzione
dell'eremo
risale
all'inizio del
XIV secolo. È
attestata la
presenza di due
eremiti: il
primo, Mathieu
Champier, di Ollomont,
si ritirò
all'eremo nel
1777, mentre il
secondo,
Jean-Pantaléon
Lavy, restò
fino al 1864.
L'eremo
è situato a
un'altitudine di
1 346 metri ed
è addossato
alla montagna, a
picco sulla val
Clavalité. Si
presenta
esteriormente
con un tetto a
unico spiovente
in lose e
muratura
intonacata in
bianco.
Superato
l'ingresso, si
accede ad un
atrio dove è
posto, su un
pannello in
legno,
l'incisione
pirografata del Cantico
delle creature di san
Francesco in lingua
francese.
Un'ulteriore
porta conduce
all'interno
della cappella:
a navata unica,
presenta un
altare maggiore
in legno
intagliato del
XIX secolo ed è
sovrastato da un
dipinto
raffigurante San
Giuliano,
realizzato nel
1948 da Ettore
Mazzini. Secondo
la tradizione,
dietro l'altare,
sono murate le
spoglie del
santo. Nella
cappella era
inoltre ospitata
una statua
lignea del
santo, scolpita
tra il XIV e XV
secolo, andata
rubata.

Fonte
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