Gressoney
(Aosta)

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Gressoney-Saint-Jean, elegante località turistica a 1385 metri di altitudine, è situata in un contesto scenografico particolarmente interessante per la vista offerta sul ghiacciaio del Lyskamm e sull’imponente massiccio del Monte Rosa

Si trova nella valle del Lys (o valle di Gressoney) a 1.385 m s.l.m. ai piedi del Monte Rosa. A est confina con il Piemonte nel territorio di Alagna Valsesia, a ovest con la Val d'Ayas. Dal capoluogo Obre Platz chiude la visuale della valle il Monte Rosa con il ghiacciaio del Lys (1078 ettari, il più esteso del versante italiano del gruppo e il secondo della Valle d'Aosta) e con le cime del Castore (4226 m), dei Lyskamm (Occidentale, 4481 m e Orientale, 4527 m) e della Piramide Vincent (4215 m). Nel territorio comunale è ubicata la stazione meteorologica di Gressoney-Saint-Jean.

La punta più alta del massiccio si trova invece più distante, a cavallo tra Macugnaga e Zermatt (Svizzera). Il versante del Monte Rosa di Gressoney, condivide le caratteristiche morfologiche del confinante versante valdostano di Champoluc: forme ampie, grandi ghiacciai, ampi pianori in quota, tutti elementi molto distanti dal pur confinante e vicino versante Piemontese la cosiddetta parete valsesiana del Monte Rosa. Qui le forme si fanno molto più aspre e grandiose: ai grandi ghiacciai si sostituiscono pareti strapiombanti e versanti a picco.

La storia di Gressoney è strettamente legata alla comunità Walser, una popolazione di origine germanica giunta in questa zona più di otto secoli or sono attraverso il Colle del Teodulo. Il patrimonio tradizionale, mantenuto vivo dal Centro Culturale Walser e dal gruppo folkloristico, si riflette ancora oggi nell'architettura originale con i tipici stadel, nella lingua parlata, il Titsch, e nel prezioso costume femminile, indossato anche dalla Regina Margherita di Savoia, che trascorreva a Gressoney le sue vacanze estive. La prima sovrana d’Italia, grande amante della montagna, diede un grande impulso allo sviluppo di questi luoghi, che divennero meta di molti turisti.

CASTEL SAVOIA - Realizzato per volere della Regina Margherita di Savoia, che soggiornava a Gressoney ospite dei baroni Beck Peccoz già dal 1889, Castel Savoia sorge ai piedi del Colle della Ranzola nella località denominata “Belvedere”, in ragione della splendida vista che da lì domina tutta la vallata fino al ghiacciaio del Lyskamm

La posa della prima pietra dell’edificio avvenne il 24 agosto 1899 alla presenza di re Umberto I il quale, assassinato a Monza un anno dopo, non avrebbe visto la conclusione dei lavori, protrattisi fino al 1904. La dimora ospitò la Regina durante i suoi soggiorni estivi fino al 1925, un anno prima della sua morte, che avvenne a Bordighera il 4 gennaio 1926. Dopo l’acquisto nel 1936 da parte dell’industriale milanese Moretti, il castello divenne proprietà della Regione Autonoma Valle d’Aosta nel 1981.

Costituito da un nucleo centrale di forma grosso modo rettangolare, cui si affiancano cinque torrette cuspidate, una diversa dall’altra, il castello fu progettato dall’architetto Emilio Stramucci (ideatore delle decorazioni neobarocche per il Palazzo Reale di Torino e il Quirinale di Roma) in stile medioevale, descritto come “stile lombardo del secolo XV”, assai in uso nella Francia e nella Savoia, regione d’origine dei sovrani regnanti.

L’esterno è rivestito in pietra da taglio grigia proveniente dalle cave di Chiappey a Gressoney, di Gaby e di Vert (Donnas).
Le 
pitture ornamentali furono realizzate dal giovane pittore e restauratore Carlo Cussetti, in seguito attivo nell’ala nuova del Palazzo Reale di Torino. I soffitti a cassettoni, le boiseries e gli arredi di ispirazione medievale sono invece opera dell’intagliatore torinese Michele Dellera, fornitore della Real Casa.

Il castello si articola su tre piani: il pianterreno con i locali da giorno, il piano nobile con gli appartamenti reali ed il secondo piano (non visitabile), riservato ai gentiluomini di corte; i sotterranei ospitano le cantine. Tutti autentici gli arredi esposti nel castello, così come le tappezzerie che ornano le pareti, in tessuto di lino e seta, decorate ad effetto chiné.

Pianterreno: gli ospiti accedono ad un vasto atrio a colonne. Si visita quindi la sala da pranzo, dalla ricca decorazione dipinta sulle pareti, sul camino e sul soffitto e rivestita da una boiserie con intagli a pergamena in stile neogotico. Il percorso si sviluppa poi attraverso la veranda semicircolare che si affaccia sulla valle e prosegue verso la sala da gioco, con il biliardo originale ed i salottini di soggiorno.

Piano nobile: un elegante e maestoso scalone in legno di rovere intagliato con grifoni ed aquile conduce agli appartamenti reali, preceduti da un atrio sul cui soffitto si legge l’iscrizione augurale “Hic manebimus optime”. Il percorso di visita raggiunge invece il primo piano attraverso la scala a chiocciola ricavata all’interno della torre di guardia. 

Nella stanza riservata al padre spirituale che seguiva i reali nelle villeggiature a Gressoney, sono esposte diverse fotografie che ritraggono la Regina ed il suo entourage durante i momenti di svago in montagna. Si procede in seguito con gli appartamenti destinati a Re Umberto I, in cui si ammirano altre curiose foto d’epoca.

L’appartamento della Regina occupa la posizione più felice ed è riccamente arredato con mobili nello stile eclettico a lei caro, provenienti in parte dalla Villa Margherita, la dimora che accolse la Sovrana in paese negli anni precedenti la costruzione del Castello; accanto alla camera è possibile osservare la stanza da bagno, mentre sul lato opposto, nella torre settentrionale, si apre un grazioso boudoir, con finti drappi dipinti alle pareti che richiamano la decorazione della sala baronale del castello di Issogne, e finestre che permettono di contemplare il magnifico panorama sul Monte Rosa e sull’intera vallata. La stanza attigua a quella della Regina, infine, è dedicata al principe ereditario Umberto II.

La meridiana, realizzata in facciata nel 1922, reca le parole augurali già riportate su un orologio solare di Cogne del 1915: “Sit patriae aurea quaevis” - “Ogni ora sia d’oro per la patria”. L’augurio, purtroppo, non sarebbe stato realizzato dagli avvenimenti drammatici avvenuti in Italia proprio in quell’anno

Le cucine, collocate in un fabbricato poco distante dal castello, sono collegate alla sala da pranzo da una Decauville sotterranea.

Il giardino botanico, inaugurato nel 1990 nel parco ai piedi del maniero, è costituito da aiuole rocciose con specie botaniche tipiche dell’ambiente alpino.

Altre dipendenze del castello sono la Villa Belvedere, in origine adibita a foresteria e gendarmeria reale, e la casetta nota come Romitaggio Carducci, dedicata al poeta che della Regina fu devoto ammiratore e cantore.

CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA - La chiesa di Gressoney-Saint-Jean, dedicata a San Giovanni Battista, si trova sulla piazza centrale del capoluogo, denominata Òbre Platz.

Il documento più antico che accerta la presenza di una chiesa sul territorio di Gressoney risale al 1380, ma la prima chiesa, secondo la tradizione, sorgeva a Gover, contro la montagna, e fu distrutta da una frana.

L'edificio risale al 1515 e costituisce la prima presenza religiosa documentata di Gressoney. È ubicato nel centro del paese, sulla piazza denominata in Greschòneytitsch "Òbre Platz", e fu costruito su un terreno donato dalla famiglia Battiany.

Della chiesa originaria ci rimane solo una parte della facciata con il portale tardo gotico in pietra lavorata sul quale, in alto, si trova un'iscrizione gotica scolpita su pietra : «HOC OPUS FECIT MAGISTER ANTHON GOYET DE ISSIMA ET CHRISTIANUS F. US EIUS. A. D. MDXV» che ci racconta che l'impresario che la costruì fu Antoine Goyet di Issime, lo stesso che qualche anno prima costruì la chiesa di Fontainemore. Nel 1731 la chiesa fu ingrandita su terreno donato anche questa volta dalla famiglia Battiany (Jean-Joseph Battiany). Furono realizzate le due ali laterali e fu sopraelevata.

La facciata principale della chiesa è caratterizzata dall'ampio tetto a due spioventi che la protegge interamente. Si dice che anticamente fosse tutta dipinta come quella di Perloz e Issime, ma non se ne hanno testimonianze certe. Oltre alle tre porte di accesso si trovano nella parte superiore numerose finestre di varie forme che permettono alla luce di penetrare all'interno e un cornicione dipinto che sottolinea la copertura. A destra della porta principale, nel 1928 fu collocato il busto della regina Margherita, in memoria del fatto che durante i suoi 36 anni di villeggiatura a Gressoney la stessa soleva recarsi qui a messa ogni domenica percorrendo a piedi il sentiero che oggi si chiama “passeggiata della Regina”.  

L'interno si presenta grandioso ed elegante. Alla navata principale si affiancano le due navate laterali separate con colonne monolitiche in granito. Il soffitti sono a volta a vela. Nel 1818 fu rialzata la volta del presbiterio e costruita una seconda sacrestia al di sopra di quella primitiva. Datano probabilmente di quegli anni i dipinti dei soffitti e delle pareti del pittore eporediese Giovanni Stornone. I dipinti assumono in pieno la tradizione della pittura sacra come si era andata codificando dalla fine del Cinquecento che recepiva le indicazione della Chiesa dopo il Concilio tridentino. I dipinti infatti consentono una lettura semplice ed immediata dei fatti narrati e sono impostati in modo decoroso ed equilibrato. Le tonalità delicate e la leggerezza delle stesure rendono gradevoli questi inserimenti nel contesto.

Il pittore Nino Pirlato chiamato a restaurare i dipinti nell'anno 1955 modificò le originarie decorazioni in stile classico delle lesene (cornici geometriche e foglie d'acanto) e dei cornicioni introducendo ornamenti con motivi di conchiglie in stile neobarocco, e sostituì il grande dipinto di San Giovanni (seicentesco) che medita nel deserto sopra l'altare e i due medaglioni laterali con quelli ancora visibili oggi.  

L'altare maggiore in marmo a diversi colori proviene dall'antica chiesa di San Francesco di Ivrea che fu soppressa dalle leggi napoleoniche nel 1812. Dei gressonari della famiglia De La Pierre l'acquistarono per farne dono alla loro chiesa nel 1818. Sopra l'altare, durante i periodi liturgici di San Giovanni e di Natale vengono poste quattro statue settecentesche raffiguranti Maria, San Giuseppe, Elisabetta e Zaccaria. Sopra lìaltare si trova una grande tela raffigurante San Giovanni Battista che medita nel deserto e i due medaglioni laterali (questi dipinti furono sostituiti con altri analoghi durante l'intervento di Pirlato. La Parrocchia possiede anche una reliquia di San Giovanni portata qui dalla Germania nel primo ottocento da un altro parrocchiano.

Dopo il Concilio Vaticano II e la necessità di ristrutturare alcune parti del presbiterio per far fronte alle nuove indicazioni liturgiche fu soppressa la balaustra in marmo che separava il presbiterio dal resto della chiesa con parte delle colonnine della stessa fu realizzato l'altare al centro del coro.  

Vi sono altri quattro altari laterali: notevole per la composizione plastica quello del S. Rosario, in legno intagliato e in gran parte dorato, con la statua della Madonna al centro che reca la data del 1662 circondata da 14 cornici contenenti le raffigurazioni dei misteri del Rosario. Il mistero dell'Annunciazione è raffigurato in proporzioni più grandi in alto. Le altre due statue che raffigurano S. Domenico e Santa Caterina sono recenti e realizzate dallo scultore valdostano Siro Viérin perché le originarie sono state rubate nel 1975.

Anche gli altri altari risalgono al settecento e costituiscono dei pregevoli esempi di scultura lignea policroma. Quello nella navata destra è dedicato a San Sebastiano, e ai lati troviamo San Grato e San Lorenzo Martire, mentre in alto c'è San Giuseppe col bambino.

Nella navata di sinistra si trovano invece gli altari dedicati a Sant'Antonio con San Grato e San Pantaleone, e quello dedicato a Santa Caterina tra Sant'Anna e San Giuseppe.  

Caratteristici i banchi in legno di larice settecenteschi con le testate scolpite che richiamano motivi bavaresi. In quel tempo la Baviera era luogo terminale dei commerci attuati dai Gressonari e alcuni rami di famiglie vi presero anche la residenza.

Il campanile, costituito da una torre in pietra a vista, con semplici feritoie fino alla cella campanaria con bifore con archi a pieno centro. Esso seguì l'evoluzione della chiesa: poiché l'intervento di ampliamento del settecento gli fece perdere le primitive proporzioni, si provvide nel 1771 alla sua sopraelevazione (dieci metri), nel 1870 furono stanziati dei fondi dal comune per l'acquisto di alcune campane e dell'orologio, quindi fu ulteriormente innalzato nel 1903 quando fu mutata anche la parte terminale originariamente in stile lombardo e fu sostituita da una cuspide piramidale ricoperta in rame sormontata da una croce e un gallo. Questo intervento contribuì ad aumentare la sua slanciatezza.

Nel 1866 vi si trovava ancora una campana del 1554 rinomata oltre che per la sua veneranda età anche per il suo timbro musicale che fu poi rifusa. Attualmente nella cella campanaria si trovano 7 campane tutte distese, due delle quali regalate dalla famiglia Beck Peccoz nel 1914, fuse da Paccard a Ginevra, e due comperate nel 2005 per completare il concerto di campane che adesso possono suonare in fa diesis.  

Nella cantoria si trova un organo, un Vegezzi Bossi, che è stato donato dalla regina Margherita nel 1895. I Vegezzi Bossi appartengono a una grande famiglia di organari che risale al 1550.  

All'inizio della navata sinistra, nel 1983 è stato allestito un piccolo museo nella nicchia dove era situato l'antico battistero. Esso concilia la protezione museale delle opere d'arte sacra con la funzione devozionale delle stesse. Antiche sculture lignee sono ancora in grado di comunicare una severa religiosità nel pianto silenzioso della Madonna addolorata seduta con il corpo del Cristo morto sulle ginocchia o nel composto dolore del Cristo di questo crocifisso che potrebbe datare addirittura del XIII secolo. La statua della Madonna con il bambino era situata nell'oratorio del villaggio di Valdobbia, dove fu rubata nel 1960 e in seguito ritrovata e collocata nella chiesa. Data del XIV secolo.

Si possono inoltre ammirare i virtuosismi dei maestri argentieri impegnati nella realizzazione di preziosi reliquiari, calici, pissidi, ostensori, croci astili tutti antichi e alcuni di provenienza tedesca. Tra tutti, il pezzo più prezioso consiste nella croce astile di scuola fiorentina di Lorenzo Ghiberti risalente al XVI sec.

Di particolare pregio artistico e interesse storico sono le opere donate da Jean-Nicolas Vincent e dai suoi eredi riguardanti la famosa collezione di vetrate medievali tedesche e svizzere possedute e raccolte dallo stesso Jean Nicolas Vincent tra la Svizzera, l'Italia e la Germania nel corso del XIX secolo.  

Antistante la chiesa si trova il sagrato, suggestiva piazzetta delimitata da un porticato dietro al quale si snodano le edicole della via Crucis costruito nel 1626. Al centro si trova la croce in pietra dell'antico cimitero (eretta nel 1735 e consacrata durante la missione del 1777).

Infatti, secondo l'uso antico, il cimitero stava proprio in questo luogo, come lo dimostrano le lapidi in pietra dissepolte, molte delle quali del XVII secolo. Le cappelle delle stazioni (in Greschòneytitsch, d'Gheimnisse) erano state dipinte dal famoso pittore gressonaro Curta, ma tali pitture sono andate perse.

Possiamo ammirare per esempio la pietra tombale datata 1629 in cui è scolpito il “Chremer-Zeiche”, cioè l'"emblema dei mercanti", al centro il simbolo di Mercurio, considerato nella remota antichità il protettore dei mercanti, ai lati le foglie di quercia, mentre al centro l'agnello è il simbolo di San Giovanni protettore della parrocchia. In quei tempi vi era anche l'abitudine di seppellire i morti sotto il pavimento stesso della chiesa come si è potuto constatare anche da recenti lavori di sostituzione del pavimento in legno quando si ritrovarono parecchi scheletri.

Nei primi anni dell'800 si ampliò il cimitero sul lato est e sud della chiesa, dove ancor ora si trovano le lapidi più antiche e belle. L'ultimo ampliamento avvenne nel 1877 con l'acquisto del terreno a nord della chiesa parrocchiale, terreno che apparteneva a Johann Jacob Bonda. Il comune fece fronte alle spese dell'acquisto e dei lavori di sistemazione e di recinzione con una sottoscrizione fra tutti gli abitanti di Saint-Jean. I 171 posti del nuovo cimitero furono assegnati alle famiglie per estrazione a sorte, in data 14 novembre 1886. Contemporaneamente venne steso un regolamento d'uso, in parte ancora in uso.

VILLAGGIO WALSER DI ALPENZU - Posizionato su una panoramica balconata naturale, il villaggio di Alpenzu racchiude in sé le peculiarità dell'architettura Walser, tra cui spiccano gli stadel, edifici rurali che poggiano su colonne a forma di fungo. Degni di nota sono anche i villaggi di Noversch ed Ecko.

L’itinerario consiste in una piacevole passeggiata in destra orografica della valle di Gressoney, ora nel bosco, ora sui pascoli, che tocca i villaggi di Alpenzù piccolo e Alpenzù grande, dove l’architettura Walser è rimasta mirabilmente conservata. A fare da sfondo il grandioso spettacolo del massiccio del Monte Rosa. I due villaggi si trovano sul percorso del Grande Sentiero dei Walser, l’itinerario percorso dalle popolazioni d’oltralpe che, a partire dal XII secolo, migrarono verso la Valle d’Aosta attraverso le montagne.

ALPENFAUNAMUSEUM BECK-PECCOZ - Il museo ospita una ricca collezione di trofei di caccia, armi antiche, preziosi cimeli di famiglia e pubblicazioni inerenti la fauna e la flora alpina.

Gressoney-La-Trinité è l’ultimo centro abitato alla testata della valle percorsa dal torrente Lys, situato a 1627 metri di altitudine in una vasta conca dominata dal ghiacciaio del Lyskamm della catena del Monte Rosa. Nel Medioevo questa località appartenne ai vescovi di Sion e fu popolata da pastori precedentemente transitati in territorio vallese, a cui devono il loro nome: i Walser, una popolazione di origine germanica giunta in questa zona più di otto secoli or sono attraverso il Colle del Teodulo. La loro cultura si riflette ancora oggi nelle usanze, nell’architettura tradizionale con i tipici stadel, nella lingua parlata, il Titsch, e nel prezioso costume femminile, simbolo della tradizione Walser e indossato dalle donne di Gressoney nelle occasioni importanti, famoso per la sua bellezza ed eleganza.

ECOMUSEO WALSER - Il museo propone un viaggio alla scoperta del Walser, attraverso la visita di tre strutture: un’antica casa rurale del 1700, la casa museo con mostre permanenti e la Baita di Binò Alpelté, un piccolo alpeggio costruito al riparo di un masso naturale che funge da tetto.  

La visita all’ecomuseo attraversa tre strutture che offrono l’opportunità di un viaggio alla scoperta della cultura walser:

Casa Rurale - Puròhus - Antica casa rurale del 1700 che ripropone l’autentica atmosfera di una tipica abitazione walser con il suo “Wohngade”, la stalla-abitazione. Il Wohngade, un tempo cuore pulsante dell’attività lavorativa, comprende una parte adibita a ricovero degli animali ed una riservata all’abitazione umana, separate tra loro da una divisoria in legno. La coabitazione era finalizzata allo sfruttamento del calore animale. Visitabile anche la bella cantina a volta e il fienile con gli attrezzi da lavoro.

Casa Museo - Pòtzschhus - Negli ambienti di questo “stadel”, nome dialettale della tipica casa walser, sono allestite mostre permanenti dedicate al territorio. Nella sala del Monte Rosa, si raccontano l’evoluzione dei ghiacciai nel tempo, la storia della conquista delle cime e dei suoi protagonisti, l’evoluzione tecnica alpinistica, la storia dei rifugi e l’affascinante impresa della posa del “Cristo delle Vette”, la grande statua in bronzo posta sul ghiacciaio del Rosa a 4170 metri. Vi è poi una sezione dedicata alla storia e alla funzione dei due laboratori scientifici “Istituto Angelo Mosso” e “Regina Margherita” (quest’ultimo allestito nell’omonimo rifugio, il più alto d’Europa, a 4554 metri), sedi dei primi studi degli effetti dell’altitudine sull’uomo. Un'area è dedicata anche alla Krämertal - La Valle dei Mercanti Walser. Presso la sala al primo piano, sede anche dell'Office Régional du Tourisme, si può ammirare un’esposizione sulla storia del costume locale, famoso per la sua bellezza ed eleganza.   

Baita di Binò Alpelté - Si tratta della terza struttura dell’Ecomuseo, costituita da una casetta sita in località Binò e destinata un tempo, da giugno alla fine di settembre, allo sfruttamento dei pascoli situati nelle vicinanze del capoluogo. L’edificio è formato da due fabbricati contigui, costruiti al riparo di un unico masso naturale, la “balma”, che funge da tetto e li protegge dalla caduta di valanghe e di pietre, a cui la zona è esposta durante l’inverno e la primavera. Lo spazio più ampio veniva utilizzato per il ricovero notturno di una ventina di capi, tra bovine adulte da mungitura e vitelli, mentre l’altro era adibito alla lavorazione del latte. 

La Baita è aperta solo nel periodo estivo secondo disponibilità ma raggiungibile anche in autonomia seguendo il sentiero n. 15.

CHIESA PARROCCHIALE DELLA SANTISSIMA TRINITA' - La chiesa fu costruita nel 1671 sulle fondamenta di un preesistente edificio del XV secolo. Degni di nota l’altare maggiore ligneo in stile barocco e il cimitero adiacente alla parrocchia con le sue antiche lapidi in pietra, fatte a mano da scultori locali.

Fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1702, la chiesa è intitolata alla Santissima Trinità, ma ha per patrono San Francesco Saverio, non potendosi attribuire il titolo patronale delle Tre Divine Persone.

Elementi interessanti:

- l’altar maggiore, coevo alla chiesa, in stile barocco con qualche reminiscenza rinascimentale. Realizzato in legno dorato e dipinto, intorno alla metà dell’800 è scampato ad un incendio

- il tabernacolo a ruota del 1704

- la lampada ornamentale in rame argentato e dorato, risalente al 1695.

Nel 1975 la chiesa ha subito un furto di gravi proporzioni; alcune opere rubate sono state rimpiazzate da statue realizzate dallo scultore Siro Viérin, mentre altri lavori provengono dalle cappelle locali, come le due statue collocate sull’altare di San Giuseppe, originariamente site nella cappella di Tschaval.

La torre campanaria, contemporanea alla chiesa, s’innalza per circa 30 metri. La cuspide risale al 1819 e presenta una particolare forma a cipolla, sormontata da una boccia in rame e da una croce; la struttura è in legno ricoperto da ferro zincato. Inizialmente era dotata di tre campane, a cui ne furono aggiunte altre tre nel 1933. L’intero concerto campanario, rinnovato ed inaugurato nel 1992, con le sue dodici campane risulta essere il più completo di Piemonte e Valle d’Aosta. Nella piazza della Chiesa è esposta la più antica campana di sicura datazione dell’antico concerto.

Adiacente alla Chiesa, il cimitero è degno di nota per l’antichità e la qualità delle lapidi di pietra, fatte a mano, opera di scultori e scalpellini del posto, ma soprattutto per la bella croce in pietra che vi campeggia, fatta erigere dal reverendo parroco Valentino L. De La Pierre nel 1722.

CAPPELLE - Il territorio di Gressoney-La-Trinité ospita numerose cappelle, testimonianza dell'importanza della religione nella vita tradizionale delle comunità alpine, tra cui quella di Oagre, dedicata alla Madonna delle Nevi.

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