Caccuri (Borgo)
(Crotone)
  
 
  


Alcuni reperti archeologici ritrovati all'interno del territorio comunale fanno pensare che la zona di Caccuri fosse già abitata durante il Neolitico.

In età romana fu abitato in case sparse, mentre nel X secolo fu sede di tre piccoli monasteri basiliani: quello detto dei Tre fanciulli, il Monastero dell'Abate Marco e quello di Santa Maria.

Il paese fu feudo di Polissena Ruffo (moglie di Francesco Sforza, di cui è ancora visibile la stanza nel castello) e delle famiglie Sangiorgio, De Riso, Spinelli, Cimino, Carafa, Cavalcanti (veri mecenati artistici del borgo), Barracco. Gli ingressi al borgo un tempo erano tre: Porta Grande (attuale Piazza Umberto I), Porta Piccola (nei pressi del santuario di San Rocco) e Porta Nuova, così chiamata perché più recente rispetto alle prime due.

 Centro storico

Caccuri è caratterizzato dalla torre del Castello, la chiesa di Santa Maria delle Grazie, il rosone della Badia di Santa Maria del Soccorso e i vari scorci paesaggistici e architettonici. L'atmosfera medievale del borgo viene ricreata, ogni anno, in agosto, nel corso della giornata medievale, manifestazione che richiama appassionati e curiosi.

Il tessuto urbano, infatti, conserva le caratteristiche del vecchio centro costituito da un intreccio di strade e vicoli che portano tutti al castello, un imponente maniero risalente al VI secolo d.C. Il paese fu feudo di Polissena Ruffo (moglie di Francesco Sforza, di cui è ancora visibile la stanza nel castello) e delle famiglie Sangiorgio, De Riso, Spinelli, Cimino, Carafa, Cavalcanti (veri mecenati artistici del borgo), Barracco. È ricoperto principalmente da uliveti che costituiscono la principale fonte del reddito agricolo del paese. Attualmente il paese è diviso in quattro rioni: Centro storico, Croci, Parte, San Nicola. Ultimamente, con l'edilizia popolare e privata, si sta sviluppando particolarmente il rione San Nicola.

Arroccato su uno sperone, il borgo antico si presenta oggi all'occhio del turista un centro non ancora del tutto deturpato dal cemento armato. Gli ingressi al borgo un tempo erano tre: Porta Grande (attuale Piazza Umberto I), Porta Piccola (nei pressi del santuario di San Rocco) e Porta Nuova, così chiamata perché più recente rispetto alle prime due.

All'ingresso del borgo si presenta l'ottocentesca fontana di Canalaci, al cui lato è scolpito uno stemma dell'Università di Caccuri del XVI secolo in pietra serena. Molte sono le edicole votive sparse nel territorio: S. Famiglia, S. Filomena, S. Andrea (nei pressi della pineta e del centro ricreativo detti appunto di S. Andrea), S. Biagio e S. Chirico. Il centro storico è dominato dall'antico castello medioevale. Ai piedi del Castello vi è la Villa Comunale, un parco suggestivo per le sue rocce calcaree dalle forme insolite, che si stagliano tra il castello e i pini del parco, in cui ha sede il Municipio.

Tra ripide salite e discese, tra viuzze e costoni rocciosi, si dipanano strade tortuose interrotte dalle cosiddette "rughe", piazzette verso le quali si rivolge l'ingresso di ogni casa: quando ancora non esisteva la televisione, infatti la voce di ognuno si univa a quella dei vicini, per passare la serata raccontando aneddoti e discutendo dei problemi comuni.

Il santuario di San Rocco risale al 1908, edificato forse in occasione di un'epidemia in onore del Santo Patrono. È situato ai margini del centro abitato e in prossimità della “Porta Piccola”, via d'accesso alle campagne ed uliveti del paese. Il santuario si trova nelle vicinanze di via Murorotto, ovvero la via che costeggia l'antico tracciato delle mura che proteggevano il borgo dagli assalti, in cui si può ammirare un pregevole arco in cotto (chiamato dai caccuresi appunto arco di Murorotto). Nelle vicinanze è situata anche l'antica via Judeca, un tempo sede di una sinagoga ebraica, come possono dimostrare i bassorilievi presenti.

Patria della famiglia Simonetta, qui ebbe appunto i natali lo statista Cicco Simonetta, segretario di Francesco Sforza, duca di Milano, che dopo la sua morte divenne il reggente del ducato milanese finché Ludovico il Moro, considerandolo d'intralcio alla sua scalata al trono, lo fece assassinare a Pavia nel 1480. In via Simonetta una lapide commemorativa ricorda il noto cittadino caccurese. Di Cicco Simonetta scrisse il Machiavelli nel XVIII capitolo delle Istorie Fiorentine:"... messer Cecco, uomo per prudenza e per lunga pratica eccellentissimo...". Nacquero a Caccuri anche lo zio di Cicco, Angelo Simonetta, e il fratello Giovanni Simonetta, politico e umanista rinascimentale noto per la "Sforziade", opera storiografica sugli eventi del Ducato di Milano negli anni della sua esperienza politica.

Tra i riti tradizionali della Settimana Santa spicca il dramma de I Giudei, riproposto ogni sette anni circa. L'ultima edizione è stata nel 2011.

Fra le tante curiosità è da ricordare la rivalità che vi è con il paese limitrofo di Cerenzia. Inoltre si narra che i caccuresi fossero affetti dal gozzo (malattia tiroidea) e per questo gli abitanti di Cerenzia li soprannominarono in dialetto "Cagnusi": termine che significa 'grosso gozzo'.

L'aneddoto principale che illustra questa rivalità riguarda le campane delle chiese di Caccuri, tanto invidiate dai cerentinesi, che per la vicinanza sentivano i rintocchi ma di campane non ne avevano neanche una: perciò alcuni caccuresi decisero di costruire una siepe affinché a Cerenzia il tempo non venisse scandito coi rintocchi delle campane caccuresi, senza pensare all'assurdità del gesto e al fatto che, pur essendoci una siepe, il suono sarebbe stato avvertito lo stesso dagli "avversari".
Per questo e altri buffi aneddoti, un detto che vede protagonisti i caccuresi e i cerentinesi, assieme agli abitanti della vicina San Giovanni in Fiore, è quello che afferma: "Caccuri e Cerenzia i paesi e' ra ciotia e San Giuvanni pè cumpagnia", vale a dire in italiano "Caccuri e Cerenzia i paesi della ciotia (= scemenza), e San Giovanni per compagnia".

A Caccuri venne girato Il brigante Musolino di Mario Camerini, con Silvana Mangano.

Da gustare le specialità del luogo, sfornate ogni giorno dall’antico Panificio in Piazza Umberto I: il calzone con la sardella, i mastacciuoli, le pitte 'mpigliate (tipiche del periodo natalizio), le cuzzupe e i muccellati (tipici invece di quello pasquale) e il pane tipico, ovvero la pitta.

Gli abitanti amano gustare questi prodotti accompagnati dal vino rosso di produzione locale. Le specie di funghi più raccolte sono (con i nomi in dialetto caccurese): i porcini, i vavusi, i rositi, i cocolini, i mucchiaruli, gli ovoli, i mussi e vovi, i chiodini, le pinnelle.

Castello e la villa comunale

Il castello di Caccuri fu residenza di nobili feudatari come i RuffoCavalcanti e Barracco.

Venne eretto nel VI secolo dai Bizantini come fortino militare per controllare i possedimenti nella valle del Neto; venne poi nel tempo sempre più modificato da parte dei vari feudatari. Tra i primi feudatari attestati vi sono i messinesi Enrico e Matteo De Riso, i cui eredi decisero di cedere il feudo ai Ruffo conti di Montalto con i quali il castello cominciò a essere noto anche oltre i confini del regno di Napoli in quanto, Polissena Ruffo, vedova del cavaliere francese Giacomo de Mailly, venne concessa in sposa dalla regina al diciassettenne figlio di Muzio AttendoloFrancesco Sforza. Dal matrimonio con il duca di Milano nacque una sola figlia, Antonia. L'unione però non durò molto, in quanto Polissena e sua figlia Antonia vennero assassinate, forse su mandato della zia Novella. Nonostante Francesco Sforza perse il diritto del feudo Ruffo, a Caccuri trovò i suoi più validi collaboratori nei Simonetta: Angelo, Giovanni e soprattutto Francesco, caccurese che divenne suo reggente al momento della sua morte e venne assassinato a Pavia da Ludovico il Moro.

In seguito, dopo i Cimino, acquisirono il feudo nel 1651 i duchi Cavalcanti, baroni di Gazzella. A don Antonio Cavalcanti si deve buona parte di quello che oggi è visibile nel castello, dove la sua discendenza ebbe residenza stabile per due secoli. La Cappella Gentilizia del palazzo venne costruita proprio in questo periodo, parallelamente alla Cappella di S. Domenico nella Badia di S. Maria del Soccorso sempre a Caccuri, entrambe arricchite di tesori d'arte per cantare la gloria della famiglia di mecenati.

Ultimi feudatari nel XIX secolo i baroni Barracco, tra i quali Guglielmo stabilì la sua dimora a Caccuri e fece costruire la splendida torre sul rivellino del castello all'architetto Adolfo Mastrigli nel 1882. La Torre Mastrigli, è il simbolo dello stemma comunale di Caccuri e rende riconoscibile il borgo anche da lontano.

L'edificio ha pianta trapezoidale a corte centrale. Un inventario del 1781 descrive gli ambienti interni come ricchi di affreschi con scene cavalleresche, candelieri, specchiere e grandi quadri di Monarchi Spagnoli, Pontefici e Cavalieri di Malta. I recenti restauri hanno reso l'edificio elegante sede per ospitare attività culturali ed eventi. All'interno, il pezzo forte è la Cappella Palatina che si presenta ad aula unica ripartita da un arco di trionfo sul quale spicca lo stemma dei Cavalcanti. Il soffitto originale è quello ligneo a cassettoni dipinto. L'altare maggiore, in legno laccato e dorato, ha una fitta decorazione a foglie d'acanto. La pala d’altare centrale raffigura Santa Barbara, mentre l'altare laterale, decorato con stucchi in stile rococò, è dedicato a San Gaetano da Thiene. Di grande interesse artistico è la collezione di dipinti Seicenteschi di Scuola Napoletana.

Ai piedi del Castello vi è la Villa Comunale, un parco suggestivo per le sue rocce calcaree dalle forme insolite, che si stagliano tra il castello e i pini del parco, in cui ha sede il Municipio.

Chiesa Madre di Santa Maria delle Grazie

La Chiesa Madre (o Matrice) di Santa Maria delle Grazie (sec. XIV) domina il centro storico. Gli affreschi che adornavano la volta della chiesa, con innumerevoli putti e cherubini, sono stati cancellati da un malsano evento di ristrutturazione. Scampato all'ultimo "restauro" è il campanile, che custodisce una preziosa campana dedicata alla Madonna del 1578 che l'Università di Caccuri commissionò ad Angelo Rinaldi.

A tre navate, la chiesa sfoggia al suo interno lo stile rinascimentale ed è adornata simmetricamente da altari che ospitano statue e tele di grande valore, come la Trasfigurazione (XVII sec.) e la grande tela mariana che domina l'angusta sagrestia. Dello stesso periodo è la statua lignea della Madonna delle Grazie (XVII secolo). Al lato della navata destra si trova la Cappella di San Gaetano (o De Franco), da molti ritenuta l'antico battistero del paese, unico nel suo genere, perché non dovrebbe essere al lato della chiesa, ma di fronte.  

Complesso monumentale della Badia di S. Maria del Soccorso

Il complesso monumentale della Badia di Santa Maria del Soccorso di Caccuri comprende:

- ex Convento dei Domenicani

- Chiesa di Santa Maria del Soccorso o della Riforma

- Cappella della Congregazione del Santissimo Rosario

Il complesso fu fondato nel 1518 dal frate domenicano Andrea da Gimigliano, su richiesta dell'Università di Caccuri. Il pontefice Leone X diede l'approvazione definitiva nel 1519. Sulla facciata della Chiesa, oltre allo stemma dell'Università, appare lo stemma del feudatario del luogo, Giambattista Spinelli, duca di Castrovillari e conte di Cariati.

Nel 1651 il Convento domenicano conosce il periodo del suo massimo splendore, sotto l'egida dei duchi Cavalcanti (Antonio, Marzio, Rosalbo): essi investono molto nell'arte, con la costruzione della Cappella di San Domenico all'interno della Chiesa, e della Cappella della Congregazione del S. Rosario, poco prima dell'antico chiostro. 

La facciata è a capanna ed è caratterizzata da un grande rosone posto sopra il portale. Costruita nel 1644, la facciata ospita bassorilievi e stemmi.

Il campanile è collocato sul lato destro. Di modesta altezza, presenta solo una monofora centrale (alla quale è issata la campana) e una piccola finestrella quadrata a lato.

 

Entrando nella Chiesa di Santa Maria del Soccorso, si nota subito l'acquasantiera in marmo verde Guatemala e l'interminabile "ammucchiata" di altari; si pensa infatti non fosse quella odierna la disposizione dei vari altari lignei, logorati dal tempo e dalla mano veloce dei ladri, che hanno trafugato tutti i preziosi paliotti d'altari, il cui modello è visibile solo nell'altare di S. Barbara nella Cappella Palatina del Castello di Caccuri (infatti gli stessi motivi decorativi degli altari presenti in questa chiesa sono presenti nel castello, poiché entrambi i monumenti dovevano esaltare la magnificenza della famiglia Cavalcanti).

ChiesaSantaMariaSoccorso_Cappella.jpg (32510 byte)Procedendo verso l'interno, l'occhio va alla tela della Madonna del Rosario, per poi notare la contrapposizione tra il maestoso altare in gesso (a simboleggiare il Clero, potente ma povero di risorse economiche; infatti il gesso non è un materiale pregiato) e l'arco in pietra serena che conduce alla Cappella Gentilizia dei duchi Cavalcanti, che vollero erigere per assistere alle cerimonie senza doversi per questo mischiare alla gente comune.

La cappella Cavalcanti custodisce al suo interno un gioiello settecentesco che è l'altare di San Domenico, realizzato nel 1781 da Francesco Paolo Cristiano, in legno stuccato e dipinto. Al centro dell'altare vi è la statua di San Domenico, raffigurato con la Bibbia in mano e la Terra ai suoi piedi, in compagnia di un cane recante la fiaccola ardente della sapienza teologica. Ai lati della statua del santo, sempre in legno, vi è il gruppo scultoreo dell'Annunciazione. Sopra la statua, nel punto più alto dell'altare, è posto il tondo di San Domenico, dove il santo è rappresentato nel cartiglio sorretto dalle tre virtù teologali: FedeSperanza e Carità.

Sull'altare maggiore troneggia la statua lignea di Santa Maria del Soccorso, donata nel 1542 dall'abate Salvatore Rota del vicino Monastero dei Tre Fanciulli. La Vergine è raffigurata nel gesto di scacciare un satiro per difendere il Bambino Gesù; il satiro presenta notevoli danni perché nel '900 venne gettato nel fiume Lepre dalle donne del paese, perché incuteva in loro timore.

Nell'abside, un coro in legno intagliato di scuola sangiovannese (XVI sec.) è sovrastato da una volta affrescata con un ciclo sullo Spirito Santo, oggi andato perduto per l'umidità ma ricordato dalla presenza di una Colomba bianca al centro della volta.

All'esterno, un pregevole portale in pietra serena, con motivi bellici. Sulla chiave di volta di tale arco il simbolo dei Domenicani, con la tipica stella e la spada, a simboleggiare la loro grande arma: la sapienza teologica. E sopra di esso uno splendido rosone romanico a dodici raggi (tanti quanti gli apostoli), in mezzo agli stemmi di chi fece erigere la badia: l'Universitas di Caccuri e la nobile casata degli Spinelli.

Cappella della Congregazione del Santissimo Rosario - All'interno del complesso monumentale di S. Maria del Soccorso, esternamente alla Chiesa, prima di accedere in quello che era un tempo l'ingresso al chiostro, si trova la vera perla del patrimonio artistico caccurese: la Cappella della Congrega del S. Rosario, dove si concede l'indulgenza plenaria dal 1679; è ancora visibile la bolla papale di Innocenzo XI.

Mattonelle di cotto alternate a maioliche in pietra azulea del Settecento (provenienti dalla manifatturiera napoletana Giustiniana) compongono il pavimento della cappella, alla quale avevano accesso solo i frati della Congregazione e i mecenati della costruzione della Cappella: i membri della famiglia Cavalcanti. A ricordare don Antonio Cavalcanti, duca di Caccuri, un'epigrafe in latino, sotto lo scranno corale dedicato al priore della congregazione; all'interno il teschio dell'uomo che tanta parte ebbe nell'allestimento del patrimonio artistico caccurese.

Sull'altare maggiore, un quadro della Vergine del Rosario spicca per la sua peculiarità: ai piedi della Madonna vi è San Domenico ma manca Santa Rosa, sostituita ancora una volta dall'araldo della famiglia Cavalcanti.

Ai lati, le due statue lignee della Madonna Addolorata e della Madonna della Pace.

Santuario di San Rocco

Il santuario di San Rocco risale al 1908, edificato forse in occasione di un'epidemia in onore del Santo Patrono. È situato ai margini del centro abitato e in prossimità della “Porta Piccola”, via d'accesso alle campagne ed uliveti del paese. 

Il santuario si trova nelle vicinanze di via Murorotto, ovvero la via che costeggia l'antico tracciato delle mura che proteggevano il borgo dagli assalti, in cui si può ammirare un pregevole arco in cotto (chiamato dai caccuresi appunto arco di Murorotto). 

Nelle vicinanze è situata anche l'antica via Judeca, un tempo sede di una sinagoga ebraica, come possono dimostrare i bassorilievi presenti.

  
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