Morgex
si trova
nell'alta Valle
d'Aosta, al
centro della Valdigne.
Il comune è
attraversato
dalla Dora
Baltea.
Il
toponimo Morgex
è la francesizzazione del
termine del patois
valdostanomeurdzìe,
che indica
genericamente un
mucchio di
pietre
e in particolare
dei muretti di
pietre raccolte
nella Dora
Baltea con
il fine di
separare le
proprietà tra i
vigneti.
Secondo
la pronuncia del patois
valdostano,
il nome
"Morgex"
va pronunciato
omettendo la
"x"
finale, quindi
"Morjé",
come per molti
altri toponimi e
cognomi
valdostani e
delle regioni
limitrofe (la Savoia,
l'Alta
Savoia e
il Vallese),
che spesso
vengono
erroneamente
pronunciati, sia
dagli italofoni
sia dai
francofoni.
In
epoca romana,
Morgex era
denominato Moriacium.
Altri toponimi
tramandati sono Morgentia e Morgentium.
È anche
attestata alla
fine del XVI
secolo la forma
italiana Morgiazzo sulla
carta geografica
del Piemonte realizzata
da Giovanni
Antonio Magini.
Altri
toponimi di
questo comune si
riferiscono a
degli elementi
naturali:
Biolley
= "luogo di
betulle"
Marais
= "luogo
paludoso"
La
Ruine =
"rovina",
zona interessata
da un'alluvione
del rû
de Colombaz.
Da
Morgex, in epoca
romana,
passava la via
delle Gallie, strada
romanaconsolare fatta
costruire da Augusto per
collegare la Pianura
Padana con
la Gallia.
Sotto il dominio
dei Savoia,
Morgex fu sede
della mistralia della Valdigne.
Numerosi i
passaggi dei
Savoia nel
borgo. Nel 1318 il ducaAmedeo
V concesse
a Morgex le
franchigie.
Morgex
è stato sede
cantonale
all'interno
dell'arrondissement
d'Aoste, dal 1802 al 1814.
Nel
1861, Morgex
entrò a far
parte del Regno
d'Italia,
venendo incluso
nel Circondario
di Aosta della provincia
di Torino.
Nel 1927 venne
istituita la provincia
di Aosta e
Morgex ne fece
parte
integrante. Due
anni più tardi
venne fuso col
comune de La
Salle formando
un nuovo comune
denominato «Valdigna
d'Aosta». Il
comune di La
Salle si
ricostituì nel
1935 col nome
italianizzato di
«Sala Dora»,
mentre Morgex
venne rinominato
«Valdigna
d'Aosta». Dal
1946 fa parte
della regione Valle
d'Aosta con
la denominazione
originaria.
Monumenti
e luoghi
d'interesse
CASTELLO
PASCAL DE LA
RUINE - Il
castello è
situato nel
comune di Morgex,
in
località La
Ruine,
strategicamente
sopraelevata
rispetto
all'abitato e
attraversata da
un torrente. Il
castello,
secondo lo
storico
valdostano Jean-Baptiste
de Tillier,
sarebbe stato
fatto costruire
dal notaio Jean
Pascal de la
Ruine attorno al 1450, ipotesi supportata dalla presenza all'interno di una serratura in ferro
battuto
rappresentante
una cicogna e
datata 1457.
Il
castello è un
complesso
composto da vari
edifici: sul
lato est si
trova l'edificio
più antico,
ovvero una casaforte con
finestre in
pietra lavorata
e architravi
lignei.
CASAFORTE
BOZEL AL VILLAIR
- La casaforte
Bozel è
una casaforte medievale
che sorge a est
della frazione
Villair di Morgex,
in Valle
d'Aosta. Nello stesso comune si trovano anche il coevo castello
Pascal de la
Ruine e
la più nota tour
de l'Archet.
È di proprietà
privata e non
visitabile.
Secondo Carlo
Nigra alcuni elementi architettonici (come la forma delle mensole
dell'architrave
sopra la porta
del primo piano)
fanno supporre
che la casaforte
risalga al XIII
secolo,
in contrasto con
il resto
dell'architettura
che ha un
aspetto che la
porterebbe a una
retrodatazione.
L'edificio
prende il nome
dalla famiglia de
Bosellis,
originaria della Tarantasia e
detta in seguito Bozel (o Bozet),
che qui ebbe la
sua casaforte
tra il XIV e
il XVII
secolo,
quando si
estinse.
La Valdigne,
in epoca
medievale
apparteneva alla
giurisdizione savoiarda ma era governata a livello locale da numerosi feudatari di cui si
conservano le
caseforti
distribuite sul
territorio. Lo
storico de
Tillier,
nel suo Historique
de la Vallée
d'Aoste annovera
la casaforte
Bozel tra le più
importanti del Mandement
Royal de
Valdigne all'epoca
delle Signorie.
La
casaforte Bozel
è tra le
architetture
medievali scelte
dall'architetto Francesco
Corni per una delle sue fedeli riproduzioni.
La
casaforte ha
ingresso a sud
ed è alta due
piani; a questi
e al pianterreno
si sommano un
sottotetto e un
probabile
sotterraneo.
Le
sue
caratteristiche
più evidenti
sono la presenza
delle notevoli bifore in
pietra presenti
sulle facciate
di sud, nord ed
est; in
particolare, la
bifora
settentrionale
costituisce
l'affaccio di
una finestra con
due sedili
laterali, tipici
dell'architettura
medievale.
Sul muro di
ponente sono
presenti anche
due latrine aggettanti e sfasate in verticale, una per piano.
All'angolo di
sud-ovest ci
sono indizi di
una caditoia.
Un'iscrizione
su pietra
inserita nel
muro reca la
data 1751.
La
casaforte un
tempo aveva una cinta
muraria di cui si conserverebbe solo la porta di accesso.
Oggi
versa in stato
di degrado per
la presenza di
baraccati
addossati alla
struttura
antica.
Carlo
Nigra riporta
dalle Memorie
manoscritte di Alfredo
D'Andrade il
buono stato
dell'edificio,
in cui si
conservavano
"i solai e
gli antichi
camini e i
vecchi armadi
con le loro
imposte"
nonché, nel
muro
settentrionale,
"una delle
mensole in
legno" che
reggeva la scala
del ballatoio
che conduceva
alla porta
d'ingresso. In
particolare, il
camino meglio
conservatosi
aveva una
cornice lignea
rinforzata da
cerniere in
ferro.
Non
sono presenti
studi recenti
sugli interni.
TOUR
DE L'ARCHET
- Il castello
prende il nome
dall'antica
famiglia de
l'Archet (in
precedenza de
Arculo) i
quali erano
originari di
Aosta dove
avevano adattato
a loro residenza
l'Arco
d'Augusto,
di epoca romana.
Il
nucleo primitivo
della torre
risale con tutta
probabilità
alla fine del X
secolo e
sono considerate
una delle più
antiche
costruzioni
della Valle
d'Aosta.
Della
costruzione
originaria, oggi
rimane solo una
torre e un
complesso di
casaforte di
base. L'edificio
è merlato e
presenta su un
lato un portale
in pietra sul
cui architrave
è scolpito un
doppio arco
sormontato da
una piccola
finestra in
pietra con lo
stemma della
croce di Savoia.
La
tour de l'Archet
presenta
numerose
analogie
architettoniche
con altre torri
valdostane, come
la tour
de la Plantaz di Gressan e
la tour
de Ville di Arnad: le mura di spessore notevole (oltre 2 m), la struttura massiccia e la
tecnica
costruttiva,
ossia l'uso di
due paramenti
con opera
centrale a
sacco.
Lo
studioso di castellologia valdostana André
Zanotto ipotizza che una struttura più massiccia e perfezionata sia dovuta al
fatto che tutte
e tre le torri
sorgono in
posizioni
pianeggianti,
quindi senza
difese naturali.
Nel 2010 si
è concluso un
restauro globale
alla struttura.
Qui
trovano sede la Fondazione
Centro di studi
storico-letterari
Natalino Sapegno e
il bibliomuseo
del fumetto a
conservazione e
studio dei
trentamila pezzi
della Collezione Mafrica.
FORTIFICAZIONE
DEL COLLE SAN
CARLO E DEL
COLLE DELLA
CROCE
Le fortificazioni
del Colle San
Carlo,
insieme alle
fortificazioni
al Colle della
Croce,
fanno parte del Caposaldo
Colle della
Croce - Colle
San Carlo,
uno dei capisaldi del Vallo
alpino
occidentale volti
a fronteggiare
un eventuale
nemico
proveniente dal Piccolo
San Bernardo.
Esse si
compongono delle opere 12, 14 e 15 e della batteria della
Testa d'Arpy e
se ne incontrano
le rovine tra il colle
omonimo e
la Testa
d'Arpy (o Tête d'Arpy), nel comune valdostano di Morgex.
La
prima opera in
caverna del
Colle San Carlo
(1970 m s.l.m.)
è raggiungibile
in pochi minuti
dal parcheggio
nei pressi del
bar La
Genzianella,
lungo la strada
per il Colle
San Carlo,
seguendo il
segnavia numero
15 per il lago
d'Arpy.
La batteria
della Testa
d'Arpy (2017 m
s.l.m.), che
prende il nome
dalla vetta
omonima, si trova sul balcone panoramico detto Belvedere con vista su Courmayeur e
sul massiccio
del Monte
Bianco,
poco distante
dal Colle
San Carlo,
ed è
raggiungibile
dallo stesso
punto di
partenza
indicato per le
altre opere.
Se
le prime
fortificazioni
moderne in Valle
d'Aosta sono
realizzate già
a partire del
1924, è solo
nella seconda
metà degli anni
Trenta del
Novecento che
vengono
costruiti nuovi
fortini e
rimodernate le
strutture
esistenti per il
vallo alpino:
nel territorio
di Morgex
vengono quindi
edificate alcune
opere di tipo
7000,
ma è solo nel
1941 che per
rafforzare il
sistema
difensivo della
direttrice del
Piccolo San
Bernardo sulle
linee di confine
è progettata
una prima linea
arretrata sul Colle
San Carlo o Colle
d'Arpy. All'entrata
in guerra
dell'Italia, nel
giugno 1940,
nessuna opera di tipo
15000 come
quelle del Colle
San Carlo è già
stata completata
ma i lavori
proseguono fino
al 1942 quando
sono
definitivamente
abbandonati.
Alla
fine del
conflitto
bellico, secondo
le direttive dei Trattati
di Parigi del
1947,
molte strutture
sul confine sono
distrutte o, per
motivi
economici,
semplicemente
disarmate e
abbandonate.
Tutta
l'area delle
fortificazioni
è censita a
catasto al
foglio 48 del
comune di
Morgex, la
caserma al n.
153, il
belvedere d'Arpy
è compreso nel
vastissimo
mappale 155.
Di
facile accesso,
l'opera
in caverna all'interno
della collinetta
che separa il vallone
d'Arpy dalla valle che porta al Piccolo
San Bernardo si
raggiunge in
pochi minuti,
prendendo il
sentiero numero
15 e scendendo
alcuni metri di
scarpata
ingombri di
macerie.
Si
presenta
all'esterno con
un ingresso
discreto ma
danneggiato. A
causa dello
scoppio
della seconda
guerra mondiale l'opera
è rimasta
incompiuta e, al
termine del
conflitto, come
previsto dalle
condizioni di
pace alcune
parti vennero
minate e fatte
saltare. Nelle
strutture
restanti in
cemento armato e
i pavimenti sono
ancora in buono
stato.
All'interno
della montagna,
una grande
galleria a
"L"
serviva le
batteria che
dovevano
impedire al
nemico l'accesso
a Morgex e alla
bassa Valle
d'Aosta.
A
cinque metri
dall'entrata si
trova a desta un
corridoio che dà
accesso ad una
stanza di circa
cinque metri per
quattro. Il
corridoio le
gira intorno su
tre lati dopo
essere sceso di
tra gradini si
interrompe. Nel
muro vi sono due
feritoie dalle
quali si
vigilava
sull'entrata del
fortilizio.
Tornando
indietro verso
l'ingresso si
accede al grande
camerone a volta
largo circa
quattro metri
che penetra in
profondità
nella collina.
Alla fine dello
stanzone si
trova il
corridoio lungo
una trentina di
metri che porta
alla parte
centrale del
bunker: uno
stanzone a
"L"
dal quale
partono i
corridoi
d'accesso alle
postazioni di
fuoco che sono
state minate in
conseguenza del
trattato di pace
con la Francia.
Dall'altro
braccio della
"L"
inizia il
corridoio lungo
una decina di
metri che porta
alla seconda
entrata della
fortezza. Si
percorre un
camerone gemello
a quello
d'ingresso dal
quale di accede
alla postazione
di difesa
dell'entrata,
alla cameretta e
al corridoio
d'entrata che è
stato murato e
si è mantenuto
in ottime
condizioni. Vi
si trova ancora
il fosso,
potenzialmente
colmo d'acqua,
che doveva
proteggere la
porta d'accesso.
Fuori
dal forte, sulla
cima della
collinetta si
vedono i due
crateri un tempo
collegati al
sotterraneo e i
resti dei muri a
secco della
fortificazioni.
Seguendo il
crinale verso
sud-ovest si
arriva alla casamatta parzialmente
demolita
collegata da un
corridoio ai
sotterranei.
Il
Belvedere d'Arpy
si raggiunge a
piedi partendo
dal parcheggio
vicino al bar La
Genzianella.
Dapprima si
passa vicino
alla vecchia
caserma dei Carabinieri
Reali che
ospitava la
guarnigione di
difesa del Col
San Carlo, alle
cui spalle si
trova il bunker
minato, e si
prosegue lungo
la vecchia
strada militare
che percorre
tutto lo
spartiacque tra
il vallone
d'Arpy e la valle che sale al Piccolo
San Bernardo.
A circa metà
strada si arriva
al bivio che
porta ai
ripetitori,
oltre i quali si
trovano alcuni
sbancamenti
predisposti per
opere di difesa
mai eseguite.
Scendendo sul
versante est si
raggiunge il
Belvedere con
vista su Courmayeur e
il massiccio
del Monte Bianco.
Percorrendo
l'altro lato
parte si arriva
ai tre fori
d'entrata dell'opera
in caverna.
La
parte centrale
è composta da
una galleria ad
anello larga
circa quattro
metri e
rivestita da
calcestruzzo su
cui si innestano
i corridoi che
avrebbero dovuto
condurre ai
malloppi verso
il Piccolo San
Bernardo.
Sull'altro lato
della cresta si
trovano gli
scavi per i due
ingressi gemelli
mai completati.
Questi corridoi
sono ancora in
massima parte a
livello di
scavi, alcuni
sono stati minati.
In alcuni tratti
è era stato
completato il
pavimento e
s'era cominciato
a costruire muri
perimetrali
interrotti a
poco meno di un
metro di
altezza.
Ai
piedi della
pietraia che
scende
dall'ingresso
centrale alto
del vallone
d'Arpy si
trovano due
portali
appaiati, larghi
circa un metro e
mezzo e alti
due,
probabilmente
usati come
basamento della
teleferica
impiegata nella
costruzione
delle
fortificazioni.
La
caserma della
Testa d'Arpy era
il ricovero per
una compagnia e
per servizi
diversi.
Da
una tavola in
scala 1:200,
datata 19
febbraio 1915 e
pubblicata nel
1996 risulta
che la caserma
ospitava al
piano terreno,
procedendo da
destra verso
sinistra, la
sala convegno
caporali e
soldati, la
scala per
l'alloggio
ufficiali, la
latrina
sottufficiali,
il corridoio che
separava la
camera dei
marescialli da
quella dei
sottufficiali, 4
camere di
dormitorio per
la truppa, le
latrine, il
lavatoio, la
scala per la
truppa, il
corridoio che
disimpegnava la
cucina dal
magazzino viveri
e sul retro i
magazzini e la
scala per
l'infermeria.
Al
piano primo,
procedendo da
sinistra verso
destra, si
trovavano
l'infermeria, la
relativa latrina
e la sala visite
mediche,
l'ufficio e il
magazzino di
compagnia con
quattro camerate
lavatoio e
latrina, un
corridoio che
separava la
cucina e la
mensa ufficiali
da una delle
camere ufficiali
e intorno alla
scala di destra
la latrina e 4
camere per
ufficiali.
Le fortificazioni
del Colle della
Croce,
insieme alle fortificazioni
del Colle San
Carlo, fanno
parte del Caposaldo
Colle della
Croce - Colle
San Carlo, uno
dei capisaldi del Vallo
alpino
occidentale volti
a fronteggiare
un eventuale
nemico
proveniente dal Piccolo
San Bernardo.
Esse si
compongono delle opere 9
e 10 che
nel paesaggio si
sommano ai resti
delle
fortificazioni
già presenti in
zona. Se ne
incontrano le
rovine tra il colle
omonimo e
la Punta
della Croce,
lungo la dorsale
che dal Mont
Cormet arriva
fino al Colle
San Carlo, al
confine tra i
comuni valdostani di Morgex e La
Thuile.
Vi
si accede a
piedi dal
parcheggio
vicino al bar La
Genzianella,
lungo la strada
per il Colle San
Carlo, seguendo
le indicazioni
del segnavia
numero 15 per il lago
d'Arpy.
All'inizio
del XVII secolo
il principe Tommaso
di Savoia fu
incaricato dal
padre Carlo
Emanuele I di
governare la Savoia e
difendere i
passi alpini che
conducevano in
Piemonte dalle
truppe francesi
di Luigi
XIII, il padre
del Re
Sole. Nel 1628
l'esercito
francese attaccò
la Savoia e due
anni dopo Luigi
XIII entrò a Chambéry,
capitale del
ducato.
Il
principe Tommaso
fece fortificare
il colle del
Piccolo San
Bernardo in
tutta fretta,
con l'obiettivo
di difendere il Ducato
di Aosta e
ritardare
l'avanzata
dell'esercito
francese che
gli era
nettamente
superiore sia in
uomini che in
mezzi. Furono
scavati dei fossati rinforzati
da muri in
pietra a secco:
la prima linea
di difesa fu
realizzata sul
colle, la
seconda a La
Thuile da cui si
controllava sia
la Grande
Route (Grande
Strada) che
scendeva a Pré-Saint-Didier sia
la strada per Morgex.
Nel
1661 queste
modeste difese,
benché fossero
state rinforzate
all'inizio delle
ostilità,
vennero spazzate
via dalle truppe
del Re Sole che
dilagarono in
Valle d'Aosta.
Nei documenti
dell'epoca si
legge che in
mancanza di
meglio erano
stati approntati
per la loro
difesa dei
cannoni in legno
di larice
rinforzati da
cerchiature in
ferro.
Nel
1704, durante la guerra
di successione
spagnola che
portò
all'assedio di
Torino, malgrado
i restauri e le
migliorie
apportate alle
fortificazioni,
il duca di
La Feuillade,
comandante delle
truppe del Re
Sole, forzò il
passo.
Con
la pace di
Utrecht del 1713 i
Savoia assursero
alla dignità
regia, Carlo
Emanuele III ordinò
i nuovi lavori
di
fortificazione
che iniziarono
nel 1743: furono
costruite 3
ridotte e un
baraccone per il
ricovero delle
truppe al colle
del Piccolo San
Bernardo, si
procedette al
rifacimento dei trinceramenti
del Principe
Tommaso a
La Thuile, alla
chiusura della Valgrisenche e
della Val
Veny al Lago
Combal dove
vi erano già
dei vecchi
trinceramenti.
Negli
anni 1793-1794
furono
approntate nuove
opere militari
per difendere il
Ducato di Aosta
dall'esercito
della Repubblica
Francese. Al Mont
Valesan fu
prevista una
ridotta forte di
200 uomini e 2
cannoni, nel
1794 fu ultimata
la strada tra
Morgex e i
trinceramenti
del Principe
Tommaso che
passava per il
Colle San Carlo,
opera pensata
per il
trasferimento
rapido di viveri
e artiglieria.
A
tal proposito si
ricordi che nel
1691 la Via
Nuova collegava
Prarion a
Petozan passando
a valle della Testa
d'Arpy, la Via
Vecchia era
tracciata ancora
più in basso e
attraversava
Molliex mentre
l'attuale SS
26 venne
aperta solo nel
1873.
Nel
1795 i francesi
attaccarono di
sorpresa le fortificazioni
al Col du Mont,
le conquistarono
e dopo di esse
caddero anche le
trincee del
Principe
Tommaso.
Al
termine delle
ostilità le
popolazioni
interessate
chiesero di
provvedere alla
bonifica del
territorio
fortificato, fu
stabilito di
conservare la Casa
Forte di Fouillé e
il Forte
Nicolon al
Colle della
Croce. Le altre
opere, tra le
quasi si
annoverano i
trinceramenti
della Butte du
Parc, il campo
del Principe
Tommaso, quelli
del Comballe e
dell'Arp Vieille
vicino al lago
dell'Aile
Blanche, furono
lasciate nella
disponibilità
dei proprietari
dei terreni.
Un
piccolo
magazzino sul
colle[3] e
una ridotta
orientale al
Colle della
Croce sono
databili tra il
1691 e il 1704,
riferibile ai
lavori
d'Estienne-
Arnod
(Théraz,
ridotta Nicolon,
baraccone
St-Maurice e
Colle Croce).
Se
le prime
fortificazioni
moderne in Valle
d'Aosta sono
realizzate già
a partire del
1924, è solo
nella seconda
metà degli anni
Trenta del
Novecento che
vengono
costruiti nuovi
fortini e
rimodernate le
strutture
esistenti: nel
territorio di
Morgex vengono
quindi edificate
alcune opere di tipo
7000, ma è solo
nel 1941 che per
rafforzare il
sistema
difensivo della
direttrice del
Piccolo San
Bernardo si
costruiscono
opere di tipo
15000, ma ciò
non riguarda il
Colle della
Croce. Con
l'arrivo della seconda
guerra mondiale la
costruzione
venne interrotta
e varie opere
del vallo alpino
restarono
incompiute. Alla
fine del
conflitto
bellico, secondo
le direttive dei Trattati
di Parigi del
1947, molte
strutture sul
confine sono
distrutte o, per
motivi
economici,
semplicemente
disarmate e
abbandonate.
Negli
anni 2010,
nell'ambito del
programma di
Sviluppo Rurale
2007-2013 del FEASR,
i comuni di
Morgex e La
Thuile hanno
realizzato la
valorizzazione
turistica dei
sentieri delle
fortificazioni
con il progetto
"Balades à
deux voix: entre
histoire et
nature".
Per le
fortificazioni
al Colle della
Croce sono stati
posti due
pannelli
turistici, nei
pressi delle
rovine dei due
fortini.
Prendendo
la pista
forestale
indicata dal
segnavia numero
15 per il lago
d'Arpy dopo
una decina di
minuti si
incontra
l'ingresso di una
fortezza
sotterranea scavata
nei primi anni
della seconda
guerra mondiale.
Si
prosegue fino
alla
biforcazione
che, presa a
destra, indica
il Colle
della Croce, e
si continua
salendo i
fianchi della
dorsale sassosa
che separa il vallone
d'Arpy dalla
valle che sale
al Piccolo
San Bernardo. Continuando
lungo la strada
militare, a
tratti sostenuta
da alcuni muri
in pietra a
secco, si arriva
alla sella del
Colle della
Croce, sotto la
Punta della
Croce. Sulla
destra compare
il lungo muro
delle
fortificazioni
costruite sullo
spartiacque e
praticamente in
piano si arriva
prima alle
rovine del
Ricovero Brunet,
presso il quale
parte il
sentiero che
scende al lago
d'Arpy, e poi
alle
fortificazioni
del Colle della
Croce.
La
fortificazione
del Vallo Alpino
al Colle della
Croce
all'origine si
componeva di due
fortini (uno a
sud sul colle e
uno a nord sulla
vetta) legati
tra loro da un
lungo
trinceramento a
linea spezzata.
Del fortino a
sud, sul
sentiero che
porta al Monte
Cormet, restano
pochi muri in
pietra: sulla
sinistra del
colle è
ricavata una
postazione con
l'entrata sul
lato est e
protetta da due
fossati, che
permetteva di
tirare sia sul
ripido crinale
che sale da La
Thuile sia sul
resto del
colle.
Al
riparo dagli
sguardi nemici,
poco sotto il
valico, erano
state costruite
le due
casermette per
la guarnigione,
ora in rovina.
In quella a
quota più
elevata sono
ancora visibili
i resti della
cucina. Del
fortino a nord,
sulla vetta
della Punta
della Croce e a
strapiombo sul
vallone di
Petosan, resta
la ridotta a
pianta quadrata
cintata dei
ruderi di
una cortina
poligonale.Il
trinceramento
corona l'intero
spartiacque con
un muro in
pietra a secco
di spessore
minimo pari ad
un metro.
Dal
colle si domina
il massiccio del
Monte Bianco e
l'abitato di La
Thuile e, a metà
strada tra le
trincee della
piana di Petosan
ed il colle, si
vedono sulla
sinistra i resti
delle
fortificazioni
sul Plan Praz
del XVII secolo,
nei pressi del
Ricovero
Capitano
Sandino, di cui
restano muri in
pietra a secco,
una posizione
militare e i
ruderi di due
caserme per la
guarnigione.
Sul
Colle della
Croce si
conservano anche
i ruderi del
Fort Nicolon,
risparmiato
dalle precedenti
ostilità con i
francesi, del
XVIII secolo.
CHIESA DI
SANTA MARIA
ASSUNTA - Si
ritiene, anche
in
considerazione
del titolo di
“plébain”
attribuito
tradizionalmente
al parroco, che
la parrocchia di
Morgex sia
tra le più
antiche
dell'alta Valle
d'Aosta.
Tale ipotesi è
stata confermata
dalle indagini
archeologiche
che hanno
riportato alla
luce i resti
dell’antica
chiesa
battesimale
paleocristiana
(V-VI sec.),
mentre la chiesa
di Morgex è
citata per la
prima volta
nella bolla di
papa Alessandro
III del 1176.
La
chiesa medievale
è stata
rimaneggiata a
più riprese,
finché ha
ricevuto
l’assetto
attuale con la
campagna di
restauro e di
ampliamento
iniziata nel
1687, alla fine
della quale, nel
1705, Mons.
d’Arvillars ha
consacrato
l’edificio.
La
decorazione
interna è
frutto degli
interventi del
pittore
savoiardo
Girollet per
quanto riguarda
le volte della
zona absidale
(XVIII sec.),
mentre il resto
è opera del
pittore Lancia,
attivo nella
prima metà del
XX secolo.
Dell’antica
decorazione
della chiesa
sono rimaste
un’Ultima Cena
sul lato
sinistro della
navata centrale,
datata 1559 e
gli
interessanti
affreschi della
cappella
quattrocentesca
in fondo alla
navata
sinistra.
Degno
di nota
l'altare
maggiore,
ricchissimo di
fregi e
dorature,
risalente
all’inizio del
Settecento,
anche se il
dipinto centrale
raffigurante
l’Assunzione
di Maria fu
sostituito con
un dipinto di
Lancia dopo che
un incendio, nel
1931, aveva
distrutto quello
originale.
Di particolare
valore storico e
artistico è il
crocifisso
ligneo risalente
alla fine del
Trecento che
sovrasta
imponente la
navata centrale.
La
torre campanaria è
articolata in
sei registri
sovrapposti
scanditi da
archetti
pensili. La
cuspide a cupola
poggia su un
tiburio
ottagonale ed è
rivestita di
rame e
sormontata da
una croce col
gallo in ferro
battuto.