Paola (Borgo)
(Cosenza)
  
  
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Paola è il più grande centro del Tirreno Cosentino, nota per essere la Città di San FrancescoSanto della Cristianità, Patrono della Calabria e della Gente di Mare.

È una nota meta turistico-balneare, visitata annualmente da migliaia di turisti che scelgono Paola per le sue spiagge e per il suo patrimonio storico-architettonico-religioso, come: il Santuario di San Francesco, la Chiesa del SS. Rosario, la Chiesa di Montevergine, la Chiesa Ipogea di Sotterra, l'Arco di San Francesco, la Torre del Castello, la Fontana Monumentale "dei Pisciarieddi", la Fontana Monumentale dei Sette Canali, la Badia, il Duomo (Chiesa della SS. Annunziata), la Chiesa di San Michele Arcangelo e molti altri.

Dal 2021 Paola è la Città dell'Olivo Bianco  

STORIA - La documentazione sull'origine del nome dell'odierna città di Paola è piuttosto scarna e compare sul finire dell'XI secolo, quando viene menzionato il tenimentum Paulae all'interno dei possedimenti del notabile normanno Roberto Bohon di Fuscaldo.

A partire dalla metà del XVI secolo, numerosi eruditi hanno tentato di risalire all'origine del nome della città. Fra questi, il primo fu il sacerdote Gabriele Barrio il quale, sulla scorta dell'opera dello storiografo Stefano Bizantino (che riprendeva, a sua volta, Ecateo di Mileto), identificò, per assonanza con il moderno toponimo, l'antico insediamento enotrio di Patycos con la città di Paola.

- Con la conquista romana della Calabria, un console romano di nome Lucio Emilio Paolo stabilì la propria residenza nella città calabrese. Da qui deriverebbe il nome Paola.

- Nella lingua latina la parola Pabula vuol dire terra da pascolo. Da alcuni documenti importanti si è appreso che Paola era un casale di Fuscaldo, amministrato dai marchesi Spinelli di Fuscaldo. Il suo territorio, ricco di vegetazione, era usato soprattutto per il pascolo degli animali.

Tra queste ipotesi la più accreditata dagli storici è proprio quest'ultima, che a differenza delle altre due è avvalorata da testimonianze storiche.

Tra il IV e il III secolo a.C., il territorio di Paola ricadeva, con buona probabilità, nel comprensorio rurale dell'oppidum brettio di Clampetia, che recenti studi hanno identificato con il centro storico dell'attuale comune di San Lucido. Qui, infatti, nel corso dei lavori per il rifacimento della pavimentazione della Chiesa dedicata a S. Giovanni Battista alla fine degli anni '80, furono scoperti i resti di un abitato ellenistico composto da alcuni vani abitativi con funzioni produttive, tra cui spiccavano numerosi pesi da telaio e i resti di una fornace per la produzione di manufatti ceramici databili al medesimo periodo. Sulla base degli studi condotti nel territorio di San Lucido, anche quello di Paola doveva essere costellato di piccole fattorie produttive legate alla coltivazione dell'olivo e della vite, favorite dalle condizioni geomorfologiche. Deboli tracce di questa presenza sono attestate dal rinvenimento di ossa e frammenti ceramici recuperati durante scavi archeologici condotti nel cortile del complesso monastico di Badia Luta, in occasione dei lavori di restauro occorsi alla fine degli anni '90.

Successivamente Clampetia, insieme ad altri centri bretti della regione, prese parte al secondo conflitto romano-cartaginese, venendo infine conquistata negli ultimi anni dello stesso conflitto. La vittoria di Roma sui cartaginesi segnò la fine dell'indipendenza politica dei populi indigeni della Calabria e la scomparsa delle fattorie.

L'influenza romana avviò presto un imponente processo di ristrutturazione agricola delle campagne calabresi e nuove coloniae furono fondate per controllare i nuovi territori assoggettati. Sui fertili terrazzi costieri di tutta la regione furono edificate numerose villae, dotate di ricche residenze con bagni o terme (pars urbana) per il dominus e la sua familia, di alloggi per i dipendenti e gli schiavi (pars rustica ed ergastula), di impianti per la trasformazione e grandi magazzini lo stoccaggio delle derrate agricole (pars fructuaria e horrea).

Una di queste grandi villae è stata scoperta nei primi anni '80 in contrada Cutura, alla periferia nord di Paola. L'edificio, ancora oggi parzialmente conservato e quasi del tutto inesplorato, occupa la sommità di un terrazzo costiero che si eleva alcune decine di metri sul livello del mare. Le strutture della villa poggiano su un'imponente sostruzione in muratura realizzata per regolarizzare il pendio naturale del medesimo terrazzo (basis villae), con la pars urbana affacciata sul mare e il cui paramento esterno era intramezzato da una serie di nicchie che dovevano ospitare un ciclo di statue, rendendo il complesso ancora più maestoso. La pars urbana contemplava anche un bagno (balneum) o un impianto termale privato, a giudicare dalle numerose suspensurae rinvenute nel sito.

Sul versante interno del terrazzo costiero, verso le colline circostanti, si trovava probabilmente la pars fructuaria della villa, con impianti per la lavorazione delle olive e dell'uva, come documentato dai numerosi frammenti di macine in pietra vulcanica e un frammento di pressa litica per la pigiatura rinvenuti, nonché le numerose anfore da trasporto prodotte in loco ed emerse da piccoli saggi di scavo effettuati nel 2002 dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria.

Nel 395 con la morte dell'imperatore Teodosio ci fu la scissione dell'Impero romano, che fu diviso in due, Impero romano d'Occidente e Impero romano d'Oriente. Il primo fu affidato al figlio minore di Teodosio, Onorio; il secondo al figlio maggiore dell'imperatore, Arcadio. L'impero bizantino comprendeva parte dell'Italia centrale, l'Italia meridionale e l'Asia minore, quindi anche il territorio di Paola diventò possedimento bizantino, questo determinò anche il passaggio di queste zone al culto ortodosso.

Il regno di Giustiniano fu segnato da una continua lotta per il predominio sul territorio italiano contro gli Ostrogoti prima e i Longobardi poi. Nel 536 i possedimenti bizantini erano ridotti all'Esarcato d'Italia, alla Repubblica di Venezia, al Ducato di Napoli, alla Sardegna e alla Corsica, alla Sicilia e al Ducato di Calabria. Nei secoli successivi i bizantini si trovarono a fronteggiare le invasioni di Arabi e Saraceni, a seguito di queste invasioni la Sicilia cadde in mano araba e il Ducato di Calabria fu costantemente flagellato dagli islamici. Proprio in questo periodo la Calabria divenne l'angolo preferito del crescente monachesimo italo-greco, i monaci, in seguito alla conquista araba della Sicilia, si trovarono costretti a vivere in continuo pericolo, così la abbandonarono per stabilirsi in Calabria, soprattutto lungo il versante tirrenico.

Nel territorio di Paola monaci di S. Basilio, in particolare dell'Ordine Basiliano di San Giosafat fondarono due monasteri, uno nella località Badia, consacrato a S. Maria della valle di Giosafat e delle Fosse, l'altro sul versante nord del territorio, consacrato a S. Michele Arcangelo. Da un'analisi architettonica, storica e rituale possiamo capire che siamo di fronte ad un tipo di monastero denominato Laura. Questi centri religiosi avevano una funzione di controllo sulla popolazione in collaborazione con il feudatario locale, il potere religioso ed il potere costituito collaboravano per ottenere il rispetto e la devozione che pretendevano dai cittadini per lo sviluppo della società dell'epoca. Nell'anno 1110 la moglie del feudatario di Fuscaldo Roberto de Bubum fece una donazione scritta ai monaci del monastero di S.Maria delle Fosse. Grazie a questa donazione i monaci ottennero in concessione il possedimento dove avrebbero poi eretto il monastero, un antico mulino ad acqua, del bestiame e dei contadini per la lavorazione della terra. Con questa donazione Sica (vedova di Roberto di Bubum) tentò di favorire l'opera dei religiosi verso la popolazione, ottenendo, anche, l'obbedienza di questi.

Intorno all'anno 1000 d.C. a bordo dei possenti drakkar arrivarono in Italia i Normanni, un popolo di guerrieri provenienti dalla Scandinavia.

Essi erano guidati da Guglielmo d’Altavilla, detto braccio di ferro e da suo fratello Drogone. In breve tempo questi condottieri tolsero ai bizantini il dominio dell'Italia meridionale, iniziando dalla Sicilia. Nel 1050 arrivò in Calabria Roberto d’Altavilla, detto il guiscardo, raggiunto nel 1057 da suo fratello Ruggiero. I due iniziarono ad assediare le principali città della Calabria, trovando dapprima l'opposizione del papato. Nella battaglia di Civitate l'esercito di volontari guidato da Leone IX subì una disfatta totale e lo stesso pontefice fu catturato dai Normanni. Con l'arrivo degli scandinavi tutte le diocesi ortodosse furono convertite in diocesi cattoliche, così Papa Niccolò II decise di stringere un'alleanza con i nuovi padroni del meridione e nel 1059 a Melfi investì solennemente Roberto il Guiscardo del titolo di ‘'Duca di Puglia, Calabria e Sicilia'’. La città di Paola deve ai Normanni la costruzione del ‘'Castello di Paola'’ intorno all'anno 1110 d.C. Questa roccaforte fu eretta usando malta e arenaria, in una posizione strategica che sovrastava la città e aveva lo scopo di difendere monaci e abitanti dai soldati che passavano attraverso il territorio paolano.

Durante il regno di Federico II di Svevia la Calabria raggiunse uno dei suoi momenti di maggiore prosperità. Il sovrano aveva la sua residenza a Melfi, in Basilicata. Egli fece costruire il castello e il Duomo di Cosenza e la fortezza di Rocca Imperiale sullo Ionio. I calabresi rimasero sempre fedeli agli Svevi, anche dopo la morte di Corradino di Svevia ucciso per ordine di Carlo I D'Angiò, che prese il potere a Napoli. Anche Paola beneficiò di questo periodo prosperoso. La cittadina iniziò progressivamente ad ingrandirsi fino a che, quando la Calabria passò dal dominio Svevo a quello Angioino divenne feudo, e fu affidato alla famiglia Ruffo. Nel 1418 Polissena Ruffo sposò il duca di Milano Francesco Sforza, portando anche in dote il territorio Paolano. Polissena morì avvelenata da uno degli zii nel 1420 senza dare eredi al duca di Milano, Paola e gli altri paesi che aveva portato in dote tornarono quindi alla sua famiglia. Il feudo di Paola fu portato nuovamente in dote da Covella, sorella minore di Polissena, quando sposò Giovanni Antonio Marzano. Dalla loro unione nacque Marino Marzano, che fu spogliato del feudo per aver congiurato contro il Re di Napoli Ferrante d'Aragona.

Con l'arrivo degli Aragonesi Paola raggiunse lo status di Città, fu proclamata tale da Ferdinando II di Aragona. Durante lo sbarco, avvenuto nel 1283, gli abitanti della contrada Fosse, per evitare di essere coinvolti negli scontri, si trincerarono nelle zone limitrofe al Castello di Paola, scombussolando gli equilibri che ruotavano intorno all'antica abbazia della loro contrada. Il monastero andò incontro quindi ad un inevitabile declino, nonostante il prodigarsi degli ultimi abitanti e dei monaci.

Il 2 luglio 1555 la città fu assediata dai Turchi, comandati da Dragut Rais, il quale, dopo averla saccheggiata e incendiata, assalì il Convento dei Frati minimi fondato da San Francesco e lo depredò. Ripresasi, la città continuò a vivere come gli altri paesi della Calabria, ma andava sempre più ingrandendosi, crescendo anche in importanza.

Il 18 ottobre del 1806, Paola subì l'occupazione da parte dei Francesi. Essi incendiarono e saccheggiarono il Santuario di San Francesco, che restò deserto. In seguito ad una legge emanata da Gioacchino Murat nel 1809, iniziò la soppressione di tutti gli ordini religiosi del regno di Napoli, compreso il protocenobio dei Minimi di Paola, nonostante la sua importanza, i conventi furono tutti convertiti ad altro uso, spesso militare, le chiese passarono al clero diocesano e tutti i beni clericali confiscati.

Dopo il Congresso di Vienna (1815), Ferdinando IV di Borbone fu restaurato sul trono di Napoli. L'anno successivo i due regni di Napoli e Sicilia furono uniti nel nuovo Regno delle Due Sicilie. Nel 1844 il re Ferdinando II e la sua consorte Maria Teresa d'Asburgo visitarono Paola per voto. In seguito il re tornò il 29 ottobre 1852 accompagnato dal principe ereditario, Francesco.

Durante il risorgimento, Paola partecipò al movimento di Garibaldi. L'eroe dei due mondi, tuttavia, non passo dalla città, a differenza dei suoi Garibaldini. Essi furono persino aiutati dal Comune quando le truppe comandate da Nino Bixio e Giacomo Medici s'imbarcarono per raggiungere Garibaldi a Napoli. Prima della costruzione della Ferrovia Paola-Cosenza nel 1910, il porto di Paola era molto trafficato, i piroscafi provenienti da Napoli e Messina erano carichi di merci e viaggiatori e il commercio fiorente. Vi nacque l'ultimo segretario del Partito Fascista, Carlo Scorza.

Monumenti e luoghi d'interesse

La cittadina è una delle mete del turismo religioso in Calabria. Fra i principali luoghi di interesse si segnalano il Santuario di San Francesco, la Badia, la chiesa cosiddetta di Sotterra (nella località omonima — già Gaudimare — con dipinti di cui quelli più antichi sono variamente datati ai secoli altomedievali), rovine romane, Palazzo Scorza, il castello di Paola.

Il 27 marzo si celebra la nascita di san Francesco di Paola, mentre il 2 aprile (festa canonica del Santo di Paola) la morte. I solenni festeggiamenti in onore di san Francesco si tengono dal 1° al 4 maggio, con diverse processioni a terra e a mare del "busto" del Santo e del mantello. La tradizione vuole che un barcaiolo si rifiutò di traghettare san Francesco dalla costa calabra a Messina ed il Santo attraversò lo stretto con il proprio mantello. San Francesco è stato proclamato oltre che patrono della Calabria anche patrono della gente di mare. Il 4 maggio 2008 si sono conclusi i festeggiamenti per il V centenario della morte di san Francesco.

In merito agli elementi di pregio storico-religioso e culturale occorre ricordare che il secolo XVI fu senz’altro il periodo d’oro per Paola, grazie specialmente a san Francesco, i cui fedeli provenienti da ogni parte della Calabria. Per questo motivo si ebbe un incremento urbanistico notevole per quei tempi. La città espandendosi venne abbellita nei palazzi, nelle strade e nelle fontane. In poco meno di un secolo si delineò una febbrile attività edilizia ed artistica.

Oltre al Santuario di San Francesco di Paola, le chiese e i conventi presenti a Paola sono comunque numerosi.

Cattedrale della SS. Annunziata

Nel centro storico di Paola, al culmine di una scalinata, vi è la chiesa matrice dell’Annunziata, considerata il Duomo della città del Cosentino. 

L’edificio fu costruito in epoca normanna, come dimostrano alcuni fregi più antichi, ma l’impianto della struttura fu completamente ricostruito nel Quattrocento in stile gotico: gli affreschi più antichi risalgono proprio al XIV e XV secolo e sono stati oggetto di un recente restauro che ha permesso di riportarli alla luce. 

Diversi furono i rimaneggiamenti, il più importante dei quali nel Settecento che conferì alla Chiesa un aspetto baroccheggiante. Tale caratteristica è visibile già nelle decorazioni della facciata in tufo locale, che presenta due volute oggi purtroppo non ammirabili pienamente per via dello stipite della cappella del Purgatorio e della copertura dell’antistante pronao. 

L’interno, a tre navate, è molto più ricco. Le arcate che le suddividono sono sorrette da pilastri in tufo in stili diversi secondo i canoni più puri dell’architettura gotica, a cui rimandano anche le finestre ogivali in stile pre-rinascimentale. Il bell’altare maggiore è sormontato da una pala raffigurante l’Annunciazione della Vergine in olio su tavola ed impreziosita da una cornice in legno dorato che pare sia opera del Santafede, artista calabrese del Seicento. 

Sono molte altre le opere pittoriche presenti nella chiesa e risalenti ai secoli XV e XVIII, attribuite ad artisti come Francesco Curia, Giuseppe Pascaletti o Dirck Hendricksz. Pregevole anche il coro in legno, finemente intagliato con fregi barocchi da artigiani fuscaldesi a fine Settecento. 

Nell’adiacente Cappella della Confraternita del Suffragio troverete, tra le altre cose,una scultura dell’Ecce Homo ed una tela di Maria del Suffragio. A destra, invece, troverete il battistero in legno con base in pietra lavorata al cui interno è custodito il fonte battesimale anch’esso in pietra decorata e con croci gemmate.

Chiesa di Sotterra

La Chiesa di Sotterra è una chiesa interrata o ipogea (da qui il nome di Sotterra), cui si accede grazie ad una scala che parte dal portico della sovrastante la Chiesa del Carmine.

Poche sono le notizie certe riguardo all'origine e ai motivi della scomparsa della chiesa, la datazione e gli autori degli affreschi, o il significato di alcuni elementi strutturali. Il rinvenimento della chiesa risale al 1874, grazie a Giovanni Battista Moscato da San Lucido, che ne diede notizia nel 1889, ma soltanto dal 1926 in poi appaiono le prime descrizioni dettagliate. La prima esplorazione scientifica fu eseguita da Claudio Ricca della Soprintendenza del Bruzio e della Lucania nel 1925.

Le origini della chiesa restano tuttavia sconosciute. La sua architettura ricorda una primitiva basilica paleocristiana di epoca romana, intorno al IV secolo, grazie anche alla presenza di cocci di antiche tegole di età imperiale tardo-romana e reperti fittili di epoca precedente alla costruzione bizantina, ma l'ipotesi viene generalmente scartata, poiché i reperti potrebbero essere preesistenti alla costruzione della chiesa. Altri ipotizzano che la basilica sia stata edificata prima della diffusione del monachesimo bizantino in Calabria, o da monaci profughi dopo il 750, dopo le persecuzioni iconoclastiche di Costantinopoli e dell'Oriente. Ancora, si pensa all'ambito longobardo, permeato ancora dalla cultura bizantina, sotto il dominio dei Longobardi di Benevento, tra il VIII e il IX secolo, ma l'affermazione del dominio bizantino su tutta la Calabria farebbe posticipare la fondazione della chiesa al IX-X secolo.

La combinazione di due eventi storici colloca la datazione più probabile tra i secoli IX e X: il ripristino del dominio di Bisanzio su tutta la Calabria e la conquista araba della Sicilia, che favorì l'insediamento sulle coste tirreniche calabresi di molti monaci italo-greci o di origine bizantina. Una lapide che era stata collocata sopra il portale della Chiesa del Carmine afferma che la chiesa fosse sotterrata a causa delle incursioni islamiche:

Sacram hanc aedem
Virgini Beatissimae de Carmelo
quam
etiam venerabantur olim
a tetra Mahometismi incursione vexati
hic sub terra Prisci
dicatam
huius Page aedificavere
anno MMCCCLXXXII
Agricolae pii

"Nell'anno 1882 i pii agricoltori di questa contrada edificarono questo santuario alla Beatissima Vergine del Carmelo che anche gli antichi una volta veneravano qui, sotto terra, oppressi dalla incursione del Maomettismo".

La datazione tra il IX e il X secolo è favorita sia dai dati storici che dalla datazione degli affreschi più antichi, quelli dell'abside, non anteriore al IX secolo. Le osservazioni di Francesco Russo confermano la collocazione della chiesa in epoca bizantina, mentre secondo Gregorio E. Rubino la chiesa presenta soltanto tracce bizantine. Alfonso Frangipane cataloga la chiesa di origine basiliana, ma ricostruita. Il profilo storico e l'accurata ispezione strutturale dell'impianto rivelano che originariamente la chiesa fu costruita fuori terra e solo successivamente interrata a causa dell'abbandono dell'uomo e di frane e inondazioni del vicino torrente Palumbo, probabilmente agli inizi del XVII secolo, come sostiene anche Francesco Russo.

Architettura - La chiesa presenta una pianta ad aula leggermente asimmetrica composta da vano presbiteriale ed endonartece, con disposizione nord-sud. La lunghezza è di circa 16,30 m, dalla parete dell'abside semicircolare a sud fino all'ultima campata a nord, mentre la larghezza della navata è di 4,60 m e quella del presbiterio di 4,70 m. Quest'ultimo è sopraelevato di circa 20 cm rispetto alla navata; la sua profondità è di 3,02 m mentre quella dell'abside è di 1,62 m. Nelle pareti laterali, due mezze nicchie servivano forse per collocarvi delle icone. Il centro del presbiterio ospitava originariamente un altare, che fu trasferito nel fondo dell'abside. L'altarino a sinistra serviva per la preparazione del pane e del vino per la celebrazione della messa; manca sul lato opposto l'altarino del diaconicon, destinato alla conservazione delle sacre suppellettili. A destra della porta d'ingresso si trova una grande conca forse anticamente destinata al rito del battesimo per immersione.

La navata è divisa in quattro campate da tre archi:

- la prima campata si trova in corrispondenza del vano presbiteriale ed è a botte lunettata, con al centro un lucernario di forma quadrata;

- la seconda campata si conclude con una volta a crociera;

- la terza campata, grazie a un grosso arco strutturale, sostiene la chiesa superiore; la volta corrispondente è a botte liscia;

- la quarta ed ultima campata termina con un ultimo arco, tamponato dalla muratura adiacente all'odierna scala d'accesso a quello che per Isnardi è un ipogeo e per il Frangipane è una cripta.

Concentrati soprattutto nella parete dell'ogiva dell'abside e sulla parete frontale del presbiterio, si trovano molteplici fori circolari di diverse dimensioni. Varie sono le ipotesi sull'utilizzo degli elementi fittili nell'architettura medievale:

- alleggerire il peso delle volte;

- favorire la ventilazione e impedire l'umidità;

- migliorare l'acustica: ad esempio i vasi acustici sono costituiti da piccole anfore o piccole brocche integre murate nelle pareti, in ceramica costituita da un impasto rosso mattone;

- sostenere le lampade votive.

Nulla esclude la coesistenza di usi diversi degli elementi fittili.

Gli affreschi costituiscono l'elemento più pregiato della Chiesa di Sotterra, ma ancora si discute sulla loro datazione e fattura. Occupano l'abside e il presbiterio, ma non la navata.

Originariamente, gli affreschi dell'abside erano due: il primo nella volta, separato dal secondo nel cilindro da una fascia policroma a motivi geometrici.

Il primo si trova in pessimo stato conservativo, a causa di pesanti infiltrazioni d'acqua: sono appena visibili alcune tracce di un Cristo seduto in trono circondato da due Angeli.

Il secondo si trova in un miglior stato conservativo; si trova al di sotto della fascia policroma sopracitata e al di sopra di un'altra fascia dai motivi fitomorfi, sovrastante l'altare in pietra. L'affresco rappresenta l'Ascensione di Cristo tra terra e cielo. La cornice al di sotto del Cristo è interrotta dal suo piede, motivo tipico dell'iconografia medioevale: Cristo asceso in corpo, anima e divinità ma ancora prossimo alla terra (con il piede). Inoltre nell'affresco compaiono la Madonna, al centro, circondata da, per alcuni, Santi e Sante, per altri, come il Verduci, sei Apostoli per lato, per esprimere il concetto della totalità della Chiesa (alcuni identificano San Pietro e San Paolo, rispettivamente a destra e a sinistra di Maria). Le figure sono allineate frontalmente, ieratiche, a rappresentare astrazione dal mondo ed elevata spiritualità; alcune hanno tratti ben visibili, altre hanno contorni sfumati, il capo circondato da un'aureola e sono vestite di abiti solenni. Hanno il dito alzato, a indicare il trono di Cristo, e le palme delle mani rivolte verso l'alto in segno di pace. I volti sono scarni, com'è tipico della pittura bizantina. La posizione dei Santi al di sotto della Majestas Domini rappresenterebbe i piedi del Signore, perciò si può pensare che tali affreschi siano la traduzione pittorica dello scritto di San Paolo: "La Chiesa è il corpo di Cristo: noi siamo le Sue mani, la Sua bocca e i Suoi piedi in questo mondo".

Gli affreschi del presbiterio sono divisi spazialmente e iconograficamente in due gruppi, distinti tra secondo ciclo e terzo ciclo di affreschi.

Il secondo ciclo è costituito da due affreschi ai lati dell'abside, sulla parete di fondo del presbiterio, e rappresentano il momento dell'Annunciazione.

A sinistra è raffigurato l'Arcangelo Gabriele, che annuncia il concepimento verginale a Maria: ha le braccia incrociate sul petto, le mani aperte e dispiega ali dal fine piumaggio, che interrompono la cornice dalle decorazioni geometriche. La sua figura contrasta con lo sfondo dai motivi cosmateschi: è raffigurata in modo dinamico, il capo rotato verso la Madonna, ed è vestita di abiti dalle linee eleganti e flessuose lievemente rigonfiati, quasi mossi da una brezza. La sua veste è elegante e sobria, bordata da una stola, quasi a delinearne il ruolo sacerdotale, caratterizzata da croci patenti. Delle perline abbelliscono capelli, scollo della veste e bordo delle maniche.

A destra, è raffigurata la Madonna. Anche la Vergine emerge dal fondo cosmatesco: è in posizione eretta, con il capo leggermente chino in avanti e rivolto dolcemente verso l'Angelo; la mano destra è sul cuore mentre la sinistra sorregge un libro. I tratti del volto ricordano il modello femminile greco; vicino all'orecchio destro è presente una colomba stilizzata, raffigurazione della Parola di Dio e dell'Annunciazione ma anche simbolo della divina concezione attraverso l'orecchio (Atanasio in Egitto, IV sec.: "Venite e vedete l'opera meravigliosa: la donna concepisce nell'udito dei suoi orecchi"). La sua veste è ondulata, ornata da tre stelle a otto punte in campo rosso - una sul copricapo, le altre due sulle spalle -, simbolo della maternità divina; un orlo decorato impreziosisce il bordo del corpetto e delle maniche, mentre il mantello blu è impreziosito lungo l'orlo da una perlinatura a rilievo, simile a quella dell'Angelo. Un'analisi a raggi UV conferma che entrambi gli affreschi dell'Annunciazione costituiscono un unico ciclo pittorico con quelli dell'abside, poiché condividono un substrato pittorico simile; l'Arcangelo e la Vergine sarebbero stati ridipinti successivamente.

Il terzo ciclo è caratterizzato dalla rappresentazione di due figure sacre realizzate sulla parete laterale sinistra del presbiterio, sopra l'altare delle offerte.

A sinistra è raffigurata la Vergine Maria col Bambino, chiamata anche Madonna del melograno, frutto raffigurato sul petto del Bambino, simbolo della benedizione di Dio e, nell'Antico Testamento, di buone condizioni di vita, in quanto uno dei più copiosi frutti della Terra promessa. La sua rappresentazione è frequente nell'iconografia cristiana, soprattutto nei secoli XV e XVI: le intense sfumature di rosso rappresentano la passione di Cristo. Il modello teologico greco della Madonna del melograno è però arricchito dalla presenza di un elemento tipico del culto latino: sull'angolo inferiore destro dell'affresco è raffigurato un orante a mani giunte. La Madonna allatta il figlio (motivo della Madonna galactotrofusa, diffuso nelle immagini bizantine), atto ricco di amore e spiritualità, col capo inclinato verso il Bambino Gesù, e l'indice e il medio della mano sinistra a favorire la fuoriuscita del latte, in modo premuroso, riducendo la fatica al figlio. Il Bambino, a sua volta, asseconda il gesto materno con la mano sinistra, possibile rappresentazione del sostegno di Cristo alla Chiesa che si adopera per e si nutre di Cristo, in un circolo virtuoso tipico della teologia greca che lega l'umano al divino. La rigidità del Bambino e lo sguardo inespressivo ancora una volta riconducono all'arte bizantina.

A destra si trova la figura di un Santo, molto probabilmente Sant'Antonio Abate, racchiuso insieme alla Vergine e al Bambino in una sobria cornice rosso porpora. Il Santo emerge in posizione eretta da uno sfondo dello stesso colore della cornice, con il capo canuto circondato da un'aureola, ai cui lati restano la lettera s a sinistra e la scritta ius a destra, che guidano all'identificazione del Santo, cioè S. Antonius. Le rughe solcano la sua fronte e il volto barbuto appare scavato dalla vita eremitica e di penitenza. Con la mano sinistra si sorregge a un bastone, mentre con la destra tiene una campanella, propria della sua iconografia.

La pavimentazione è stata realizzata nello stesso periodo dell'edificazione della chiesa. È costituita da tre tipi di mattoni: rettangolari, triangolari e quadrati, di dimensione e colori vari.

Nella navata si osserva che la pavimentazione è divisa in due metà longitudinali, destra e sinistra, da una lunga fila di larghe lastre rettangolari di pietra grigia, delimitate in quattro zone trasversali da tre strisce di grandi pietre rettangolari dalle dimensioni più ridotte. Ogni zona, tranne quella dell'endonartece, è divisa da lastre di mattoni policromi triangolarti e quadrati, tagliati ad angolo retto e organizzati in modo da formare motivi geometrici.

Nel presbiterio vi sono file alternate di pietre rettangolari grigie e triangolari policrome, allineate verticalmente fino all'abside; intorno all'altare non c'è traccia di pavimento.

È un pavimento realizzato da materiale povero, ma di sorprendente eleganza geometrica.

Nella chiesa di Sotterra si trovano numerosi graffiti medioevali che hanno prevalentemente "forma e funzione di natura simbolica, riducendosi a puri e semplici signa", e stilisticamente quindi si avvicinano ai graffiti preistorici o protostorici. I contenuti sono devozionali, tipici della "graffitomania del pellegrino" (croci, colombe, pesci...). È presente il signum crucis, simbolo per antonomasia del Cristianesimo a partire dall'Editto di Costantino. Tra i signa ancora visibili ci sono pesci, colombe, e quella che sembra una galea, in prossimità di una croce di Gerusalemme, testimonianza forse di un pellegrinaggio in Terra Santa. Ma vi sono ancora molte altre figure, alcune mai descritte. Si può anche osservare la raffigurazione di due uccelli riconoscibili dal piumaggio stilizzato, l'uno di fronte all'altro, forse a significare l'incontro, oppure il candore che si nutre di amore verso il prossimo e verso Dio, suggerito dall'atto di beccare uno stesso frutto, o ancora, infine, forse l'interpretazione più appropriata, simboleggiano la vigilanza di San Matteo e di San Luca.

Santuario di San Francesco

Il santuario di San Francesco di Paola sorge nella parte alta e collinare della cittadina, in una valle costeggiata dal torrente Isca e ricca di vegetazione. È meta di pellegrinaggio da tutto il sud Italia, specialmente dalla Calabria, di cui san Francesco è patrono. Custodisce parte delle spoglie del santo (le restanti si trovano a Tours in Francia).

Davanti al santuario vi è un ampio piazzale, al limite del quale si erge la facciata principale del tempio. A destra dell'ingresso principale, vi è un arco tramite il quale si accede alla parte laterale del santuario, in cui si trovano l'ampia basilica moderna (inaugurata nel 2000) e la fonte della cucchiarella, alla quale sogliono bere i pellegrini. Accanto a questa è esposta una bomba inesplosa, caduta nel torrente accanto al santuario durante un bombardamento anglo-americano nel mese di agosto del 1943, che non danneggiò il santuario. Continuando si accede al ponte del Diavolo e ad un sentiero al termine del quale si trova un luogo che fu rifugio del santo nei suoi anni giovanili.

Entrando nel santuario per l'ingresso principale, si accede a due ambienti semi-aperti iniziali. Nel primo sono conservate diverse lapidi, datate fra il XVI ed il XX secolo, che ricordano varie ricorrenze ed eventi riguardanti il santuario, mentre il secondo è il vero pronao della basilica antica: a destra si trova il portale di accesso alla basilica, a sinistra vi è un affaccio sul torrente e sull'adiacente convento, ed avanti vi è l'ingresso al chiostro ed al romitorio del santo e la cella del beato Nicola.

La basilica antica, in stile romanico, risalente al XVI secolo, è composta da un'ampia aula principale piuttosto spoglia e da un'unica navata laterale a destra, lungo la quale si aprono quattro cappellette, che ha il suo culmine nella sontuosa cappella barocca che custodisce le poche reliquie di san Francesco pervenute a Paola, fra cui alcuni suoi abiti e frammenti di ossa.

Nel chiostro del santuario, chiuso verso l'esterno con vetrate, si trova il roseto del santo, che costituisce oggi un folto giardino, e ospita lungo le sue pareti interne affreschi raffiguranti i principali episodi della vita del santo, molti dei quali legati a leggende. Adiacente ad esso è il romitorio di San Francesco, un insieme di angusti spazi sotterranei che costituirono il primo nucleo di cenobio per il santo e per i suoi confratelli. Fra il chiostro e la basilica antica si erge il campanile del tempio.

Basilica nuova - Davanti al santuario vi è un ampio piazzale, al limite del quale si erge la facciata principale del tempio. A destra dell'ingresso principale, vi è un arco tramite il quale si accede alla parte laterale del santuario, in cui si trovano l'ampia basilica moderna (inaugurata nel 2000) e la fonte della cucchiarella, alla quale sogliono bere i pellegrini. Accanto a questa è esposta una bomba inesplosa, caduta nel torrente accanto al santuario durante un bombardamento anglo-americano nel mese di agosto del 1943, che non danneggiò il Santuario. Continuando si accede al ponte del Diavolo e ad un sentiero al termine del quale si trova un luogo che fu rifugio del Santo nei suoi anni giovanili.

Entrando nel santuario per l'ingresso principale, si accede a due ambienti semi-aperti iniziali. Nel primo sono conservate diverse lapidi, datate fra il XVI ed il XX secolo, che ricordano varie ricorrenze ed eventi riguardanti il santuario, mentre il secondo è il vero pronao della basilica antica: a destra si trova il portale di accesso alla basilica, a sinistra vi è un affaccio sul torrente e sull'adiacente convento, ed avanti vi è l'ingresso al chiostro ed al romitorio del Santo e la cella del beato Nicola.

All'interno della basilica nuova sono presenti un affresco di circa 20 m², tre tele ad olio di circa 200 × 250 cm e una tela di 440 × 214 cm, 4 volte a vela triangolari di 4 × 3 m e una pala d'altare di 250 × 150 cm, tutte opere del pittore neo-manierista Bruno d'Arcevia, che le ha realizzate nel periodo 1997-1998.

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L'organo a trasmissione elettronica computerizzata via-radio, del nuovo Santuario di S.Francesco a Paola, è stato costruito dalla ditta Mascioni nel 2004. Il materiale fonico è inserito all'interno di un'ampia nicchia sopraelevata, con mostra in più campi, situata nella testata destra dell'aula. Lo strumento è stato progettato da Franco Nicora e si articola in 44 registri per un totale di circa 2900 canne; la sua consolle, mobile indipendente, dispone di 3 tastiere e pedaliera.

Basilica antica - La basilica antica, in stile tardo rinascimentale, risalente al XVI secolo, è composta da un'ampia aula principale piuttosto spoglia e da un'unica navata laterale a destra, lungo la quale si aprono quattro cappellette, che ha il suo culmine nella sontuosa cappella barocca che custodisce le poche reliquie di San Francesco pervenute a Paola, fra cui alcuni suoi abiti, frammenti di ossa e un dente.

Nel chiostro del santuario, chiuso verso l'esterno con vetrate, si trova il roseto del Santo, che costituisce oggi un folto giardino, e ospita lungo le sue pareti interne affreschi raffiguranti i principali episodi della vita del santo, molti dei quali legati a leggende. Adiacente ad esso è il romitorio di san Francesco, un insieme di angusti spazi sotterranei che costituirono il primo nucleo di cenobio per il santo e per i suoi confratelli. Fra il chiostro e la basilica antica si erge il campanile del tempio.

CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE - La Chiesa della Madonna del Carmine, situata a Sotterra in località Gaudimare, è una delle parrocchiali del territorio di Paola.

L'interno a navata unica, decorato in stile neoclassico, custodisce un pregevole altare maggiore, dipinti, statue di santi e decorazioni finemente lavorate.

Sovrasta la nota Chiesa Ipogea di Sotterra

CHIESA DI SAN MICHELE - La Chiesa di San Michele Arcangelo, con la sua caratteristica cupola bizantina, è tra le più antiche chiese di Paola e del Tirreno Cosentino.

Fu probabilmente eretta tra il IX e il X secolo dai monaci basiliani della Laura di Sant'Angelo su un precedente luogo di culto.

Custodisce al suo interno, tra le altre cose: un antico Fonte Battesimale in pietra con incise quattro croci greche con montante; una delle più antiche statue raffiguranti San Francesco da Paola; una grande Icona raffigurante San Michele Arcangelo Psicopompo; un Organo del 1880 donato dagli emigranti paolani nelle Americhe; statue raffiguranti Sant'Anna con una giovane Maria Vergine, la Madonna con Bambino e San Michele Arcangelo.

CONVENTO BADIA - Il Monastero Catino di Santa Maria della Valle Giosafat, più semplicemente noto come la Badia, è un antico complesso monastico risalente all’epoca normanna.

Si trova in località Fosse, nell'area meridionale del territorio paolano.

Fu eretto dopo il 1110, per volere di Sica, moglie di Roberto di Bubum, Signore di Fuscaldo, da alcuni religiosi insediati nell’area.

Nel settembre del 1190 ospitò il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, durante il suo viaggio verso la Terza Crociata.

La chiesa, architettonicamente molto sobria, evidenzia come elementi d'interesse: il portale lapideo a sesto acuto e il rosone.

Sono annessi al complesso monastico, oltre alla chiesa, anche: un muro di cinta, un'antica torre, posta sul versante occidentale, l'area dell'antico convento.

CONVENTO DI SANT'AGOSTINO

CHIESA DI SAN GIACOMO MAGGIORE

CONVENTO DEI CAPPPUCCINI

CHIESA DI SAN LEONARDO

CHIESA DELL'IMMACOLATA

CONVENTO DEI GESUITI

CHIESA DEL ROSARIO - La Chiesa del SS. Rosario, intitolata originariamente a Santa Caterina, si trova nel Centro Storico di Paola, in Corso Garibaldi; nei pressi della Fontana Monumentale dei Sette Canali.

Dal punto di vista architettonico è tra i monumenti religiosi più interessanti di Paola e del Medio Tirreno Cosentino.

L'interno, a navata unica, custodisce interessanti opere artistiche.

CHIESA DI SAN FRANCISCHIELLO

CHIESA DI MONTEVERGINE - Secondo la narrazione popolare, fu edificata dopo il rinvenimento di un’icona della Madonna Nera ai piedi della Torre.

Dopo il ritrovamento, l'icona fu portata presso il convento di Sant’Agostino, ma al mattino seguente fu nuovamente ritrovata ai piedi della torre, senza che nessuna l’avesse spostata. A seguito questi segni, ritenuti prodigiosi, il popolo paolano decise di edificare la chiesa.

La chiesa, probabilmente, in origine eretta in stile gotico, attualmente presenta una facciata in stile barocco: opera di allievi di Niccolò Ricciulli da Rogliano.

All’interno, custodisce: un soffitto realizzato con volta a crociera e costoni in tufo, appartenenti alla struttura originaria; l'icona della Madonna di Montevergine; dipinti del '500; un organo ad armadio della metà '700.

CHIESA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE

CHIESA DELL'ADDOLORATA

CHIESA DI SANTA MARGHERITA

CHIESA DI SAN GIUSEPPE

CHIESA DI SANTA MARIA DI PORTO SALVO

CHIESA DI SANT'ANNA

Arco di San Francesco

L’Arco di San Francesco, detto anche la ‘Maggior Porta’ o ‘Porta di San Francesco’, rappresenta l’ingresso a Paola, quello storicamente più importante per la cittadina del Tirreno Cosentino: la Porta sul Mare. 

Si tratta di un interessante arco in tufo finemente lavorato, la più significativa testimonianza ancora in piedi dell’antica cinta muraria che proteggeva quello che oggi è il Centro Storico di Paola: chiare indicazioni di questa antica funzione sono le feritoie per le armi da gittata e quelle da fuoco che nel Cinquecento, epoca in cui la Porta di San Francesco venne costruita, avevano da poco fatto la loro comparsa negli scenari bellici. 

Su di essa si possono trovare chiari riferimenti alla storia paolana: non soltanto il fastigio in marmo bianco sorretto da quattro colonne in cui è esposta la statua di San Francesco, ma anche lo scudo con lo stemma familiare degli Spinelli – i Marchesi che, tra le altre cose, diedero una nuova organizzazione urbanistica alla città – e il pavone, simbolo di Paola. L’ignoto autore di questa monumentale opera ha inteso dedicarla, a nome di tutta la cittadinanza, al suo Patriarca San Francesco.

Fontana dei Sette Canali

La Fontana detta “dei Sette Canali” è posta a pochi passi dalla Chiesa del Rosario nel centro storico di Paola e sorge ai piedi di una lunga scalinata. Opera di artigiani locali, porta la data del 1636.

Si tratta di una delle fontane più caratteristiche dell’intera Calabria, con effetti scenografici ed una struttura architettonica davvero notevoli: la sua struttura ricorda quella di un ventaglio dispiegato, chiara allusione alla coda del pavone, animale simbolo di Paola. 

La fontana si sviluppa su due bracci, le cui pareti sono decorate con 7 quadri in cui è ritratto San Francesco nei suoi miracoli più celebri: in corrispondenza di ognuna di queste immagini vi è una protome in pietra dalla cui bocca sgorga acqua che viene canalizzata in una grande vasca semicircolare, di fronte alla quale compare un ottavo quadro del Santo Paolano. Alla sommità di quest’ultimo si possono notare tre scudi su cui sono riconoscibili, seppur logorati dal tempo, lo stemma della Famiglia Spinelli in quelli laterali ed un pavone in quello centrale notevolmente più grande. 

Sulla costruzione della fontana dei Sette Canali non si sa molto: le prime informazioni scritte risalgono alla metà del Cinquecento, benché in quel caso i documenti parlino di dodici e non sette canali. Tale circostanza non ha trovato né conferma né smentita nelle ricerche successive, ma è certo invece il ruolo di punto di incontro ed aggregazione dei paolani che questa fontana ha assunto per secoli. La leggenda vuole che sia stato proprio San Francesco, con un prodigio, a portare l’acqua a questa fonte perché si dissetasse il padre.

Fontana dei Pisciarieddi

In Piazza del Popolo a Paola si trova una monumentale fontana nota come dei Pisciarieddi, uno degli esempi della maestria degli scalpellini paolani. 

La Fontana è costituita da due vasche asimmetriche e da un obelisco zampillante in pietra arenaria locale, una struttura che richiama alla mente la struttura delle fontane nell'architettura latina: le due vasche, poste una nell'altra, sono infatti alimentate da 4 protomi ciascuno e, quando la pressione lo consente, si creano dei giochi d'acqua molto caratteristici. 

Nella vasca più ampia, che costituisce anche la base della Fontana dei Pisciarieddi, noterete due sculture raffiguranti la croce, che rimanda sia alla fede cristiana che allo stemma della Famiglia Spinelli, ed il Pavone, simbolo di Paola. 

Fino a qualche anno fa la fontana era provvista di una balaustra in tufo sulla quale era incisa la data del 1737: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa non indica la data di costruzione, che sarebbe invece da collocare nel XVI secolo. Oggi la balaustra è stata dismessa, così come il puttino con il suo zampillo che era posto alla sommità dell'obelisco.

Torre della Badia

Distante dal centro abitato e posizionato su un'altura il complesso è costituito da un insieme di fabbricati, alcuni dei quali adibiti ad uso di civile abitazione, con annessi due strutture architettoniche di rilievo: la torre e la chiesa. 

La torre presenta una pianta quadrata elevata a due piani fuori terra in un primo ordine a forma di tronco piramidale ed in un secondo prismatico retto visibile nel prospetto sud; una scala di accesso elicoidale permette l’accesso ai piani superiori. Nel prospetto est e ovest si riscontrano corpi di fabbrica aggiunti in epoca successiva.

La chiesa, a pianta rettangolare ed a navata unica, presenta un abside semicircolare con copertura semisferica di larghezza inferiore rispetto alla navata. Il tetto, a due falde, è costituito da capriate Palladiane. 

Nelle fondazioni vi è la presenza di una fossa tombale mentre, sul prospetto ovest ed Est, vi è un posizionamento asimmetrico dei due contrafforti. Presenta un portale in tufo lavorato a più livelli.

Castello normanno-aragonese

La Torre del Castello sorge su di una struttura rocciosa in declivio sovrastante la fascia costiera tirrenica, in una delle zone paesisticamente e storicamente fra le più interessanti della Calabria. 

Di forma cilindrica su bastione quadrilatero, costituiva l'elemento principale di un sistema collaborante di fortificazioni, di cui le torri costiere rappresentavano gli estremi puntuali di controllo esterno, garantiti dal presidio posto a monte e a difesa dell'abitato, destinato anche ad accogliere il feudatario al quale offriva pertanto residenza ufficiale. 

Oscure sono le origini dell'impianto che, da vaghe e limitate fonti desunte dalla storiografia locale verrebbero attribuite all'età normanna e successivamente al periodo svevo. Motivi di natura militare legati al controllo delle vie di collegamento e necessità difensive ne stimolarono lo sviluppo e l'accrescimento.

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