Saint-Vincent è
un comune
italiano della Valle
d'Aosta orientale.
Saint-Vincent è
anche
chiamata la
“Riviera delle
Alpi” in
virtù del suo
clima mite e
della sua
esposizione a
sud che sfrutta
una vera e
propria
balconata
verdeggiante
aperta sul
fondovalle.
Affacciata
su un paesaggio
arioso, a breve
distanza da
Aosta, ben
collegata alla
Valtournenche e
alla Val
d’Ayas,
Saint-Vincent
è da
sempre sinonimo
di ospitalità,
benessere e
ricettività.

Si
tratta del
quarto comune più
popoloso della
regione, dopo Aosta, Sarre e
il confinante Châtillon.
Il
comune di
Saint-Vincent si
estende sul
territorio
circostante al
capoluogo,
situato a
fondovalle,
dalla sponda
della Dora
Baltea fino
al Col
de Joux,
che lo collega
con la Val
d'Ayas,
e al Monte
Zerbion.
Da
Saint-Vincent,
in epoca
romana,
passava la via
delle Gallie, strada
romana consolare fatta
costruire da Augusto per
collegare la Pianura
Padana con
la Gallia.
In epoca
fascista,
il toponimo fu
italianizzato in San
Vincenzo della
Fonte dal 1939 al 1945.

Ponte
romano
La
località
possiede
importanti resti
romani, come il
ponte sul
torrente Cillian,
lungo la via
delle Gallie. Il ponte,
una delle più
importanti
testimonianze
dell'opera
ingegneristica
romana lungo la via
delle Gallie,
venne utilizzato
fino al 1839
quando, l'8
giugno, lo
sperone roccioso
su cui poggiava
la spalla destra
rovinò, forse a
causa di un
terremoto,
portando con sé
l'arcata
centrale.
Seguì
un altro crollo,
nel 1907,
stavolta
dell'arco di
ponente, dovuto
a infiltrazioni
d'acqua.
Nel
1939, un ampio restauro
integrativo consolidò
la struttura.
Il
ponte, di
notevole
fattura, era
lungo più di 49
metri; la via
delle Gallie sul
ponte era larga
4,64 metri ed
era protetta dai
venti tramite
alti parapetti e
illuminata da
piccole finestre
rettangolari.
In
origine, il
ponte di
Saint-Vincent si
componeva di 3
parti, di cui la
principale era
l'unica arcata a
tutto sesto
dalla luce di
9,71 metri. Le
spalle che
sostenevano
l'arcata
poggiavano
direttamente
sulla roccia
della gola.
L'arcata
centrale del
ponte si saldava
al resto della
strada tramite
due parti
laterali e
simmetriche,
poste ad angolo
ottuso, con
arcatelle cieche
coperte in laterizio.
A valle, arcata
e arcatelle
erano rafforzate
da contrafforti.
Oggi
resta l'inizio
dell'arcata, la
spalla di
sostegno di
levante e
un'arcatella
cieca.
I
muri superiori
sono in a
sacco e
il loro
paramento
presenta
l'alternanza di
lastre in pietra
e schegge
lapidee
principalmente
verdi. La curva
degli archi e
gli spigoli di
spalle e
contrafforti
erano in pietra
locale.
Chiesa
di San Vincenzo
Quella
di Saint
Vincent, si
potrebbe dire
una una chiesa
tutta da
sfogliare!
L’aspetto
dell’attuale
parrocchiale
infatti, è il
risultato di
numerosi
interventi
architettonici
e sovrapposizioni susseguitesi
nel corso dei
secoli, dall’
XII sec. al XVII
sec.
Il
primo documento
che menziona
questa austera
chiesa risale
al 1153,
quando venne
citata in una
bolla Papale di
Eugenio III.
Essa dipese
dalla Diocesi
Benedettina di
Lione fino al
1448, quando
passò
successivamente
sotto il
controllo del
Vescovo di
Aosta.
Essa
cela inoltre
un sito
archeologico straordinario
che è stato
recuperato,
studiato ed
infine
musealizzato.
Questo
straordinario
sito, sorto sul
tracciato della
“Via romana
delle Gallie”,
di cui il centro
storico di Saint
Vincent fa
parte, conserva
testimonianze
molto antiche
tra loro e
legate da una
continua
evoluzione. La
più antica è
il ritrovamento
di strutture
riferibili ad
una “mansio”
romana del I
secolo a.C. Un
ampio edificio
adibito
all’accoglienza
ed al ristoro
dei viaggiatori
che percorrevano
la strada antica
in direzione dei
Colli alpini,
dotato
di impianto
termale con
“calidarium”.
E’
nel V secolo
però che si
ebbero le prime
significative
trasformazioni.
Si
sovrappose un
primo edificio
di culto
cristiano ad
un’unica
navata ospitante
sepolture, e sul
finire del XI°
la chiesa mutò
ancora il suo
aspetto
assumendo con il
suo ampliamento
uno
stile romanico riscontrabile
nelle colonne
poligonali e per
la presenza di 3
navate.
Riferibili a
questo periodo
sono anche la
piccola Cripta,
la base della
Torre campanaria
e l’abside
situato a nord.
A
seguito degli
incendi del 1553
e dei successivi
restauri, la
chiesa compare a
noi decisamente
ampliata.
Nel 1889
demolita la
facciata
affrescata, la
chiesa venne
allungata di 2
campate per mano
dell’architetto
Camillo Boggio.

L’interno
è di grande
effetto per il
contrasto netto
tra la sobrietà
dell’ambiente
e la ricchezza
della
decorazione
pittorica della
zona absidale.
I
cicli di
affreschi più
antichi sono
databili alla
prima metà del
XV°sec.
attribuiti
principalmente
al
pittore Giacomino
da Ivrea, (oltre
ad frammento
pittorico
riconducibile
all’esecuzione
di Giacomo
Jacquerio, noto
esponete dello
stile Gotico
internazionale).
Tutte
le pitture
quattrocentesche
purtroppo non
sono più
osservabili in
quanto, a
seguito degli
incendi dolosi
del 1553,
l’abside della
chiesa venne
interamente ridipinta da Filippo
da Varallo,
pittore
rinascimentale
di origine
piemontese,
La
navata è
scandita da una
successione di
colonne
alternativamente
quadrate,
circolari e
poligonali.
In
origine la
chiesa non aveva
le volte (sono
del 1696) né le
grandi finestre
attuali. Il
tetto era retto
da capriate in
vista o con
soffitto a
cassettoni e la
luce entrava,
discreta,
attraverso
finestre alte,
strette,
centinate, a
doppia
strombatura.
Anche l’arco a
sesto acuto che
sovrasta
l’altare è
posticcio,
sebbene assai
antico.
L’arco
trionfale che,
probabilmente
nel XIII secolo
ha ristretto il
catino absidale,
ha sensibilmente
ridotto l’area
della
sottostante
cripta, raccolta
in mistica
cappella
sotterranea a
tre piccole
navate, ciascuna
a tre arcate e
le cui colonnine
in pietra
sorreggono
capitelli
risalenti
all’VIII
secolo.
La
cripta è
ambiente sobrio
a pianta
rettangolare,
costituito da di
3 navate è da
considerarsi
il più
antico
luogo medievale
riferibile al
sito ed è molto
suggestivo,
conserva intatte
le
strutture romaniche.
Bellissimi sono
i capitelli
carolingi,
decorati con
motivi vegetali
e geometrici.
Merita
la visita
il museo
di arte sacra in
fondo alla
navata sinistra,
che conserva
sculture lignee,
come il San
Maurizio
policromo del XV
secolo
proveniente
dalla chiesa di
Moron, ed altre
opere d’arte
che vanno dal XV
al XVIII secolo,
tra cui croci
processionali,
reliquiari e
oggetti
liturgici.
Sotto
la chiesa
di Saint-Vincent,
si cela uno dei
luoghi
strettamente
legati al
transito e al
riposo dei
viandanti.
L’attuale
Via Roma,
infatti, in
buona parte,
sebbene con
larghezza
ridotta, ricalca
il tracciato
della via romana
lungo la
quale, proprio
dove oggi sorge
la chiesa, si
apriva
una mansio,
cioè un
edificio
deputato
all’accoglienza
dei viaggiatori,
oltretutto dotata
di balnea,
cioè di un
piccolo ma
funzionale
impianto
termale. Un
primo complesso,
databile al I
sec. d.C., poi
ampliatosi nel
secolo
successivo
(II-III d.C.)
e rimasto
attivo almeno
fino al IV
secolo d.C.
Un
sito già noto e
frequentato da
molto tempo
prima
dell’arrivo
dei Romani, dato
che lì dove
sorse
questa mansio,
sono state
individuate
tracce di
abitazioni e
oggetti
riferibili al
lungo periodo
che va dalla
Tarda Età del
Bronzo fino a
tutta l’Età
del Ferro (XI-V
sec a.C.).
Durante
il V secolo
d.C., il
complesso
ricettivo-termale
era ormai in
abbandono e
cominciarono ad
essere
realizzate le
prime sepolture
tra le quali si
distingue un
mausoleo, una
sorta di grande
tomba di
famiglia,
attorno cui
vennero
moltiplicandosi
e stringendosi
le altre
sepolture.
E’
un vero e
proprio viaggio
a ritroso nel
tempo quello
che si può fare
nel sito
archeologico
sotto la chiesa
di
Saint-Vincent,
oltretutto
abbellito e
arricchito
da un
intervento di
valorizzazione e
musealizzazione che
ne ha reso più
evidenti e
comprensibili le
singole fasi
cronologiche e
le rispettive
destinazioni
d’uso.
Dalla
lunga fila dei
poderosi
pilastri della
chiesa romanica
di XII secolo,
si arriverà di
fronte al
mausoleo. La
sequenza di
ambienti era
quella canonica:
dallo
spogliatoio
(apodyterium)
alla piscina
fredda
(frigidarium),
quindi la vasca
tiepida
(tepidarium) per
poi terminare
nel calidarium vero
e proprio, la
vasca con
l’acqua calda!
I
Romani erano
maestri nei
sistemi di
riscaldamento…
sia a pavimento
(grazie alle
collaudatissime suspensurae)
che a parete
(mettendo
all’interno di
un’intercapedine
risparmiata nel
muro dei
particolari
mattoni cavi,
i tubuli,
al cui interno
passava l’aria
calda). Tutto
grazie al calore
prodotto dalla
combustione di
legname
nel praefurnium collegato
all’ipocausto
(ossia il
livello
inferiore del
pavimento del
calidarium). Quest’ultimo
era un ambiente
“tecnico”, spesso
collegato anche
ad
una cucina;
questo accadde
anche a Saint
Vincent con
certezza
nell’ultima
fase di vita del
complesso, tra
IV e V secolo
d.C.
La
scoperta
dell’impianto
termale e
del suo antico
funzionamento
conduce, poi,
verso l’epoca
protostorica
(Età del Bronzo
Finale e del
Ferro) dove sono
state allestite
belle vetrine
didattiche con i
reperti meglio
conservati e
più
significativi
ritrovati nel
sito.
I
numerosi
ed importanti
resti
archeologici vennero
alla luce nel
1968, durante
una campagna di
restauri della
Chiesa,
compromessa dai
danni provocati
da un ordigno
esplosivo.
Durante
il V secolo,
probabilmente in
concomitanza con
l’abbandono
della funzione
termale
dell’impianto
romano, la zona
orientale
dell’antico
complesso viene
utilizzata
come area
cimiteriale.
ll’interno
del probabile
mausoleo,
infatti, sono
state ritrovate
alcune sepolture
ad inumazione,
orientate
est-ovest, con
il capo rivolto
ad est e
totalmente prive
di
corredo, tipiche
dei primi tempi
cristiani. In
particolare si
rileva la
presenza di una
tomba più
imponente delle
altre, in
muratura e
intonacata,
forse
appartenuta ad
un personaggio
di spicco della
comunità, la
cui
tipologia rimanda
ad esemplari
rinvenuti
durante gli
scavi delle
chiese aostane
di Sant’Orso,
San Lorenzo e
Santo Stefano ed
è databile,
sulla base di
confronti con le
sepolture
tardo-antiche di
tutto l’arco
alpino, proprio
al V sec. d.C.
Una tomba che ha
funto da
attrattore per
altre sepolture
che volevano
“starle
vicino”, una
sorta di
sepoltura “ad
martyres“.
Si
è così formato
un primo gruppo
cui nel tempo se
ne sono aggiunti
altri denotando
una continuità
funeraria
orbitante
intorno ad un
primitivo
edificio di
culto utilizzato
verosimilmente
fino alla
costruzione
della chiesa
romanica nel XII
secolo.
Quest’ultima,
dotata di tre
navate desinenti
in altrettanti
absidi e
liturgicamente
orientata a est
con ingresso da
ovest, richiama
la tipologia di
altre importanti
chiese romaniche
della Valle,
quali quelle di
Santa Maria di
Villeneuve e di
San Martino ad
Arnad.
Fonte
termale
Saint-Vincent
è diventata
famosa dalla
seconda metà
del XIX secolo
per la presenza
della fonte
termale scoperta
da Jean-Baptiste
Perret nel
Perret nel 1770.
La
scoperta, nel
1770, della
preziosa
sorgente
minerale di
Saint-Vincent si
deve all’abate
Giovan Battista
Perret, nato a
Saint-Vincent il
25 maggio 1714 e
vissuto a lungo
in una casa del
vicolo che oggi
porta il suo
nome. L’abate
aveva notato il
grande interesse
mostrato dalle
mucche al
pascolo per
l’acqua che,
sgorgando tra
gli interstizi
di una roccia,
tingeva di rosso
le pietre e la
terra dove
scorreva. Il 20
luglio 1770,
quindi, la
raccolse e
l’analizzò,
scoprendone la
ricchezza di
bicarbonato,
acido carbonico,
solfato sodico e
cloruri.
Nel
1778, re Carlo
Emanuele III si
interessò a
questa scoperta;
attraverso
l’intendenza
di Aosta, le
finanze
pubbliche
deliberarono la
spesa di 57 lire
e 10 centesimi
per la
costruzione
delle prese e
delle vasche di
raccolta
dell’acqua e
per la posa dei
rubinetti al
fine di una
distribuzione
controllata.
Nel
1808 la
proprietà della
sorgente passò
alla Parrocchia
e nel 1820 al
Comune, dietro
compenso di 50
lire.
Nel
1826, attraverso
dei lavori di
perforazione, fu
raggiunta una
seconda
sorgente, più
ricca. La fama
dell’acqua
minerale, di
sapore gradevole
e ricca di
virtù, si
affermò
rapidamente. Per
l’antico borgo
agricolo si
profilava un
avvenire del
tutto nuovo.
Nacquero nuovi
alberghi e,
nella stagione
estiva, un
casinò offriva
concerti, balli
e vari
divertimenti.
Tra
gli ospiti della
“Fons
Salutis” si
ricordano gli
esponenti più
in vista
dell’aristocrazia
dell’epoca (la
Regina Maria
Teresa, le
Principesse
Maria Anna e
Maria Cristina,
Ferdinando di
Savoia, la
Regina
Margherita, la
Principessa
Letizia, il
Principe Luigi
Napoleone) e
personaggi
illustri, quali
Silvio Pellico e
Giosuè
Carducci.
Nel
1900 una
funicolare
raggiunse lo
stabilimento
termale, che,
negli anni
precedenti la
prima guerra
mondiale, fu
ampliato e
migliorato.
Il
primo e il
secondo
conflitto
mondiale
segnarono un
rallentamento
nello sviluppo
alberghiero.
Agli inizi degli
anni sessanta,
l’attrezzatura
per la raccolta
e l’erogazione
dell’acqua è
stata
completamente
rinnovata, in
occasione della
costruzione del
nuovo
stabilimento,
che oggi offre,
accanto alla
terapia
idropinica,
servizi
complementari,
quali inalazioni
e
aerosolterapia.
Fu
chiamata Fons
Salutis per le
proprietà
curative della
sua acqua,
diventata subito
famosa. Assunta
come bevanda a
digiuno (cura
idropinica)
l’acqua di
Saint-Vincent
svolge
un’azione
equilibratrice e
regolatrice
dell’apparato
digerente. Le
cure inalatorie
sono
somministrate
per le
infiammazioni
croniche delle
vie aeree.
Le
terme godono di
una cornice
naturalistica e
paesaggistica
del tutto unica
ed irripetibile.
Passando da una
piscina coperta
ad una scoperta
e da un
massaggio ad una
cura di
bellezza, il
cliente ha
infatti la
possibilità di
ammirare, dal
bar ristorante
della terrazza,
uno dei più
suggestivi
scorci della
Valle d’Aosta,
oppure
immergersi nel
parco secolare
che sorge
all’interno
della struttura
e che
rappresenta un
punto di
aggregazione e
socializzazione
del tutto
particolare.
Grand
Hotel Billia

Il Grand
Hotel Billia ha
festeggiato nel
2008 i suoi 100
anni di attività.
Questa
prestigiosa
struttura, da
oltre un secolo
un punto di
eccellenza del
turismo della
Valle d’Aosta,
è stata
recentemente
oggetto di un
profondo
rinnovamento.
L’edificio
viene realizzato
nel 1908 da
Stefano Billia,
un imprenditore
che gestiva il
servizio di
diligenza tra
Ivrea e
Saint-Vincent
(la ferrovia era
arrivata ad
Aosta solo nel
1886).
Saint-Vincent
aveva avuto un
importante
sviluppo
turistico con la
scoperta della
sorgente Fons
salutis e
del suo
sfruttamento a
scopo termale.
La cittadina era
frequentata
dalla nobiltà
sabauda e dalla
ricca borghesia
che veniva alle
Terme. Billia
realizza un
progetto molto
ambizioso, da
molti definito
visionario:
acquista
numerosi terreni
e costruisce –
non lontano
dalle Terme –
lo “Stabilimento
idroterapico e
Grand Hôtel
Billia”, un
albergo di
categoria lusso,
dotato di 138
camere per 200
posti letto.
L’architettura,
i decori e
l’arredamento
fanno di questo
complesso un
autentico tempio
della Belle
Epoque.
L’albergo era
circondato da un
ampio parco
alberato con una
piscina
circolare con un
alto getto
d’acqua.
La
sua apertura
cambiò
radicalmente
l’offerta
turistica di
tutta la
regione. Nel
secondo
dopoguerra il
motore del
turismo di
Saint-Vincent
non sono più le
Terme bensì il
Casinò.
L’apertura
della casa da
gioco avviene
proprio
all’interno
dell’Hotel
Billia il 29
marzo 1947. Per
la gestione del
Casino viene
costituita una
società, la
Sitav, i cui
fondatori sono
Dino Lora
Totino,
Francesco
Rivella e Mario
Billia, figlio
di Stefano, il
fondatore del
GHB. La
prima settimana
di apertura
arriverà re
Faruk
d’Egitto,
primo fra i
tantissimi
personaggi del
jet set che
frequenteranno
per anni il
Casino,
soggiornando al
Billia. Il
Casino e il
Grand Hotel
formeranno per
anni un connubio
in grado di
attirare una
clientela
internazionale
di altissimo
livello.
Per
far decollare
Saint-Vincent
come cittadina
mondana, vengono
istituiti i premi
Saint-Vincent, prestigiosi
riconoscimenti
in varie
discipline della
cultura e dello
spettacolo. A
questi si
affiancano gare
internazionali
di tiro a volo,
manifestazioni
d’alta moda,
mostre canine,
ecc. Nel 1952
soggiorna al GHB
il presidente
della
Repubblica,
Luigi Einaudi.
Nasce nello
stesso anno il
premio Grolle
d’oro per il
cinema che
premierà negli
anni i grandi
nomi del cinema
italiano:
Fellini, De
Sica, Antonioni,
Pasolini,
Pontecorvo,
Sordi, Tognazzi,
Gassman,
Mastroianni,
Loren, solo per
citarne alcuni.
Nel 1957 il
Casinò si
trasferisce
nella nuova sede
ma il Grand
Hotel continua
ad affiancarne
l’attività.
Nel 1971 la città
ospita il
concorso canoro Un
Disco per
l’estate,
presentato da
Mike Buongiorno
e da Gabriella
Farinon.

Nel
1981, per
permettere
l’ampliamento
della casa da
gioco, le
roulette vengono
nuovamente
trasferite nel
Billia. L’anno
successivo,
terminati i
lavori che ne
raddoppiano gli
spazi, il Casino
di Saint-Vincent
diventa il più
grande
d’Europa.
Anche il GHB
cambia volto,
nel 1983
terminano gli
ampliamenti che
portano
l’offerta a
259 camere per
500 posti letto,
ristoranti per
600 coperti e
nuove strutture
all’avanguardia
per il turismo
congressuale.
Negli
anni ’90 si
acuiscono le
tensioni fra la
società che
possiede il
Grand Hotel e il
centro congressi
e
l’amministrazione
regionale che
affida il casino
a una gestione
straordinaria.
Il divorzio fra
le due strutture
limita
l’organizzazione
di proposte
collaterali al
gioco
d’azzardo e
determina una
crisi di
entrambe le
attività. Dopo
l’acquisto del
Grand Hotel
Billia da parte
della Regione
Autonoma Valle
d’Aosta,
ulteriori
interventi di
riammodernamento
e
riqualificazione
dell’illustre
complesso hanno
portato alla
realizzazione di
un Hotel di
lusso 5 stelle
affiancato a un
4 stelle (Parc
Hotel Billia).
Sono stati
recuperati
elementi liberty
originali ed è
stata realizzata
una moderna e
attrezzata spa.
La creazione di
un resort unico
ha l’ambizioso
obiettivo di
riavviare le
sinergie che per
quasi un secolo
hanno fatto di
Saint-Vincent
una delle mete
più ricercate
dai giocatori e
dai turisti e
del GHB una
delle strutture
più prestigiose
dell’industria
alberghiera
italiana.
Casino
Lo
sviluppo
turistico di
Saint-Vincent
iniziò con il
termalismo. La
sorgente Fons
salutis,
scoperta nel
1770 dal
religioso
Jean-Baptiste
Perret, era
frequentata
dall’aristocrazia
piemontese che
veniva nella
cittadina
valdostana a
“passare le
acque”. Nel
1921 il sindaco
Elia Page
ottenne dal
Prefetto di
Aosta
l’autorizzazione
ad aprire un
Casino. Dopo la
Liberazione,
Page fece
analoga domanda
al governo
nazionale. In
mancanza di una
risposta dal
governo De
Gasperi, il 13
maggio del ’46
il Consiglio
regionale della
Valle d’Aosta,
presieduto da
Federico Chabod,
forte delle
competenze
affidate alla
regione con i
Decreti
luogotenenziali
del 7 settembre
1945, approvò
l’apertura
ventennale di un
Casino a
Saint-Vincent.
La
casa da gioco
venne inaugurata
il 29
marzo 1947 nei
locali del Grand
Hotel Billia.
Quella sera
c’erano tre
clienti: un
industriale
tessile
biellese, un
commerciante
torinese e un
avvocato
casalese. Si
dice che alla
prima puntata
sia uscito il
nove: “neuf,
rouge, impair et
manque”.
Il Casino
de la Vallée di
Saint-Vincent è
stato per
diversi anni la
più importante
casa da gioco
d’Europa.
Oggi, per
diversi fattori,
ha perso questa
posizione, con
grave detrimento
per l’economia
del comune e
della regione.
Rimane tuttavia
un’importante
struttura di
intrattenimento
dove, ai
tradizionali
giochi francesi,
si sono aggiunti
nel tempo i
giochi americani
e quelli
elettronici,
rendendo il
gioco
d’azzardo
accessibile a
una più vasta
fascia di
giocatori.
Saint-Vincent,
definita la
Riviera delle
Alpi per
l’invidiabile
clima di cui
gode, è una
cittadina nota,
oltre che per la
casa da gioco,
per le diverse
iniziative
mondane e
culturali
organizzate in
passato dal
Casino: il Premio
Saint-Vincent
per il
giornalismo,
indetto nel
1948; le Grolle
d’oro –
Premio
Saint-Vincent
per il cinema,
istituito nel
1950; le Telegrolle
– Premio
Saint-Vincent
per la fiction
televisiva,
dal 2001; le Radiogrolle,
Premio
Saint-Vincent
per la radio,
dal 2007.
Palais
Saint-Vincent
Situato
nel piazzale
sotto il
Municipio di
Saint-Vincent,
il Palais
Saint-Vincent si
presenta come
una grossa
struttura
geodetica
bianca, con una
capienza di
ben 1.600
posti (1.300 a
sedere).
Realizzato
grazie
all’esperienza
di una grande
azienda che ha
curato altre
tensostrutture
di prestigio
(Palafenice a
Venezia,
Palastampa e
Palaregio a
Torino),
il Palais
Saint-Vincent è
estremamente
versatile e può
ospitare eventi
di vario genere
(proiezioni
cinematografiche,
spettacoli
teatrali, serate
danzanti,
concerti,
kermesse
sportive e
televisive,
meeting e
banchetti,
convegni,
campionati di
biliardo, di
scacchi, ecc).
Per
ognuna di queste
occasioni il
Palais è in
grado di fornire
la più ampia
copertura
logistica e
funzionale e di
realizzare
allestimenti ed
arredi in base
alle differenti
esigenze,
garantendo
sempre le più
rigorose misure
di sicurezza.
Inoltre
il Palais può
contare su
una cabina
di regia dotata
dei sistemi
tecnologici più
sofisticati:
computer, mixer
audio e video,
sistema di
video-cine
proiezione,
audio in Dolby®
Digital Surround
EX™ e grande
schermo
avvolgibile (20
metri di base
per 8,5 di
altezza) che
permette una
visione
grandiosa di
qualsiasi
pellicola.
Oltre
a numerosi
concerti di
artisti di fama,
al Palais si
sono tenute
anche
manifestazioni
quali il
Congresso
internazionale
di magia, che
nel 2011 è
stato
accompagnato da
una competizione
in diretta su Rai
Uno.
È
stato inaugurato
nel 1999 alla
presenza di Lucio
Dalla.
Della
grande epoca
turistica di
Saint-Vincent
sono testimoni
anche la Villa
Romolo e
la Villa
Quadro (fine
XIX secolo).
Musei
Il Museo
mineralogico,
inaugurato nel
1978, presenta
una collezione
di 750 minerali
e 170 fossili.
Il Museo
d'arte sacra,
allestito nella
chiesa
parrocchiale nel
1983
L'esposizione
fotografica sul
Carnevale,
di interesse
storico
etnografico,
nella sede
dell'Associazione
del Carnevale
dei Piccoli
La
galleria
civica d'arte
moderna,
presso l'Hotel
Couronne

Fonte
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