Saint Vincent
(Aosta)

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Saint-Vincent è un comune italiano della Valle d'Aosta orientale. Saint-Vincent è anche chiamata la “Riviera delle Alpi” in virtù del suo clima mite e della sua esposizione a sud che sfrutta una vera e propria balconata verdeggiante aperta sul fondovalle. 

Affacciata su un paesaggio arioso, a breve distanza da Aosta, ben collegata alla Valtournenche e alla Val d’Ayas, Saint-Vincent è da sempre sinonimo di ospitalità, benessere e ricettività. StMauritius.jpg (189628 byte)

Si tratta del quarto comune più popoloso della regione, dopo AostaSarre e il confinante Châtillon.  

Il comune di Saint-Vincent si estende sul territorio circostante al capoluogo, situato a fondovalle, dalla sponda della Dora Baltea fino al Col de Joux, che lo collega con la Val d'Ayas, e al Monte Zerbion.  

Da Saint-Vincent, in epoca romana, passava la via delle Galliestrada romana consolare fatta costruire da Augusto per collegare la Pianura Padana con la Gallia.

In epoca fascista, il toponimo fu italianizzato in San Vincenzo della Fonte dal 1939 al 1945.

Ponte romano

La località possiede importanti resti romani, come il ponte sul torrente Cillian, lungo la via delle Gallie. Il ponte, una delle più importanti testimonianze dell'opera ingegneristica romana lungo la via delle Gallie, venne utilizzato fino al 1839 quando, l'8 giugno, lo sperone roccioso su cui poggiava la spalla destra rovinò, forse a causa di un terremoto, portando con sé l'arcata centrale.

Seguì un altro crollo, nel 1907, stavolta dell'arco di ponente, dovuto a infiltrazioni d'acqua.

Nel 1939, un ampio restauro integrativo consolidò la struttura.

Il ponte, di notevole fattura, era lungo più di 49 metri; la via delle Gallie sul ponte era larga 4,64 metri ed era protetta dai venti tramite alti parapetti e illuminata da piccole finestre rettangolari.

In origine, il ponte di Saint-Vincent si componeva di 3 parti, di cui la principale era l'unica arcata a tutto sesto dalla luce di 9,71 metri. Le spalle che sostenevano l'arcata poggiavano direttamente sulla roccia della gola. L'arcata centrale del ponte si saldava al resto della strada tramite due parti laterali e simmetriche, poste ad angolo ottuso, con arcatelle cieche coperte in laterizio. A valle, arcata e arcatelle erano rafforzate da contrafforti.

Oggi resta l'inizio dell'arcata, la spalla di sostegno di levante e un'arcatella cieca.

I muri superiori sono in a sacco e il loro paramento presenta l'alternanza di lastre in pietra e schegge lapidee principalmente verdi. La curva degli archi e gli spigoli di spalle e contrafforti erano in pietra locale.

Chiesa di San Vincenzo

Quella di Saint Vincent, si potrebbe dire una una chiesa tutta da sfogliare! L’aspetto dell’attuale parrocchiale infatti, è il risultato di numerosi interventi architettonici e sovrapposizioni susseguitesi nel corso dei secoli, dall’ XII sec. al XVII sec.

Il primo documento che menziona questa austera chiesa risale al 1153, quando venne citata in una bolla Papale di Eugenio III. Essa dipese dalla Diocesi Benedettina di Lione fino al 1448, quando passò successivamente sotto il controllo del Vescovo di Aosta.

Essa cela inoltre un sito archeologico straordinario che è stato recuperato, studiato ed infine musealizzato. 

Questo straordinario sito, sorto sul tracciato della “Via romana delle Gallie”, di cui il centro storico di Saint Vincent fa parte, conserva testimonianze molto antiche tra loro e legate da una continua evoluzione. La più antica è il ritrovamento di strutture riferibili ad una “mansio” romana del I secolo a.C. Un ampio edificio adibito all’accoglienza ed al ristoro dei viaggiatori che percorrevano la strada antica in direzione dei Colli alpini, dotato di impianto termale con “calidarium”.  

E’ nel V secolo però che si ebbero le prime significative trasformazioni.

Si sovrappose un primo edificio di culto cristiano ad un’unica navata ospitante sepolture, e sul finire del XI° la chiesa mutò ancora il suo aspetto assumendo con il suo ampliamento uno stile romanico riscontrabile nelle colonne poligonali e per la presenza di 3 navate. Riferibili a questo periodo sono anche la piccola Cripta, la base della Torre campanaria e l’abside situato a nord.

A seguito degli incendi del 1553 e dei successivi restauri, la chiesa compare a noi decisamente ampliata. Nel 1889 demolita la facciata affrescata, la chiesa venne allungata di 2 campate per mano dell’architetto Camillo Boggio.

L’interno è di grande effetto per il contrasto netto tra la sobrietà dell’ambiente e la ricchezza della decorazione pittorica della zona absidale.

I cicli di affreschi più antichi sono databili alla prima metà del XV°sec. attribuiti principalmente al pittore Giacomino da Ivrea, (oltre ad frammento pittorico riconducibile all’esecuzione di Giacomo Jacquerio, noto esponete dello stile Gotico internazionale).

Tutte le pitture quattrocentesche purtroppo non sono più osservabili in quanto, a seguito degli incendi dolosi del 1553, l’abside della chiesa venne interamente ridipinta da Filippo da Varallo, pittore rinascimentale di origine piemontese,

La navata è scandita da una successione di colonne alternativamente quadrate, circolari e poligonali.

In origine la chiesa non aveva le volte (sono del 1696) né le grandi finestre attuali. Il tetto era retto da capriate in vista o con soffitto a cassettoni e la luce entrava, discreta, attraverso finestre alte, strette, centinate, a doppia strombatura. Anche l’arco a sesto acuto che sovrasta l’altare è posticcio, sebbene assai antico. 

L’arco trionfale che, probabilmente nel XIII secolo ha ristretto il catino absidale, ha sensibilmente ridotto l’area della sottostante cripta, raccolta in mistica cappella sotterranea a tre piccole navate, ciascuna a tre arcate e le cui colonnine in pietra sorreggono capitelli risalenti all’VIII secolo.  

La cripta è ambiente sobrio a pianta rettangolare, costituito da di 3 navate è da considerarsi il più antico luogo medievale riferibile al sito ed è molto suggestivo, conserva intatte le strutture romaniche.  Bellissimi sono i capitelli carolingi, decorati con motivi vegetali e geometrici.  

Merita la visita il museo di arte sacra in fondo alla navata sinistra, che conserva sculture lignee, come il San Maurizio policromo del XV secolo proveniente dalla chiesa di Moron, ed altre opere d’arte che vanno dal XV al XVIII secolo, tra cui croci processionali, reliquiari e oggetti liturgici.  

Sotto la chiesa di Saint-Vincent, si cela uno dei luoghi strettamente legati al transito e al riposo dei viandanti.

L’attuale Via Roma, infatti, in buona parte, sebbene con larghezza ridotta, ricalca il tracciato della via romana lungo la quale, proprio dove oggi sorge la chiesa, si apriva una mansio, cioè un edificio deputato all’accoglienza dei viaggiatori, oltretutto dotata di balnea, cioè di un piccolo ma funzionale impianto termale. Un primo complesso, databile al I sec. d.C., poi ampliatosi nel secolo successivo (II-III d.C.) e rimasto attivo almeno fino al IV secolo d.C.

Un sito già noto e frequentato da molto tempo prima dell’arrivo dei Romani, dato che lì dove sorse questa mansio, sono state individuate tracce di abitazioni e oggetti riferibili al lungo periodo che va dalla Tarda Età del Bronzo fino a tutta l’Età del Ferro (XI-V sec a.C.).

Durante il V secolo d.C., il complesso ricettivo-termale era ormai in abbandono e cominciarono ad essere realizzate le prime sepolture tra le quali si distingue un mausoleo, una sorta di grande tomba di famiglia, attorno cui vennero moltiplicandosi e stringendosi le altre sepolture.

E’ un vero e proprio viaggio a ritroso nel tempo quello che si può fare nel sito archeologico sotto la chiesa di Saint-Vincent, oltretutto abbellito e arricchito da un intervento di valorizzazione e musealizzazione che ne ha reso più evidenti e comprensibili le singole fasi cronologiche e le rispettive destinazioni d’uso.

Dalla lunga fila dei poderosi pilastri della chiesa romanica di XII secolo, si arriverà di fronte al mausoleo. La sequenza di ambienti era quella canonica: dallo spogliatoio (apodyterium) alla piscina fredda (frigidarium), quindi la vasca tiepida (tepidarium) per poi terminare nel calidarium vero e proprio, la vasca con l’acqua calda!

I Romani erano maestri nei sistemi di riscaldamento… sia a pavimento (grazie alle collaudatissime suspensurae) che a parete (mettendo all’interno di un’intercapedine risparmiata nel muro dei particolari mattoni cavi, i tubuli, al cui interno passava l’aria calda). Tutto grazie al calore prodotto dalla combustione di legname nel praefurnium collegato all’ipocausto (ossia il livello inferiore del pavimento del calidarium). Quest’ultimo era un ambiente “tecnico”,  spesso collegato anche ad una cucina; questo accadde anche a Saint Vincent con certezza nell’ultima fase di vita del complesso, tra IV e V secolo d.C.

La scoperta dell’impianto termale e del suo antico funzionamento conduce, poi, verso l’epoca protostorica (Età del Bronzo Finale e del Ferro) dove sono state allestite belle vetrine didattiche con i reperti meglio conservati e più significativi ritrovati nel sito.

I numerosi ed importanti resti archeologici vennero alla luce nel 1968, durante una campagna di restauri della Chiesa, compromessa dai danni provocati da un ordigno esplosivo.

Durante il V secolo, probabilmente in concomitanza con l’abbandono della funzione termale dell’impianto romano, la zona orientale dell’antico complesso viene utilizzata come area cimiteriale. 

ll’interno del probabile mausoleo, infatti, sono state ritrovate alcune sepolture ad inumazione, orientate est-ovest, con il capo rivolto ad est e totalmente prive di corredo, tipiche dei primi tempi cristiani. In particolare si rileva la presenza di una tomba più imponente delle altre, in muratura e intonacata, forse appartenuta ad un personaggio di spicco della comunità, la cui tipologia rimanda ad esemplari rinvenuti durante gli scavi delle chiese aostane di Sant’Orso, San Lorenzo e Santo Stefano ed è databile, sulla base di confronti con le sepolture tardo-antiche di tutto l’arco alpino, proprio al V sec. d.C. Una tomba che ha funto da attrattore per altre sepolture che volevano “starle vicino”, una sorta di sepoltura “ad martyres“. 

Si è così formato un primo gruppo cui nel tempo se ne sono aggiunti altri denotando una continuità funeraria orbitante intorno ad un primitivo edificio di culto utilizzato verosimilmente fino alla costruzione della chiesa romanica nel XII secolo.

Quest’ultima, dotata di tre navate desinenti in altrettanti absidi e liturgicamente orientata a est con ingresso da ovest, richiama la tipologia di altre importanti chiese romaniche della Valle, quali quelle di Santa Maria di Villeneuve e di San Martino ad Arnad.

Fonte termale

Saint-Vincent è diventata famosa dalla seconda metà del XIX secolo per la presenza della fonte termale scoperta da Jean-Baptiste Perret nel Perret nel 1770

La scoperta, nel 1770, della preziosa sorgente minerale di Saint-Vincent si deve all’abate Giovan Battista Perret, nato a Saint-Vincent il 25 maggio 1714 e vissuto a lungo in una casa del vicolo che oggi porta il suo nome. L’abate aveva notato il grande interesse mostrato dalle mucche al pascolo per l’acqua che, sgorgando tra gli interstizi di una roccia, tingeva di rosso le pietre e la terra dove scorreva. Il 20 luglio 1770, quindi, la raccolse e l’analizzò, scoprendone la ricchezza di bicarbonato, acido carbonico, solfato sodico e cloruri.

Nel 1778, re Carlo Emanuele III si interessò a questa scoperta; attraverso l’intendenza di Aosta, le finanze pubbliche deliberarono la spesa di 57 lire e 10 centesimi per la costruzione delle prese e delle vasche di raccolta dell’acqua e per la posa dei rubinetti al fine di una distribuzione controllata.

Nel 1808 la proprietà della sorgente passò alla Parrocchia e nel 1820 al Comune, dietro compenso di 50 lire.

Nel 1826, attraverso dei lavori di perforazione, fu raggiunta una seconda sorgente, più ricca. La fama dell’acqua minerale, di sapore gradevole e ricca di virtù, si affermò rapidamente. Per l’antico borgo agricolo si profilava un avvenire del tutto nuovo. Nacquero nuovi alberghi e, nella stagione estiva, un casinò offriva concerti, balli e vari divertimenti.

Tra gli ospiti della “Fons Salutis” si ricordano gli esponenti più in vista dell’aristocrazia dell’epoca (la Regina Maria Teresa, le Principesse Maria Anna e Maria Cristina, Ferdinando di Savoia, la Regina Margherita, la Principessa Letizia, il Principe Luigi Napoleone) e personaggi illustri, quali Silvio Pellico e Giosuè Carducci.

Nel 1900 una funicolare raggiunse lo stabilimento termale, che, negli anni precedenti la prima guerra mondiale, fu ampliato e migliorato.

Il primo e il secondo conflitto mondiale segnarono un rallentamento nello sviluppo alberghiero. Agli inizi degli anni sessanta, l’attrezzatura per la raccolta e l’erogazione dell’acqua è stata completamente rinnovata, in occasione della costruzione del nuovo stabilimento, che oggi offre, accanto alla terapia idropinica, servizi complementari, quali inalazioni e aerosolterapia.

Fu chiamata Fons Salutis per le proprietà curative della sua acqua, diventata subito famosa. Assunta come bevanda a digiuno (cura idropinica) l’acqua di Saint-Vincent svolge un’azione equilibratrice e regolatrice dell’apparato digerente. Le cure inalatorie sono somministrate per le infiammazioni croniche delle vie aeree.

Le terme godono di una cornice naturalistica e paesaggistica del tutto unica ed irripetibile. Passando da una piscina coperta ad una scoperta e da un massaggio ad una cura di bellezza, il cliente ha infatti la possibilità di ammirare, dal bar ristorante della terrazza, uno dei più suggestivi scorci della Valle d’Aosta, oppure immergersi nel parco secolare che sorge all’interno della struttura e che rappresenta un punto di aggregazione e socializzazione del tutto particolare.

Grand Hotel Billia

Il Grand Hotel Billia ha festeggiato nel 2008 i suoi 100 anni di attività. Questa prestigiosa struttura, da oltre un secolo un punto di eccellenza del turismo della Valle d’Aosta, è stata recentemente oggetto di un profondo rinnovamento.

L’edificio viene realizzato nel 1908 da Stefano Billia, un imprenditore che gestiva il servizio di diligenza tra Ivrea e Saint-Vincent (la ferrovia era arrivata ad Aosta solo nel 1886). Saint-Vincent aveva avuto un importante sviluppo turistico con la scoperta della sorgente Fons salutis e del suo sfruttamento a scopo termale. La cittadina era frequentata dalla nobiltà sabauda e dalla ricca borghesia che veniva alle Terme. Billia realizza un progetto molto ambizioso, da molti definito visionario: acquista numerosi terreni e costruisce – non lontano dalle Terme – lo “Stabilimento idroterapico e Grand Hôtel Billia”,  un albergo di categoria lusso, dotato di 138 camere per 200 posti letto. L’architettura, i decori e l’arredamento fanno di questo complesso un autentico tempio della Belle Epoque. L’albergo era circondato da un ampio parco alberato con una piscina circolare con un alto getto d’acqua. 

La sua apertura cambiò radicalmente l’offerta turistica di tutta la regione. Nel secondo dopoguerra il motore del turismo di Saint-Vincent non sono più le Terme bensì il Casinò. L’apertura della casa da gioco avviene proprio all’interno dell’Hotel Billia il 29 marzo 1947. Per la gestione del Casino viene costituita una società, la Sitav, i cui fondatori sono Dino Lora Totino, Francesco Rivella e Mario Billia, figlio di Stefano, il fondatore del GHB.  La prima settimana di apertura arriverà re Faruk d’Egitto, primo fra i tantissimi personaggi del jet set che frequenteranno per anni il Casino, soggiornando al Billia. Il Casino e il Grand Hotel formeranno per anni un connubio in grado di attirare una clientela internazionale di altissimo livello.

Per far decollare Saint-Vincent come cittadina mondana, vengono istituiti i premi Saint-Vincent, prestigiosi riconoscimenti in varie discipline della cultura e dello spettacolo. A questi si affiancano gare internazionali di tiro a volo, manifestazioni d’alta moda, mostre canine, ecc. Nel 1952 soggiorna al GHB il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Nasce nello stesso anno il premio Grolle d’oro per il cinema che premierà negli anni i grandi nomi del cinema italiano: Fellini, De Sica, Antonioni, Pasolini, Pontecorvo, Sordi, Tognazzi, Gassman, Mastroianni, Loren, solo per citarne alcuni. Nel 1957 il Casinò si trasferisce nella nuova sede ma il Grand Hotel continua ad affiancarne l’attività. Nel 1971 la città ospita il concorso canoro Un Disco per l’estate, presentato da Mike Buongiorno e da Gabriella Farinon. 

Nel 1981, per permettere l’ampliamento della casa da gioco, le roulette vengono nuovamente trasferite nel Billia. L’anno successivo, terminati i lavori che ne raddoppiano gli spazi, il Casino di Saint-Vincent diventa il più grande d’Europa. Anche il GHB cambia volto, nel 1983 terminano gli ampliamenti che portano l’offerta a 259 camere per 500 posti letto, ristoranti per 600 coperti e nuove strutture all’avanguardia per il turismo congressuale. 

Negli anni ’90 si acuiscono le tensioni fra la società che possiede il Grand Hotel e il centro congressi e l’amministrazione regionale che affida il casino a una gestione straordinaria. Il divorzio fra le due strutture limita l’organizzazione di proposte collaterali al gioco d’azzardo e determina una crisi di entrambe le attività. Dopo l’acquisto del Grand Hotel Billia da parte della Regione Autonoma Valle d’Aosta, ulteriori interventi di riammodernamento e riqualificazione dell’illustre complesso hanno portato alla realizzazione di un Hotel di lusso 5 stelle affiancato a un 4 stelle (Parc Hotel Billia). Sono stati recuperati elementi liberty originali ed è stata realizzata una moderna e attrezzata spa. La creazione di un resort unico ha l’ambizioso obiettivo di riavviare le sinergie che per quasi un secolo hanno fatto di Saint-Vincent una delle mete più ricercate dai giocatori e dai turisti e del GHB una delle strutture più prestigiose dell’industria alberghiera italiana.

Casino

Lo sviluppo turistico di Saint-Vincent iniziò con il termalismo. La sorgente Fons salutis, scoperta nel 1770 dal religioso Jean-Baptiste Perret, era frequentata dall’aristocrazia piemontese che veniva nella cittadina valdostana a “passare le acque”. Nel 1921 il sindaco Elia Page ottenne dal Prefetto di Aosta l’autorizzazione ad aprire un Casino. Dopo la Liberazione, Page fece analoga domanda al governo nazionale. In mancanza di una risposta dal governo De Gasperi, il 13 maggio del ’46 il Consiglio regionale della Valle d’Aosta, presieduto da Federico Chabod, forte delle competenze affidate alla regione con i Decreti luogotenenziali del 7 settembre 1945, approvò l’apertura ventennale di un Casino a Saint-Vincent.

La casa da gioco venne inaugurata il 29 marzo 1947 nei locali del Grand Hotel Billia. Quella sera c’erano tre clienti: un industriale tessile biellese, un commerciante torinese e un avvocato casalese. Si dice che alla prima puntata sia uscito il nove: “neuf, rouge, impair et manque”.

Il Casino de la Vallée di Saint-Vincent è stato per diversi anni la più importante casa da gioco d’Europa. Oggi, per diversi fattori, ha perso questa posizione, con grave detrimento per l’economia del comune e della regione. Rimane tuttavia un’importante struttura di intrattenimento dove, ai tradizionali giochi francesi, si sono aggiunti nel tempo i giochi americani e quelli elettronici, rendendo il gioco d’azzardo accessibile a una più vasta fascia di giocatori.

Saint-Vincent, definita la Riviera delle Alpi per l’invidiabile clima di cui gode, è una cittadina nota, oltre che per la casa da gioco, per le diverse iniziative mondane e culturali organizzate in passato dal Casino: il Premio Saint-Vincent per il giornalismo, indetto nel 1948; le Grolle d’oro – Premio Saint-Vincent per il cinema, istituito nel 1950; le Telegrolle – Premio Saint-Vincent per la fiction televisiva, dal 2001; le Radiogrolle, Premio Saint-Vincent per la radio, dal 2007.

Palais Saint-Vincent

Situato nel piazzale sotto il Municipio di Saint-Vincent, il Palais Saint-Vincent si presenta come una grossa struttura geodetica bianca, con una capienza di ben 1.600 posti (1.300 a sedere).

Realizzato grazie all’esperienza di una grande azienda che ha curato altre tensostrutture di prestigio (Palafenice a Venezia, Palastampa e Palaregio a Torino), il Palais Saint-Vincent è estremamente versatile e può ospitare eventi di vario genere (proiezioni cinematografiche, spettacoli teatrali, serate danzanti, concerti, kermesse sportive e televisive, meeting e banchetti, convegni, campionati di biliardo, di scacchi, ecc).

Per ognuna di queste occasioni il Palais è in grado di fornire la più ampia copertura logistica e funzionale e di realizzare allestimenti ed arredi in base alle differenti esigenze, garantendo sempre le più rigorose misure di sicurezza.

Inoltre il Palais può contare su una cabina di regia dotata dei sistemi tecnologici più sofisticati: computer, mixer audio e video, sistema di video-cine proiezione, audio in Dolby® Digital Surround EX™ e grande schermo avvolgibile (20 metri di base per 8,5 di altezza) che permette una visione grandiosa di qualsiasi pellicola.

Oltre a numerosi concerti di artisti di fama, al Palais si sono tenute anche manifestazioni quali il Congresso internazionale di magia, che nel 2011 è stato accompagnato da una competizione in diretta su Rai Uno.

È stato inaugurato nel 1999 alla presenza di Lucio Dalla.

Della grande epoca turistica di Saint-Vincent sono testimoni anche la Villa Romolo e la Villa Quadro (fine XIX secolo).  

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Il Museo mineralogico, inaugurato nel 1978, presenta una collezione di 750 minerali e 170 fossili.

Il Museo d'arte sacra, allestito nella chiesa parrocchiale nel 1983

L'esposizione fotografica sul Carnevale, di interesse storico etnografico, nella sede dell'Associazione del Carnevale dei Piccoli

La galleria civica d'arte moderna, presso l'Hotel Couronne

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