Isola di Capo Rizzuto e Le Castella
(Crotone)
  
 
  


A dispetto del nome, Isola Capo Rizzuto non è in realtà un’isola, bensì un bellissimo promontorio posizionato sul versante orientale della Calabria, in provincia di Crotone.

Un meraviglioso territorio che ricade nell’Area Marina Protetta, a cavallo tra il parco della Sila e il mare Ionio, in una tra le aree tra le più affascinanti di tutto il Mediterraneo.

Acque cristalline e straordinarie distese di spiagge caratterizzano il paesaggio della costa, baciato dal clima mediterraneo. Il periodo estivo a Capo Rizzuto inizia a maggio e si prolunga fino a ottobre, dando la possibilità ai visitatori di godere per diversi mesi della vita da spiaggia.

Capo Rizzuto è un centro turistico di rilievo, situato a circa 20 km da Crotone, sulla costa jonica della Calabria. Sul suo territorio sono state rinvenute tracce di insediamenti umani, che risalgono a più di cinquemila anni avanti Cristo, sicuramente aiutati dalla favorevole posizione geografica, dal clima e da un ambiente particolarmente propizio.

Fu fondata da un popolo proveniente dall'Africa del nord, dagli stessi luoghi dove poi fu eretta Cartagine, i Japigi che si stabilirono tra Isola Capo Rizzuto e Capo Piccolo (1200 a.C.).

Questo popolo diede il proprio nome ai promontori che si bagnano nel mare antistante e che anticamente erano riconosciuti come "Promontorium Japigium", gli odierni Capo Rizzuto, Capo Cimiti e Le Castella. I japigi furono poi scacciati da un altro popolo antico, i Coni, (originari dell'Epiro nella penisola balcanica), e si trasferirono, nella vicina Puglia. 

La storia locale si intreccia continuamente con la leggenda, la più antica vuole che a fondare la città sia stata Astiochena, sorella di Priamo, scampata alla distruzione di Troia ed approdata in questi luoghi insieme al padre ed alle due sorelle. Con la colonizzazione greca ebbe origine in queste zone il fortunato periodo storico, detto della Magna Grecia, che vide gli antichi abitanti di Isola subordinati alle vicende della più giovane città di Crotone (708-709 a.c.) che diventò uno dei poli principali della cultura e dell'economia de tempo. 

Per colonizzare quelle terre a quel tempo scarsamente popolate, l'ìimperatore Leone VI (886-912) istituì una nuova diocesi sede vescovile e concesse ad alcuni perseguitati politici di trasferirsi in Calabria; da qui il nome di "Asylon", terra dove nessuno poteva essere perseguitato: "asilo" più che "isola". La piccola diocesi di Isola crebbe intorno al 1090, quando fu nominato vescovo il taumaturgo Luca di Melicuccà, detto San Luca il Grammatico per la sua erudizione: nella sua diocesi rientravano il territorio di Le Castella e quelli di San Leonardo e Steccato (oggi frazioni di Cutro). Il vescovo Luca, infatti, aveva inviato alcuni monaci nei due siti, fondando i due abitati. In quel periodo venne ritrovata l'icona della Madonna Greca e si verifico' un certo aumento demografico, grazie a numerose famiglie venute dall'oriente. 

Durante il periodo normanno (1060-1194), la diocesi di isola continuo' a mantenere i suoi privilegi e la possibilità di mantenere il rito greco nelle liturgie, ma a patto di pagare dazio alla diocesi latina di Santa Severina e di seguire le leggi del regno normanno. Isola, come pochi altri paesi calabresi, mantenne il rito greco fino al 1818, data della soppressione della diocesi di Isola Capo Rizzuto, accorpata a quella di Crotone. In età medievale la diocesi di isola era piuttosto florida e ricca di possedimenti. Tra i vari vescovi che si succedettero in seguito, si ricorda il lungo periodo del vescovo Annibale Caracciolo (1562-1605), membro della celebre nobile famiglia, che ricostruì la cattedrale, che poi rimase anche l'unica parrocchia della diocesi. Dal secolo XVII si ha notizia di una difficile situazione ambientale del territorio di Isola, circondata di paludi e in piena decadenza per secoli. L'ultimo vescovo morì nel 1798 e la diocesi fu soppressa 20 anni più tardi.

La storia della città continua con alterne fortune nel medioevo diventando importante centro della diffusione della religione cattolica nell'Italia del sud e sede vescovile, fino al 1818. In questo periodo si costruiscono molte chiese e monasteri, si diede vita al poderoso sistema difensivo che era formato da importanti costruzioni quali il castello dei Ricca e le mura di cinta del borgo vecchio ad Isola Capo Rizzuto, il castello aragonese di Le Castella, le numerose torri costiere di avvistamento e di difesa
Gli abitanti di Isola parteciparono attivamente alle vicende storiche del Medioevo subendo molte perdite di vite umane e distruzioni ad opera di pirati turchi e saraceni ma anche di spagnoli ed aragonesi (rivolta del Centelles - 1459) che a lungo dominarono questi luoghi e che spesso punivano le popolazioni locali per la loro dichiarata adesione a questo o a quel partito belligerante nel corso delle numerose guerricciole locali. Successivamente nel Risorgimento in molti aderirono ai moti politici che portarono all'unità d'Italia, compresa la campagna Garibaldina, ed infine parteciparono attivamente alle due guerre mondiali subendo spesso i bombardamenti aerei per la vicinanza del locale aeroporto. 

Monumenti e luoghi d'interesse

I greci furono affascinati dal territorio di Capo Rizzuto, tanto da insediare alcune colonie che divennero porte per il commercio e lo scambio culturale. La vicinanza con la città di Crotone stimolò sia l'incremento dell'attività agricola locale che l'interscambio commerciale con le polis greche. Durante questo periodo furono costruite chiese, monasteri, abitazioni e centri culturali, di cui purtroppo è rimasta come splendida e unica testimonianza la colonna di Hera Lacinia, che si trova sul promontorio detto di Capocolonna. Questa antica vocazione agli scambi di Isola Capo Rizzuto è molto presente negli eventi culturali, di cui la Festa dei popoli, iniziativa incentrata alla multiculturalità, rappresenta un fulgido esempio. 

Nel cuore dell’estate ampio spazio viene dedicato ai prodotti del territorio, con la Sagra del Gusto, Saperi e Sapori del Mediterraneo. L’evento ha come obiettivo la valorizzazione dei prodotti tipici locali, con degustazioni delle eccellenze agro-alimentari crotonesi. Da sempre l’economia locale è legata alla pesca, che Capo Rizzuto conserva ancora oggi un ruolo importante. In agricoltura il prodotto maggiormente apprezzato è il finocchio, riconosciuto col marchio DOP e apprezzato in tutto il mondo. Negli ultimi anni Il turismo ha conquistato sempre maggiore importanza, grazie alla frazione di Le Castella che è ormai da annoverare tra i luoghi più frequentati e conosciuti anche a livello internazionale. Inoltre, i siti archeologici e l’imponente Castello Aragonese che si erge in mezzo al mare, hanno dato un valore aggiunto a un territorio le cui bellezze naturali si offrono incontaminate ai visitatori.

Nel borgo di Isola vi sono avanzi del complesso fortificato cinquecentesco del Castello Feudale (in via S. Marco), eretto in periodo medievale, ampliato nel 1549, dal feudatario napoletano Giovanni Antonio Ricca; resti di torri quadrilatere angolari speronate; reliquie delle muraglie della cortina perimetrale con pivellini; "l'Orologio", la Porta del borgo medievale, sormontata da una torretta dell'orologio posteriore, che divide la zona antica da quella più moderna.

La chiesa matrice, ex Cattedrale di Isola di Capo Rizzuto, intitolata a S. Maria Assunta o Ad Nives, venne fatta costruire nel corso del XVI secolo da Giovanni Antonio Ricca, feudatario del luogo e sorge probabilmente su un preesistente sito di un monastero basiliano.

L’edificio ha subito nel corso dei secoli notevoli interventi che ne hanno mutato la fisionomia ma l’impianto si presenta a tre navate, con una sobria facciata profilata da volute con portale d’ingresso, in materiale lapideo, elaborato da maestranze calabresi, opera successiva e sovrapposta ad un ingresso originario, questo si evidenzia sia dai motivi decorativi descritti in precedenza che dal fuori asse rispetto al piccolo oculo, perfettamente centrato rispetto alla facciata.

L’interno presenta un’ampia navata scandita da pilastri rivestiti di lastre marmoree che sostengono sei arcate che si aprono su altrettante cappelle laterali. Il soffitto ligneo, dipinto con motivo a cassettoni, riveste l’intera navata centrale lasciando spazio soltanto nel coro alla crociera costolonata impreziosita dallo stemma della famiglia Ricca. La prima cappella della navata sinistra, profilata da lesene lapidee scanalate e adagiate su alti piedistalli, è dedicata alla Madonna del Rosario tra i quindici misteri, come si evince dalla tela racchiusa in un altare barocco raffigurante la Vergine in trono attorniata da una schiera di santi in adorazione; nel sacello sono conservate, inoltre, diverse epigrafi e lapidi tra cui quella datata 1582 che ricorda l’istituzione della cappella in favore del Vicario diocesano Giovanni Bernardo Cochinella.

Proseguendo lungo la navata si aprono altre due cappelle dedicate rispettivamente al cuore di Gesù e alla Vergine, entrambe caratterizzate da cupole affrescate in cui si conservano altari o edicole marmoree. Nella navata destra, invece, si aprono una serie di sacelli di rilevante interesse storico artistico. La prima cappella presenta, sul basamento dell’altare, gli stemmi scolpiti a rilievo del vescovo Caracciolo, ricordando l’importanza rivestita dal presule nella città. Le fonti narrano delle iniziative del vescovo volte a tutelare Isola dalle incursioni turche e l’impegno con cui arricchì di suppellettili la cattedrale per dare lustro alla diocesi; la seconda cappella, dedicata all’Assunta, conserva il dipinto che ripropone la celebre Madonna Assunta di Tiziano inscritta in un fastoso altare barocco; l’ultimo sacello è dedicato alla Madonna Greca in cui è esposta l’icona lignea della Vergine col Bambino, immagine molto diffusa nell’iconografia calabrese che ritrae la Madre che sostiene il figlio adagiandolo dolcemente alla sua guancia. Secondo la tradizione, la tavola sarebbe giunta via mare, durante il periodo iconoclasta, e conservata in un primo momento nella chiesa della Madonna del Faro e traslata successivamente presso la Cattedrale di Isola.

Il presbiterio, con volta decorata impostata su quattro pilastri che si aprono su altrettante volte a tutto sesto, conserva, adagiato al primo pilastro destro, il fonte battesimale lapideo e sul lato opposto la cattedra vescovile. Quest’ultima, lavorata in marmi policromi, fu fatta eseguire dal vescovo Lancellotti intorno al XVIII secolo, a cui si deve anche la realizzazione dell’altare maggiore. Adagiata in prossimità dell’abside è presente un’altra cattedra vescovile in noce intagliata in cui si riconosce sullo schienale lo stemma del vescovo Francesco Marino, ascrivibile al XVII secolo.

La Cattedrale di Isola sopravvisse fino al 1818 anno in cui, con la soppressione di diverse diocesi, fu accorpata all’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina.

Cinta muraria del borgo - Il Muro vecchio si trova vicino al porticciolo peschereccio, nel luogo che adesso è diventato area parcheggio, è, assieme ad altri muri sparsi per il paese, ciò che resta della cinta muraria che difendeva il paese dalle invasioni, questo tratto murario, costruito su una struttura più antica risalente probabilmente al periodo magnogreco, iniziava dall'accesso principale al borgo (Porta de Fora: uscita che portava fuori città direzione Capo Rizzuto) per finire all'accesso meridionale. Dove oggi sono ancora visibili i resti, un tempo venne eretta una piccola troniera di vigilanza a ridosso della scarpata che divideva la campagna dal promontorio castellese.  

Così come in tutta la costa del regno di Napoli, nelle vicinanze di Le Castella sono presenti torri costiere a scopo difensivo, comunicavano tra di loro tramite segnali di fumo quando avvistavano invasioni dal mare o sulla terra.

- Torre Brasolo (o altresì conosciuta come Grisciolo)

- Torre Telegrafo

- Ruderi di antica stazione semaforica o telegrafo ottico sul promontorio antistante il borgo

Chiesa della Visitazione della Beata Vergine Maria - Presente almeno dal XVI secolo con il nome di Santa Maria de Castellis, aveva una sacrestia, cimitero e campanile, verso il 18 secolo prese l'attuale nome di Visitazione della Beata Vergine Maria. In seguito al terremoto del 1783 che colpì molti luoghi della Calabria, venne riparato da re Ferdinando IV. Oggi si presenta come una chiesa a navata unica, con campanile posto sul fronte, foto degli anni 30 del 20 sec. dimostrano che non fu sempre così, infatti era di lato. Nell'interno ci sono varie statue di santi, tra cui San Francesco d'AssisiSant'Antonio da PadovaSan GiuseppeSanta Rita da CasciaMadonna Addolorata e Santa Maria de Castellis o altresì denominata come Stella Maris. 

C'è un quadro di scuola napoletana settecentesca della Visitazione di Santa Elisabetta, di cui la rassomiglianza con la Visitazione del pittore Mariotto Albertinelli è così accentuata quasi da risultarne una copia che l'autore avrà attinto dal suddetto: reca la scritta: R. D Natalis Minasi F.r Antonio Basile f. 1781. Da un lato è lo stemma di Castella; dall'altro, altro scudo gravato dalla lettera C, forse fatta dipingere da colui che in una riga sottostante ha fatto scrivere col pennello le indicazioni del suo intervento. C'è anche una copia della raffigurazione della Nostra Signora Di Guadalupe.

Resti nell'Annunziata - Costruito verso il basso medioevo, fu una chiesa dedicata all'Annunziata con annesso anche edificio per ordini religiosi, che da' il nome all'omonima località.

Cave - Il luogo per millenni ha avuto abbondanza di giacimenti di tufo e arenaria, utilizzati da tempi molto antichi, almeno dal periodo della colonizzazione greca, principalmente come materiale per la costruzione di edifici. L'estrazione si è protratta fino alla seconda metà del XX secolo quando l'ultima cava è stata sottratta per costruire l'attuale darsena Resti di antiche cave sono tuttora visibili: sulla scogliera, in particolare nella zona del Cannone; darsena; alcune nella contrada di Santa Domenica; un'antica cava sommersa dal mare a sud-ovest dalla fortezza ad una profondità tra i 4-5 metri.

Un esempio di una delle tante cave è alle propaggini della darsena vi sono alcune delle antiche cave di blocchi e di rocchi di colonna (VI-III secolo a.C.). Da esse sono stati presumibilmente estratti i rocchi delle colonne del Tempio di Hera Lacinia, posto sul promontorio di Capo Colonna e i materiali per la fortezza castellese. Sono infatti visitabili, percorrendo tutto il porto turistico, ricavato dalla cava di tufo, al termine del porto con l'invito di passerelle di legno, i resti della cava Magno-greca. 

Sulla destra si possono osservare resti di grossi mattoni di tufo di forma rettangolare e sulla sinistra quelli a forma cilindrica, il sistema di estrazione è evidente in questi, dopo aver scalpellato i cilindri venivano fatti quattro fori alla base sono evidenti nelle forme rimanenti, i quattro solchi dove venivano inseriti quattro cunei di legno secco, successivamente bagnati, consentivano il distacco del cilindro, ne sono presenti resti di alcuni spezzati al centro, quindi inutilizzabili. Secondo gli archeologi sono databili intorno al VI-III secolo a.C. non sono evidenti nella cava i resti del periodo estrattivo del castello XII-XIII secolo d.C., è evidente che è costruito con il tufo del luogo ma le estrazioni prossime a questo non hanno lasciato traccia. 

Il banco roccioso e la cava avrebbero dovuto essere demoliti nel corso della costruzione del nuovo bacino portuale, ma è stato salvato per l’intervento della Soprintendenza archeologica della Calabria, in seguito a segnalazioni e sollecitazioni del Gruppo Archeologico Krotoniate.

PUNTA DELLA CASTELLA, più nota come Le Castella, è una frazione di Isola di Capo Rizzuto. È situata sulla costa ionica della Calabria, nella estremità orientale del golfo di Squillace.

Ciò che potrebbe far risalire la primitiva forma del nome odierno è data, in seguito alla dipartita di Annibale dopo la seconda guerra punica, dall'insediamento di 3000 coloni romani che diedero nome al luogo come Castra. Ci sono ipotesi che prima dell'insediamento romano ce ne fosse un altro fondato da Annibale, di cui Plinio lo cita come Castra Annibale, Solino come Porto D'Annibale, la persistenza di questa toponomastica riaffiora in mappe del XVI secolo, fino al XVIII secolo in cui Le Castella veniva talvolta segnata come Torre di Annibale. Non si sa se l'antica Castra Hannibalis sia effettivamente da collocare nell'attuale Le Castella o un altro nel golfo di Squillace, si è creduto che fosse collocata nel suddetto luogo fino al XVIII secolo poi si è messa in discussione perché si è pensato potrebbe essere un errore di collocazione da parte di storici cinquecenteschi. 

Il nome "Castella" è latino, la designazione al plurale con l'aggiunta dell'articolo "Le" non è ancora ben chiara, potrebbe essere dovuta ad una credenza/leggenda secondo cui nel luogo vi fossero costruite molte fortificazioni o abitazioni edificati su un arcipelago scomparso e sulla terraferma, idea che può avere delle basi fondate dato che in alcune secche al largo del mare, vi sono evidenti resti sottomarini di fabbricati antichi come ruderi di insediamenti; oppure altra ipotesi può essere una designazione a livello generale del territorio circostante l'abitato; c'è da intendere che comunque Le Castella non è il nome della fortificazione protesa su un piccolo promontorio ma il toponimo del territorio circostante. 

Il nome odierno "Le Castella" si può cominciare a stabilire con certezza dal medioevo, ed è stato preceduto da molti altri nel corso dei secoli. Nel 1219 compare come testimone in un trasferimento di proprietà scritto in lingua greca, Mansus de Castro Maris. Del dicembre 1225 è invece un documento di Federico II, nel quale vengono confermati nove privilegi di libero pascolo al monastero di Corazzo, nei tenimenti di Campolongo e dei Castelli a Mare. 

Alla fine del Duecento “Castelle” è riportata nella cosiddetta “Carta Pisana” mentre, nel portolano noto come “Compasso de navegare”, la cui compilazione risale al gennaio 1296 (codice Hamilton 396), sono riportate le distanze che la separavano da Squillace e dal capo delle Colonne: “Del golfo de Squillaci al capo de Castelle lx mil(lara) p(er) greco ver lo levante. Del capo de Castelle al capo de le Colomne x mil(lara) entre greco e tramo(n)tana.”. Agli inizi del Trecento, “castele” compare nell’Atlante Luxoro, conservato presso la Biblioteca Civica Berio di Genova, e nella Carta maghrebina della Biblioteca Ambrosiana (“castelle”), continuando ad essere segnalata con lo stesso toponimo durante tutto il corso del secolo, nella carta di Angelino Dulcert (1339), nell’Atlante di Abraham e Jehuda Cresques (1375), nella carta di Guillelmus Soleri (1380) ed in altre. 

Lo stesso toponimo “castelle” o “castele”, assieme gli analoghi “castel”, “casteli” e “castela”, si rileva durante tutto il Quattrocento ed il Cinquecento, come ci mostrano le numerose carte nautiche prodotte nel corso di questi due secoli, che si conservano presso la Biblioteca nazionale di Francia e alla Biblioteca Marciana di Venezia. Dal XV secolo fino ai giorni nostri non ha avuto una nomenclatura stabile, prima di arrivare all'attuale nome, i cartografi la designarono in vari modi come: Castellammare, Castelli a Mare, Castello a Mare; Torre di Annibale, Capo di Annibale; Li Castelli, Le Castelle, Capo delle Castella.

La storia di Le Castella è lunga e segue più o meno le stesse vicende dei territori circostanti. Per i suoi paesaggi che destavano ammirazioni tra i viaggiatori antichi, Le Castella fu oggetto di tante leggende e addirittura, secondo alcuni studiosi, l'isola di Calypso descritta da Omero nella sua Odissea, sarebbe da collocarsi proprio nelle vicinanze del borgo. Fa parte dei mitologici tre promontori “Japigi”, identificati in Capo Rizzuto, Capo Cimiti e Le Castella. Japigio potrebbe essere connesso al popolo che colonizzò l'entroterra e diede il proprio nome ai tre promontori oppure dal mitico Japyx, figlio di Dedalo, uno degli artisti più valenti dell'antica Grecia, Japyx o Japige fuggì da Creta seguendo il padre in una spedizione in Sicilia; ma durante il ritorno, una violenta tempesta lo fece naufragare presso le coste dell'odierna Calabria, ed alla località fu dato il nome di “terra Japigia". Gli Japigi, furono anche un popolo di cui non è chiara la provenienza, se dal territorio dove fu fondata Cartagine o se indoeuropeo proveniente dall'antica Illiria che colonizzò i tre promontori japigi e anche buona parte della Puglia nel 1200 a.C., furono poi scacciati da un altro popolo antico, i Coni (originari dell'Epiro nella penisola balcanica), e si trasferirono definitivamente nella vicina Puglia.

Punta Castella cominciò ad imporsi in seguito al trattato di amicizia tra Roma e Taranto nel 304 a.C.; in base al trattato, alle navi militari romane era proibito navigare ad oriente di Capo Lacinio così i Tarantini – per sorprendere le navi romane che provenivano dal Tirreno e si dirigevano verso Taranto – costruirono un avamposto nell'odierna Le Castella.

Tra la seconda metà del IV secolo e l'inizio del successivo risalirebbe un muro lungo di circa 40 metri, ritrovato sotto le fondazioni orientali del castello durante alcuni scavi di consolidamento avvenuti tra la fine degli anni Novanta del Novecento e l'inizio dei Duemila.

Negli ultimi anni della seconda guerra punica, tra il 208 ed il 202 a.C., Annibale fece costruire là dove ora sorge la fortezza, una sorta di accampamento (o una torre di vedetta), è ancora dibattuto se il condottiero cartaginese abbia davvero costruito un accampamento dato che l'allocazione dell'antica "Castra Hannibalis" non è pienamente certa.

Dopo la dipartita di Annibale i Romani fecero sbarcare per motivi strategici sul posto circa tremila coloni e chiamarono il luogo Castra. Fu così che la permanenza di quegli uomini diede origine al borgo che prese poi vari nomi nel corso dei secoli.

Secondo Strabone e Plinio il vecchio, ci furono varie isole distanti da Le Castella e Capo Rizzuto, alcune erano ammirate per la loro particolare bellezza e una fu abitata da pescatori bruzi. Cartografi antichi e medievali attestarono nelle loro mappe la morfologia e la toponomastica delle isole. Il numero e le dimensioni è non definito e confuso. Si conoscono i nomi di alcune delle isole: Tiris, Ogigia, Meloessa, Eranusa e l'isola dei Dioscuri.

Nei secoli IX–XI Castella fu occupata dagli Arabi che avevano fondato un emirato nella vicina Squillace e avevano quindi tutto l’interesse di controllare l’intero golfo. Cessata in parte la minaccia araba, Castella divenne pian piano un popoloso borgo sul quale vennero erette anche due chiese: quella di Santa Maria e l'altra di San Nicola dipendenti dall’Abbazia di Sant'Angelo de Frigillo in Mesoraca fino alla soppressione della suddetta abbazia avvenuta nel 1652, e successivamente accorpata a Santa Maria della Matina in San Marco. Si ha notizia poi che intorno al 1251 a Castella erano presenti pubblici ufficiali quali giudici e notai, segno evidente questo di un’attiva vita commerciale e sociale; Ebbe anche una propria universitates con stemma annesso.

Nel XIV secolo fino al XVI secolo seguì le vicende storiche del regno di Napoli, in alcuni momenti Le Castella fece parte attiva nell'esito dei governi come nell'evento conosciuto come battaglia di Le Castella, fu una serie di battaglie decisive all'interno dei vespri siciliani.

Conosciuta come Castellorum maris, nel dicembre 1444 la fortezza, a quel tempo proprietà del marchese Antonio Centelles fu cinta d'assedio e conquistata dall'esercito di Alfonso V d'AragonaNove anni più tardi, il re nominò il suo fidato falconiere Maso Barrese castellano della fortezza, nel mentre divenuta proprietà demaniale e a quel tempo collegata alla terraferma mediante una strada alta e larga. Nello stesso periodo, a destra dell'ingresso si apriva un ampio piazzale, mentre sul lato opposto si trovavano una serie di piccole stanze a volta e una chiesa. Il 24 giugno 1462 il re accolse una richiesta di perdono da parte di Centelles, al quale il castello fu nuovamente affidato assieme al marchesato di Crotone. Con la definitiva cattura del marchese all'inizio del 1466, il castello tornò di nuovo direttamente nelle mani del re. 

Nel mese di ottobre del 1486 il castello fu affidato dal principe di Taranto a Francesco De Miro, che si occupò del castello assieme ad undici collaboratori. Fu durante il periodo aragonese che la fortezza prese le forme architettoniche odierne. Nello stesso periodo, un poeta e militare castellese di nome Coletta De Castelli allietava con le sue poesie la corte dei regnanti aragonesi. Importanti lavori di ristrutturazione, iniziati da Alfonso II di Napoli, si conclusero nel 1487. Durante l'aprile 1491, l'università di Le Castella fece richiesta al re di poter utilizzare i proventi dall'esenzione del pagamento di un carlino a fuoco per le fabbriche del regno per ristrutturare le mura cittadine, danneggiate dalle mareggiate. Nell'ottobre 1496 il castello fu venduto da Federico I di Napoli ad Andrea Carafa.

Dal XVI secolo fino al XVIII secolo il paese e la sua fortezza diventarono scenari delle incursioni ottomane. Gli ottomani misero a ferro e fuoco l'intero borgo, uccidendo e rapendo molti abitanti. Nel 1536 il celebre corsaro barbaresco Khayr al-Din Barbarossa vi rapì Giovanni Dionigi Galeni, divenuto famoso come ammiraglio e corsaro con il nome di Uluç Ali Paşa.

Dal XVII secolo fino agli inizi del XVIII secolo Le Castella ebbe un periodo di decadenza, le continue incursioni ottomane e piratesche resero pericoloso vivere nel luogo, nel 1644 l'abitato di Le Castella fu abbandonato per ordine della corte regia e ci furono anche proposte per abbattere la fortezza sul mare per evitare che diventasse un covo ottomano. L'insediamento odierno è di costituzione moderna, a partire dalla seconda metà del XVII secolo, da quando cominciò lentamente a ripopolarsi.

Tra il XVI e il XVII secolo, la fortezza fece da ricovero per gli abitanti della zona, in mancanza di altre difese formando così un piccolo borgo fortificato all'interno dell'isoletta. È noto il resoconto del tour condotto dall'abate Saint-Non, in cui constatò lo stato di abbandono della fortezza, ridotto a rudere e le condizioni umili degli abitanti del borgo. 

Nel 1799 fu luogo di scontro tra francesi e borbonici e punto di approdo delle truppe provenienti dalla Sicilia. Da quel momento il borgo, prima comune feudale, successivamente aggregato a Crotone e poi divenuto frazione di Isola Capo Rizzuto nel primo decennio del XIX sec., segue le vicende amministrative e politiche prima del risorto Regno delle Due Sicilie, poi dello Stato italiano. Verso gli anni '50 del XX secolo, dopo gli interventi dell'opera Sila, il centro urbano si espanse per tutta la punta di Le Castella. Negli anni '60 fu scelta come set cinematografico per L'armata Brancaleone e Il Vangelo secondo Matteo. Nel 1991 venne istituita l'area marina protetta di Capo Rizzuto e Le Castella entrò nel sul comprensorio.

Nel 1999 ospitò tutte le puntate della 30ª e ultima edizione di Giochi senza frontiere. Nel XXI secolo ha sviluppato maggiormente la propensione turistica e diventata nota in provincia e anche in regione.

 

Il fortilizio di Le Castella è uno dei castelli più affascinanti del Mezzogiorno d’Italia, ma anche dell’intera Penisola. Risale all’età angioina, con la massiccia torre cilindrica che svetta sul resto della fortezza, cresciuta per successive aggregazioni struttive fino all’epoca vicereale. 

L’originario impianto castellare risale alla seconda metà del XIII secolo. La sua fondazione rientrava, nella politica di rafforzamento del litorale attuato dagli Angioini al momento dell’acquisizione del regno meridionale, e serviva alla protezione del golfo di Capo Rizzuto. 

Dopo la battaglia di Benevento (che nel 1266 aveva sancito la sconfitta definitiva di Manfredi e la fine della dominazione sveva), una catena di fortilizi, nuovi o ricostruiti, era stata imposta al Meridione, e oltre al territorio interno aveva finito per orlare anche l’arco costiero di Puglia e Calabria, a sostegno dell’espansione angioina verso i Balcani (che condurrà nel 1272 alla fondazione del Regno d’Albania). La rivolta dei Vespri Siciliani del 1282 portò Carlo d’Angiò a intensificare la costruzione di rocche e a ristrutturare i vecchi castelli, nella previsione del conflitto con gli Aragonesi. 

Alla fine del quattrocento la fortezza passò agli aragonesi. Nel 1496 il re Federico d’Aragona la consegna al conte Andrea Carafa che tra il 1510 ed il 1526 fa edificare possenti bastioni quadrangolari speronati al fine di aumentare la capacità difensiva del castello. La torre cilindrica è di chiara derivazione angioina e ne testimonia l’impianto originario che dovrebbe risalire al XIV secolo ed è caratterizzata da una splendida scala a chiocciola in pietra che ne collega i tre piani. Per circa quarant’anni, le difese di Le Castella costituirono un inespugnabile baluardo a guardia della costa calabrese. 

Nel 1536, però, il castello dovette subire l’assalto e il saccheggio da parte del corsaro algerino Khai-ad-din, soprannominato il «Barbarossa». Nella circostanza, venne catturato Giovanni Dionigi Galeni di Isola che, prigioniero dei musulmani passò a potentissimo comandante della flotta ottomana e, col nome turco di Uccilaì, divenne governatore di Algeri, Tripoli e Tunisi. 

Alla metà del Cinquecento, la fortezza fu nuovamente attaccata e depredata, ad opera del pirata turco Dragut. 

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Fra XVI e XVII secolo, il litorale sud italico si era munito di un’ininterrotta serie di torri d’avvistamento e castelli marittimi, proprio per fronteggiare le incursioni musulmane, fra cui il fortilizio di Le Castella. 

La paura dei Turchi era sempre presente, e il tragico massacro perpetrato da Achmet Pascià, detto lo “Sdentato”, a Otranto nel 1480, non aveva fatto altro che alimentare il terrore suscitato dai figli di Allah. 

Venuta meno la minaccia turca, il forte di Le Castella perse progressivamente l’importanza strategica e militare. La fortezza di Le Castella è ciò che rimane di una vasta area che doveva costituire un vero e proprio villaggio dotato di cinta muraria. Le ultime indagini archeologiche hanno evidenziato la presenza nei fondali adiacenti il castello aragonese di blocchi architettonici di epoca ellenistica, dove l’area di Le Castella doveva essere più allungata verso il mare. 

La fortezza non ospitò mai la nobiltà del luogo, ma servì sempre da ricovero per i soldati impegnati contro gli attacchi provenienti dal mare dagli invasori di turno. Gli scavi archeologici hanno evidenziato differenti stratificazioni storiche e architettoniche con sovrapposizione di diverse fasi edilizie. Sul lato est della fortezza è emerso un muro lungo quaranta metri fatto a blocchi di calcare e piccoli riquadri in pietra disposti a scacchiera, simile per tecnica edilizia al muro ellenistico di Velia. 

La fortezza di Le Castella si colloca oggi in un contesto ambientale di elevato pregio naturalistico, circondato dalla Riserva Marina di Capo Rizzuto, istituita nel 1991. In una delle stanze della fortezza è possibile osservare i fondali dell’Area Marina Protetta in tempo reale grazie a delle telecamere subacquee posizionate a 10 metri di profondità. L’intera zona di Capo Rizzuto si posiziona al centro della bellissima Costa dei Saraceni, interessata da una frequentazione turistica tra le più elevate della Calabria, sia per il valore paesaggistico ed ambientale delle coste, sia per la ricchezza di risorse culturali ed archeologiche.

Lungo la costa sorge la "Torre Vecchia", una torre cilindrica, con massiccia cordonatura a conci lapidei, eretta nel sec. XVI a guardia della costa contro le incursioni barbariche. La torre era custodita da un caporale e da un milite, che avevano il compito di vigilare giorno e notte e segnalare la presenza di navi sospette con particolari segnali: fumo durante il giorno e falò la notte. L'accesso all'interno della torre avveniva mediante un rustico ponte levatoio in legno.

Il Santuario della Madonna Greca è situato in località Capo Rizzuto ed è dedicato alla Protettrice di Isola di Capo Rizzuto. Semplice e maestoso, è di nuova costruzione: la posa della prima pietra è datata infatti 1991. La superficie del Santuario è di circa 800 m2 più altri 200 m2 di balconate.

Una leggenda narra che un pescatore calabrese trovò su una spiaggia un’icona sacra raffigurante la Madonna con in braccio il bambino. Il quadro divenne poi fonte di diversi miracoli, tanto da erigere un Santuario in suo onore. Durante la cerimonia tradizionale, l’icona della Madonna viene portata in processione per la città, per poi essere issata su una barca che attraversa il mare per arrivare nei paesi circostanti. La processione è resa suggestiva dalla grande quantità di fiori che vengono donati dai presenti, che accompagna il ritorno dell’icona al Santuario, con l’intero paese in festa.

Il faro di Capo Rizzuto è un faro marittimo situato sull'omonimo promontorio ed attivato nel 1906.

Il faro consta di una torre in muratura a prisma ottagonale di colore bianco alto 17 m, con entrambi il balcone e la lanterna posizionati fronte mare.

La lanterna, di color grigio metallico, è posizionata a 37 m s.l.m. emettendo due lampi di luce fissa di colore bianco o rosso alternati a seconda della direzione per un periodo di 10 secondi, visibili ad una distanza di 31 km.

L'area marina protetta Capo Rizzuto è un'area marina protetta istituita nel 1991 e gestita dalla provincia di Crotone che si estende per quasi 15.000 ettari ed è la maggiore d'Italia per ampiezza.

Si affacciano su di essa otto promontori, tra cui quello del parco archeologico di Capo Colonna, con l'unica colonna del tempio di Hera Lacinia rimasta in piedi; all'altro estremo del parco si trova Punta Le Castella, con il castello aragonese.

Si estende per circa 100 metri dalla costa ed è suddivisa in due aree principali:

A) zona di riserva integrale, a sua volta divisa in altre due parti: una subito a sud di Capo Colonna e l'altra più verso Capo Cimiti; che ricoprono circa 6 km di costa. In questa zona è vietato l'accesso, la navigazione, la balneazione e tutto ciò che può alterare l'ambito marino sottostante. Qui le visite sono guidate e regolamentate.

B) L'altra zona è chiamata "riserva generale", parte dal suolo di Crotone, fino alla parte ovest di Le Castella ricoprendo quasi 30 km di costa. Qui le limitazioni sono ridotte, rispetto alla zona di riserva integrale, e si può anche esercitare la pesca da fermo o da traino.

L'importanza di questa riserva marina si può trovare sia nella ricchezza faunistica e floristica marina, sia nelle spiagge bianche dalle acque cristalline.

I fondali in questa zona sono molto bassi a differenza di tutti gli altri della costa Calabra, eccetto alcune zone rocciose; basti pensare che l'isobata dei 10 metri si trova dopo circa 1 chilometro. I fondali, comunque, sono molto ricchi, con praterie di posidonia. A seconda del fondale sabbioso o roccioso gli abitanti sono diversi. Tra la fauna spiccano i poriferi, cnidari, molluschi; tra le presenze ittiche cernie, triglie, donzelle e il coloratissimo pesce pappagallo (di origine subtropicale).

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