A soli 5 km
dalla costa ionica, su delle alture collinari si estende Cirò, una città
storica della provincia di Crotone. La città è conosciuta in tutto il mondo
per l’eccellenza del suo vino, il
Cirò e, per essere la città che ha dato i natali all’ideatore
del calendario gregoriano, Luigi
Lilio.
In un
territorio immerso nel verde delle coltivazioni e a ridosso dei monti, a circa 600
metri di altitudine si estende uno dei grandi nomi
dell’enogastronomia calabrese. Tante piccole case, le une attaccate alle
altre, abbarbicate
su collinette. In cima all’abitato sorge il Castello
Carafa che sovrasta tutta la valle e la costa.
Tutt’intorno immense
distese di vigneti, uliveti e campi coltivati. Tanti gli angoli
caratteristici di questo grande nome calabro, nascosti tra i vicoli
e le antiche abitazioni, tra archi caratteristici e muri in pietra.
Bisogna quasi avere la pazienza di andarli a cercare. Una struttura, quella
del centro antico, che risale agli inizi del ‘500. Per volere dei Carafa, il
paese era protetto da cinte murarie con 4 porte di accesso. Oggi di tutto ciò
restano soltanto pochi resti.
I rilevanti
reperti archeologici emersi, in specie, resti di armi, manufatti, mura e tombe,
risalenti ad un periodo compreso tra il XIII e X secolo a.C., venute alla luce
nelle contrade "Cozzo Leone", "S. Elia" e "Serra
Sanguigna", fanno risalire l'origine di Cirò all'età
del Bronzo.
Le
testimonianze storico-letterarie (Strabone, Apollodoro, Licofrone, Antioco di
Siracusa, Stefano di Bisanzio) indicano la presenza di abitati precedenti alla
fondazione di Kroton, fondati dall'eroe omerico Filottete, Krimisa nell'area
costiera e di Chone nell'area
collinare.
L'area
monumentale arcaica sorgeva, verosimilmente, in Cirò, nella contrada
"Cozzo Leone", mentre l'area necropolare si estendeva in prossimità
della contrada "S. Elia".
L'estensione
dell'area urbana lungo la costa sino a Punta Alice, avvenne verosimilmente, in
età classica, quando oramai la città aveva raggiunta una notevole floridezza
economica che le assicurava una sufficiente difesa e controllo militare del
territorio.
La città
conobbe un fiorente periodo e vennero eretti alcuni templi per il culto in varie
zone del territorio; quello dedicato ad Apollo Aleo
è il più famoso grazie ai pochi ma inequivocabili rinvenimenti di alcuni
capitelli e vari elementi architettonici ad opera dell'archeologo Paolo
Orsi. Oggi infatti molte aree e zone presentano nomi locali che
richiamano all'antichità ellenica nel dialetto locale degli abitanti: Santa
Venere ne è un esempio molto esaustivo.
Durante le guerre
puniche la città di Krimisa fu predata e saccheggiata ad opera dei Romani e
dei Cartaginesi e
distrutta diverse volte durante le guerre
greco-gotiche.
Intorno al IX
secolo il territorio fu inoltre interessato dagli attacchi perpetrati via mare
dagli Arabi.
A causa di tali
devastazioni e saccheggi, la città, nella parte costiera, fu gradualmente
abbandonata al suo destino e gli abitanti si rifugiarono sulle colline che
rappresentavano un'ottima posizione strategica, contribuendo, così, a
ripopolare il nucleo antichissimo dell'attuale cittadina di Cirò.
In epoca
feudale, il territorio di Cirò passò più volte di mano. Nel 1496 ai Ruffo subentrarono
i Carafa,
conti di Santa
Severina, ai quali si deve la costruzione di un sistema di difesa
costituito dall'omonimo castello e da fortificazioni situate in località
Madonna d'Itria e Madonna di Mare. In un secondo momento fu la volta degli Spinelli.
Cirò ottenne
la liberazione dall'infeudazione il 2 agosto 1806.
Dall'Unità
d'Italia alla seconda
guerra mondiale la Marina di Cirò andava man mano sviluppandosi a
scapito del comune collinare: nel dopoguerra la Marina aveva già una
popolazione più numerosa dell'abitato collinare di Cirò, ponendosi le
condizioni per il distacco dal centro antico. La separazione consensuale si
verificò con delibera del 31 dicembre 1951 da parte del Consiglio comunale di
Cirò.

Visitare
il borgo
Il simbolo di
Cirò è senza ombra di dubbio il Castello
Carafa. E' un castello di
forma trapezoidale, con due torri angolari e un bastione pentagonale
merlato. Costruito verso il X
secolo, è stato realizzato in più fasi, subendo diverse modifiche nel
corso dei secoli. Al suo interno è presente una pavimentazione ricca di simboli
astronomici, con caratteristiche geometriche affini alla riforma
del calendario coniata da Luigi
Lilio e applicata da papa
Gregorio XIII (bolla
papale firmata a Mondragone il 1582).
Si stima che il
castello sia stato costruito intorno al X
secolo. Sono riscontrabili elementi architettonici tipici delle
popolazioni che regnarono sul territorio calabrese da quel secolo in poi,
testimoni delle influenze saracene e bizantine (IX e X
secolo), dei Normanni,
degli Svevi e
degli Angioini.
Nel
1496 i vassalli degli Angioini, la famiglia Ruffo,
cedettero la proprietà ai Carafa,
vassalli degli Aragonesi.
Questi ultimi avviarono lavori per trasformare l'edificio in una fortezza di
difesa, come con la costruzione del baluardo pentagonale, per stabilirsi nel
territorio di Cirò.
Nel
1545 i discendenti di Andrea Carafa caddero in disgrazia e il castello fu
venduto ad Antonio de Abenante, barone di Calopezzati.
Costui fu processato per eresia, i suoi beni gli vennero confiscati e il
castello fece parte per alcuni anni del demanio. Nel 1571 il castello fu venduto
a Isabella Caracciolo, duchessa di Castrovillari,
per poi passare per eredità materna al figlio Giovanni Vincenzo Spinelli. Nel
1735 ospitò il Re Carlo
III di Spagna, in viaggio verso Palermo per
ricevere la
corona di Re di Sicilia.
Gli
Spinelli restarono proprietari fino al 1842, quando l'ultima erede, Mariantonia,
lo vendette per espropriazione forzata all'asta pubblica. Fu acquistato dalla
famiglia Giglio e trasformato in palazzo abitato fino a metà degli anni '50 ed ospitò personaggi illustri quali Casoppero, Re Carlo III di
Borbone, Luigi
Lilio che contribuirono ad accrescere la sua fama.
Dopo un periodo di accessibilità pubblica il castello venne chiuso e
abbandonato fino al 1980. Attualmente è proprietà del comune
di Cirò ed è accessibile solo su appuntamento.
Il
castello ha una forma trapezoidale, con i quattro vertici occupati da torri, ed
è diviso in tre parti, una sotterranea e due parti fuori terra, il piano
magazzini e il piano superiore. Sono presenti due torri angolari circolari
scarpate e un bastione pentagonale
merlato. La torre pentagonale è collocata su un basamento curvilineo, probabile
traccia della presenza di una precedente torre. L'altezza tra piano cisterna e
altezza dei merli è di 18 metri. All'ingresso è presente un androne a botta,
da cui si entra in un cortile, intorno al quale si sviluppano i corpi di
fabbrica, due grande appartamenti e camere per la servitù.
Il
lastricato del cortile, costruito interamente con pietra locale, è diverso
rispetto a quello dell'androne e della strada di accesso al castello. Presenta
diversi schemi geometrici e la sua inclinazione consente di filtrare l'acqua che
affluisce nel castello. Attorno a esso si apre il piano dei magazzini e delle
stalle, al di sotto il piano dei sotterranei. La stanza al di sotto della corte
è profonda circa nove metri ed è caratterizzata da una temperatura costante di
circa 18°C.
Le
informazioni sulla sua realizzazione del lastricato del cortile sono poche e
incerte. È presente il probabile anno di fine della sua costruzione, il 1564.
Tale numero è presente due volte nella parte centrale, con le cifre costruite
con un filare di mattone pieno posizionato di coltello. Il pavimento occupa
un'area di forma romboidale, con lato da 17 metri, con una trama realizzata in
tre filari di mattoni rossi. I quadranti sono riempiti di ciottoli di fiume.
Nel
centro è presente un poligono a diciotto lati, e, in modo radiale, dei petali a
forma di pentagono irregolare. Proseguendo verso l'esterno a ogni petalo è
associato un altro tipo di petalo, un poligono irregolare a sei lati, la
cui base sormonta la forma del petalo della figura precedente.
L'unione tra i vertici dei petali forma una stella a nove punte, l'enneagramma
(geometria).
Sono
quindi presenti due stelle a nove punte, racchiuse in un cerchio. Un altro
cerchio comprende al suo interno il primo cerchio e delle spezzate, al cui
interno sono presenti numeri rappresentati con la distribuzione di mattoni. Dal
cerchio dipartono delle direttrici secondo i punti
cardinali, che formano una croce estesa per tutto il pavimento. Nel lato
verticale della croce sono presenti mattoni disposti a freccia con orientamento
Nord-Sud, mentre nel lato orizzontale sono presenti simboli tetraedrici con
orientamento Est-Ovest. Il pavimento può essere scomposto lungo 13 assi. I
cinque centrali coincidono con il grande cerchio e hanno lo stesso andamento
inclinato delle spezzate. Gli altri otto assi hanno un andamento perpendicolare
nella parte Est e Ovest della pavimentazione. Nella parte sinistra sono
presenti 19 archetti. Nella parte destra sono presenti cerchi e rombi. Tra asse
centrale del pavimento e le direttrici dal centro fino alla parte esterna
deformata è presente un angolo di 23,5°.
Nel 1842 fu
consolidato il lato ovest. Nel 1923 furono rifatti gli interni”.
Tanti poi, sono
i palazzi antichi di grande prestigio storico ed architettonico molti dei quali
ospitano le sedi di uffici della pubblica amministrazione o scuole. Tra questi Palazzo
Quattromani, Palazzo
Siciliani, Palazzo
Adorisio e molti altri disseminati tra le strade di Cirò.
Rappresentazione
schematica della simbologia del pavimento. Semicerchi in verde chiaro
associati all'epatta lunare. Nella parte centrale, in orizzontale,
tetraedri per rappresentare solstizi ed equinozi. Parte centrale con
data “1564” e “petali”. Angoli tra asse centrale e direttici
evidenziati in rosso e in verde.
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Palazzo
Adorisio è posto nella parte meridionale del paese, in Via Ilio Adorisio,
l'antica via di S. Giuseppe, è uno dei pochi palazzi storici di Cirò ancora
esistenti, si sviluppa su quattro piani, di cui due di cantine con ambienti
specializzati, vino e olio, forno, granaio, legnaia, ecc. Costruito sulle arcate
delle vecchie mura di cinta di Cirò, il complesso è completato da un grande
orto a gradoni e dalla chiesa di S. Giuseppe, eretta dalla famiglia e messa a
disposizione dei Ciròtani.
I piani
abitati, rimasti come erano in origine, sono due e sono completati da una
terrazza panoramica. Gli affacci sono due, entrambi splendidi, uno sul 'cratere'
dell'abitato con vista anche sul duomo e l'altro, una splendida vista 'a volo
d'uccello' sulla campagna circostante, senza una sola abitazione visibile per
chilometri, fino al coronamento azzurro del Mar Ionio.
Nel cuore del
centro storico sorge la Chiesa
di Santa Maria De Plateis che nel corso dei secoli ha subito
molti rifacimenti. Secondo la leggenda, probabilmente in tempi lontani, si
erigeva un’altra piccola chiesa, quella di Santo Stefano. La costruzione, così
come la vediamo oggi, risale all’epoca borbonica. Un’opera maestosa e di
grande valore.
Ma tantissime
sono, come i palazzi storici, le chiese disseminate nel centro storico, ognuna
con una storia e un grande valore religioso. Tra queste quella della Madonna
del Carmine e di San
Giovanni Battista.
Molto antica,
risalente al X secolo, una chicca che Cirò conserva gelosamente. La Casa-Chiesetta
di San Nicodemo da Cirò, testimonianza delle prime forme abitative
di Cirò, nel quartiere il Portello. È un edificio modesto, composto da un
unico ambiente che contiene al centro un altare a muro in marmo policromo
sormontato dalla statua del santo. Sul portale rettangolare c'è una targa
ricordo.
Ed infine, di
grande valore storico, il Monumento
ai caduti, al lato della chiesa madre. Un ricordo a tutti i Ciròtani
caduti nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Il loro nome è apposto su
due lapidi con affianco lo stemma di Cirò e una statua di un soldato ferito.
Cirò
Marina tra mare, mito e archeologia
Cirò
Marina è un comune di recente formazione, il suo territorio era prima annesso
al comune di Cirò, solo dal 1952 è divenuto indipendente, ragion per cui Cirò
non ha un centro storico, ma si sviluppa completamente nella Marina, sul mare,
con costruzioni recenti, ad eccezione dei palazzi feudali sparsi nella campagna
coltivata ad aranceti, uliveti e vigneti, il tipico giardino mediterraneo.
Nonostante
la nascita recente di Cirò Marina, il suo territorio ha molto da offrire, prima
di tutto il mare, con i suoi 16 km di costa, per lo più caratterizzati da ampie
spiagge di sabbia, offre la possibilità di accogliere un folto turismo
balneare, e grazie alla qualità delle spiagge, dell'acqua del mare pulita, e
dei servizi offerti Cirò Marina è da diversi anni meritevole del titolo
Bandiera Blu, che ne fa una località molto apprezzate per le vacanze estive in
Calabria. Cirò Marina è dotata di un piccolo porticciolo per i pescatori
locali e da diporto, perfetto per chi vuole raggiungere con la sua piccola
imbarcazione Cirò Marina.
Ma
Cirò Marina non è solo mare, è una terrazza sul mare, che grazie al suo clima
temperato, e alla morfologia del territorio consente la coltivazione di pregiate
uve, dal gaglioppo al greco bianco, e della particolare fertilità di queste
terre si erano accorti anche i greci che sbarcati su questa terra la chiamarono
Enotria, terra del vino, vino che portarono fino in Grecia, alle Olimpiadi.
Probabilmente furono i greci a importare questi vitigni qui, consapevoli di aver
trovato terreno fertile, e condizioni ambientali perfette per ottenere un buon
vino. Dopo la crisi vinicola dell'800 a causa della Fillossera, negli ultimi
anni il Vino Cirò DOC sta riscuotendo nuova fama, soprattutto per la produzione
dei rossi e alla sapiente organizzazione tra i diversi produttori locali. Non si
può venire a Cirò Marina e andar via senza far scorta di qualche buona
bottiglia dei pregiati vini locali, ma a Cirò si producono anche le Clementine
di Calabria, una particolare varietà di agrumi, prodotto IGP.
L'area
archeologica di Punta Alice è probabilmente l'antica Krimisa, città Magno
Greca, fondata da Filottete. Tale tesi sembra supportata dai ritrovamenti sul
luogo del Tempio dedicato ad Apollo Haleo. Nella sua fase più antica, alla fine
del VI secolo a.C. il tempio era costituito da una cella allungata di circa 27x8
metri, con orientamento est-ovest, divisa in due navate da un colonnato di cui
restano le basi lapidee, sul lato orientale era completamente aperta. La statua
di culto del dio Apollo era posta in uno spazio ad ovest, in un ambiente
quadrangolare chiuso da un muro divisorio ed articolato da quattro pilastri. La
base della struttura era costituita da blocchi di calcare doppi su cui poggiava
la muratura.
Il
tempio di Punta Alice rimase in uso fino alla fine del IV secolo a.C. momento in
cui l'edificio venne trasformato in un periptero dorico di maggiori dimensioni
46x19 metri. Il nuovo edificio completamente in pietra, fu circondato da otto
colonne sui lati più corti e diciannove su quelli più lunghi. La cella
preesistente fu inglobata nel nuovo edificio. In questa seconda fase il Tempio
di Apollo Haleo documenta gli ultimi sviluppi dell'architettura dorica templare
in occidente, costituendo l'unico edificio periptero postclassico noto. Durante
gli scavi nell'area del Tempio di Apollo Haleo, effettuati da Paolo Orsi nel
1924, sono state rinvenute alcune parti della statua greca in marmo, ia
testa, entrambi i piedi e parte deila mano distrutta, esposti al Museo
Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Dai 1° aprile 2015 dopo 91 anni la
testa, i piedi, e la mano sono tornati a Cirò Marina in occasione
dell'inaugurazione del museo cittadino.
Proseguendo
il giro per Punta Alice, si arriva ai Mercati Saraceni, un'area molto bella dal
punto di vista paesaggistico, il verde della macchia mediterranea si incontra
con il blu del mare che si fonde al cielo azzurro, e in alcuni punti il
pittoresco paesaggio è interrotto da storiche costruzioni, la Torre Vecchia,
del XV sec., una struttura difensiva, torre di avvistamento a pianta quadrata,
costruita in seguito alle prime invasioni saracene. Invasioni però che
continuarono anche nei secoli successivi.
Sul
promontorio Alice in località Madonna di Mare, proprio a pochi passi dalla
Torre Vecchia, sorge un antico Santuario, dedicato alla Regina del cielo. La
tradizione narra che l'Apostolo Pietro, approdato su questi lidi durante un suo
viaggio da Antiochia a Roma, fondò sui resti di un vecchio tempio pagano il
primo insediamento cristiano chiamato Santa Croce.
E
annessi alla chiesa, in una straordinaria posizione di affaccio sul mare, che
dista pochi metri, sorgono i Mercati Saraceni, eretti nel settecento, per
organizzare una grande fiera che si teneva dall'l al 3 maggio. Si tratta di una
complessa area mercatale, che fu sede di quella fiera, una delle più importanti
del comprensorio, la fiera di Santa Croce, che richiamava, per la ricchezza e la
qualità delle mercanzie, le vicine popolazioni arberesh. All'inizio del XIX
secolo, a causa delle invasioni turche che interessarono l'intera fascia ionica,
la fiera venne interrotta, ma l'area rimane intatta, una struttura interamente
in pietra, costituita da due nuclei disposti uno di fronte all'altro,
completamenti aperti sulla piazzola antistante, ognuno con diverse celle uniche
o doppie, dove venivano esposte le merci.
La
chiesa più antica dì Cirò Marina è quella di San Cataldo, di inizio '900,
dedicata al Santo patrono della città, festeggiato dall'8al 10 maggio, posta
nella piazza principale del paese, dove si trova anche il palazzo Porti oggi
sede del museo cittadino. Di notevole valore è anche il palazzo Sabatini, o
meglio il Castello Carafa, una costruzione militare a pianta quadrilatera con
torri angolari speronate edificato nei primi decenni del XVI secolo dai Carafa
marchesi di Cirò, verso la fine del Settecento fu trasformato dagli Spinelli,
feudatari principi di Tarsia, che del manufatto militare fecero un'elegante
dimora gentilizia. Il castello fu acquistato poi dalla famiglia Sabatini nel
1845 dalla quale prende oggi il nome.
Percorrendo
la statale 106 ionica a Nord-Est del Castello Sabatini si può scorgere una
antica fontana a specchio, la Fontana del Principe, risale all'Ottocento,
con tre archi sui quali è apposta una lastra di marmo, contenente lo stemma dei
nobili signori Spinelli.
Cirò
Marina offre un soggiorno confortevole per chi la sceglie come meta di vacanze,
ma può essere anche una delle tappe da percorrere per chi vuole scoprire la
Calabria in ogni suo angolo ricco di magia e meraviglia, Punta Alice ne un
esempio.
Vino
Cirò tra storia, mito e leggenda
La
storia del vino Cirò ha inizio nell'VIII secolo a.C. quando alcuni coloni
giunti dalla Grecia approdarono sul litorale di Punta Alice e fondarono Krimisa.
La sua origine è legata alla leggenda di Filottete il quale, al ritorno da
Troia, consacrò le frecce donategli da Eracle nel santuario di Apollo Ateo.
"Krimisa"
è il nome che probabilmente deriva da quello di una colonia greca, Cremissa,
dove sorgeva un importante tempio dedicato al dio del vino, Bacco. Si dice che
il "Krimisa" (o Cremissa) fosse, nell'antichità, il "vino
ufficiale" delle Olimpiadi. Dall'antichità ad oggi, il Vino Cirò ha
sempre goduto fama di essere dotato di virtù terapeutiche. Infatti più di un
medico garantiva che il Cirò è un "sicuro cordiale per chi vuole
recuperare le forze dopo una lunga malattia" ed inoltre è "tonico
opulento e maestoso per la vecchiaia umana che vuole coronarsi di verde ancora
per anni".
La
storia del vino Cirò, risale quindi ai primi sbarchi dei coloni greci sulle
coste Calabresi, ove rimasero talmente impressionati della fertilità' di questi
vigneti che gli diedero il nome di "Enotria" "terra dove si
coltiva la vite atta da terra" e questo nome venne poi esteso in tutta
Italia. I greci seppero dare un grande valore a questi vigneti dicendo che un
appezzamento di terra coltivata a vite una particolare importanza dopo aver dato
origine alla produzione del "Krimisa" antenato dell'attuale Cirò, che
diventò, il "Krimisa", il vino ufficiale dell' Olimpiade e
probabilmente è stato il primo esempio di sponsor secondo l'attuale
definizione.
Lo
stesso Milone di Crotone, vincitore di ben sei olimpiadi, pare fosse un grande
estimatore di questo vino che per tradizione veniva offerto agli atleti che
tornavano vincitori dalle gare olimpiche. La tradizione è stata riportata in
auge alle Olimpiade di Città del Messico nel 1968 dove tutti gli atleti
partecipanti hanno avuto la possibilità di gustare il Cirò come vino
ufficiale, fra l'altro Cremissa era anche il nome della colonia greca, sede di
un imponente tempio dedicato a Bacco, situata più o meno dove oggi c'è Cirò
Marina.
Talmente
tanta era all'epoca, l'importanza della produzione del vino Cirò, che sembra
addirittura fossero stati costruiti degli "enodotti" con tubi in terra
cotta che partivano dalle colline di Sibari fino ad arrivare al porto dove il
vino veniva direttamente imbarcato, per abbreviare così tutte le operazioni di
trasporto. Oggi il vino Cirò viene esportato in tutto il mondo, conosciuto per
le sue grandi qualità. In particolare il Cirò rosso, con una gradazione di
13,5 gradi, può' addirittura portare la qualifica di "Riserva".

Fonte:
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