Fiumefreddo Bruzio (Borgo)
(Cosenza)
  
  


Fiumefreddo Bruzio è ubicata lungo la costa del mar Tirreno nella parte meridionale della provincia di Cosenza e confina a nord con Falconara Albanese ed a sud con Longobardi.

Fiumefreddo prende nome da Flumen frigidum, cioè dal fiume di acqua potabile – chiamato anticamente frigidum, freddo, per le sue fresche acque – che sgorga dalla roccia a pochi km dal mare. L’appellativo Bruzio denota il territorio ed è stato aggiunto nel 1860 per distinguerlo da paesi omonimi.

Il comune conta su una superficie di circa 30 km² la quale, pur essendo prevalentemente collinare, è caratterizzata da una spiccata differenza morfologica. Infatti parte dal livello del mare e sale prima bruscamente, poi sempre più gradatamente, fino a sfiorare i 1500 metri, poco prima della cima di Monte Cocuzzo, il monte più alto della Catena Costiera, che si erge a quota 1541. Il territorio è costituito da un massiccio montuoso-collinare. nell'interno, è ricco di boschi di quercecastagni e mortella nel cui sottobosco crescono spontanee piante officinali e aromatiche come: mentaoriganofelci, e radure dove pascolano liberi ovini e bovini. 

Dal massiccio partono due falangi collinari divise da una stretta valle fluviale alla base della quale scorre una tipica fiumara appenninica e caratterizzate prima da sommità tondeggianti per finire poi, nella parte più succedanea al mare, in forma di pianori, su uno dei quali è edificato il borgo medievale che costituisce il centro storico di Fiumefreddo; in questa zona è dominante la macchia mediterranea e numerosi sono gli uliveti e i vigneti oltre ai frutteti. Infine, dalle pareti dei due pianori che cadono a strapiombo fino al livello del mare, parte una lingua di terra pianeggiante di natura prevalentemente alluvionale che si estende per poche centinaia di metri tra le colline e la spiaggia e sulla quale in tempi relativamente recenti sono sorte le frazioni della "stazione", dello "scaro" e del "regio" le quali sono prevalentemente vocate ad accogliere e promuovere il turismo balneare.

I primi insediamenti nell'area risalgono al periodo tra il 200 e il 300 d. C., all'epoca della persecuzione dei Cristiani sotto l'imperatore Diocleziano. Nel luogo dell'insediamento, chiamato in seguito "Fonte Laurato", si stabilisce un romitorio di monaci basiliani e viene eretta una primitiva chiesa dedicata a Santa Domenica. Successivamente all'abbandono e al crollo di tale chiesa, viene edificata nello stesso luogo, dai coniugi Mamistra, l'abbazia di Fonte Laurato. Questa viene donata all'abate cistercense Gioacchino da Fiore nel 1201. L'edificio viene saccheggiato e abbandonato durante il periodo napoleonico.

A partire dall'XI secolo vengono costruite a ridosso delle colline alcune torri d'avvistamento, tra cui Torre del Regio, Torre Lunga, Torre Vardano e Torre de' Rossi. Nello stesso periodo inizia la costruzione della roccaforte del Castello della Valle. Con la successiva edificazione della "Porta di Sopra", si viene così a formare un primo assetto urbanistico, che diventerà poi l'attuale centro storico. Il feudo, tra il XIII e il XV secolo, è governato dagli Angioini e gli Aragonesi, sotto il regno di Napoli. 

MedaglioneFortuna.jpg (102694 byte)RagazzaSurf.jpg (166977 byte) Al giungere degli spagnoli, nei primi anni del 1500, esso viene consegnato al capitano Ferdinando Alarcon, che inizia la ristrutturazione del castello e irrobustisce la cinta muraria. A lui succede Pietro Gonzales de Mendoza. 

Nel 1600, al proseguire dei lavori sul castello, vengono abbellite chiese e palazzi nobiliari. Nel 1807 il borgo viene assediato dalle truppe napoleoniche e il castello viene parzialmente distrutto; rimangono illesi i sotterranei, il portale e parte della sezione settentrionale. Il Castello della Valle è oggi visitabile e ospita eventi e mostre.

Nel 1975 l'artista siciliano Salvatore Fiume si offre gratuitamente di rivitalizzare il centro storico del paese. Tra il 1975 ed il 1996 dipinge alcune pareti interne ed esterne del castello semidiroccato e nel 1977 la cupola della cappella di San Rocco. 

Successivamente colloca, durante gli anni novanta, una statua di bronzo in ognuna delle due piazze fiumefreddesi rivolte verso il mare: "La ragazza del surf", in largo Torretta e "Il medaglione della fortuna", in largo Rupe.

Scoprire il centro storico

L’ingresso al centro storico, da oriente, è la Porta merlata che si apre su piazza del Popolo, dove già s’intravedono i vicoli ciottolati in pietra viva, e i cui contorni sono segnati da tre monumenti. La chiesa Matrice di San Michele Arcangelo, edificata nel 1540 e rimaneggiata nei secoli, si presenta con l’aspetto posteriore al terremoto del 1638 e conserva pregevoli tele di Francesco Solimena (1657 -1747) e Giuseppe Pascaletti (1699 – 1757), buon artista locale, autore anche della pala d’altare. Sulla piazza, si affacciano a destra il palazzo del Barone Del Bianco e a sinistra il palazzo Gaudiosi. 

Proseguendo per via Risorgimento si arriva, passando davanti a palazzo Zupi, dotato di splendido portale, ai ruderi del castello, costruito nella parte alta del borgo sugli strapiombi del vallone. A ridurlo in rovina furono le truppe napoleoniche che nel 1807 vi assediarono i partigiani dei Borboni. Una delle sale è decorata dagli affreschi di Salvatore Fiume, purtroppo minacciati dalle intemperie.

Da Largo castello ci si dirige verso piazza Vittorio Veneto, il punto focale della vita cittadina, dove fa bella mostra di sé palazzo Pignatelli, di fattura cinquecentesca e dimora di diversi feudatari. 

Andando verso Largo Torretta s’incontra la chiesa dell’Addolorata, di antichissima origine (XI sec.) ma di aspetto barocco, con pregiati lavori di stuccatori calabri all’interno. Uscendo dalla chiesa, dirigendosi a sinistra si raggiunge Largo Santa Domenica con i ruderi dell’omonima chiesa e una bella vista a mare, mentre prendendo la destra ci s’incammina verso il seicentesco palazzo Mazzarone e, subito dopo, la chiesa di San Francesco di Paola, costruita nel 1709 con uno splendido portale barocco. L’attiguo convento dei frati Minimi è oggi sede del Comune. Di fronte, sulla Torretta, si ammira la scultura di Salvatore Fiume slanciata verso il mare che segna d’azzurro l’orizzonte.
Si torna quindi alla chiesa di San Francesco per andare a vedere, poco oltre, in Largo Pascaletti, la chiesa di Santa Chiara, datata 1552. Qui era collocata la pala d’altare del Solimena che oggi si trova nella chiesa. 

Ci si dirige poi verso la Rupe dove sorge la chiesa di San Rocco del XVIII sec., costruita a pianta esagonale sulla cinta muraria e nei pressi della Porta di mare. Gli affreschi dell’interno sono di Salvatore Fiume (1980) e rappresentano San Rocco che salva il popolo colpito dalla peste. 

Salendo da Largo San Rocco per via Porta di Mare, si giunge a Largo dei Follari, antica sede di filande, dove si trova palazzo Santanna. Proseguendo per via Manzoni, si incontrano sulla sinistra palazzo Pitellia, con cortile interno di scuola romana del XVIII sec., e più avanti, sulla destra, palazzo Castiglione-Morelli del sec. XVI. 

Prendiamo un vicoletto, ed eccoci di nuovo in piazza del Popolo. Resta da vedere, in una cornice di verde in località Badia, la chiesa di Santa Maria di Fonte Laurato, eretta dai monaci basiliani, distrutta nel 1201, ricostruita da Simone de Mamistra e affidata all’abate Gioacchino da Fiore, morto nel 1202 in odore di santità e citato nella Commedia di Dante come “di spirito profetico dotato”. Il campanile, in stile cistercense, ha una campana del 1510 e l’altra d’inizio settecento.

Chiesa della Madonna del Carmelo

La Chiesa del Carmine è situata nell'area periferica del centro storico. Fu eretta nel XV secolo dai frati dell'Ordine dei Minimi.

La struttura, a navata unica con cupola alla bizantina, è affiancata da una cappella laterale dedicata a Sant'Antonio.

Sulla facciata principale è presente un interessante portale ad arco a sesto acuto. È detta anche chiesa di San Francesco d’Assisi.  

Chiesa Madre di Santa Maria ad Adnexis

La Chiesa di Santa Maria cum Adnexis è la matrice di Fiumefreddo Bruzio.

Fu eretta nel 1540 per volontà Fernando Ruiz de Alarcon, marchese Della Valle, e nuovamente riedificata dopo il crollo avvenuto a causa del terremoto del 1638.

La struttura, a unica navata, è dotata di presbiterio in stile napoletano del XVII secolo.

Al suo interno, custodisce: una pala d’altare de "La vergine del Carmelo", realizzata da Giuseppe Pascaletti; un crocifisso in legno del XIX secolo; "la Madonna con Bambino" di Pietro Negroni, del 1556; "Il Miracolo di San Nicola di Bari" di Francesco Solimena.

Di interesse, si segnalano: il portale dell'ingresso principale, realizzato da maestranze locali nel XVII secolo; il campanile in stile barocco.

Chiesa di San Francesco di Paola

La Chiesa di San Francesco da Paola fu eretta nel 1709. La struttura, fino al 1860, era annessa al convento dei frati minimi.

Il convento, attualmente è la sede del Comune di Fiumefreddo Bruzio.

All’interno custodisce la tomba del principe Pietro Alarçon Mendoza e quella dell'artista Giuseppe Pascaletti.

Chiesa di San Rocco

La Chiesa di San Rocco risale alla seconda metà del XVII secolo.

Fu edificata a pianta esagonale, sormontata da cupola; la stessa è stata affrescata da Salvatore Fiume nel 1980.

La costruzione fu realizzata dalla popolazione ex voto fatto a San Rocco durante la diffusione della pesta nera.

La chiesa viene aperta al pubblico in occasione dei festeggiamenti per il santo titolare, il 16 agosto di ogni anno.  

Chiesa dell'Addolorata

La Chiesa della Madonna Addolorata, detta "La Madonnella", è uno degli edifici di culto più antichi di Fiumefreddo Bruzio.

Fu eretta nel XI secolo e nel corso del tempo ha subito molti interventi di rimaneggiamento.

Il campanile risale al XIII secolo.

Palazzo Zupi (ex-convento delle Clarisse).

Il Palazzo Zupi di Fiumefreddo Bruzio, è chiamato comunemente “Convento delle Clarisse” sia per distinguerlo dall'altro Palazzo Zupi sito in piazza Castello nello stesso comune, abitazione del ramo principale della famiglia Zupi, sia per la sua destinazione originaria a monastero femminile.  

L'edificio con annessa chiesa fu costruito nel 1552, ma solo nel 1616 fu adibito ad oratorio delle Clarisse per volontà del vescovo di Tropea, monsignor Tommaso Calvo, che, avendo constatato la mancanza di conventi femminili nella diocesi, fondò, tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600, quattro conventi femminili: Santa Domenica in Tropea, Santa Chiara in Amantea, San Giacomo in Aiello e Santa Chiara in Fiumefreddo Bruzio.

L'area per l'edificazione dell'edificio fu donata da Ferdinando D'Alarcon, 5º marchese della Valle, mentre la dote, stabilita dal vescovo in 3000 ducati, fu fornita dalle famiglie fondatrici della Confraternita del Santissimo Sacramento. Il monastero, consacrato dal vicario apostolico di Tropea, monsignor Sebastiano Militino, la sera del 7 novembre 1628, essendo nel frattempo deceduto il vescovo di Tropea Fabrizio Caracciolo, ospitò le “vergini nobili” votate al privilegio dell'obbedienza, della castità e della povertà.

La destinazione conventuale dell’edificio fu mantenuta fino al 1807: con l’assedio di Fiumefreddo da parte dei francesi comandati dal generale Ventimille, nei primi di settembre del 1807, anche il convento, ad eccezione del loggiato, fu quasi completamente distrutto. A seguito della soppressione dei beni ecclesiastici, il monastero fu devoluto al patrimonio regolare del vescovo di Tropea.

Nell’anno 1823 il convento, “ormai abbandonato alle intemperie che l’avevano reso privo di tetto e di infissi tanto alle porte che alle finestre”, fu posto agli incanti ai quali parteciparono diversi proprietari di Fiumefreddo. Essendo stati successivamente annullati i suddetti incanti dalla commissione esecutrice del Concordato per vizi nella procedura prevista dal regolamento del 24 novembre 1821, l'amministratore diocesano fu incaricato di aprire nuovi incanti a seguito dell'offerta presentata da Raffaele d'Oro proprietario residente a Napoli, al quale il fabbricato rimase aggiudicato con verbale del 12 ottobre 1827. I ruderi, descritti nel catasto provinciale del comune di Fiumefreddo Bruzio come “Monastero diruto di Santa Chiara” furono trasferiti, con atto stipulato dal notaio Emanuele Caputo di Napoli in data 22 gennaio 1829, dal proprietario Raffaele d’Oro a Giacinto Zupi, fratello di Arcangelo, proprietario dell’altro Palazzo Zupi sito in piazza Castello.

Caratteristiche costruttive - Il fabbricato sorge a picco su una rupe a strapiombo di fronte al mare. È costituito da due piani fuori terra ed altri tre sottostrada. Vi è annesso un giardino che lo separa dall'ex convento di San Francesco di Paola, oggi sede del municipio di Fiumefreddo Bruzio, La pianta irregolare della costruzione suggerisce possibili aggiunte ad un corpo originariamente più piccolo. Ciò parrebbe confermato dal lungo intervallo di tempo tra la costruzione del fabbricato con annessa chiesa, avvenuta nel 1552, e la consacrazione a monastero avvenuta nel 1628.

Il primo piano, in realtà rialzato di pochi gradini rispetto al livello del giardino, dal quale si accede attraverso un grande portone, è stato completamente ristrutturato, pur senza alterarne le caratteristiche originali. Nel vano d'ingresso, la presenza di grate poste sulla parete che divide il suddetto vano dalla chiesa di Santa Chiara, ricorda la consuetudine, da parte delle monache di clausura, di partecipare alle funzioni religiose, senza uscire dal convento.

Attraverso una fila di stanze pavimentate con maioliche di Vietri simili a quelle dell'annessa chiesa, si accede al “Loggiato delle Clarisse” costituito da una serie di archi a tutto sesto con bancali in pietra dal quale si può ammirare un vasto panorama che spazia dal golfo di Lamezia al Capo Palinuro. Il pavimento è in cotto e il solaio è in travi di legno a vista.

Il piano soprastante, costituito in parte da vani e in parte da soffitte, pur ristrutturato, ha mantenuto i caratteri originari. In particolare, per il rifacimento del tetto di copertura sono state utilizzate travi ultracentenarie in quercia, conservate nelle soffitte. I piani sottostrada, ai quali si accede dal vico Pasqualetti, sono incassati nella roccia che ne costituisce alcune delle pareti lato est, mentre le pareti lato ovest, poste di fronte al mare sono fornite tutte di ampie e ariose finestre e balconi. I vani conservano la struttura originale con soffitti a volta, balconi a mensole sormontati da ringhiere in ferro battuto e finestre con stipiti ed architravi in pietra calcarea.

La parte più antica del fabbricato posta nell'angolo nord-ovest, rimasta allo stato originale perché mai interessata da interventi, è costituita da alcuni vani ai quali si accede attraverso un grande ambiente con pavimento in acciottolato e volta a botte. I muri divisori in questi ambienti superano lo spessore di un metro.

Il fabbricato è stato oggetto di un primo intervento di restauro, effettuato negli anni cinquanta e di un secondo, definitivo, effettuato negli anni novanta e durato oltre un decennio. I lavori sono stati eseguiti da maestranze locali in condizioni di particolare difficoltà data la posizione del fabbricato posto a picco su uno strapiombo ed esposto alle violente tempeste di vento che imperversano, specialmente durante l'inverno, sulla costa tirrenica.

Nel palazzo Zupi sono conservati i ritratti del colonnello Emanuele Zupi, fratello di Giacinto e di Arcangelo e della moglie francese Josephine Petit, figlia di un generale di Bonaparte, quadri di epoca napoleonica dipinti su tela, di scuola francese, annoverati tra i beni di particolare interesse storico artistico della Calabria.

Chiesa di Santa Chiara - Al fabbricato è annessa la chiesa di Santa Chiara, con portale in pietra alla quale si accede tramite una piccola gradinata in pietra tufacea. La chiesa faceva parte del convento con il quale costituiva unico corpo. Il soffitto originale in legno dorato, opera di maestranze locali del primo barocco, distrutto da infiltrazioni di acqua piovana, è stato sostituito da un soffitto ligneo. Il pavimento in maiolica, di manifattura napoletana, è quello originale.

Sulla parete centrale e sulle due laterali poggiano tre altari a pala in legno dorato in stile barocco. La chiesa ospitava fino al restauro, avvenuto nel 1957, due tele del Pascaletti (pala dell'altare maggiore: Madonna col Cristo morto e la Vergine col Bambino – pala dell'altare dell'Addolorata: Madonna dell'Addolorata con santa Lucia e san Francesco Saverio) e una di Francesco Solimena (pala dell'altare di San Nicola di Bari: Miracolo di San Nicola di Bari), che si trovano ora, nella chiesa di Santa Maria cum adnexis, sita vicino alla porta di ingresso del paese.  

Abbazia di Fonte Laurato

Simone de Mamistra, legato alla dinastia normanna, fu l’amministratore del feudo fiumefreddese che nel 1201 donò un decrepito monastero all’Ordine Florense.
L’edificio spiccava nella rigogliosa valle Cent’Acque che fiancheggia il gigante monte Cocuzzo (1541 metri).

Il gruppo monastico aveva come leader spirituale e fondatore l'abate Gioacchino da Fiore - filosofo e teologo calabrese. Gioacchino morì in odore di santità nel 1202 e fu citato persino da Dante Alighieri nel XII canto del Paradiso per le sue capacità profetiche e interpretative della Storia.

Per la presenza di numerose limpide sorgenti d’acqua e per una particolare vegetazione di alloro, il possedimento florense fu detto Abbazia di Fonte Laurato.

È oggi proprietà privata ma visitabile su richiesta, in compagnia delle guide di Core Calabro.

Castello della Valle

A margine dell’antico borgo si ergono i resti del castello di Fiumefreddo, detto anche castello della Valle, un maniero che fu la residenza degli storici feudatari di Fiumefreddo Bruzio: gli Alarcòn Mendoz. C'è un doppio cognome perché la dinastia nacque dall’unione di due famiglie.

Nel 1531 il feudo di Fiumefreddo venne donato da Carlo V d'Asburgo al marchese Hernando de Alarcón. Questi fece rimodernare il castello per uso residenziale secondo il gusto tardorinascimentale dell'epoca: a questa fase di interventi risale il portale d'ingresso michelangiolesco.

Nel 1806-1807 il castello subì un duro assedio dalle truppe napoleoniche, analogamente ai vicini paesi di Belmonte Calabro (assedio di Belmonte del 1806-1807) ed Amantea (assedio di Amantea del 1806-1807). In quella occasione fu quasi completamente distrutto. Fiumefreddo, difesa dal vice-preside della provincia di Calabria Citra Giovanni Battista De Micheli, si arrese il 12 febbraio 1807.

Ad oggi, l'unica parte del castello interamente recuperabile (ed in parte già accessibile) sono i sotterranei.

Dichiarato “Monumento Contro Tutte le Guerre”, con delibera comunale del 26 novembre 2006, nonostante il restauro le cannonate del generale Renyer sono ancora ben visibili.  

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Le opere di Salvatore Fiume - Alla metà degli anni Settanta Salvatore Fiume volle rivitalizzare il paese disseminando sue opere per le strade e nei monumenti: al castello dipinse le pareti di una sala, all'epoca scoperchiata ed oggi restaurata e coperta.

Esattamente nel 1975 il paese ai piedi di Monte Cocuzzo accolse con entusiasmo la proposta del maestro Fiume di rivitalizzarne gratuitamente il centro storico con alcune opere.

A partire dallo stesso anno, Fiume dipinse le pareti interne e alcune pareti esterne del castello. Nel 1977 affrescò la volta della cappella di San Rocco e negli anni 90 collocò una scultura di bronzo in ciascuna delle due piazze panoramiche che affacciano sul Mar Tirreno. Nel 1996, un anno prima della sua scomparsa, tornò a ridipingere le pareti interne del castello dopo che gli affreschi originali erano stati distrutti dalle intemperie.

Nel Castello della Valle “La Stanza dei desideri” “è sicuramente il suo capolavoro, i ruderi delle mura sono ricoperti da dipinti che illustrano il “sogno dell'artista su Fiumefreddo” e due sculture, dedicate alla vita del passato, sembrano osservare la magia di quei dipinti”, ha scritto qualche tempo fa sulle pagine della rivista Mythos il giornalista Sergio Zanardi.

Oggi le due sculture sono state spostate presso la Sala Consiliare e gli affreschi, che iniziavano a risentire del passare del tempo, sono interessati da un approfondito restauro.  

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