A
dispetto del nome, Isola Capo Rizzuto non è in realtà un’isola,
bensì un bellissimo promontorio posizionato sul versante orientale della
Calabria, in provincia di Crotone.
Un
meraviglioso territorio che ricade nell’Area Marina Protetta, a cavallo tra il parco
della Sila e il mare Ionio, in una tra le aree tra le più
affascinanti di tutto il Mediterraneo.
Acque
cristalline e straordinarie distese di spiagge caratterizzano il paesaggio della
costa, baciato dal clima mediterraneo. Il periodo estivo a Capo Rizzuto inizia
a maggio e si prolunga fino a ottobre, dando la possibilità ai visitatori di
godere per diversi mesi della vita da spiaggia.
Capo
Rizzuto è un centro turistico di
rilievo, situato a circa 20 km da Crotone, sulla costa jonica della Calabria.
Sul suo territorio sono state rinvenute tracce di insediamenti umani, che
risalgono a più di cinquemila anni avanti Cristo, sicuramente aiutati dalla
favorevole posizione geografica, dal clima e da un ambiente particolarmente
propizio.
Fu
fondata da un popolo proveniente dall'Africa del nord, dagli stessi luoghi dove
poi fu eretta Cartagine, i Japigi che
si stabilirono tra Isola Capo Rizzuto e Capo Piccolo (1200 a.C.).
Questo
popolo diede il proprio nome ai promontori che si bagnano nel mare antistante e
che anticamente erano riconosciuti come "Promontorium Japigium", gli
odierni Capo Rizzuto, Capo Cimiti e Le Castella. I japigi furono poi scacciati
da un altro popolo antico, i Coni, (originari dell'Epiro nella penisola
balcanica), e si trasferirono, nella vicina Puglia.
La
storia locale si intreccia continuamente con la leggenda, la più antica vuole
che a fondare la città sia stata Astiochena,
sorella di Priamo, scampata alla distruzione di Troia ed approdata in questi
luoghi insieme al padre ed alle due sorelle. Con la colonizzazione greca ebbe
origine in queste zone il fortunato periodo storico, detto della Magna Grecia,
che vide gli antichi abitanti di Isola subordinati alle vicende della più
giovane città di Crotone (708-709 a.c.) che diventò uno dei poli principali
della cultura e dell'economia de tempo.

Per
colonizzare quelle terre a quel tempo scarsamente popolate, l'ìimperatore Leone
VI (886-912) istituì una nuova diocesi sede
vescovile e concesse ad
alcuni perseguitati politici di trasferirsi in Calabria; da qui il nome di
"Asylon", terra dove nessuno poteva essere perseguitato:
"asilo" più che "isola". La piccola diocesi di Isola crebbe
intorno al 1090, quando fu nominato vescovo il taumaturgo Luca di Melicuccà,
detto San Luca il Grammatico per la sua erudizione: nella sua diocesi
rientravano il territorio di Le Castella e quelli di San Leonardo e Steccato
(oggi frazioni di Cutro). Il vescovo Luca, infatti, aveva inviato alcuni monaci
nei due siti, fondando i due abitati. In quel periodo venne ritrovata l'icona
della Madonna Greca e si verifico' un certo aumento demografico, grazie a
numerose famiglie venute dall'oriente.
Durante
il periodo normanno (1060-1194), la diocesi di isola continuo' a mantenere i
suoi privilegi e la possibilità di mantenere il rito greco nelle liturgie, ma a
patto di pagare dazio alla diocesi latina di Santa Severina e di seguire le
leggi del regno normanno. Isola, come pochi altri paesi calabresi, mantenne il
rito greco fino al 1818, data della soppressione della diocesi di Isola Capo
Rizzuto, accorpata a quella di Crotone. In età medievale la diocesi di isola
era piuttosto florida e ricca di possedimenti. Tra i vari vescovi che si
succedettero in seguito, si ricorda il lungo periodo del vescovo Annibale
Caracciolo (1562-1605), membro della celebre nobile famiglia, che ricostruì la
cattedrale, che poi rimase anche l'unica parrocchia della diocesi. Dal secolo
XVII si ha notizia di una difficile situazione ambientale del territorio di
Isola, circondata di paludi e in piena decadenza per secoli. L'ultimo vescovo
morì nel 1798 e la diocesi fu soppressa 20 anni più tardi.
La
storia della città continua con alterne fortune nel medioevo diventando
importante centro della diffusione della religione cattolica nell'Italia del sud
e sede vescovile, fino al 1818. In questo periodo si costruiscono molte chiese e
monasteri, si diede vita al poderoso sistema difensivo che era formato da
importanti costruzioni quali il castello dei Ricca e le mura di cinta del borgo
vecchio ad Isola Capo Rizzuto, il castello aragonese di Le Castella, le numerose
torri costiere di avvistamento e di difesa
Gli abitanti di Isola parteciparono attivamente alle vicende storiche del
Medioevo subendo molte perdite di vite umane e distruzioni ad opera di pirati
turchi e saraceni ma anche di spagnoli ed aragonesi (rivolta del Centelles -
1459) che a lungo dominarono questi luoghi e che spesso punivano le popolazioni
locali per la loro dichiarata adesione a questo o a quel partito belligerante
nel corso delle numerose guerricciole locali. Successivamente nel Risorgimento
in molti aderirono ai moti politici che portarono all'unità d'Italia, compresa
la campagna Garibaldina,
ed infine parteciparono attivamente alle due guerre mondiali subendo spesso i
bombardamenti aerei per la vicinanza del locale aeroporto.
Monumenti
e luoghi d'interesse

I
greci furono affascinati dal territorio di Capo Rizzuto, tanto da insediare
alcune colonie che divennero porte per il commercio e lo scambio culturale.
La vicinanza con la città di Crotone stimolò sia l'incremento dell'attività
agricola locale che l'interscambio commerciale con le polis greche. Durante
questo periodo furono costruite chiese, monasteri, abitazioni e centri
culturali, di cui purtroppo è rimasta come splendida e unica testimonianza la
colonna di Hera Lacinia, che si trova sul promontorio detto di Capocolonna.
Questa antica vocazione agli scambi di Isola Capo Rizzuto è molto presente
negli eventi culturali, di cui la Festa dei popoli, iniziativa
incentrata alla multiculturalità, rappresenta un fulgido esempio.
Nel
cuore dell’estate ampio spazio viene dedicato ai prodotti del territorio, con
la Sagra del Gusto, Saperi e Sapori del Mediterraneo. L’evento ha come
obiettivo la valorizzazione dei prodotti tipici locali, con degustazioni delle
eccellenze agro-alimentari crotonesi. Da sempre l’economia locale è
legata alla pesca, che Capo Rizzuto conserva ancora oggi un ruolo
importante. In agricoltura il prodotto maggiormente apprezzato è il finocchio,
riconosciuto col marchio DOP e apprezzato in tutto il mondo. Negli ultimi anni
Il turismo ha conquistato sempre maggiore importanza, grazie alla frazione
di Le Castella che è ormai da annoverare tra i luoghi più frequentati e
conosciuti anche a livello internazionale. Inoltre, i siti archeologici e
l’imponente Castello Aragonese che si erge in mezzo al mare, hanno
dato un valore aggiunto a un territorio le cui bellezze naturali si offrono
incontaminate ai visitatori.
Nel
borgo di Isola vi sono avanzi del complesso fortificato cinquecentesco del Castello
Feudale (in via S. Marco), eretto in periodo medievale, ampliato nel 1549,
dal feudatario napoletano Giovanni Antonio Ricca; resti di torri quadrilatere
angolari speronate; reliquie delle muraglie della cortina perimetrale con
pivellini; "l'Orologio", la Porta del borgo medievale,
sormontata da una torretta dell'orologio posteriore, che divide la zona antica
da quella più moderna.
La chiesa
matrice, ex Cattedrale di Isola di Capo Rizzuto, intitolata a S. Maria
Assunta o Ad Nives, venne fatta costruire nel corso del XVI secolo da Giovanni
Antonio Ricca, feudatario del luogo e sorge probabilmente su un preesistente
sito di un monastero basiliano.
L’edificio ha
subito nel corso dei secoli notevoli interventi che ne hanno mutato la
fisionomia ma l’impianto si presenta a tre navate, con una sobria
facciata profilata da volute con portale d’ingresso, in materiale lapideo,
elaborato da maestranze calabresi, opera successiva e sovrapposta ad un ingresso
originario, questo si evidenzia sia dai motivi decorativi descritti in
precedenza che dal fuori asse rispetto al piccolo oculo, perfettamente centrato
rispetto alla facciata.
L’interno
presenta un’ampia navata scandita da pilastri rivestiti di lastre marmoree che
sostengono sei arcate che si aprono su altrettante cappelle laterali. Il
soffitto ligneo, dipinto con motivo a cassettoni, riveste l’intera navata
centrale lasciando spazio soltanto nel coro alla crociera costolonata
impreziosita dallo stemma della famiglia Ricca. La prima cappella della navata
sinistra, profilata da lesene lapidee scanalate e adagiate su alti piedistalli,
è dedicata alla Madonna del Rosario tra i quindici misteri, come si evince
dalla tela racchiusa in un altare barocco raffigurante la Vergine in trono
attorniata da una schiera di santi in adorazione; nel sacello sono conservate,
inoltre, diverse epigrafi e lapidi tra cui quella datata 1582 che ricorda
l’istituzione della cappella in favore del Vicario diocesano Giovanni Bernardo
Cochinella.
Proseguendo
lungo la navata si aprono altre due cappelle dedicate rispettivamente al cuore
di Gesù e alla Vergine, entrambe caratterizzate da cupole affrescate in cui si
conservano altari o edicole marmoree. Nella navata destra, invece, si aprono una
serie di sacelli di rilevante interesse storico artistico. La prima cappella
presenta, sul basamento dell’altare, gli stemmi scolpiti a rilievo del vescovo
Caracciolo, ricordando l’importanza rivestita dal presule nella città. Le
fonti narrano delle iniziative del vescovo volte a tutelare Isola dalle
incursioni turche e l’impegno con cui arricchì di suppellettili la cattedrale
per dare lustro alla diocesi; la seconda cappella, dedicata all’Assunta,
conserva il dipinto che ripropone la celebre Madonna Assunta di Tiziano
inscritta in un fastoso altare barocco; l’ultimo sacello è dedicato alla
Madonna Greca in cui è esposta l’icona lignea della Vergine col Bambino,
immagine molto diffusa nell’iconografia calabrese che ritrae la Madre che
sostiene il figlio adagiandolo dolcemente alla sua guancia. Secondo la
tradizione, la tavola sarebbe giunta via mare, durante il periodo iconoclasta, e
conservata in un primo momento nella chiesa della Madonna del Faro e traslata
successivamente presso la Cattedrale di Isola.
Il presbiterio,
con volta decorata impostata su quattro pilastri che si aprono su altrettante
volte a tutto sesto, conserva, adagiato al primo pilastro destro, il fonte
battesimale lapideo e sul lato opposto la cattedra vescovile. Quest’ultima,
lavorata in marmi policromi, fu fatta eseguire dal vescovo Lancellotti intorno
al XVIII secolo, a cui si deve anche la realizzazione dell’altare maggiore.
Adagiata in prossimità dell’abside è presente un’altra cattedra vescovile
in noce intagliata in cui si riconosce sullo schienale lo stemma del vescovo
Francesco Marino, ascrivibile al XVII secolo.
La Cattedrale
di Isola sopravvisse fino al 1818 anno in cui, con la soppressione di diverse
diocesi, fu accorpata all’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina.

Cinta
muraria del borgo - Il Muro vecchio si trova vicino al porticciolo
peschereccio, nel luogo che adesso è diventato area parcheggio, è, assieme ad
altri muri sparsi per il paese, ciò che resta della cinta muraria che difendeva
il paese dalle invasioni, questo tratto murario, costruito su una struttura più
antica risalente probabilmente al periodo magnogreco,
iniziava dall'accesso principale al borgo (Porta de Fora: uscita che portava
fuori città direzione Capo Rizzuto) per finire all'accesso meridionale. Dove
oggi sono ancora visibili i resti, un tempo venne eretta una piccola troniera di
vigilanza a ridosso della scarpata che divideva la campagna dal promontorio
castellese.
Così
come in tutta la costa del regno di Napoli, nelle vicinanze di Le Castella sono
presenti torri costiere a scopo difensivo, comunicavano tra di loro
tramite segnali di fumo quando avvistavano invasioni dal mare o sulla terra.
-
Torre Brasolo (o altresì conosciuta come Grisciolo)
-
Torre Telegrafo
-
Ruderi di antica stazione semaforica o telegrafo
ottico sul promontorio antistante il borgo
Chiesa
della Visitazione
della Beata Vergine Maria - Presente almeno dal XVI secolo con il
nome di Santa Maria de Castellis, aveva una sacrestia, cimitero e campanile,
verso il 18 secolo prese l'attuale nome di Visitazione della Beata Vergine
Maria. In seguito al terremoto del 1783 che colpì molti luoghi della Calabria,
venne riparato da re Ferdinando
IV. Oggi si presenta come una chiesa a navata unica, con campanile posto
sul fronte, foto degli anni 30 del 20 sec. dimostrano che non fu sempre così,
infatti era di lato. Nell'interno ci sono varie statue di santi, tra cui San
Francesco d'Assisi, Sant'Antonio
da Padova, San
Giuseppe, Santa
Rita da Cascia, Madonna
Addolorata e Santa Maria de Castellis o altresì denominata come
Stella Maris.
C'è
un quadro di scuola napoletana settecentesca della Visitazione
di Santa Elisabetta, di cui la rassomiglianza con la Visitazione del
pittore Mariotto
Albertinelli è così accentuata quasi da risultarne una copia che
l'autore avrà attinto dal suddetto: reca la scritta: R. D Natalis Minasi F.r
Antonio Basile f. 1781. Da un lato è lo stemma di Castella; dall'altro, altro
scudo gravato dalla lettera C, forse fatta dipingere da colui che in una riga
sottostante ha fatto scrivere col pennello le indicazioni del suo intervento. C'è
anche una copia della raffigurazione della Nostra
Signora Di Guadalupe.
Resti
nell'Annunziata - Costruito verso il basso
medioevo, fu una chiesa dedicata all'Annunziata con
annesso anche edificio per ordini religiosi, che da' il nome all'omonima località.
Cave
- Il luogo per millenni ha avuto abbondanza di giacimenti di tufo e arenaria,
utilizzati da tempi molto antichi, almeno dal periodo della colonizzazione
greca, principalmente come materiale per la costruzione di edifici.
L'estrazione si è protratta fino alla seconda metà del XX
secolo quando l'ultima cava è stata sottratta per costruire
l'attuale darsena Resti di antiche cave sono tuttora visibili: sulla
scogliera, in particolare nella zona del Cannone; darsena; alcune nella contrada
di Santa Domenica; un'antica cava sommersa dal mare a sud-ovest dalla fortezza
ad una profondità tra i 4-5 metri.
Un
esempio di una delle tante cave è alle propaggini della darsena vi sono alcune
delle antiche cave di blocchi e di rocchi di colonna (VI-III secolo a.C.). Da
esse sono stati presumibilmente estratti i rocchi delle colonne del Tempio
di Hera Lacinia, posto sul promontorio di Capo
Colonna e i materiali per la fortezza castellese. Sono infatti
visitabili, percorrendo tutto il porto turistico, ricavato dalla cava di tufo,
al termine del porto con l'invito di passerelle di legno, i resti della cava
Magno-greca.
Sulla
destra si possono osservare resti di grossi mattoni di tufo di forma
rettangolare e sulla sinistra quelli a forma cilindrica, il sistema di
estrazione è evidente in questi, dopo aver scalpellato i cilindri venivano
fatti quattro fori alla base sono evidenti nelle forme rimanenti, i quattro
solchi dove venivano inseriti quattro cunei di legno secco, successivamente
bagnati, consentivano il distacco del cilindro, ne sono presenti resti di alcuni
spezzati al centro, quindi inutilizzabili. Secondo gli archeologi sono databili
intorno al VI-III secolo a.C. non sono evidenti nella cava i resti del periodo
estrattivo del castello XII-XIII secolo d.C., è evidente che è costruito con
il tufo del luogo ma le estrazioni prossime a questo non hanno lasciato
traccia.
Il
banco roccioso e la cava avrebbero dovuto essere demoliti nel corso della
costruzione del nuovo bacino portuale, ma è stato salvato per l’intervento
della Soprintendenza archeologica della Calabria, in seguito a segnalazioni e
sollecitazioni del Gruppo Archeologico Krotoniate.

PUNTA DELLA
CASTELLA, più nota come Le Castella, è una frazione di Isola
di Capo Rizzuto. È situata sulla costa ionica della Calabria, nella
estremità orientale del golfo
di Squillace.
Ciò che
potrebbe far risalire la primitiva forma del nome odierno è data, in seguito
alla dipartita di Annibale dopo
la seconda guerra
punica, dall'insediamento di 3000 coloni romani che diedero nome al luogo
come Castra. Ci sono ipotesi che prima dell'insediamento romano ce ne fosse
un altro fondato da Annibale, di cui Plinio lo
cita come Castra Annibale, Solino come
Porto D'Annibale, la persistenza di questa toponomastica riaffiora in mappe del
XVI secolo, fino al XVIII secolo in cui Le Castella veniva talvolta segnata come
Torre di Annibale. Non si sa se l'antica Castra Hannibalis sia effettivamente da
collocare nell'attuale Le Castella o un altro nel golfo di Squillace, si è
creduto che fosse collocata nel suddetto luogo fino al XVIII secolo poi si è
messa in discussione perché si è pensato potrebbe essere un errore di
collocazione da parte di storici cinquecenteschi.
Il nome "Castella" è
latino, la designazione al plurale con l'aggiunta dell'articolo
"Le" non è ancora ben chiara, potrebbe essere dovuta ad una
credenza/leggenda secondo cui nel luogo vi fossero costruite molte
fortificazioni o abitazioni edificati su un arcipelago scomparso e sulla
terraferma, idea che può avere delle basi fondate dato che in alcune secche al
largo del mare, vi sono evidenti resti sottomarini di fabbricati antichi come
ruderi di insediamenti; oppure altra ipotesi può essere una designazione a
livello generale del territorio circostante l'abitato; c'è da intendere che
comunque Le Castella non è il nome della fortificazione protesa su un piccolo
promontorio ma il toponimo del territorio circostante.
Il nome odierno
"Le Castella" si può cominciare a stabilire con certezza dal
medioevo, ed è stato preceduto da molti altri nel corso dei secoli. Nel 1219
compare come testimone in un trasferimento di proprietà scritto in lingua
greca, Mansus de Castro Maris. Del dicembre 1225 è invece un documento di
Federico II, nel quale vengono confermati nove privilegi di libero pascolo al
monastero di Corazzo, nei tenimenti di Campolongo e dei Castelli a Mare.
Alla fine del
Duecento “Castelle” è riportata nella cosiddetta “Carta
Pisana” mentre, nel portolano noto come “Compasso
de navegare”, la cui compilazione risale al gennaio 1296 (codice
Hamilton 396), sono riportate le distanze che la separavano da Squillace e dal
capo delle Colonne: “Del golfo de Squillaci al capo de Castelle lx mil(lara)
p(er) greco ver lo levante. Del capo de Castelle al capo de le Colomne x
mil(lara) entre greco e tramo(n)tana.”. Agli inizi del Trecento, “castele”
compare nell’Atlante
Luxoro, conservato presso la Biblioteca
Civica Berio di Genova, e nella Carta
maghrebina della Biblioteca
Ambrosiana (“castelle”), continuando ad essere segnalata con lo
stesso toponimo durante tutto il corso del secolo, nella carta di Angelino
Dulcert (1339), nell’Atlante
di Abraham e Jehuda
Cresques (1375), nella carta di Guillelmus
Soleri (1380) ed in altre.
Lo stesso
toponimo “castelle” o “castele”, assieme gli analoghi “castel”,
“casteli” e “castela”, si rileva durante tutto il Quattrocento ed il
Cinquecento, come ci mostrano le numerose carte nautiche prodotte nel corso di
questi due secoli, che si conservano presso la Biblioteca
nazionale di Francia e alla Biblioteca
Marciana di Venezia. Dal XV secolo fino ai giorni nostri non ha
avuto una nomenclatura stabile, prima di arrivare all'attuale nome, i cartografi
la designarono in vari modi come: Castellammare, Castelli a Mare, Castello a
Mare; Torre di Annibale, Capo di Annibale; Li Castelli, Le Castelle, Capo delle
Castella.

La storia di Le
Castella è lunga e segue più o meno le stesse vicende dei territori
circostanti. Per i suoi paesaggi che destavano ammirazioni tra i viaggiatori
antichi, Le Castella fu oggetto di tante leggende e addirittura, secondo alcuni
studiosi, l'isola di Calypso descritta
da Omero nella
sua Odissea,
sarebbe da collocarsi proprio nelle vicinanze del borgo. Fa parte dei mitologici
tre promontori “Japigi”, identificati in Capo
Rizzuto, Capo Cimiti e Le Castella. Japigio potrebbe essere
connesso al popolo che colonizzò l'entroterra e diede il proprio nome ai tre
promontori oppure dal mitico Japyx, figlio di Dedalo,
uno degli artisti più valenti dell'antica Grecia, Japyx o Japige fuggì da
Creta seguendo il padre in una spedizione in Sicilia; ma durante il ritorno, una
violenta tempesta lo fece naufragare presso le coste dell'odierna Calabria, ed
alla località fu dato il nome di “terra Japigia". Gli Japigi,
furono anche un popolo di cui non è chiara la provenienza, se dal territorio
dove fu fondata Cartagine o
se indoeuropeo proveniente dall'antica Illiria che colonizzò i tre promontori
japigi e anche buona parte della Puglia nel 1200 a.C., furono poi scacciati da
un altro popolo antico, i Coni (originari dell'Epiro nella
penisola balcanica), e si trasferirono definitivamente nella vicina Puglia.
Punta Castella
cominciò ad imporsi in seguito al trattato di amicizia tra Roma e Taranto nel
304 a.C.; in base al trattato, alle navi militari romane era proibito navigare
ad oriente di Capo Lacinio così i Tarantini – per sorprendere le navi romane
che provenivano dal Tirreno e si dirigevano verso Taranto – costruirono un
avamposto nell'odierna Le Castella.
Tra la seconda
metà del IV secolo e l'inizio del successivo risalirebbe un muro lungo di circa
40 metri, ritrovato sotto le fondazioni orientali del castello durante alcuni
scavi di consolidamento avvenuti tra la fine degli anni
Novanta del Novecento e l'inizio dei Duemila.
Negli ultimi
anni della seconda
guerra punica, tra il 208 ed il 202 a.C., Annibale fece
costruire là dove ora sorge la fortezza, una sorta di accampamento (o una torre
di vedetta), è ancora dibattuto se il condottiero cartaginese abbia davvero
costruito un accampamento dato che l'allocazione dell'antica "Castra
Hannibalis" non è pienamente certa.
Dopo la
dipartita di Annibale i Romani fecero sbarcare per motivi strategici sul posto
circa tremila coloni e chiamarono il luogo Castra. Fu così che la permanenza di
quegli uomini diede origine al borgo che prese poi vari nomi nel corso dei
secoli.
Secondo Strabone e Plinio
il vecchio, ci furono varie isole distanti da Le Castella e Capo Rizzuto,
alcune erano ammirate per la loro particolare bellezza e una fu abitata da
pescatori bruzi. Cartografi antichi e medievali attestarono nelle loro mappe la
morfologia e la toponomastica delle isole. Il numero e le dimensioni è non
definito e confuso. Si conoscono i nomi di alcune delle isole: Tiris, Ogigia,
Meloessa, Eranusa e l'isola dei Dioscuri.
Nei secoli
IX–XI Castella fu occupata dagli Arabi che
avevano fondato un emirato nella vicina Squillace e avevano quindi tutto
l’interesse di controllare l’intero golfo. Cessata in parte la minaccia
araba, Castella divenne pian piano un popoloso borgo sul quale vennero erette
anche due chiese: quella di Santa Maria e l'altra di San Nicola dipendenti
dall’Abbazia di
Sant'Angelo de Frigillo in Mesoraca fino alla soppressione della
suddetta abbazia avvenuta nel 1652, e successivamente accorpata a Santa Maria
della Matina in San Marco. Si ha notizia poi che intorno al 1251 a Castella
erano presenti pubblici ufficiali quali giudici e notai, segno evidente questo
di un’attiva vita commerciale e sociale; Ebbe anche una propria universitates con
stemma annesso.
Nel XIV
secolo fino al XVI
secolo seguì le vicende storiche del regno
di Napoli, in alcuni momenti Le Castella fece parte attiva nell'esito dei
governi come nell'evento conosciuto come battaglia
di Le Castella, fu una serie di battaglie decisive all'interno dei vespri
siciliani.
Conosciuta come Castellorum
maris, nel dicembre 1444 la
fortezza, a quel tempo proprietà del marchese Antonio
Centelles fu cinta d'assedio e conquistata dall'esercito di Alfonso
V d'Aragona. Nove
anni più tardi, il re nominò il suo fidato falconiere Maso Barrese
castellano della fortezza, nel mentre divenuta proprietà demaniale e a quel
tempo collegata alla terraferma mediante una strada alta e larga. Nello
stesso periodo, a destra dell'ingresso si apriva un ampio piazzale, mentre sul
lato opposto si trovavano una serie di piccole stanze a volta e una chiesa. Il
24 giugno 1462 il
re accolse una richiesta di perdono da parte di Centelles, al quale il castello
fu nuovamente affidato assieme al marchesato di Crotone. Con la definitiva
cattura del marchese all'inizio del 1466,
il castello tornò di nuovo direttamente nelle mani del re.
Nel mese di
ottobre del 1486 il
castello fu affidato dal principe di Taranto a
Francesco De Miro, che si occupò del castello assieme ad undici collaboratori. Fu
durante il periodo aragonese che la fortezza prese le forme architettoniche
odierne. Nello stesso periodo, un poeta e militare castellese di nome Coletta De
Castelli allietava con le sue poesie la corte dei regnanti aragonesi. Importanti
lavori di ristrutturazione, iniziati da Alfonso
II di Napoli, si conclusero nel 1487. Durante
l'aprile 1491,
l'università di Le Castella fece richiesta al re di poter utilizzare i proventi
dall'esenzione del pagamento di un carlino a fuoco per le fabbriche del regno
per ristrutturare le mura cittadine, danneggiate dalle mareggiate. Nell'ottobre 1496 il
castello fu venduto da Federico
I di Napoli ad Andrea
Carafa.
Dal XVI secolo
fino al XVIII secolo il paese e la sua fortezza diventarono scenari delle
incursioni ottomane.
Gli ottomani misero
a ferro e fuoco l'intero borgo, uccidendo e rapendo molti abitanti. Nel 1536 il
celebre corsaro barbaresco Khayr
al-Din Barbarossa vi rapì Giovanni
Dionigi Galeni, divenuto famoso come ammiraglio e corsaro con il nome di Uluç
Ali Paşa.
Dal XVII secolo
fino agli inizi del XVIII secolo Le Castella ebbe un periodo di decadenza, le
continue incursioni ottomane e piratesche resero pericoloso vivere nel luogo,
nel 1644 l'abitato di Le Castella fu abbandonato per ordine della corte regia e
ci furono anche proposte per abbattere la fortezza sul mare per evitare che
diventasse un covo ottomano. L'insediamento odierno è di costituzione moderna,
a partire dalla seconda metà del XVII secolo, da quando cominciò lentamente a
ripopolarsi.
Tra il
XVI e il XVII secolo, la fortezza fece da ricovero per gli abitanti della zona,
in mancanza di altre difese formando così un piccolo borgo fortificato
all'interno dell'isoletta. È noto il resoconto del tour condotto dall'abate
Saint-Non, in cui constatò lo stato di abbandono della fortezza, ridotto
a rudere e le condizioni umili degli abitanti del borgo.
Nel 1799 fu
luogo di scontro tra francesi e borbonici e punto di approdo delle truppe
provenienti dalla Sicilia. Da quel momento il borgo, prima comune feudale,
successivamente aggregato a Crotone e poi divenuto frazione di Isola Capo
Rizzuto nel primo decennio del XIX sec., segue le vicende amministrative e
politiche prima del risorto Regno delle Due Sicilie, poi dello Stato italiano.
Verso gli anni '50 del XX secolo, dopo gli interventi dell'opera
Sila, il centro urbano si espanse per tutta la punta di Le Castella.
Negli anni '60 fu scelta come set cinematografico per L'armata
Brancaleone e Il
Vangelo secondo Matteo. Nel 1991 venne istituita l'area
marina protetta di Capo Rizzuto e Le Castella entrò nel sul
comprensorio.
Nel 1999 ospitò
tutte le puntate della 30ª e ultima edizione di Giochi
senza frontiere. Nel XXI secolo ha sviluppato maggiormente la propensione
turistica e diventata nota in provincia e anche in regione.
Il fortilizio
di Le Castella è uno dei castelli più affascinanti del Mezzogiorno
d’Italia, ma anche dell’intera Penisola. Risale all’età angioina,
con la massiccia torre cilindrica che svetta sul resto della fortezza, cresciuta
per successive aggregazioni struttive fino all’epoca vicereale.
L’originario
impianto castellare risale alla seconda metà del XIII secolo. La sua
fondazione rientrava, nella politica di rafforzamento del litorale attuato dagli
Angioini al momento dell’acquisizione del regno meridionale, e serviva alla
protezione del golfo di Capo Rizzuto.
Dopo la
battaglia di Benevento (che nel 1266 aveva sancito la sconfitta definitiva di
Manfredi e la fine della dominazione sveva), una catena di fortilizi, nuovi o
ricostruiti, era stata imposta al Meridione, e oltre al territorio interno aveva
finito per orlare anche l’arco costiero di Puglia e Calabria, a sostegno
dell’espansione angioina verso i Balcani (che condurrà nel 1272 alla
fondazione del Regno d’Albania). La rivolta dei Vespri Siciliani del 1282
portò Carlo d’Angiò a intensificare la costruzione di rocche e a
ristrutturare i vecchi castelli, nella previsione del conflitto con gli
Aragonesi.
Alla fine del
quattrocento la fortezza passò agli aragonesi. Nel 1496 il re Federico
d’Aragona la consegna al conte Andrea Carafa che tra il 1510 ed il 1526 fa
edificare possenti bastioni quadrangolari speronati al fine di aumentare la
capacità difensiva del castello. La torre cilindrica è di chiara
derivazione angioina e ne testimonia l’impianto originario che dovrebbe
risalire al XIV secolo ed è caratterizzata da una splendida scala a chiocciola
in pietra che ne collega i tre piani. Per circa quarant’anni, le difese
di Le Castella costituirono un inespugnabile baluardo a guardia della costa
calabrese.
Nel 1536, però,
il castello dovette subire l’assalto e il saccheggio da parte del corsaro
algerino Khai-ad-din, soprannominato il «Barbarossa». Nella circostanza,
venne catturato Giovanni Dionigi Galeni di Isola che, prigioniero dei musulmani
passò a potentissimo comandante della flotta ottomana e, col nome turco di
Uccilaì, divenne governatore di Algeri, Tripoli e Tunisi.
Alla metà del
Cinquecento, la fortezza fu nuovamente attaccata e depredata, ad opera del
pirata turco Dragut.



Fra XVI e XVII
secolo, il litorale sud italico si era munito di un’ininterrotta serie di
torri d’avvistamento e castelli marittimi, proprio per fronteggiare le
incursioni musulmane, fra cui il fortilizio di Le Castella.
La paura dei
Turchi era sempre presente, e il tragico massacro perpetrato da Achmet Pascià,
detto lo “Sdentato”, a Otranto nel 1480, non aveva fatto altro che
alimentare il terrore suscitato dai figli di Allah.
Venuta meno la
minaccia turca, il forte di Le Castella perse progressivamente l’importanza
strategica e militare. La fortezza di Le Castella è ciò che rimane di una
vasta area che doveva costituire un vero e proprio villaggio dotato di cinta
muraria. Le ultime indagini archeologiche hanno evidenziato la presenza nei
fondali adiacenti il castello aragonese di blocchi architettonici di epoca
ellenistica, dove l’area di Le Castella doveva essere più allungata verso il
mare.
La fortezza non
ospitò mai la nobiltà del luogo, ma servì sempre da ricovero per i soldati
impegnati contro gli attacchi provenienti dal mare dagli invasori di turno. Gli
scavi archeologici hanno evidenziato differenti stratificazioni storiche e
architettoniche con sovrapposizione di diverse fasi edilizie. Sul lato est
della fortezza è emerso un muro lungo quaranta metri fatto a blocchi di calcare
e piccoli riquadri in pietra disposti a scacchiera, simile per tecnica edilizia
al muro ellenistico di Velia.
La fortezza di
Le Castella si colloca oggi in un contesto ambientale di elevato pregio
naturalistico, circondato dalla Riserva Marina di Capo Rizzuto, istituita nel
1991. In una delle stanze della fortezza è possibile osservare i fondali
dell’Area Marina Protetta in tempo reale grazie a delle telecamere subacquee
posizionate a 10 metri di profondità. L’intera zona di Capo Rizzuto si
posiziona al centro della bellissima Costa dei Saraceni, interessata da una
frequentazione turistica tra le più elevate della Calabria, sia per il valore
paesaggistico ed ambientale delle coste, sia per la ricchezza di risorse
culturali ed archeologiche.
Lungo
la costa sorge la "Torre Vecchia", una torre cilindrica, con
massiccia cordonatura a conci lapidei, eretta nel sec. XVI a guardia della costa
contro le incursioni barbariche. La torre era custodita da un caporale e da un
milite, che avevano il compito di vigilare giorno e notte e segnalare la
presenza di navi sospette con particolari segnali: fumo durante il
giorno e falò la notte. L'accesso all'interno della torre avveniva mediante un
rustico ponte levatoio in legno.

Il
Santuario della Madonna Greca è situato in località Capo Rizzuto ed è
dedicato alla Protettrice di Isola di Capo Rizzuto. Semplice e maestoso, è di
nuova costruzione: la posa della prima pietra è datata infatti 1991. La
superficie del Santuario è di circa 800 m2 più altri 200 m2 di
balconate.
Una
leggenda narra che un pescatore calabrese trovò su una spiaggia un’icona
sacra raffigurante la Madonna con in braccio il bambino. Il quadro divenne poi
fonte di diversi miracoli, tanto da erigere un Santuario in suo onore. Durante
la cerimonia tradizionale, l’icona della Madonna viene portata in processione
per la città, per poi essere issata su una barca che attraversa il mare per
arrivare nei paesi circostanti. La processione è resa suggestiva dalla grande
quantità di fiori che vengono donati dai presenti, che accompagna il ritorno
dell’icona al Santuario, con l’intero paese in festa.

Il faro
di Capo Rizzuto è un faro marittimo situato sull'omonimo
promontorio ed attivato nel 1906.
Il
faro consta di una torre in muratura a prisma ottagonale di colore bianco alto
17 m, con entrambi il balcone e la lanterna posizionati fronte mare.
La
lanterna, di color grigio metallico, è posizionata a 37 m s.l.m. emettendo
due lampi di luce fissa di colore bianco o rosso alternati a seconda della
direzione per un periodo di 10 secondi, visibili ad una distanza di 31 km.
L'area
marina protetta Capo Rizzuto è un'area marina protetta istituita nel 1991 e
gestita dalla provincia di Crotone che si estende per quasi 15.000 ettari ed
è la maggiore d'Italia per ampiezza.
Si
affacciano su di essa otto promontori, tra cui quello del parco
archeologico di Capo Colonna, con l'unica colonna del tempio di Hera Lacinia rimasta
in piedi; all'altro estremo del parco si trova Punta Le Castella, con il
castello aragonese.
Si
estende per circa 100 metri dalla costa ed è suddivisa in due aree principali:
A)
zona di riserva integrale, a sua volta divisa in altre due parti: una subito a
sud di Capo Colonna e l'altra più verso Capo Cimiti; che ricoprono
circa 6 km di costa. In questa zona è vietato l'accesso, la navigazione,
la balneazione e tutto ciò che può alterare l'ambito marino sottostante. Qui
le visite sono guidate e regolamentate.
B)
L'altra zona è chiamata "riserva generale", parte dal suolo di Crotone,
fino alla parte ovest di Le Castella ricoprendo quasi 30 km di
costa. Qui le limitazioni sono ridotte, rispetto alla zona di riserva integrale,
e si può anche esercitare la pesca da fermo o da traino.
L'importanza
di questa riserva marina si può trovare sia nella ricchezza faunistica e
floristica marina, sia nelle spiagge bianche dalle acque cristalline.
I
fondali in questa zona sono molto bassi a differenza di tutti gli altri della
costa Calabra, eccetto alcune zone rocciose; basti pensare che l'isobata dei
10 metri si trova dopo circa 1 chilometro. I fondali, comunque, sono molto
ricchi, con praterie di posidonia. A seconda del fondale sabbioso o
roccioso gli abitanti sono diversi. Tra la fauna spiccano i poriferi, cnidari, molluschi;
tra le presenze ittiche cernie, triglie, donzelle e il
coloratissimo pesce pappagallo (di origine subtropicale).

Fonte:
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