Gressan (Borgo)
(Aosta)

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Gressan è situato sul versante orografico destro della Dora nell’ampio bacino della piana di Aosta.    

Anche se a Gressan non sono state ritrovate tracce dell’uomo del periodo Neolitico alcuni testimonianze possono far pensare che egli s’insediò: tracce d’inumazioni, la presenza vicina dell’area megalitica di Saint Martin de Corléans aggiunti alla posizione privilegiata del comune circondata da foreste ricche d’animali.

I primi insediamenti umani erano certamente localizzati in luoghi sicuri e protetti situati vicini ai corsi d’acqua e al riparo delle inondazioni, e precisamente tra Moline e Clapey o su superfici ricche in sorgenti de Champlan des-Vignes, presso Palues. Non sappiamo nulla di queste popolazioni primitive.

Abbiamo alcune notizie relative ai Salassi. A questa popolazione è stata attribuita un’origine Celtica, su un substrato Ligure, in base alle informazioni rilevate dalla toponimia che è stata conservata in numerose denominazioni locali: comba (vallone), verna (ontano), tsa (alpeggio), (pascolo in alta montagna), Clapey (pietraia). Dal II secolo a.C., i Salassi sono sempre stati in lotta con i Romani che aspiravano in modo particolare al controllo dei colli alpini. Dopo numerosi scontri (143-140 e 25 prima di Cristo), i Salassi furono definitivamente vinti e sottomessi dai Romani che fondarono, nell’anno 25 a.C., la città di Augusta Pretoria Salassorum in onore dell’imperatore Augusto e fondarono una colonia. I Salassi furono deportati e ridotti in situazione di schiavitù, le loro terre furono confiscate e assegnate agli anziani pretoriani. Nacquero così i diversi fondi agricoli che presero il nome dal proprietario, Fundus Grattiani o Gracciani (Gressan), Fundus Joventiani (Jovençan) Fundus Calventianis (Charvensod) Fundus Polleni (Pollein), Fundus Portiani (Porossan ).

Dopo la vittoria i Romani passarono all’organizzazione del territorio procedendo alla suddivisione del territorio in centurie, cioè in lotti di 504.668 metri quadrati da assegnare in un unico pezzo o in parti. Molti fatti lasciano supporre che i conquistatori si sono appropriati delle terre migliori, quelle situate nelle pianure, nella zona inferiore dove si trova Gressan, l’area compresa tra la chiesa e la Cort, lasciando agli indigeni la parte superiore verso Moline.

Le vie di comunicazione diventarono gli elementi principali della nuova organizzazione del territorio. La costruzione della città richiedeva un’enorme quantità di materiali e quindi delle strade per il loro trasporto. Per questo motivo fu costruito un ponte sulla Dora, nella zona di Clérod, il Ponte Suavis (cioè un ponte facile da attraversare perché piatto). I suoi resti furono ritrovati seppelliti dalle inondazioni catastrofiche. Questo ponte era utilizzato per il trasporto del marmo bardiglio di Aymavilles, (con il quale furono rivestiti una parte degli edifici pubblici di Augusta Pretoria Salassaorum) e per quello della puddinga (roccia sedimentaria detritica) proveniente dalle sponde della Dora a Chevrot e più precisamente da Bonella. Questa strada, della quale un toponimo a Jovençan spiega chiaramente il tipo di tracciato (Etral = extrata= lastrata) raggiungeva, passando per il Fundus Gratiani e il Fundus Joventianis, Aymavilles (Fundus Aimy et Avilii) e l’acquedotto di Pondel proseguendo probabilmente fino a Cogne e alla sue miniere. Da questo ponte passava l’acqua e il minerale di ferro come testimonia il luogo denominato Champferrier (Campusferrarius), nome che indica un luogo dove si deposita il ferro, fino al di là dell’installazione.

Qualche decennio dopo la fondazione della colonia, i Salassi liberati dallo stato di schiavitù si unirono ai coloni imparando la loro cultura per formare una sola società con gli abitanti di diverse provenienze, come testimonia l’iscrizione di una placca ritrovata presso la Torre de Bramafan, l’antica Porta Principalis Dextera dove si può ancora leggere che i Salassi incolae si sono fin dall’inizio uniti alla colonia.

Alcune testimonianze della presenza romana nella nostra pianura di Gressan dove sorsero numerose ville rustiche ( situate probabilmente nei dintorni della chiesa parrocchiale, nella zona della Cort e della Bagne) ci sono date grazie alla scoperta di sette pietre tombali che sono collocate nel periodo che va dal I al III secolo d.C. e che sono conservate al Museo Archeologico di Aosta. Le scritte riportano il nome di famiglie nobili (gens) romane che vivevano nella zona di Gressan: gens Auruntia, gens Avilia, la gens Iulia. Dagli studi riportati da Guglielmo Lange, un’altra singolare testimonianza della presenza romana c’è fornita dalla solitaria e maestosa Torre de la Plantà che, considerate le sue caratteristiche strutturali, risalirebbe all’epoca di Augusto. Non essendoci prove precise, questa teoria è contrastata da alcuni archeologi che considerano la Torre della Plantà del XIV secolo.

Interessanti testimonianze dell’epoca romana, come le monetare dell’epoca di Claudius I (41-54 d.C.), di Galba (68-69 d.C.) e di quella di Filippo Marco Julius chiamato l’Arabo (244-249 d.C.) furono scoperte a Gressan nel 1850 da Jean-Antoine Gal. illustre storico dello scorso secolo. Durante tutta l’epoca romana, il territorio di Gressan ebbe una grande importanza perché forniva prodotti agricoli e materie prime alla città di Aosta dove si sviluppavano fiorenti attività artigianali e commerciali.

Con la caduta dell’Impero Romano, la città perse la posizione d’importante centro economico e s’impose un sistema di economia chiusa.

Nel corso dei secoli, le vie di comunicazione mancarono di un’adeguata manutenzione, si rovinarono in modo irreparabile e subirono delle modificazioni nel loro tracciato originale. Il ponte di Clérod sulla Dora Baltea, danneggiato dalle frequenti inondazioni causate dal lago del ghiacciaio Ruitor che si svuotava periodicamente come un sifone provocando danni enormi, crollò parzialmente e fu mantenuto fino al XII secolo per essere successivamente ricostruito in legno, più a valle , dell’attuale sistemazione.

Durante l’Alto Medioevo, dal V allo XI secolo, con il succedersi delle diverse dominazioni, Ostrogoti, Bizantini, Lombardi (VI secolo), Franchi (VII seco (VIII e IX secolo ), Burgundi (X secolo ) fino all’avvento della Casa di Savoia, il Fundus Gratianis ha subito numerosi cambiamenti nella popolazione e nei costumi.

Visita del borgo  

Vicinissimo alla città di Aosta, eppure immersa nella natura, Gressan si differenzia dalle altre località per la versatilità del proprio paesaggio: dalla morena di Gargantua ed ai frutteti del fondo valle alle piste da sci della rinomata località turistica di Pila situata a 1800 metri di quota.

Ricca di storia, Gressan era già abitata in epoca romana e conta ancora oggi numerosi monumenti storici di rilievo tra cui la chiesetta romanica di Sainte-Marie-Madeleine de Villa, la Tour e Maison de Saint Anselme, il castello Tour de Villa e la Torre de la Plantaz.

Per gli amanti dello sport, Gressan offre inoltre una zona sportiva con un campo da calcio, campi da tennis, piscina, parco giochi e vasta area verde per gli sport tradizionali.

A monte troviamo Pila rinomata stazione turistica. Un mondo costruito su misura per vivere la montagna: in inverno grandi foreste e pendii innevati; le piste del comprensorio hanno uno sviluppo di 70 chilometri, dai 1200 metri di Les Fleurs fino ai 2600 metri del Cuis. I numerosi tracciati, sempre perfettamente mantenuti e gli impianti di risalita di modernissima concezione, grazie anche ad un efficiente sistema di innevamento programmato, connotano Pila quale stazione “ski-total”.

Gli appassionati di snowboard, per i quali è stato creato  uno Snowpark, e telemark si esaltano sulle nevi abbondanti di questi grandi spazi. Dalla “Pointe de la Pierre” parte una delle più entusiasmanti discese in neve fresca della Valle d’Aosta.

Le guide alpine e i maestri di sci a disposizione per meravigliosi percorsi di sci-alpinismo partendo dal suggestivo Eremo di San Grato, o intorno al Monte Emilius.

In estate, splendide passeggiate con itinerari che si sviluppano dalla collina fino alle cime più alte danno la possibilità di godere di spettacoli mozzafiato con vista sull’intero arco alpino valdostano, partendo dal massiccio del Monte Bianco fino al Monte Rosa, passando attraverso il Grand Combin ed il Cervino.

Per gli amanti della mountain bike Pila rappresenta il top, con tracciati per tutte esigenze, senza dimenticare la pista di down hill omologata per competizioni internazionali.  

Parrocchiale di Santo Stefano e Castello De Graciano

La leggenda che narra la distruzione della chiesa causata da un’inondazione sembra essere incerta.

Pare che la chiesa fosse situata più ad est rispetto a quella attuale, e che il crocifisso che oggi si trova appeso su di una casa nella frazione di Bonella a Chevrot, le appartenesse.

L’attuale chiesa di Gressan e il suo presbiterio, si trovano su quella che una volta era l’ubicazione del castello dei nobili De Graciano, dove peraltro era situata anche la “villa” del cosiddetto Fundus Grattiani.

In un atto del 4 gennaio 1300 si rende nota la cessione da parte della famiglia De Graciano alla parrocchia del loro podere e il trasferimento della famiglia nel castello Tour de Villa.

Oggi quello che resta del castello della famiglia De Graciano, che data del XII secolo è soltanto il basamento sul quale s’innalza l’attuale campanile. Inoltre nei sotterranei del presbiterio si trova un pozzo di 25 metri di profondità ormai da secoli inutilizzato.

Osservando la pianta della chiesa attuale e immaginando come poteva presentarsi prima della costruzione della chiesa attuale (1869-1871) si può immaginare che la torre s’innalzasse in quello che poteva corrispondere al cortile interno. Nel XII secolo, nello spazio occupato dalla vecchia chiesa, doveva sorgere l’abitazione dei signori De Graciano; a ovest si trovava la parte rustica con la scuderia e i granai (zona medievale che purtroppo fu demolita da Don Vallochera nel 1972); a nord si allungava verso est gli edifici adibiti ad uso civile. La chiesa che risale al XIV secolo e che corrisponde a quella attuale, subì in occasione delle numerose visite pastorali svariati restauri e ricostruzioni. Probabilmente l’edificio fu ricostruito interamente verso la metà del XVI secolo e consacrato da Monsignore Vercellin il 22 ottobre 1645.

Nell’anno 1869, il parroco e canonico Claude Teppex, fece costruire la chiesa attuale in corrispondenza della vecchia chiesa. Il nuovo edificio fu ampliato per poter accogliere anche i parrocchiani della chiesa di Saint Jean di Chevrot e della Magdelaine.

A partire dal 1871 queste due chiese furono inglobate dalla parrocchia di Santo Stefano. I lavori di costruzione terminarono nel 1871, e la chiesa fu consacrata il 24 marzo 1878 dal vescovo Joseph Étienne Duc. In quel periodo la chiesa era composta da una navata in stile gotico e costeggiava l’antica strada medievale che collegava l’attuale Ponte Suaz, allora Pons Suavis, a Aymavilles e Cogne. Nella chiesa, costruita in onore di Santo Stefano, si trova un prezioso battistero in stile gotico attribuito allo scultore e ebanista Jean Comoletti e una grande porta a muro a due battenti. Quest’ultima risulta preziosamente scolpita e reca con sé la data del 1630 e sembra essere appartenuta alla confraternita del Saint Rosaire. Inoltre, si pensa che quest’ultima possa provenire dal convento di san Francesco di Aosta, il quale fu demolito nel 1840 per far spazio all’attuale Piazza Chanoux.

Sempre dallo stesso convento provengono probabilmente anche i due grandi candelabri in bronzo che si trovano sull’altare maggiore e che datano del XVII secolo. Alla destra dell’altare si trova una tela del XVII sec. sulla quale è dipinto il patrono di Gressan, Santo Stefano, e nell’angolo destro della stessa si può ammirare uno scudo che porta l’emblema cardinale e lo stemma della famiglia dei Challant.

Chiesa Sainte-Marie-Magdelaine

La chiesa della Madeleine fu costruita nel XII secolo e dipendeva dal Capitolo della cattedrale di Aosta, il quale ne nominava i parroci. Sotto la giurisdizione della chiesa si trovava allora la parte occidentale dell’attuale territorio di Gressan. 

Dal XIV al XVI secolo la parrocchia della Magdelaine visse un momento di massima floridezza culturale e politica. In quei secoli (nei quali si concentravano sul suo territorio circa 150 anime raggruppate in 14 famiglie) molto importante fu la presenza dei nobili La Tour de Villa che, grazie al loro prestigio e potere, fecero ricostruire la chiesa arricchendola di nuovi affreschi.

Nel 1786 la parrocchia cessò di esistere in quanto tale e fu unita alla parrocchia di santo Stefano; dal quel momento in avanti la chiesa fu relegata al rango di cappella. 

La chiesa di Sainte-Marie-Magdelaine, meglio conosciuta come la cappella della Magdelaine, è costituita da un abside e un campanile in puro stile romanico del XII secolo, sorretto da un caratteristico sperone, entrato a far parte della composizione da almeno due secoli, mentre la navata fu allungata nel 1460. La facciata della chiesa, lato ovest dell’edificio, è interamente ricoperto di affreschi, nei quali troviamo: la Messa di San Gregorio mentre gli appare il Cristo dal cui costato sprizza il sangue che va a riempire il calice posto sull’altare; San Giorgio mentre combatte il drago; il maestoso affresco raffigurante San Cristoforo in procinto di attraversare un corso d’acqua e recante sulla spalla il Bambino Gesù, e, in basso a destra, le figure di Santa Marta, S. Maria Maddalena e San Lazzaro. Questi dipinti vengono attribuiti al pittore Giacomo d’Ivrea e portano la data del 1463.

Gli affreschi dell’abside e del sottarco, che portano il nome dello stesso pittore sopraccitato, furono portati a nuova luce nel 1938, fino allora rimasero ricoperti da un intonaco di calce e cemento. La volta dell’abside è occupata per intero dalla raffigurazione del Cristo benedicente, attorniato dai simboli dei quattro evangelisti. Sulle pareti perimetrali dell’abside, sono raffigurati i dodici apostoli, e nel sottoarco, che divide il coro dalla navata, è affrescata in quattordici riquadri la leggenda di S. Maria Maddalena. 

Boniface de La Tour fu il generoso mecenate di queste opere d’arte. Ecco alcune delle preziose opere che appartengono alla chiesa e che oggi si trovano conservate nel museo dei tesori della cattedrale di Aosta: un magnifico crocefisso che risale al XII secolo , placato oro e recante il Cristo coronato in rilievo, ornato da pietre preziose e smalti; una statua policroma rappresentante la Madonna Mater felicis partus del XVII secolo; un grande crocifisso in legno intagliato e dipinto del XVI secolo.

Chiesa Saint Jean de Chevrot  

La Parrocchia di Chevrot fu fondata nel XII secolo, nell’anno 1234 si trovò alle dipendenze della collegiata di Saint Pierre e Sant’orso, successivamente, nel 1599, a quelle della cattedrale di Aosta fino alla sua soppressione. La giurisdizione della chiesa comprendeva da un lato la zona orientale della collina e della piana dell’attuale territorio di Gressan, e dall’altro lato, a ovest, una parte del territorio del comune di Charvensod. In quel periodo la parrocchia contava poche persone sul suo territorio (circa cento anime raggruppate in nove famiglie). Quest’ultima fu soppressa nel 1786 e due terzi del suo territorio fu unito a quello della parrocchia di Santo Stefano in Gressan.

Nel 1784, il presbiterio fu teatro di un crimine atroce: il parroco Jean-Baptiste Curtaz e la sua perpetua furono assassinati dal loro inquilino che cercò di nascondere il fatto provocando un incendio. L’assassino, Jacques Gorraz di Chevrot fu impiccato ad Aosta , precisamente a Les Fourche il 21 giugno 1785. 

L’abside della chiesa di San Giovanni risale al XV secolo mentre la navata è del XVII secolo. L’abside originaria, che oggi corrisponde alla sacrestia, presenta degli affreschi molto interessanti, purtroppo però essi sentono il peso dei secoli e quindi la loro lettura ne risulta compromessa. Su uno di questi vi è rappresentata un’aquila, simbolo di San Giovanni Evangelista, che srotola innanzi alla Vergine Maria orante il testo contenente l’annunciazione. 

Ai due lati dell’altare si trovano due stemmi nei quali troviamo dipinti due colonne e due stelle che altro non sono che le armi di Ours Arnod donatore dell’altare, prevosto dell’Ospizio del Gran San Bernardo dal 1646 al 1649, originario di Chevrot. Inoltre, egli fu l’artefice, nel 1654, dell’ampliamento e del restauro della chiesa, come viene indicato dalla data che si trova sul portone d’entrata. Sul quest’ultimo sono rapprasentate le armi di Casa dei Savoia come quelle della famiglia dei Challant, che erano i baroni nel territorio di Aymavilles a cui Chevrot apparteneva. 

Alcune statue della chiesa, che risalgono al VI e al XVII secolo si trovano oggi custodite nel tesoro della Cattedrale di Aosta. Il campanile del XV secolo a base quadrata è costruito in pietra a vista disposto a strato orizzontali regolari sui quattro lati si trova una apertura bifora. La punta del campanile a forma piramidale è circondata da quattro torri. L’insieme dell’edificio è circondato dai muri di cinta di quello che probabilmente era l’antico cimitero, vicino al vecchio presbiterio restaurato, oggi di proprietà privata.

Cappella di Charémoz

Sorge nel villaggio dello stesso nome, vicino alla località di Eaux-Froides, sulla strada regionale che porta a Pila ed è dedicata a Nostra Signora delle Nevi, la cui festa si celebra il 5 agosto. La cappella è stata fondata con un atto stilato dal notaio Jean-Baptiste Figerod il 3 agosto 1683 e l'edificio fu terminato nel 1688 e consacrato dal curato François Rosset. 

La cappella era riccamente dotata di oggetti di culto. Sono minuziosamente elencati in due liste, l’una stilata dai procuratori Jean Jaques de Louis Pecoz et Jaque Anselme Guerraz il 4 agosto 1722 e l’altra, dal curato di Gressan Louis Lazare Decaroli verso il 1912. 

La cappella è stata di recente completamente restaurata. Il tetto, sormontato dal suo piccolo campanile a vela con aperture gemelle, è stato ricostruito, il suo intonaco è stato rifatto sia all’esterno che all’interno ed i muri sono stati ridipinti. All’interno è pavimentata e completa di banchi nonché di una tribuna per i cantori. L’antico tavolo dell’altare, del quale resta ancora sul muro un dipinto rappresentante la Santa Vergine con il Gesù Bambino, San Grato e Santo Stefano, è stata girata verso i fedeli. Un’acquasantiera in pietra, un cofano in legno e dei vecchi candelabri completano l’arredamento.

Cappella di Barrier

Posta sulla collina di Gressan, nel villaggio omonimo, la cappella è dedicata a Nostra Signora dell’Assunzione e San Pietro apostolo, appartiene a dei privati. Attualmente, il proprietario è l’ultimo discendete della famiglia. 

In questo villaggio esistevano, di fatto, due cappelle che si sono succedute nel tempo. La fondazione della cappella primitiva, secondo i dati forniti dal curato Decaroli, risale probabilmente al 9 luglio 1627 e sarebbe dovuta, secondo i legati che rigurdano le messe da celebrare, ad un certo Pierre Hercule Remondé. Questa cappella, disposta nord-sud e ancora chiaramente riconoscibile vicino all’attuale, è stata sconsacrata e destinata ad altri usi. 

Nel 1977, la cappella è stata restaurata dal suo attuale proprietario. Oggi si presenta in buono stato, con il suo tetto rimesso a nuovo, sormontato da un piccolo campanile a vela con la sua antica campana; la sua facciata imbiancata con tre aperture, di cui quella a centro circolare, presenta un quadro centrale con un crocifisso. 

All’interno, si trova ancora l’altare ornato di candelabri, con una pala nel riquadro in legno scolpito e dorato, decorato con cinque medaglioni dipinti. Il quadro centrale, del XVII secolo, rappresenta l’Assunzione di Maria in cielo. Sotto, a lato dell’iscrizione centrale ”ASSUMPTA EST MARIA” sono rappresentati San Pietro con le chiavi e San Grato con la mitra e il pastorale riproducente la testa di San Giovanni Battista. Questa cappella è voltata e possiede ancora il suo antico crocifisso; il suo pavimento è in vecchio legno di larice ed i muri sono ricoperti in legno; in fondo è situata la tribuna dei cantori. Dei banchi e dun vecchio armadio in noce, completano l’arredo.

Cappella del Plan David  

Questa cappella si trova a monte del villaggio di Clapey, lungo la vecchia mulattiera che porta agli alpeggi, su un terreno piatto in mezzo ai vigneti, appena sopra la strada per Pila. La richiesta del permmesso di costruzione presentata al vescovo di Aosta data del 1764 e l’atto di fondazione, redatto dal notaio Tercinod, è del 1767. 

In un primo tempo, la cappella che era dedicata a Notre-Dame de Tous Pouvoirs, per ordine di Mons. Jean-Baptiste Marie Aubriot De La Palme, in occasione della visita pastorale del 18 ottobre 1818, cambiò dedica e fu chiamata la Chapelle de Notre Dame Protectrice. 

Un tempo si trovavano all’interno due preziose statue antiche, attualmente conservate nel tesoro della cattedrale di Aosta, una del XVI secolo rappresentante Santo Stefano, in legno dipinto e dorato in parte, alta 105 cm, l’altra del XVII secolo rappresentante Sant’Orso, in legno scolpito, dipinto e dorato in parte, alta circa 100 cm. 

Sempre all'interno, si possono ammirare sul soffitto voltato della navata, decorato nel 1917, due dipinti ben conservati rappresentanti la cappella e dei paesaggi. L’altare è in muratura e la sua ancona è costituita da una tela dipinta molto ricca di personaggi, nel suo quadro nero e dorato. Si riconosce la Santa Vergine seduta, che tiene sulle ginochia il Bambin Gesù benedicente. Alla destra sono rappresentati i Santi Ambrogio e Stefano e, alla sua sinistra, San Giovanni evangelista e San Giacomo Maggiore. In basso, appare Sant’ersamo nel suo martirio e San Gottardo che benedice un uomo nudo ai suoi piedi. 

Anche la balaustra della cantoria è decorata. Il resto della cappella è semplice e rustico come il pavimento in lose e l’arredo è costituito da vecchi banche di abete, da due vecchi armadi e da un’acquasantiera in pietra. Alcuni anni orsono, la porta della cappella è stato purtroppo sfondato. I muri sono danneggiati dall’umidità ed il tetto avrebbe altrettanto bisogno di riparazioni per savare i dipinti e ridare all’edificio il suo antico splendore.

Cappella di Moline

È situata un poco a monte della Place di Gran For, tra il villaggio di Moline e quello di Clapey, presso il vecchio ponte sur torrente di Gressan, all’incrocio di quattro strade. Essa è dedicata a san Pietro Apostolo. L’attuale cappella è stata ricostruita nel 1682 nella stessa posizione della precedente della quale si ignora la data di fondazione e distrutta dal furore delle acque del torrente nel 1860. 

L’atto di fondazione della cappella attuale, con un legato ricevuto dal curato e canonico di Sant’Orso, François Rosset, è stato redatto dal notaio Estienne Bonin, il 29 settembre 1682. In seguito al fatto che il villaggio di Moline è stato preservato da una nuova e terribile innondazione nel 1705, la tradizione vuole che sia cantato davanti alla cappella, con l’accompagnamento del tubo falso-bordone, nel pomeriggio di Pasqua, il canto Gaude Flore il cui testo è attribuito a S. Anselmo.

La cappella di Moline è la più bella e la più grande delle cappele rurali, il suo tetto in lose è in buono stato di conservazione e porta un piccolo campanile a vela ad aperture gemelle che ospitano le due campane. La facciata intonacata, presenta una piccola finestra circolare sul timpano e due altre sui due lati della porta, tutte ornate di una cornice. La porta, in buono stato, è anch’essa arricchita da una piccola volta. L’interno ben illuminato, presenta una lastricatura in pietre rustiche; il coro è in granito liscio e i muri sono in boisé. Essa è arredata di armadi e da una quindicina di banchi e possiede anche una grande cantoria.

Dell’antico altare resta solo la struttura verticale in legno policromo del XVIII secolo, riccamente solpito e dorato, arricchita da due colonne torse e ornate da due candelabri del XVIII secolo. La tela dell’ancona rappresenta, in alto, la Santa Vergine con il Bambin Gesù, corcondata da due piccoli angeli e accompaganta da San Francesco d’Assisi pregante e da Santa Margherita; ai suoi piedi si trova la testa di un dragone, simbolo del demonio vinto. In basso sono rappresentati San Pietro, che tiene le chiavi in mano, San Bernardo di Mentone, rivestito con un mantello di ermellino e tenente un bastone nella sua mano destra, e San Giacomo Maggiore, con la conchiglia sul suo petto, simbolo del pellegrino, nella quale si disseta lungo il cammino per arrivare al santuario di Compostela.

Cappella di Gorret

È situata nel villaggio di Gorret, un tempo chiamato Paquier. Oggi, si indica con questo nome un luogo situato a poche decine di metri più a monte. In certi documenti antichi, la cappella è chiamata anche Chapelle de Pâquier. Si ignora la data di fondazione, che risale probabilmente al 1632, secondo la data scolpita sulla trave maestra del tetto. 

Dedicata a S. Anna e a S. Sebastiano, essa apparteneva un tempo alla famiglia Gorra che successe nei possedimenti della casa forte e dei beni dei nobili Du Ru (De Rivo). Nei verbali delle visite pastorali, la cappella è chiamata La chapelle des Gorraz. 

Poco a poco, i Gorra persero il loro titolo nobiliare, una buona parte delle loro ricchezze e dunque ogni impegno verso la cappella che, oggi, dipende dalla parrocchia. 

Oggi la cappella è in buonissimo stato, col suo tetto in lose surmontato da un piccolo campanile vela con due aperture gemelle. All’interno di un grande medaglione dipinto sulla facciata è rappresentata S. Anna che porta in braccio la Santa Vergine fanciulla. Da una porta nuova, si accede all’interno, che è stato ridipinto, con un lastricato di marmo recente (1980), arredato di banchi al centro e lungo le pareti. 

Il vecchio altare è stato spostato e portato in avnti, girato verso i fedeli, secondo il nuovo rito. esso è in legno scolpito e dipinto. Sul muro di fondo, è rimasta l’ancona del XVIII secolo, in legno, riccamente scolpita, decorata e dipinta. Tra due colonne è situata una statua di S. Anna del XVIII secolo, in legno scolpito, di circa 100 cm di altezza. Nel muro si trova anche un armadio antico.

Cappella di Colombier

Ormai ancora più solitaria, questa cappella sorge su un piccolo promontorio morenico, oggi in parte livellato per far posto ad uno spiazzo che domina un campo attrezzato con diverse zone dedicate agli sports che in precedenza era occupato da pascoli e dalle îles della Dora Baltea. Davanti passa una strada, ricostruita sul tracciato dell’antico percorso che da Aosta portava un tempo ad Aymavilles e a Cogne attraverso il Pont-Suaz. 

Sul promontorio dove sorge oggi la cappella, si elevava un tempo una croce che era stata posta come confine orientale, il 4 gennaio 1300, in occasione della donazione dei territori di Colombier fatta dal Seigneur Geoffroi di Gressan alla parrocchia stessa.

La cappella di Colombier fu restaurata dal curato Claude Michel Perron nel 1709. Da allora, oltre al primo santo, S. Rocco, si venera Santa Candida.

Dal 1840, la cappella danneggiata rimase nell’abbandono e chiusa al culto fino al 1905, quando, grazie all’iniziativa del canonico Decaroli, curato di Gressan, ed alla generosità di qualche benefattore, fu restaurata re-intitolata a S. Giuseppe e a S. Candida. Durante i lavori di restauro, eseguiti nel 1905, fu scoperta una stele funeraria romana che fu utilizzata come piano dell’altare. 

La cappella fu conservata in buonissimo stato fino verso la fine degli anni 1940, periodo nel quale vi si celebrava ancora la messa e dove ci si recava in processione in primavera durante le Rogazioni. Dopo gli anni 1970, con la porta sfondata poi completamente asportata, la cappella divenne rifugio di vagabondi e mascalzoni. Essa rimase in questo stato fino a quando la locale sezione dell’Associazione Nazionale Alpini ne curò la ricostruzione iniziando i lavori nel 1986. 

L’inaugurazione della cappella nuovamente consacrata al culto sotto la protezione di S. Maurizio, soldato romano della legione tebana e martire del III secolo, patrono dei soldati, ha avuto luogo la domenica 22 novembre 1987 alla presenza di un folla commossa. La nuova cappella ha conservato le dimensioni e la sua struttura originaria; è stata intonacata ed imbiancata e poi circondata da un recinto in legno. Il tetto in lose ben costruito, con delle travi in abete a vista, sporge rispetto alla facciata creando un riparo, come nel passato, il piccolo campanile a vela racchiude una campana. All’interno, l’antico lastricato in pietra è stato sostituito con delle piastrelle in terracotta.

L’arredo è costituito da un altare in abete riccamente scolpito da Ernesto Bornaz (al quale si deve anche il crocefisso sulla facciata), girato verso i fedeli, sul quale è piazzato un crocefisso dello stesso artista; tre file di due banchi completano il mobilio. Sul muro di fondo, sotto la volta, nella rientranza dove un tempo si trovava l’ancona, si può ammirare un dipinto rappresentante S. Maurizio a cavallo, portante lo stendardo con la croce dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro, opera del pittore Tecco.

Oratorio Chapallin

L’oratorio detto Chapallin è molto antico. Dedicato a S. Antonio, è stato restaurato e re-imbiancato nel 1892. In quell’occasione anche la statua è stata rinfrescata e rimessa nel stato primitivo. 

Si incontra sulla strada che sale verso i villaggi superiori, in fondo alla località detta Les ruines, a circa mezz’ora dalla chiesa parrocchiale. Il Sig. Drapier ne ha restituito la chiave nel 1911. È il solo oratorio la cui statua merita di essere conservata per la sua antichità. È munito di una griglia. La chiave è tenuta dal vecchio sagrestano della Cappella di Plan David che vi si è dedicato per fare il restauro nel 1892 e che, in seguito è passato alla setta protestante nel 1908. L’ha resa nel 1911 e si trova presso la Cappella di Plan David.

Torre di Sant'Anselmo o Casaforte di La Bagne

Citati da De Tillier, i nobili De Balnea, dei quali si conosce solo il nome della frazione dove si trovano le rovine della loro casa-forte, La Bagne, furono i primi abitanti di questa casa ; in seguito questa proprietà divenne la residenza estiva della famiglia di S. Anselmo. 

Questa casa-forte è d’altronde conosciuta sotto il nome di Torre di S. Anselmo. È in questa casa che, secondo alcuni storici, nacque nel 1033 S. Anselmo, di Ermemberga e Gondolfo, che divenne dottore della Chiesa e arcivescovo di Caterbury, autore di opere di filosofia, di teologia e di morale quali Cur Deus Homo, Prosologium, Monologium. 

In base alla corrispondenza di S. Anselmo, sappiamo dell’esistenza di sua sorella Richera e di suo figlio, Anselmo, che andrà a Londra da suo zio e diventerà più tardi vescovo di Londra, di suo cognato Burgundo e di altri membri della famiglia. 

La casaforte risale al X secolo. Ciò che resta sono i muri di una torre che si eleva sopra le case che vi si sono ammassate intorno nel corso dei secoli, come i resti di una cinta di un cortile con un portale ad arco a guisa di ogiva. Le pareti della torre, che probabilmente si elevavano al centro di una corte fortificata, presentano ancora dettagli interessanti come la muratura e l’apertura delle finestre e delle feritoie.

Sotto la porta di un edificio, risalente ad un epoca successiva, che si elevava nella corte, appare un affresco del XVIII secolo rappresentante S. Anselmo, purtroppo rovinato dal tempo perché trascurato per secoli. 

Nel 2000, in occasione di una esposizione legata al giubileo, l’affresco è stato restaurato e si legge solo più in parte la scritta: Saint Anselme, évêque de Canto/Brie en Angleterre docteur de/l’Église pave devut de la passion/De Jesus-Christ et favori de Marie protecteur/Du Duché d’Aoste. L’originaire de Gressan/est mort en 1109. 

Questa torre è di proprietà della Regione Autonoma della Valle d’Aosta che restaurate le coperture la passerà al Comune di Gressan.

Casaforte de La Cour

Un po’ più in alto rispetto al presbiterio di Gressan, sorgeva nel XIV secolo la casaforte dei signori La Cour, un tempo castello dei De Graciano, situata nella piana, non lontana dalla marena Gran Couta o Dito di Gargantua. Questa famiglia nobile il cui stemma rappresentava un leone d’oro rampante, con le unghie sporgenti e la lingua fuori su fondo blu, è più volte menzionato in certi documenti relativi ai Colloqui Generali dei conti di Savoia e dei quali possiamo ricordare alcuni dei rappresentanti come Vuillerme de La Cour (1317), Jean de La Cour (1345), Hugonet e Pierre de La Cour (1368), Jean et Estienne de La Cour (1460); la famiglia si estinse con Perronette de La Cour, figlia unica di Jacques, data in isposa, verso il 1460, à Pierre Du Bois che ne riprese i titoli nobiliari. Il figlio di quest’ultimo, Guillaume Du Bois, vendette la casaforte, con un atto in data 14 aprile 1496, insieme con tutti i possedimenti ed i diritti inerenti, al nobile Georges De Challant, priore della Collegiata dei santi Pierre e Orso, che ne devolse le rendite alla fondazione delle cappelle di Sainte-Lucie e Sainte-Marie-Madeleine nella chiesa di S. Orso ad Aosta. 

Nel 1829, i beni connessi alla fondazione delle due cappelle, la cascina e la casaforte, furono incorporate nella parrocchia di S. Orso e in seguito vendute in lotti a privati, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. La casaforte dei La Cour, probabilmente del XIII secolo, consiste in un edificio rettangolare orientato a sud-ovest, i cui fianchi maggiori sono all’incirca il doppio di quelli minori, composto da due parti ma distinte l’una dall’altra. la parte occidentale, che fu oggetto di un maldestro restauro (effettuato verso il 1927 e consistente in una parziale demolizione e ricostruzione di una civile abitazione), è più elevata di circa il doppio rispetto alla parte orientale, era probabilmente la fortezza del castello con o suoi 25 metri di altezza, il suo aspetto imponente e le sue feritoie. Di questa parte non restano che le fondazioni originali della struttura con alcuni muri solidi. 

La parte orientale, dove si trovava la zona abitata dai signori La Cour, ha conservato alcuni elementi di un certo interesse dal punto di vista architetturale. I quattro angoli sono caratterizzati dalla presenza di magnifici cunei lavorati con cura. La loro bellezza fa pensare alla torre della Plantà e lascerebbe pensare, secondo Lange, l’esistenza di rovine di una costruzione romana. 

Sulla facciata nord dell’edificio, si possono osservare alcuni elementi più interessanti: una prima apertura ad ogiva, alta 1,80 m, con blocchi in pietra; una seconda apertura alta circa tre metri, a forma d’arco a tutto sesto con cunei sgrossati appoggiati su due grandi ceppi ricuperati; infine verso la cima, è presente una fascia di fori degradanti, di un bell’effetto, a guisa di grondaia. La facciata est, che era completamente crollata, è stata completamente rifatta, mentre la facciata sud presenta in cima quattro aperture triangolari con grondaie. Attualmente, questa parte orientale della casa-forte dei La Cour è stata restaurata e trasformata in una graziosa civile abitazione.

Castello di Tour de Villa  

Castello di Tour de Villa, a lungo detto anche torre dei Poveri, sorge su di una modesta roccia granitica sul dolce declivio che ospita anche il borgo, ad ovest della Côte de Gargantua, la morena laterale del ghiacciaio della conca di Pila alla fine dell'impluvio del torrente Gressan.

È un castello di epoca medievale poco noto, anche perché rispetto ad altri castelli valdostani, come il castello di Fénis o quello di Issogne gestiti dalla Regione, questo è meno imponente seppure sia in ottimo stato di conservazione, ed è stato fino al 2011 abitato dai proprietari e non visitabile. Già visibile dalla strada regionale di Gressan (SR 20), immerso tra i meleti e i vigneti che caratterizzano il fertile territorio comunale, lo si raggiunge prendendo la strada per la frazione omonima; da esso sono facilmente raggiungibili con una breve passeggiata la torre de la Plantaz verso valle e la chiesa della Madelaine, dalla facciata affrescata nel 1453, verso est.

Il castello, secondo François-Gabriel Frutaz, ripreso dallo storico Giuseppe Giacosa, ha preso il nome dai Seigneurs de Villa au Gressan (o de La Tour de Villa) che lo fecero edificare intorno al 1191. Delle 220 famiglie nobili valdostane, i de La Tour de Villa erano tra quelle più antiche: infatti la famiglia dei signori de Villa è una delle 10 di cui si sa per certo che fossero presenti tra il 1000 e il 1200. Sappiamo inoltre che nel XIII secolo tale famiglia ebbe la carica di vice-domini di Aosta.

Della data di edificazione del castello, seppure sia certamente stato costruito intorno al XII secolo, non si può essere sicuri, infatti:

«Le date corrispondono ai primi atti dove le famiglie sono menzionate, ma trattandosi di tali tempi, così scarsi di notizie e di documenti, è da credere che queste fossero assai più antiche.»

Secondo la storiografia, i La Tour de Villa lo lasciarono in eredità alla famiglia degli Aymonier e in seguitò passo ai Carrel. Il nome di tour des Pauvres gli deriva dalla proprietà successiva, la parrocchia di Saint Laurent di Aosta, che ne dispose nella cassa dei poveri. Dopo un periodo di degrado, nel 1864 passò a tale Vincent Carlin che nel 1885 lo cedette al vescovo di Aosta Joseph-Auguste Duc, che lo restaurò e lo trasformò nella propria residenza estiva. Il castello appartenne al vescovado di Aosta e nel 1921 al barone Gerbore della nobile famiglia di Saint-Nicolas.

Dal 1945 è di proprietà della famiglia Arruga di Milano.

Il castello, fino al 2011 privato e non visitabile, è stato trasformato in struttura ricettiva e ospita mostre temporanee; nel 2012 vi ha avuto sede parte degli eventi per la Festa della Cultura del Comune di Gressan.

Il castello, in origine costituito della sola torre a base quadrata del XII secolo, venne eretto con blocchi di tufo e conci granitico-scistosi. L'assenza di finestre, a creare una conseguente assenza di luce, era sopperita dall’adozione di feritoie; la porta originaria, rialzata sul lato nord, a cui si accedeva tramite una doppia scala mobile di legno, si trova a 7 metri di altezza rispetto a quella odierna fatta aggiungere da monsignor Duc e presenta lo stesso stile di quella presente nella vicina torre de la Plantaz; sopra la porta si notano ancora le originarie mensole che reggevano il dormiente, ossia la trave orizzontale di legno per la ripartizione del carico della struttura, a cui si appoggiava una bertesca di legno, come si intuisce dai fori nel muro per i supporti. La torre termina quindi con un tetto di piombo a piattaforma, una sorta di belvedere sulla piana.

La torre era circondata da una «breve cinta di mura merlate».

Il castello-torre, una volta caduta la stringente necessità difensiva, fu quindi ampliato con un corpo di fabbrica semicircolare nel XV secolo, adibito a zona residenziale di tre piani e oggi si presenta in due corpi ben distinti l’uno dall’altro: quello del XII e quello del XV secolo.

Il castello della tour de Villa si ridusse a lungo a rudere. Durante l’abbandono si perse la parte nord-occidentale, oggi sostituita da un cortile. Durante un restauro fu rialzato e adornato di una nuova merlatura. In seguito, monsignor Duc, vescovo di Aosta, volle trasformarlo in residenza estiva operando pesanti interventi: fece abbattere parte della cinta muraria per sostituirla con un parapetto merlato e fece aggiungere una porta a livello della strada, mentre conservò due finestre binate, di stile valdostano e fornite di inferriate, al primo piano del corpo di fabbrica che si addossa alla torre.

All’interno, la torre è composta di tre piani, di cui uno occupato dal granaio in legno accessibile tramite una scala a chiocciola.

Il corpo residenziale rinascimentale, invece, ospita un salone monumentale per i ricevimenti, una cappella affrescata con dipinti dovuti agli Artari, una sala degli stemmi con la rappresentazione in successione degli stemmi dei Savoia e delle famiglie nobiliari valdostane, così come sono visibili anche nel cortile del castello di Issogne.

Torre de la Plantaz

La torre de la Plantaz o de la Plantà, è un'antica torre di avvistamento che si trova nella piana tra il comune di Gressan e quello di Jovençan, in Valle d'Aosta, a cinque minuti a piedi dal castello di Tour de Villa. La torre de la Plantaz è in rovina e non è visitabile per pericolo di crolli.

Mentre la funzione della torre appare chiara - fu costruita allo scopo di sorvegliare la strada che attraversava la piana, verso la Dora - l'origine e l'epoca di edificazione sono incerte.

Secondo Giuseppe Giacosa, che la chiama torre La Pianta, risalirebbe all'XI secolo, mentre Carlo Nigra ne colloca l'edificazione nel XII secolo ad opera della famiglia valdostana De Plantata, da cui prese il nome.

Un'ipotesi recente di Guglielmo Lange, che non ha trovato conferme, vorrebbe le caratteristiche della torre de la Plantaz identiche di quelle delle torri romane della cinta muraria di Augusta Praetoria, l'odierna Aosta, per cui la torre di Gressan potrebbe essere una torre del I secolo a.C.

Le fonti concordano sul fatto che fu abitata nel medioevo dai nobili De Plantata o De La Plantà, ma secondo fonti recenti essi vi si trovavano piuttosto tra il XIV e il XV secolo. In quest'epoca la torre subì una trasformazione d'uso, con l'aggiunta di corpi abitativi e di servizio, di una cinta muraria e di una cascina funzionale al maniero verso ovest di cui però non restano tracce.

Maria, l'ultima discendente dei De Plantata, a metà del XVI secolo la lasciò in eredità ai Bardonanche. Questa nobile famiglia originaria del Delfinato si installò nella torre per circa un secolo.

Ai Bardonanche succedette la nobile famiglia dei Vallaise, parte del Conseil des Commis, fedele ai Savoia e seconda per importanza solo alla potente famiglia degli Challant.

A metà del XIX secolo venne acquistata da Gaspard-Antoine Girodo, curato di Jovençan. Nel 1886 fu rivenduta agli Impérial di Gressan, che ne sono tuttora i proprietari.

La torre si presenta come una massiccia costruzione di pietra a base quadrata, di 10 metri e mezzo di lato per un'altezza di 14 metri e mezzo, che si sviluppa su tre piani, internamente crollati.

Al corpo attuale si aggiungeva una torre centrale oggi non più visibile.

La torre è senza finestre ma ha diverse feritoie sui lati est, ovest e sud: viste dall'interno dell'edificio, esse si presentano come strombate e composte di cunei di tufo con arco a mezzo sesto.

Le mura presentano uno spessore di oltre 2 metri: 2,60 m alla base a sfinare verso l'alto fino a 2,15 metri; costruite a regola d'arte, sono ancora oggi a piombo.

Sul lato nord, la torre mostra due porte sopraelevate dal suolo, una a 5 metri di altezza, al primo piano, l'altra a 8 metri, al secondo piano: la presenza di ben due porte sopraelevate, sicuramente contemporanee alla torre, è unica in tutta la Valle d'Aosta e originale in costruzioni di questo tipo. Entrambe le porte presentano in alto un timpano cieco composto di un arco in pietra a tutto sesto mentre sul muro alla loro base si aprono ancora i fori per le travi dei due ballatoi di legno coevi, oggi scomparsi, probabilmente collegati da una scala amovibile in legno. Dal ballatoio del secondo piano partiva probabilmente una seconda scala in legno esterna, ad arrivare al cammino di ronda, che non è giunto fino a noi.

Verso la base della torre, si nota ancora una serie di fori a circa tre metri di altezza, probabilmente usati per i supporti d'appoggio di un tetto di cui non ci restano tracce. Resta da approfondire come si sviluppassero gli edifici e le mura di cinta aggiunti dai De Plantata per trasformare la torre in maniero medievale.

Riserva naturale Côte de Gargantua

La riserva naturale Côte de Gargantua è un'area naturale protetta nella valle centrale della Valle d'Aosta istituita nel 1995 sul territorio comunale di Gressan.

Secondo la leggenda, la Côte coprirebbe il dito mignolo del piede del gigante Gargantua.

La riserva si estende su una collina di origine morenica. L'ipotesi inizialmente più diffusa affermava che sarebbe stata formata dal ghiacciaio che ha scavato la valle della Dora Baltea. Un'ipotesi successiva afferma invece che sarebbe stata formata dal torrente Gressan, che discende dalla conca di Pila.

La leggenda delle morene di Gressan

Nei tempi passati, le fate regnavano sulle montagne e abitavano di preferenze le caverne, le foreste e i margini dei boschi solitari.

Nei tempi quando S. Grato governava la Chiesa di Aosta, due fate cattive avevano fissato la loro dimora sulle radure di Gressan formate da boschi, prati paludosi e laghi in miniatura. Un giorno esse partirono insieme e mascherate da povere, percorsero la città di Aosta ed i dintorni, chiedendo la carità. Ma tutte le porte si chiusero. Rifiutate da tutti a causa del loro bruttezza, esse ritornarono sulle radure e decisero di vendicarsi degli abitanti della pianura inondando la valle.

Esse fecero due palle di terra che dovevano diventando sempre più grandi per fermare le acque della Dora. Le acque avrebbero in tal modo formato un grande lago che, crescendo continuamente, e straripando avrebbe sommerso la città e la pianura. Sferruzzando scesero dalla montagna seguite da due gomitoli di terra che trasportavano pezzi di campi e di prati, e diventavano sempre più grandi.

Gli spiriti del male, non possono fare nulla senza il permesso di Dio. San Grato avvertì il pericolo che stava colpendo il suo popolo e si pose davanti alle fate vendicatrici.

I due gomitoli divennero due colline che avanzavano minacciose. L’uomo di Dio li incontrò nella parte bassa della montagna e stendendo la sua mano scongiurò gli spiriti maligni di ritirarsi. Le fate sparirono nella nebbia ma i due cumuli di terra che esse avevano trascinato rimasero sul posto e gli studiosi, ai nostri giorni, le chiamano le Morene di Gressan.

Fonte