È
un’impronta prettamente agricola quella che dà origine al piccolo centro di Antonimina intorno
al XV secolo. Prime tracce di insediamenti umani furono infatti quelli di alcuni
gruppi di pastori che scelsero questo luogo come posto ideale per condurre le
loro attività. Ne è una chiara testimonianza anche il nome di “terrata”
(ovile), ricordato ancora oggi, quale richiamo alla tradizione della pastorizia.
E secondo le più diffuse leggende popolari, fu proprio un pastore, tale Antonio
Mina, a dare il nome a questa comunità. Altre fonti indicano invece nella
derivazione greca “antònomos”, (ovvero ricco di fiori) l’attuale
nome.
Nel
corso dei secoli questo centro iniziò lentamente a svilupparsi a livello
sociale arrivando a sfiorare i mille abitanti intorno alla metà del Settecento.
Rimase sotto l’influenza genovese dei Grimaldi fino al 1806 per essere poi
inglobato nel comprensorio di Gerace. Nemmeno Antonimina fu risparmiata dalla
furia delle calamità naturali, in particolare, dei due violentissimi terremoti
che colpirono questo territorio nel 1783 e 1908. Eventi catastrofici che
contribuirono, insieme alle alluvioni degli anni ’50, al progressivo
spopolamento del paese.
Immerso
nel verde di ulivi secolari, ai piedi del Parco Nazionale
dell’Aspromonte, in posizione perfettamente equidistante tra le montagne e il
mare, Antonimina appare al visitatore come un grazioso insieme di casette
adagiate nell’entroterra ionico. Il piccolo e tranquillo borgo si compone
oltre che del centro storico, caratterizzato da un suggestivo labirinto di
viuzze stradine, anche delle frazioni “Bagni Termiali”, “Cacciagrande”,
“San Nicola”, “Bunca”, “Solfurio”, “Tre Arie” e
“Troiolo”.
In
lontananza ben visibile, svetta maestoso monte San Pietro, meglio
noto come monte “Tre Pizzi” per le sue suggestive tre punte
rocciose.
Del
XVII secolo è la chiesa di San Nicola di Bari, principale luogo di
culto che nei secoli è stato più volte ricostruito. L’interno, in stile
romanico, custodisce le statue della Madonna del Santo Rosario, di San Giuseppe
e di San Rocco, protettore di Antonimina il cui culto si celebra
nella seconda domenica di agosto.
Altre
significative tracce di architetture religiose sono rappresentate dai ruderi di
un antico convento, la cui origine risale al XII secolo circa, utilizzato da
frati eremiti, nei pressi di Monte Tre Pizzi in località “Saramico”. Sapori
e odori tipicamente mediterranei identificano la gustosa cucina tipica locale in
cui spiccano salumi, formaggi e l'immancabile peperoncino.

Meta
di riferimento per amanti della natura e appassionati di escursionismo, è monte
“Tre Pizzi”, particolare rilievo roccioso (circa 700 metri) formato da
tre punte, collocato tra Antonimina e Ciminà. Luogo ricco di fascino, offre una
affaccio panoramico di impareggiabile bellezza da cui è possibile scorgere
nitidamente la rocca di Gerace, le vette di Pietra Cappa, i rilievi aspromontani
e naturalmente il mare cristallino del litorale jonico. Ben visibili, inoltre, i
resti di un antico monastero di frati basiliani probabilmente risalente al 1100
circa.
Monte
“Tre Pizzi”, come tanti altri luoghi di questo territorio, è avvolto da
numerosi miti e leggende. Fra queste ultime, la più nota narra di una
passeggiata di Gesù in compagnia degli Apostoli lungo la fiumara “a
Principissa”. Il cammino, secondo la leggenda, fu interrotto da San
Pietro il quale lanciò un sasso in aria, lamentando di non avere un
monumento in suo onore. Il sasso andò a poggiarsi proprio sulla sommità dando
origine al monte.
In
località “Tre Arie” si trova la Petra da morti (Pietra
della morte) il cui funesto nome è legato alla morte di un pastore, caduto nel
vuoto per salvare una sua pecora. Luogo frequentato da una “magara”
(maga) era invece secondo la leggenda, “U denti da magara” (Il
dente della maga), in località Falcò. Le minacce di questa fattucchiera
intimidivano a tal punto i passanti che nessuno, ad un certo punto, ebbe più il
coraggio di visitare questo luogo.
Graffiti
risalenti alla metà dell’800 sono presenti a Petra Scritta (La
pietra scritta), ad opera probabilmente di briganti. Una di esse recita: “Terno
monimento”. Popolato di entità spirituali sembra essere invece a “Timpa
Russa” (La cima rossa) le cui venature delle rocce sarebbero proprio
il segno di due tragici eventi: la morte di un uomo precipitato nel vuoto e di
una donna colpita da un sasso.
In
località Saramico è infine a Petra ‘i San Mauro (La pietra
di San Mauro) dove la tradizione popolare narra dei dissidi tra due fratelli,
Mauro e Saramico. La roccia e la stessa località proprio per questo motivo
sembrano rivolgersi sguardi ostili.
Tra
le più rinomate strutture della Calabria, l’impianto termale di
Antonimina-Locri, meglio noto come “Acque sante locresi”, è
un’eccellenza del territorio in fatto di salute e benessere. Dai bagni, ai
fanghi, alle irrigazioni, fino alla aerosolterapia, nebulizzazioni,
insufflazioni e docce, le terme offrono un’ampia scelta di trattamenti
terapeutici.
L’impianto
sfrutta al meglio le proprietà le peculiarità organolettiche di acque termali
note fin dai tempi dell’antica Locri Epizephyrii.
La
struttura, nella sua veste moderna, vede la luce nel 1870 e le sue acque, 35°
centigradi ricche di solfato di sodio e di cloruro, nel tempo sono diventate
note anche per loro particolare efficacia nel contrasto alla sterilità
femminile.

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