Gressan
è situato
sul versante
orografico
destro della
Dora
nell’ampio
bacino della
piana di Aosta.
Anche
se a Gressan non
sono state
ritrovate tracce
dell’uomo del
periodo
Neolitico alcuni
testimonianze
possono far
pensare che egli
s’insediò:
tracce
d’inumazioni,
la presenza
vicina
dell’area
megalitica di
Saint Martin de
Corléans
aggiunti alla
posizione
privilegiata del
comune
circondata da
foreste ricche
d’animali.
I
primi
insediamenti
umani erano
certamente
localizzati in
luoghi sicuri e
protetti situati
vicini ai corsi
d’acqua e al
riparo delle
inondazioni, e
precisamente tra
Moline e Clapey
o su superfici
ricche in
sorgenti de
Champlan
des-Vignes,
presso Palues.
Non sappiamo
nulla di queste
popolazioni
primitive.
Abbiamo
alcune notizie
relative ai
Salassi. A
questa
popolazione è
stata attribuita
un’origine
Celtica, su un
substrato
Ligure, in base
alle
informazioni
rilevate dalla
toponimia che è
stata conservata
in numerose
denominazioni
locali: comba
(vallone), verna
(ontano), tsa
(alpeggio),
(pascolo in alta
montagna),
Clapey
(pietraia). Dal
II secolo a.C.,
i Salassi sono
sempre stati in
lotta con i
Romani che
aspiravano in
modo particolare
al controllo dei
colli alpini.
Dopo numerosi
scontri (143-140
e 25 prima di
Cristo), i
Salassi furono
definitivamente
vinti e
sottomessi dai
Romani che
fondarono,
nell’anno 25
a.C., la città
di Augusta
Pretoria
Salassorum in
onore
dell’imperatore
Augusto e
fondarono una
colonia. I
Salassi furono
deportati e
ridotti in
situazione di
schiavitù, le
loro terre
furono
confiscate e
assegnate agli
anziani
pretoriani.
Nacquero così i
diversi fondi
agricoli che
presero il nome
dal
proprietario,
Fundus Grattiani
o Gracciani
(Gressan),
Fundus
Joventiani
(Jovençan)
Fundus
Calventianis
(Charvensod)
Fundus Polleni
(Pollein),
Fundus Portiani
(Porossan ).
Dopo
la vittoria i
Romani passarono
all’organizzazione
del territorio
procedendo alla
suddivisione del
territorio in
centurie, cioè
in lotti di
504.668 metri
quadrati da
assegnare in un
unico pezzo o in
parti. Molti
fatti lasciano
supporre che i
conquistatori si
sono appropriati
delle terre
migliori, quelle
situate nelle
pianure, nella
zona inferiore
dove si trova
Gressan,
l’area
compresa tra la
chiesa e la
Cort, lasciando
agli indigeni la
parte superiore
verso Moline.
Le
vie di
comunicazione
diventarono gli
elementi
principali della
nuova
organizzazione
del territorio.
La costruzione
della città
richiedeva
un’enorme
quantità di
materiali e
quindi delle
strade per il
loro trasporto.
Per questo
motivo fu
costruito un
ponte sulla
Dora, nella zona
di Clérod, il
Ponte Suavis
(cioè un ponte
facile da
attraversare
perché piatto).
I suoi resti
furono ritrovati
seppelliti dalle
inondazioni
catastrofiche.
Questo ponte era
utilizzato per
il trasporto del
marmo bardiglio
di Aymavilles,
(con il quale
furono rivestiti
una parte degli
edifici pubblici
di Augusta
Pretoria
Salassaorum) e
per quello della
puddinga (roccia
sedimentaria
detritica)
proveniente
dalle sponde
della Dora a
Chevrot e più
precisamente da
Bonella. Questa
strada, della
quale un
toponimo a Jovençan
spiega
chiaramente il
tipo di
tracciato (Etral
= extrata=
lastrata)
raggiungeva,
passando per il
Fundus Gratiani
e il Fundus
Joventianis,
Aymavilles
(Fundus Aimy et
Avilii) e
l’acquedotto
di Pondel
proseguendo
probabilmente
fino a Cogne e
alla sue
miniere. Da
questo ponte
passava
l’acqua e il
minerale di
ferro come
testimonia il
luogo denominato
Champferrier
(Campusferrarius),
nome che indica
un luogo dove si
deposita il
ferro, fino al
di là
dell’installazione.
Qualche
decennio dopo la
fondazione della
colonia, i
Salassi liberati
dallo stato di
schiavitù si
unirono ai
coloni imparando
la loro cultura
per formare una
sola società
con gli abitanti
di diverse
provenienze,
come testimonia
l’iscrizione
di una placca
ritrovata presso
la Torre de
Bramafan,
l’antica Porta
Principalis
Dextera dove si
può ancora
leggere che i
Salassi incolae
si sono fin
dall’inizio
uniti alla
colonia.
Alcune
testimonianze
della presenza
romana nella
nostra pianura
di Gressan dove
sorsero numerose
ville rustiche (
situate
probabilmente
nei dintorni
della chiesa
parrocchiale,
nella zona della
Cort e della
Bagne) ci sono
date grazie alla
scoperta di
sette pietre
tombali che sono
collocate nel
periodo che va
dal I al III
secolo d.C. e
che sono
conservate al
Museo
Archeologico di
Aosta. Le
scritte
riportano il
nome di famiglie
nobili (gens)
romane che
vivevano nella
zona di Gressan:
gens Auruntia,
gens Avilia, la
gens Iulia.
Dagli studi
riportati da
Guglielmo Lange,
un’altra
singolare
testimonianza
della presenza
romana c’è
fornita dalla
solitaria e
maestosa Torre
de la Plantà
che, considerate
le sue
caratteristiche
strutturali,
risalirebbe
all’epoca di
Augusto. Non
essendoci prove
precise, questa
teoria è
contrastata da
alcuni
archeologi che
considerano la
Torre della
Plantà del XIV
secolo.
Interessanti
testimonianze
dell’epoca
romana, come le
monetare
dell’epoca di
Claudius I
(41-54 d.C.), di
Galba (68-69
d.C.) e di
quella di
Filippo Marco
Julius chiamato
l’Arabo
(244-249 d.C.)
furono scoperte
a Gressan nel
1850 da
Jean-Antoine
Gal. illustre
storico dello
scorso secolo.
Durante tutta
l’epoca
romana, il
territorio di
Gressan ebbe una
grande
importanza perché
forniva prodotti
agricoli e
materie prime
alla città di
Aosta dove si
sviluppavano
fiorenti attività
artigianali e
commerciali.
Con
la caduta
dell’Impero
Romano, la città
perse la
posizione
d’importante
centro economico
e s’impose un
sistema di
economia chiusa.
Nel
corso dei
secoli, le vie
di comunicazione
mancarono di
un’adeguata
manutenzione, si
rovinarono in
modo
irreparabile e
subirono delle
modificazioni
nel loro
tracciato
originale. Il
ponte di Clérod
sulla Dora
Baltea,
danneggiato
dalle frequenti
inondazioni
causate dal lago
del ghiacciaio
Ruitor che si
svuotava
periodicamente
come un sifone
provocando danni
enormi, crollò
parzialmente e
fu mantenuto
fino al XII
secolo per
essere
successivamente
ricostruito in
legno, più a
valle ,
dell’attuale
sistemazione.
Durante
l’Alto
Medioevo, dal V
allo XI secolo,
con il
succedersi delle
diverse
dominazioni,
Ostrogoti,
Bizantini,
Lombardi (VI
secolo), Franchi
(VII seco (VIII
e IX secolo ),
Burgundi (X
secolo ) fino
all’avvento
della Casa di
Savoia, il
Fundus Gratianis
ha subito
numerosi
cambiamenti
nella
popolazione e
nei costumi.

Visita
del borgo
Vicinissimo
alla città di
Aosta, eppure
immersa nella
natura, Gressan
si differenzia
dalle altre
località per la
versatilità del
proprio
paesaggio: dalla
morena di
Gargantua ed ai
frutteti del
fondo valle alle
piste da sci
della rinomata
località
turistica di
Pila situata a
1800 metri di
quota.
Ricca
di storia,
Gressan era già
abitata in epoca
romana e conta
ancora oggi
numerosi
monumenti
storici di
rilievo tra cui
la chiesetta
romanica di
Sainte-Marie-Madeleine
de Villa, la
Tour e Maison de
Saint Anselme,
il castello Tour
de Villa e la
Torre de la
Plantaz.
Per
gli amanti dello
sport, Gressan
offre inoltre
una zona
sportiva con un
campo da calcio,
campi da tennis,
piscina, parco
giochi e vasta
area verde per
gli sport
tradizionali.
A
monte troviamo Pila rinomata
stazione
turistica. Un
mondo costruito
su misura per
vivere la
montagna: in
inverno grandi
foreste e pendii
innevati; le
piste del
comprensorio
hanno uno
sviluppo di 70
chilometri, dai
1200 metri di
Les Fleurs fino
ai 2600 metri
del Cuis. I
numerosi
tracciati,
sempre
perfettamente
mantenuti e gli
impianti di
risalita di
modernissima
concezione,
grazie anche ad
un efficiente
sistema di
innevamento
programmato,
connotano Pila
quale stazione
“ski-total”.
Gli
appassionati di
snowboard, per i
quali è stato
creato uno
Snowpark, e
telemark si
esaltano sulle
nevi abbondanti
di questi grandi
spazi. Dalla
“Pointe de la
Pierre” parte
una delle più
entusiasmanti
discese in neve
fresca della
Valle d’Aosta.
Le
guide alpine e i
maestri di sci a
disposizione per
meravigliosi
percorsi di
sci-alpinismo
partendo dal
suggestivo Eremo
di San Grato, o
intorno al Monte
Emilius.
In
estate,
splendide
passeggiate con
itinerari che si
sviluppano dalla
collina fino
alle cime più
alte danno la
possibilità di
godere di
spettacoli
mozzafiato con
vista
sull’intero
arco alpino
valdostano,
partendo dal
massiccio del
Monte Bianco
fino al Monte
Rosa, passando
attraverso il
Grand Combin ed
il Cervino.
Per
gli amanti della
mountain bike
Pila rappresenta
il top, con
tracciati per
tutte esigenze,
senza
dimenticare la
pista di down
hill omologata
per competizioni
internazionali.
Parrocchiale
di Santo Stefano
e Castello De
Graciano

La leggenda
che narra la
distruzione
della chiesa
causata da
un’inondazione
sembra essere
incerta.
Pare che la
chiesa fosse
situata più ad
est rispetto a
quella attuale,
e che il
crocifisso che
oggi si trova
appeso su di una
casa nella
frazione di
Bonella a
Chevrot, le
appartenesse.
L’attuale
chiesa di
Gressan e il suo
presbiterio, si
trovano su
quella che una
volta era
l’ubicazione
del castello dei
nobili De
Graciano, dove
peraltro era
situata anche la
“villa” del
cosiddetto
Fundus
Grattiani.
In un atto
del 4 gennaio
1300 si rende
nota la cessione
da parte della
famiglia De
Graciano alla
parrocchia del
loro podere e il
trasferimento
della famiglia
nel castello
Tour de Villa.
Oggi quello
che resta del
castello della
famiglia De
Graciano, che
data del XII
secolo è
soltanto il
basamento sul
quale
s’innalza
l’attuale
campanile.
Inoltre nei
sotterranei del
presbiterio si
trova un pozzo
di 25 metri di
profondità
ormai da secoli
inutilizzato.
Osservando
la pianta della
chiesa attuale e
immaginando come
poteva
presentarsi
prima della
costruzione
della chiesa
attuale
(1869-1871) si
può immaginare
che la torre
s’innalzasse
in quello che
poteva
corrispondere al
cortile interno.
Nel XII secolo,
nello spazio
occupato dalla
vecchia chiesa,
doveva sorgere
l’abitazione
dei signori De
Graciano; a
ovest si trovava
la parte rustica
con la scuderia
e i granai (zona
medievale che
purtroppo fu
demolita da Don
Vallochera nel
1972); a nord si
allungava verso
est gli edifici
adibiti ad uso
civile. La
chiesa che
risale al XIV
secolo e che
corrisponde a
quella attuale,
subì in
occasione delle
numerose visite
pastorali
svariati
restauri e
ricostruzioni.
Probabilmente
l’edificio fu
ricostruito
interamente
verso la metà
del XVI secolo e
consacrato da
Monsignore
Vercellin il 22
ottobre 1645.
Nell’anno
1869, il parroco
e canonico
Claude Teppex,
fece costruire
la chiesa
attuale in
corrispondenza
della vecchia
chiesa. Il nuovo
edificio fu
ampliato per
poter accogliere
anche i
parrocchiani
della chiesa di
Saint Jean di
Chevrot e della
Magdelaine.
A partire
dal 1871 queste
due chiese
furono inglobate
dalla parrocchia
di Santo
Stefano. I
lavori di
costruzione
terminarono nel
1871, e la
chiesa fu
consacrata il 24
marzo 1878 dal
vescovo Joseph
Étienne Duc. In
quel periodo la
chiesa era
composta da una
navata in stile
gotico e
costeggiava
l’antica
strada medievale
che collegava
l’attuale
Ponte Suaz,
allora Pons
Suavis, a
Aymavilles e
Cogne. Nella
chiesa,
costruita in
onore di Santo
Stefano, si
trova un
prezioso
battistero in
stile gotico
attribuito allo
scultore e
ebanista Jean
Comoletti e una
grande porta a
muro a due
battenti.
Quest’ultima
risulta
preziosamente
scolpita e reca
con sé la data
del 1630 e
sembra essere
appartenuta alla
confraternita
del Saint
Rosaire.
Inoltre, si
pensa che
quest’ultima
possa provenire
dal convento di
san Francesco di
Aosta, il quale
fu demolito nel
1840 per far
spazio
all’attuale
Piazza Chanoux.
Sempre dallo
stesso convento
provengono
probabilmente
anche i due
grandi
candelabri in
bronzo che si
trovano
sull’altare
maggiore e che
datano del XVII
secolo. Alla
destra
dell’altare si
trova una tela
del XVII sec.
sulla quale è
dipinto il
patrono di
Gressan, Santo
Stefano, e
nell’angolo
destro della
stessa si può
ammirare uno
scudo che porta
l’emblema
cardinale e lo
stemma della
famiglia dei
Challant.
Chiesa
Sainte-Marie-Magdelaine

La chiesa
della Madeleine
fu costruita nel
XII secolo e
dipendeva dal
Capitolo della
cattedrale di
Aosta, il quale
ne nominava i
parroci. Sotto
la giurisdizione
della chiesa si
trovava allora
la parte
occidentale
dell’attuale
territorio di
Gressan.
Dal XIV al
XVI secolo la
parrocchia della
Magdelaine visse
un momento di
massima
floridezza
culturale e
politica. In
quei secoli (nei
quali si
concentravano
sul suo
territorio circa
150 anime
raggruppate in
14 famiglie)
molto importante
fu la presenza
dei nobili La
Tour de Villa
che, grazie al
loro prestigio e
potere, fecero
ricostruire la
chiesa
arricchendola di
nuovi affreschi.
Nel 1786 la
parrocchia cessò
di esistere in
quanto tale e fu
unita alla
parrocchia di
santo Stefano;
dal quel momento
in avanti la
chiesa fu
relegata al
rango di
cappella.
La chiesa di
Sainte-Marie-Magdelaine,
meglio
conosciuta come
la cappella
della
Magdelaine, è
costituita da un
abside e un
campanile in
puro stile
romanico del XII
secolo, sorretto
da un
caratteristico
sperone, entrato
a far parte
della
composizione da
almeno due
secoli, mentre
la navata fu
allungata nel
1460. La
facciata della
chiesa, lato
ovest
dell’edificio,
è interamente
ricoperto di
affreschi, nei
quali troviamo:
la Messa di San
Gregorio mentre
gli appare il
Cristo dal cui
costato sprizza
il sangue che va
a riempire il
calice posto
sull’altare;
San Giorgio
mentre combatte
il drago; il
maestoso
affresco
raffigurante San
Cristoforo in
procinto di
attraversare un
corso d’acqua
e recante sulla
spalla il
Bambino Gesù,
e, in basso a
destra, le
figure di Santa
Marta, S. Maria
Maddalena e San
Lazzaro. Questi
dipinti vengono
attribuiti al
pittore Giacomo
d’Ivrea e
portano la data
del 1463.
Gli
affreschi
dell’abside e
del sottarco,
che portano il
nome dello
stesso pittore
sopraccitato,
furono portati a
nuova luce nel
1938, fino
allora rimasero
ricoperti da un
intonaco di
calce e cemento.
La volta
dell’abside è
occupata per
intero dalla
raffigurazione
del Cristo
benedicente,
attorniato dai
simboli dei
quattro
evangelisti.
Sulle pareti
perimetrali
dell’abside,
sono raffigurati
i dodici
apostoli, e nel
sottoarco, che
divide il coro
dalla navata, è
affrescata in
quattordici
riquadri la
leggenda di S.
Maria
Maddalena.
Boniface de
La Tour fu il
generoso
mecenate di
queste opere
d’arte. Ecco
alcune delle
preziose opere
che appartengono
alla chiesa e
che oggi si
trovano
conservate nel
museo dei tesori
della cattedrale
di Aosta: un
magnifico
crocefisso che
risale al XII
secolo , placato
oro e recante il
Cristo coronato
in rilievo,
ornato da pietre
preziose e
smalti; una
statua policroma
rappresentante
la Madonna Mater
felicis partus
del XVII secolo;
un grande
crocifisso in
legno intagliato
e dipinto del
XVI secolo.
Chiesa
Saint Jean de
Chevrot
La
Parrocchia di
Chevrot fu
fondata nel XII
secolo,
nell’anno 1234
si trovò alle
dipendenze della
collegiata di
Saint Pierre e
Sant’orso,
successivamente,
nel 1599, a
quelle della
cattedrale di
Aosta fino alla
sua
soppressione. La
giurisdizione
della chiesa
comprendeva da
un lato la zona
orientale della
collina e della
piana
dell’attuale
territorio di
Gressan, e
dall’altro
lato, a ovest,
una parte del
territorio del
comune di
Charvensod. In
quel periodo la
parrocchia
contava poche
persone sul suo
territorio
(circa cento
anime
raggruppate in
nove famiglie).
Quest’ultima
fu soppressa nel
1786 e due terzi
del suo
territorio fu
unito a quello
della parrocchia
di Santo Stefano
in Gressan.
Nel 1784, il
presbiterio fu
teatro di un
crimine atroce:
il parroco
Jean-Baptiste
Curtaz e la sua
perpetua furono
assassinati dal
loro inquilino
che cercò di
nascondere il
fatto provocando
un incendio.
L’assassino,
Jacques Gorraz
di Chevrot fu
impiccato ad
Aosta ,
precisamente a
Les Fourche il
21 giugno
1785.
L’abside
della chiesa di
San Giovanni
risale al XV
secolo mentre la
navata è del
XVII secolo.
L’abside
originaria, che
oggi corrisponde
alla sacrestia,
presenta degli
affreschi molto
interessanti,
purtroppo però
essi sentono il
peso dei secoli
e quindi la loro
lettura ne
risulta
compromessa. Su
uno di questi vi
è rappresentata
un’aquila,
simbolo di San
Giovanni
Evangelista, che
srotola innanzi
alla Vergine
Maria orante il
testo contenente
l’annunciazione.
Ai due lati
dell’altare si
trovano due
stemmi nei quali
troviamo dipinti
due colonne e
due stelle che
altro non sono
che le armi di
Ours Arnod
donatore
dell’altare,
prevosto
dell’Ospizio
del Gran San
Bernardo dal
1646 al 1649,
originario di
Chevrot.
Inoltre, egli fu
l’artefice,
nel 1654,
dell’ampliamento
e del restauro
della chiesa,
come viene
indicato dalla
data che si
trova sul
portone
d’entrata. Sul
quest’ultimo
sono
rapprasentate le
armi di Casa dei
Savoia come
quelle della
famiglia dei
Challant, che
erano i baroni
nel territorio
di Aymavilles a
cui Chevrot
apparteneva.
Alcune
statue della
chiesa, che
risalgono al VI
e al XVII secolo
si trovano oggi
custodite nel
tesoro della
Cattedrale di
Aosta. Il
campanile del XV
secolo a base
quadrata è
costruito in
pietra a vista
disposto a
strato
orizzontali
regolari sui
quattro lati si
trova una
apertura bifora.
La punta del
campanile a
forma piramidale
è circondata da
quattro torri.
L’insieme
dell’edificio
è circondato
dai muri di
cinta di quello
che
probabilmente
era l’antico
cimitero, vicino
al vecchio
presbiterio
restaurato, oggi
di proprietà
privata.
Cappella
di Charémoz
Sorge nel villaggio dello stesso nome, vicino alla località
di Eaux-Froides,
sulla strada
regionale che
porta a Pila ed
è dedicata a
Nostra Signora
delle Nevi, la
cui festa si
celebra il 5
agosto. La
cappella è
stata fondata
con un atto
stilato dal
notaio
Jean-Baptiste
Figerod il 3
agosto 1683 e
l'edificio fu
terminato nel
1688 e
consacrato dal
curato François
Rosset.
La cappella era
riccamente
dotata di
oggetti di
culto. Sono
minuziosamente
elencati in due
liste, l’una
stilata dai
procuratori Jean
Jaques de Louis
Pecoz et Jaque
Anselme Guerraz
il 4 agosto 1722
e l’altra, dal
curato di
Gressan Louis
Lazare Decaroli
verso il
1912.
La cappella è stata di recente completamente restaurata. Il tetto,
sormontato dal
suo piccolo
campanile a vela
con aperture
gemelle, è
stato
ricostruito, il
suo intonaco è
stato rifatto
sia
all’esterno
che
all’interno ed
i muri sono
stati ridipinti.
All’interno è
pavimentata e
completa di
banchi nonché
di una tribuna
per i cantori.
L’antico
tavolo
dell’altare,
del quale resta
ancora sul muro
un dipinto
rappresentante
la Santa Vergine
con il Gesù
Bambino, San
Grato e Santo
Stefano, è
stata girata
verso i fedeli.
Un’acquasantiera
in pietra, un
cofano in legno
e dei vecchi
candelabri
completano
l’arredamento.
Cappella
di Barrier
Posta sulla
collina di
Gressan, nel
villaggio
omonimo, la
cappella è
dedicata a
Nostra Signora
dell’Assunzione
e San Pietro
apostolo,
appartiene a dei
privati.
Attualmente, il
proprietario è
l’ultimo
discendete della
famiglia.
In questo
villaggio
esistevano, di
fatto, due
cappelle che si
sono succedute
nel tempo. La
fondazione della
cappella
primitiva,
secondo i dati
forniti dal
curato Decaroli,
risale
probabilmente al
9 luglio 1627 e
sarebbe dovuta,
secondo i legati
che rigurdano le
messe da
celebrare, ad un
certo Pierre
Hercule
Remondé. Questa
cappella,
disposta
nord-sud e
ancora
chiaramente
riconoscibile
vicino all’attuale,
è stata
sconsacrata e
destinata ad
altri usi.
Nel
1977, la
cappella è
stata restaurata
dal suo attuale
proprietario.
Oggi si presenta
in buono stato,
con il suo tetto
rimesso a nuovo,
sormontato da un
piccolo
campanile a vela
con la sua
antica campana;
la sua facciata
imbiancata con
tre aperture, di
cui quella a
centro
circolare,
presenta un
quadro centrale
con un
crocifisso.
All’interno,
si trova ancora
l’altare
ornato di
candelabri, con
una pala nel
riquadro in
legno scolpito e
dorato, decorato
con cinque
medaglioni
dipinti. Il
quadro centrale,
del XVII secolo,
rappresenta l’Assunzione
di Maria in
cielo. Sotto, a
lato dell’iscrizione
centrale ”ASSUMPTA
EST MARIA”
sono
rappresentati
San Pietro con
le chiavi e San
Grato con la
mitra e il
pastorale
riproducente la
testa di San
Giovanni
Battista. Questa
cappella è
voltata e
possiede ancora
il suo antico
crocifisso; il
suo pavimento è
in vecchio legno
di larice ed i
muri sono
ricoperti in
legno; in fondo
è situata la
tribuna dei
cantori. Dei
banchi e dun
vecchio armadio
in noce,
completano l’arredo.
Cappella
del Plan David
Questa
cappella si
trova a monte
del villaggio di
Clapey, lungo la
vecchia
mulattiera che
porta agli
alpeggi, su un
terreno piatto
in mezzo ai
vigneti, appena
sopra la strada
per Pila. La
richiesta del
permmesso di
costruzione
presentata al
vescovo di Aosta
data del 1764 e
l’atto di
fondazione,
redatto dal
notaio Tercinod,
è del
1767.
In un primo tempo, la cappella che era dedicata a Notre-Dame de Tous
Pouvoirs, per
ordine di Mons.
Jean-Baptiste
Marie Aubriot De
La Palme, in
occasione della
visita pastorale
del 18 ottobre
1818, cambiò
dedica e fu
chiamata la
Chapelle de
Notre Dame
Protectrice.
Un tempo si trovavano all’interno due preziose statue antiche, attualmente
conservate nel
tesoro della
cattedrale di
Aosta, una del
XVI secolo
rappresentante
Santo Stefano,
in legno dipinto
e dorato in
parte, alta 105
cm, l’altra
del XVII secolo
rappresentante
Sant’Orso, in
legno scolpito,
dipinto e dorato
in parte, alta
circa 100
cm.
Sempre all'interno, si possono
ammirare sul
soffitto voltato
della navata,
decorato nel
1917, due
dipinti ben
conservati
rappresentanti
la cappella e
dei paesaggi. L’altare
è in muratura e
la sua ancona è
costituita da
una tela dipinta
molto ricca di
personaggi, nel
suo quadro nero
e dorato. Si
riconosce la
Santa Vergine
seduta, che
tiene sulle
ginochia il
Bambin Gesù
benedicente.
Alla destra sono
rappresentati i
Santi Ambrogio e
Stefano e, alla
sua sinistra,
San Giovanni
evangelista e
San Giacomo
Maggiore. In
basso, appare
Sant’ersamo
nel suo martirio
e San Gottardo
che benedice un
uomo nudo ai
suoi
piedi.
Anche la balaustra della
cantoria è
decorata. Il
resto della
cappella è
semplice e
rustico come il
pavimento in
lose e l’arredo
è costituito da
vecchi banche di
abete, da due
vecchi armadi e
da un’acquasantiera
in pietra.
Alcuni anni
orsono, la porta
della cappella
è stato
purtroppo
sfondato. I muri
sono danneggiati
dall’umidità
ed il tetto
avrebbe
altrettanto
bisogno di
riparazioni per
savare i dipinti
e ridare all’edificio
il suo antico
splendore.
Cappella
di Moline
È situata
un poco a monte
della Place di
Gran For, tra il
villaggio di
Moline e quello
di Clapey,
presso il
vecchio ponte
sur torrente di
Gressan, all’incrocio
di quattro
strade. Essa è
dedicata a san
Pietro Apostolo.
L’attuale
cappella è
stata
ricostruita nel
1682 nella
stessa posizione
della precedente
della quale si
ignora la data
di fondazione e
distrutta dal
furore delle
acque del
torrente nel
1860.
L’atto
di fondazione
della cappella
attuale, con un
legato ricevuto
dal curato e
canonico di Sant’Orso,
François
Rosset, è stato
redatto dal
notaio Estienne
Bonin, il 29
settembre 1682.
In seguito al
fatto che il
villaggio di
Moline è stato
preservato da
una nuova e
terribile
innondazione nel
1705, la
tradizione vuole
che sia cantato
davanti alla
cappella, con l’accompagnamento
del tubo
falso-bordone,
nel pomeriggio
di Pasqua, il
canto Gaude
Flore il cui
testo è
attribuito a S.
Anselmo.
La
cappella di
Moline è la
più bella e la
più grande
delle cappele
rurali, il suo
tetto in lose è
in buono stato
di conservazione
e porta un
piccolo
campanile a vela
ad aperture
gemelle che
ospitano le due
campane. La
facciata
intonacata,
presenta una
piccola finestra
circolare sul
timpano e due
altre sui due
lati della
porta, tutte
ornate di una
cornice. La
porta, in buono
stato, è anch’essa
arricchita da
una piccola
volta. L’interno
ben illuminato,
presenta una
lastricatura in
pietre rustiche;
il coro è in
granito liscio e
i muri sono in
boisé. Essa è
arredata di
armadi e da una
quindicina di
banchi e
possiede anche
una grande
cantoria.
Dell’antico
altare resta
solo la
struttura
verticale in
legno policromo
del XVIII
secolo,
riccamente
solpito e
dorato,
arricchita da
due colonne
torse e ornate
da due
candelabri del
XVIII secolo. La
tela dell’ancona
rappresenta, in
alto, la Santa
Vergine con il
Bambin Gesù,
corcondata da
due piccoli
angeli e
accompaganta da
San Francesco d’Assisi
pregante e da
Santa
Margherita; ai
suoi piedi si
trova la testa
di un dragone,
simbolo del
demonio vinto.
In basso sono
rappresentati
San Pietro, che
tiene le chiavi
in mano, San
Bernardo di
Mentone,
rivestito con un
mantello di
ermellino e
tenente un
bastone nella
sua mano destra,
e San Giacomo
Maggiore, con la
conchiglia sul
suo petto,
simbolo del
pellegrino,
nella quale si
disseta lungo il
cammino per
arrivare al
santuario di
Compostela.
Cappella
di Gorret
È situata nel villaggio di Gorret, un tempo chiamato
Paquier. Oggi,
si indica con
questo nome un
luogo situato a
poche decine di
metri più a
monte. In certi
documenti
antichi, la
cappella è
chiamata anche
Chapelle de Pâquier.
Si ignora la
data di
fondazione, che
risale
probabilmente al
1632, secondo la
data scolpita
sulla trave
maestra del
tetto.
Dedicata
a S. Anna e a S.
Sebastiano, essa
apparteneva un
tempo alla
famiglia Gorra
che successe nei
possedimenti
della casa forte
e dei beni dei
nobili Du Ru (De
Rivo). Nei
verbali delle
visite
pastorali, la
cappella è
chiamata La
chapelle des
Gorraz.
Poco
a poco, i Gorra
persero il loro
titolo
nobiliare, una
buona parte
delle loro
ricchezze e
dunque ogni
impegno verso la
cappella che,
oggi, dipende
dalla
parrocchia.
Oggi
la cappella è
in buonissimo
stato, col suo
tetto in lose
surmontato da un
piccolo
campanile vela
con due aperture
gemelle. All’interno
di un grande
medaglione
dipinto sulla
facciata è
rappresentata S.
Anna che porta
in braccio la
Santa Vergine
fanciulla. Da
una porta nuova,
si accede all’interno,
che è stato
ridipinto, con
un lastricato di
marmo recente
(1980), arredato
di banchi al
centro e lungo
le pareti.
Il
vecchio altare
è stato
spostato e
portato in
avnti, girato
verso i fedeli,
secondo il nuovo
rito. esso è in
legno scolpito e
dipinto. Sul
muro di fondo,
è rimasta
l’ancona del
XVIII secolo, in
legno,
riccamente
scolpita,
decorata e
dipinta. Tra due
colonne è
situata una
statua di S.
Anna del XVIII
secolo, in legno
scolpito, di
circa 100 cm di
altezza. Nel
muro si trova
anche un armadio
antico.
Cappella
di Colombier
Ormai
ancora più
solitaria,
questa cappella
sorge su un
piccolo
promontorio
morenico, oggi
in parte
livellato per
far posto ad uno
spiazzo che
domina un campo
attrezzato con
diverse zone
dedicate agli
sports che in
precedenza era
occupato da
pascoli e dalle
îles della Dora
Baltea. Davanti
passa una
strada,
ricostruita sul
tracciato
dell’antico
percorso che da
Aosta portava un
tempo ad
Aymavilles e a
Cogne attraverso
il Pont-Suaz.
Sul
promontorio dove
sorge oggi la
cappella, si
elevava un tempo
una croce che
era stata posta
come confine
orientale, il 4
gennaio 1300, in
occasione della
donazione dei
territori di
Colombier fatta
dal Seigneur
Geoffroi di
Gressan alla
parrocchia
stessa.
La
cappella di
Colombier fu
restaurata dal
curato Claude
Michel Perron
nel 1709. Da
allora, oltre al
primo santo, S.
Rocco, si venera
Santa Candida.
Dal
1840, la
cappella
danneggiata
rimase
nell’abbandono
e chiusa al
culto fino al
1905, quando,
grazie
all’iniziativa
del canonico
Decaroli, curato
di Gressan, ed
alla generosità
di qualche
benefattore, fu
restaurata
re-intitolata a
S. Giuseppe e a
S. Candida.
Durante i lavori
di restauro,
eseguiti nel
1905, fu
scoperta una
stele funeraria
romana che fu
utilizzata come
piano
dell’altare.
La
cappella fu
conservata in
buonissimo stato
fino verso la
fine degli anni
1940, periodo
nel quale vi si
celebrava ancora
la messa e dove
ci si recava in
processione in
primavera
durante le
Rogazioni. Dopo
gli anni 1970,
con la porta
sfondata poi
completamente
asportata, la
cappella divenne
rifugio di
vagabondi e
mascalzoni. Essa
rimase in questo
stato fino a
quando la locale
sezione
dell’Associazione
Nazionale Alpini
ne curò la
ricostruzione
iniziando i
lavori nel 1986.
L’inaugurazione
della cappella
nuovamente
consacrata al
culto sotto la
protezione di S.
Maurizio,
soldato romano
della legione
tebana e martire
del III secolo,
patrono dei
soldati, ha
avuto luogo la
domenica 22
novembre 1987
alla presenza di
un folla
commossa. La
nuova cappella
ha conservato le
dimensioni e la
sua struttura
originaria; è
stata intonacata
ed imbiancata e
poi circondata
da un recinto in
legno. Il tetto
in lose ben
costruito, con
delle travi in
abete a vista,
sporge rispetto
alla facciata
creando un
riparo, come nel
passato, il
piccolo
campanile a vela
racchiude una
campana.
All’interno,
l’antico
lastricato in
pietra è stato
sostituito con
delle piastrelle
in terracotta.
L’arredo
è costituito da
un altare in
abete riccamente
scolpito da
Ernesto Bornaz
(al quale si
deve anche il
crocefisso sulla
facciata),
girato verso i
fedeli, sul
quale è
piazzato un
crocefisso dello
stesso artista;
tre file di due
banchi
completano il
mobilio. Sul
muro di fondo,
sotto la volta,
nella rientranza
dove un tempo si
trovava
l’ancona, si
può ammirare un
dipinto
rappresentante
S. Maurizio a
cavallo,
portante lo
stendardo con la
croce
dell’Ordine di
S. Maurizio e
Lazzaro, opera
del pittore
Tecco.
Oratorio
Chapallin
L’oratorio
detto Chapallin
è molto antico.
Dedicato a S.
Antonio, è
stato restaurato
e re-imbiancato
nel 1892. In
quell’occasione
anche la statua
è stata
rinfrescata e
rimessa nel
stato primitivo.
Si
incontra sulla
strada che sale
verso i villaggi
superiori, in
fondo alla
località detta
Les ruines, a
circa mezz’ora
dalla chiesa
parrocchiale. Il
Sig. Drapier ne
ha restituito la
chiave nel 1911.
È il solo
oratorio la cui
statua merita di
essere
conservata per
la sua antichità.
È munito di una
griglia. La
chiave è tenuta
dal vecchio
sagrestano della
Cappella di Plan
David che vi si
è dedicato per
fare il restauro
nel 1892 e che,
in seguito è
passato alla
setta
protestante nel
1908. L’ha
resa nel 1911 e
si trova presso
la Cappella di
Plan David.
Torre
di Sant'Anselmo
o Casaforte di
La Bagne
Citati
da De Tillier, i
nobili De
Balnea, dei
quali si conosce
solo il nome
della frazione
dove si trovano
le rovine della
loro casa-forte,
La Bagne, furono
i primi abitanti
di questa casa ;
in seguito
questa proprietà
divenne la
residenza estiva
della famiglia
di S.
Anselmo.
Questa
casa-forte è
d’altronde
conosciuta sotto
il nome di Torre
di S. Anselmo.
È in questa
casa che,
secondo alcuni
storici, nacque
nel 1033 S.
Anselmo, di
Ermemberga e
Gondolfo, che
divenne dottore
della Chiesa e
arcivescovo di
Caterbury,
autore di opere
di filosofia, di
teologia e di
morale quali Cur
Deus Homo,
Prosologium,
Monologium.
In
base alla
corrispondenza
di S. Anselmo,
sappiamo
dell’esistenza
di sua sorella
Richera e di suo
figlio, Anselmo,
che andrà a
Londra da suo
zio e diventerà
più tardi
vescovo di
Londra, di suo
cognato Burgundo
e di altri
membri della
famiglia.
La
casaforte risale
al X secolo. Ciò
che resta sono i
muri di una
torre che si
eleva sopra le
case che vi si
sono ammassate
intorno nel
corso dei
secoli, come i
resti di una
cinta di un
cortile con un
portale ad arco
a guisa di
ogiva. Le pareti
della torre, che
probabilmente si
elevavano al
centro di una
corte
fortificata,
presentano
ancora dettagli
interessanti
come la muratura
e l’apertura
delle finestre e
delle feritoie.
Sotto
la porta di un
edificio,
risalente ad un
epoca
successiva, che
si elevava nella
corte, appare un
affresco del
XVIII secolo
rappresentante
S. Anselmo,
purtroppo
rovinato dal
tempo perché
trascurato per
secoli.
Nel
2000, in
occasione di una
esposizione
legata al
giubileo,
l’affresco è
stato restaurato
e si legge solo
più in parte la
scritta: Saint
Anselme, évêque
de Canto/Brie en
Angleterre
docteur de/l’Église
pave devut de la
passion/De
Jesus-Christ et
favori de Marie
protecteur/Du
Duché
d’Aoste.
L’originaire
de Gressan/est
mort en
1109.
Questa
torre è di
proprietà della
Regione Autonoma
della Valle
d’Aosta che
restaurate le
coperture la
passerà al
Comune di
Gressan.
Casaforte
de La Cour
Un
po’ più in
alto rispetto al
presbiterio di
Gressan, sorgeva
nel XIV secolo
la casaforte dei
signori La Cour,
un tempo
castello dei De
Graciano,
situata nella
piana, non
lontana dalla
marena Gran
Couta o Dito di
Gargantua.
Questa famiglia
nobile il cui
stemma
rappresentava un
leone d’oro
rampante, con le
unghie sporgenti
e la lingua
fuori su fondo
blu, è più
volte menzionato
in certi
documenti
relativi ai
Colloqui
Generali dei
conti di Savoia
e dei quali
possiamo
ricordare alcuni
dei
rappresentanti
come Vuillerme
de La Cour
(1317), Jean de
La Cour (1345),
Hugonet e Pierre
de La Cour
(1368), Jean et
Estienne de La
Cour (1460); la
famiglia si
estinse con
Perronette de La
Cour, figlia
unica di
Jacques, data in
isposa, verso il
1460, à Pierre
Du Bois che ne
riprese i titoli
nobiliari. Il
figlio di
quest’ultimo,
Guillaume Du
Bois, vendette
la casaforte,
con un atto in
data 14 aprile
1496, insieme
con tutti i
possedimenti ed
i diritti
inerenti, al
nobile Georges
De Challant,
priore della
Collegiata dei
santi Pierre e
Orso, che ne
devolse le
rendite alla
fondazione delle
cappelle di
Sainte-Lucie e
Sainte-Marie-Madeleine
nella chiesa di
S. Orso ad
Aosta.
Nel
1829, i beni
connessi alla
fondazione delle
due cappelle, la
cascina e la
casaforte,
furono
incorporate
nella parrocchia
di S. Orso e in
seguito vendute
in lotti a
privati, tra la
fine del XIX e
l’inizio del
XX secolo. La
casaforte dei La
Cour,
probabilmente
del XIII secolo,
consiste in un
edificio
rettangolare
orientato a
sud-ovest, i cui
fianchi maggiori
sono
all’incirca il
doppio di quelli
minori, composto
da due parti ma
distinte l’una
dall’altra. la
parte
occidentale, che
fu oggetto di un
maldestro
restauro
(effettuato
verso il 1927 e
consistente in
una parziale
demolizione e
ricostruzione di
una civile
abitazione), è
più elevata di
circa il doppio
rispetto alla
parte orientale,
era
probabilmente la
fortezza del
castello con o
suoi 25 metri di
altezza, il suo
aspetto
imponente e le
sue feritoie. Di
questa parte non
restano che le
fondazioni
originali della
struttura con
alcuni muri
solidi.
La
parte orientale,
dove si trovava
la zona abitata
dai signori La
Cour, ha
conservato
alcuni elementi
di un certo
interesse dal
punto di vista
architetturale.
I quattro angoli
sono
caratterizzati
dalla presenza
di magnifici
cunei lavorati
con cura. La
loro bellezza fa
pensare alla
torre della
Plantà e
lascerebbe
pensare, secondo
Lange,
l’esistenza di
rovine di una
costruzione
romana.
Sulla
facciata nord
dell’edificio,
si possono
osservare alcuni
elementi più
interessanti:
una prima
apertura ad
ogiva, alta 1,80
m, con blocchi
in pietra; una
seconda apertura
alta circa tre
metri, a forma
d’arco a tutto
sesto con cunei
sgrossati
appoggiati su
due grandi ceppi
ricuperati;
infine verso la
cima, è
presente una
fascia di fori
degradanti, di
un
bell’effetto,
a guisa di
grondaia. La
facciata est,
che era
completamente
crollata, è
stata
completamente
rifatta, mentre
la facciata sud
presenta in cima
quattro aperture
triangolari con
grondaie.
Attualmente,
questa parte
orientale della
casa-forte dei
La Cour è stata
restaurata e
trasformata in
una graziosa
civile
abitazione.
Castello
di Tour de Villa
Castello
di Tour de Villa,
a lungo detto
anche torre
dei Poveri,
sorge su di una
modesta roccia
granitica sul
dolce declivio
che ospita anche
il borgo, ad
ovest della Côte
de Gargantua,
la morena laterale
del ghiacciaio
della conca di Pila alla
fine
dell'impluvio
del torrente
Gressan.
È
un castello di epoca
medievale poco
noto, anche
perché rispetto
ad altri castelli
valdostani,
come il castello
di Fénis o quello
di Issogne gestiti
dalla Regione,
questo è meno
imponente
seppure sia in
ottimo stato di
conservazione,
ed è stato fino
al 2011 abitato
dai proprietari
e non
visitabile. Già
visibile dalla
strada regionale
di Gressan (SR
20), immerso tra
i meleti e i
vigneti che
caratterizzano
il fertile
territorio
comunale, lo si
raggiunge
prendendo la
strada per la
frazione
omonima; da esso
sono facilmente
raggiungibili
con una breve
passeggiata la torre
de la Plantaz verso
valle e la chiesa
della Madelaine,
dalla facciata
affrescata nel
1453,
verso est.
Il
castello,
secondo François-Gabriel
Frutaz,
ripreso dallo
storico Giuseppe
Giacosa,
ha preso il nome
dai Seigneurs
de Villa au
Gressan (o de
La Tour de Villa)
che lo fecero
edificare
intorno al 1191.
Delle 220
famiglie nobili
valdostane, i de
La Tour de Villa
erano tra quelle
più antiche:
infatti la
famiglia dei
signori de Villa
è una delle 10
di cui si sa per
certo che
fossero presenti
tra il 1000 e
il 1200.
Sappiamo inoltre
che nel XIII
secolo tale
famiglia ebbe la
carica di vice-domini di
Aosta.
Della
data di
edificazione del
castello,
seppure sia
certamente stato
costruito
intorno al XII
secolo,
non si può
essere sicuri,
infatti:
«Le
date
corrispondono ai
primi atti dove
le famiglie sono
menzionate, ma
trattandosi di
tali tempi, così
scarsi di
notizie e di
documenti, è da
credere che
queste fossero
assai più
antiche.»
Secondo
la storiografia,
i La Tour de
Villa lo
lasciarono in
eredità alla
famiglia degli
Aymonier e in
seguitò passo
ai Carrel. Il
nome di tour
des Pauvres gli
deriva dalla
proprietà
successiva, la
parrocchia di
Saint Laurent di
Aosta, che ne
dispose nella cassa
dei poveri.
Dopo un periodo
di degrado, nel
1864 passò a
tale Vincent
Carlin che nel
1885 lo cedette
al vescovo di
Aosta Joseph-Auguste
Duc,
che lo restaurò
e lo trasformò
nella propria
residenza
estiva. Il
castello
appartenne al
vescovado di
Aosta e nel 1921
al barone Gerbore della nobile famiglia di Saint-Nicolas.
Dal
1945 è di
proprietà della
famiglia Arruga
di Milano.
Il
castello, fino
al 2011 privato
e non
visitabile, è
stato
trasformato in
struttura
ricettiva e
ospita mostre
temporanee; nel
2012 vi ha avuto
sede parte degli
eventi per la
Festa della
Cultura del
Comune di
Gressan.

Il
castello, in
origine
costituito della
sola torre a
base quadrata
del XII secolo,
venne eretto con
blocchi di tufo
e conci
granitico-scistosi.
L'assenza di
finestre, a
creare una
conseguente
assenza di luce,
era sopperita
dall’adozione
di feritoie; la
porta
originaria,
rialzata sul
lato nord, a cui
si accedeva
tramite una
doppia scala
mobile di legno,
si trova a 7
metri di altezza
rispetto a
quella odierna
fatta aggiungere
da monsignor
Duc e
presenta lo
stesso stile di
quella presente
nella vicina
torre de la
Plantaz; sopra
la porta si
notano ancora le
originarie
mensole che
reggevano il
dormiente, ossia
la trave
orizzontale di
legno per la
ripartizione del
carico della
struttura, a cui
si appoggiava
una bertesca di
legno, come si
intuisce dai
fori nel muro
per i supporti.
La torre termina
quindi con un
tetto di piombo
a piattaforma,
una sorta di
belvedere sulla
piana.
La
torre era
circondata da
una «breve
cinta di mura
merlate».
Il
castello-torre,
una volta caduta
la stringente
necessità
difensiva, fu
quindi ampliato
con un corpo di
fabbrica
semicircolare
nel XV
secolo,
adibito a zona
residenziale di
tre piani e
oggi si presenta
in due corpi ben
distinti l’uno
dall’altro:
quello del XII e
quello del XV
secolo.
Il
castello della
tour de Villa si
ridusse a lungo
a rudere.
Durante
l’abbandono si
perse la parte
nord-occidentale,
oggi sostituita
da un cortile.
Durante un
restauro fu
rialzato e
adornato di una
nuova merlatura.
In seguito,
monsignor Duc, vescovo
di Aosta,
volle
trasformarlo in
residenza estiva
operando pesanti
interventi:
fece abbattere
parte della
cinta muraria
per sostituirla
con un parapetto
merlato e fece
aggiungere una
porta a livello
della strada,
mentre conservò
due finestre
binate, di stile
valdostano e
fornite di
inferriate, al
primo piano del
corpo di
fabbrica che si
addossa alla
torre.
All’interno,
la torre è
composta di tre
piani, di cui
uno occupato dal
granaio in legno
accessibile
tramite una
scala a
chiocciola.
Il
corpo
residenziale
rinascimentale,
invece, ospita
un salone
monumentale per
i ricevimenti,
una cappella
affrescata con
dipinti dovuti
agli Artari,
una sala
degli stemmi con
la
rappresentazione
in successione
degli stemmi dei
Savoia e delle
famiglie
nobiliari
valdostane, così
come sono
visibili anche
nel cortile del
castello di
Issogne.
Torre
de la Plantaz
La torre
de la Plantaz o de
la Plantà, è un'antica torre di avvistamento che si trova nella piana tra il comune
di Gressan e
quello di Jovençan,
in Valle
d'Aosta, a cinque minuti a piedi dal castello
di Tour de Villa. La torre de la Plantaz è in rovina e non è visitabile per pericolo di
crolli.
Mentre
la funzione
della torre
appare chiara -
fu costruita
allo scopo di
sorvegliare la
strada che
attraversava la
piana, verso la
Dora - l'origine
e l'epoca di
edificazione
sono incerte.
Secondo Giuseppe
Giacosa, che la chiama torre La Pianta, risalirebbe all'XI
secolo,
mentre Carlo
Nigra ne
colloca
l'edificazione
nel XII
secolo ad opera della famiglia valdostana De Plantata, da cui
prese il nome.
Un'ipotesi
recente di
Guglielmo Lange,
che non ha
trovato
conferme,
vorrebbe le
caratteristiche
della torre de
la Plantaz
identiche di
quelle delle
torri romane
della cinta
muraria di
Augusta
Praetoria,
l'odierna Aosta,
per cui la torre
di Gressan
potrebbe essere
una torre del I
secolo a.C.
Le
fonti concordano
sul fatto che fu
abitata nel
medioevo dai
nobili De
Plantata o De
La Plantà,
ma secondo fonti
recenti essi vi
si trovavano
piuttosto tra il XIV e
il XV
secolo. In quest'epoca la torre subì una trasformazione d'uso, con l'aggiunta di
corpi abitativi
e di servizio,
di una cinta
muraria e di una
cascina
funzionale al
maniero verso
ovest di cui però
non restano
tracce.
Maria,
l'ultima
discendente dei
De Plantata, a
metà del XVI
secolo la lasciò in eredità ai Bardonanche. Questa nobile famiglia
originaria del
Delfinato si
installò nella
torre per circa
un secolo.
Ai
Bardonanche
succedette la
nobile famiglia
dei Vallaise,
parte del
Conseil
des Commis,
fedele ai Savoia
e seconda per
importanza solo
alla potente famiglia
degli Challant.
A
metà del XIX
secolo venne
acquistata da
Gaspard-Antoine
Girodo, curato
di Jovençan.
Nel 1886 fu
rivenduta agli
Impérial di
Gressan, che ne
sono tuttora i
proprietari.
La
torre si
presenta come
una massiccia
costruzione di
pietra a base
quadrata, di 10
metri e mezzo di
lato per
un'altezza di 14
metri e mezzo,
che si sviluppa
su tre piani,
internamente
crollati.
Al
corpo attuale si
aggiungeva una
torre centrale
oggi non più
visibile.
La
torre è senza
finestre ma ha
diverse feritoie
sui lati est,
ovest e sud:
viste
dall'interno
dell'edificio,
esse si
presentano come
strombate e
composte di
cunei di tufo
con arco a mezzo
sesto.
Le
mura presentano
uno spessore di
oltre 2 metri:
2,60 m alla base
a sfinare verso
l'alto fino a
2,15 metri;
costruite a
regola d'arte,
sono ancora oggi
a piombo.
Sul
lato nord, la
torre mostra due
porte
sopraelevate dal
suolo, una a 5
metri di
altezza, al
primo piano,
l'altra a 8
metri, al
secondo piano:
la presenza di
ben due porte
sopraelevate,
sicuramente
contemporanee
alla torre, è
unica in tutta
la Valle d'Aosta
e originale in
costruzioni di
questo tipo.
Entrambe le
porte presentano
in alto un
timpano cieco
composto di un
arco in pietra a
tutto sesto
mentre sul muro
alla loro base
si aprono ancora
i fori per le
travi dei due
ballatoi di
legno coevi,
oggi scomparsi,
probabilmente
collegati da una
scala amovibile
in legno. Dal ballatoio del secondo piano partiva probabilmente una seconda scala in
legno esterna,
ad arrivare al cammino
di ronda, che non è giunto fino a noi.
Verso
la base della
torre, si nota
ancora una serie
di fori a circa
tre metri di
altezza,
probabilmente
usati per i
supporti
d'appoggio di un
tetto di cui non
ci restano
tracce. Resta da approfondire come si sviluppassero gli edifici e le mura di cinta
aggiunti dai De
Plantata per
trasformare la
torre in maniero
medievale.
Riserva
naturale Côte
de Gargantua
La riserva
naturale Côte
de Gargantua è
un'area
naturale
protetta nella
valle centrale
della Valle
d'Aosta istituita
nel 1995 sul
territorio
comunale di Gressan.
Secondo
la leggenda, la
Côte coprirebbe
il dito mignolo
del piede del
gigante Gargantua.
La
riserva si
estende su una
collina di
origine morenica.
L'ipotesi
inizialmente più
diffusa
affermava che
sarebbe stata
formata dal
ghiacciaio che
ha scavato la
valle della Dora
Baltea.
Un'ipotesi
successiva
afferma invece
che sarebbe
stata formata
dal torrente
Gressan, che
discende dalla
conca di Pila.
La
leggenda delle
morene di
Gressan
Nei
tempi passati,
le fate
regnavano sulle
montagne e
abitavano di
preferenze le
caverne, le
foreste e i
margini dei
boschi solitari.
Nei
tempi quando S.
Grato governava
la Chiesa di
Aosta, due fate
cattive avevano
fissato la loro
dimora sulle
radure di
Gressan formate
da boschi, prati
paludosi e laghi
in miniatura. Un
giorno esse
partirono
insieme e
mascherate da
povere,
percorsero la
città di Aosta
ed i dintorni,
chiedendo la
carità. Ma
tutte le porte
si chiusero.
Rifiutate da
tutti a causa
del loro
bruttezza, esse
ritornarono
sulle radure e
decisero di
vendicarsi degli
abitanti della
pianura
inondando la
valle.
Esse
fecero due palle
di terra che
dovevano
diventando
sempre più
grandi per
fermare le acque
della Dora. Le
acque avrebbero
in tal modo
formato un
grande lago che,
crescendo
continuamente, e
straripando
avrebbe sommerso
la città e la
pianura.
Sferruzzando
scesero dalla
montagna seguite
da due gomitoli
di terra che
trasportavano
pezzi di campi e
di prati, e
diventavano
sempre più
grandi.
Gli
spiriti del
male, non
possono fare
nulla senza il
permesso di Dio.
San Grato avvertì
il pericolo che
stava colpendo
il suo popolo e
si pose davanti
alle fate
vendicatrici.
I
due gomitoli
divennero due
colline che
avanzavano
minacciose.
L’uomo di Dio
li incontrò
nella parte
bassa della
montagna e
stendendo la sua
mano scongiurò
gli spiriti
maligni di
ritirarsi. Le
fate sparirono
nella nebbia ma
i due cumuli di
terra che esse
avevano
trascinato
rimasero sul
posto e gli
studiosi, ai
nostri giorni,
le chiamano le
Morene di
Gressan.

Fonte
|