Monasterace (Borgo)
(Reggio Calabria)


Il territorio di Monasterace si eleva dal livello del mare, dove si trova la frazione Marina, fino a 177 metri s.l.m. Il nucleo urbano principale è posto a 138 metri s.l.m.

Sorge in corrispondenza della Punta Stilo, una lieve protuberanza costiera limitante a sud il Golfo di Squillace, che in passato, sulla base di testimonianze letterarie e di indagini geologiche, era ben più pronunciata; Plinio il Vecchio parla del Promunturium Cocynthum (come era chiamato in epoca romana) come del “longissimum Italiae promunturium”, il promontorio più lungo d’Italia. Inoltre, le indagini di archeologia subacquea hanno rilevato il netto prolungamento del promontorio in mare in età magnogreca.

Tuttora, in presenza di un accentuato bradisismo, in concorso con potenti mareggiate invernali, la linea costiera varia di anno in anno, allargando o restringendo la spiaggia, talvolta completamente sommersa in alcuni punti. In tempi più remoti, al contrario, vi doveva essere una forte contrazione della superficie, testimoniata dalla presenza di almeno tre aree in cui si rinvengono resti di conchiglie: la contrada di mezza collina detta Petrusu, verso il confine con la provincia di Catanzaro; la fiancata meridionale della collina detta Piazzetta; lungo la strada interna a nord, che porta verso i paesi dell’interno. In questi due ultimi casi si tratta di veri e propri piccoli giacimenti di fossili.

L’area comunale è prevalentemente collinare, con ampie zone pianeggianti lungo la costa e le fiumare che sfociano a mare nei suoi confini.

Risalendo dalla costa verso l’interno, si hanno, da sud a nord, alcune colline: il Terzinale (nome poi corrotto in Arsenale nelle carte dell’IGM) o della Passoliera, dall’edificio che vi sorgeva in cima; una collina senza nome, sulla cui cima venne costruita una casamatta negli anni della seconda guerra mondiale; la Piazzetta, possibile acropoli della città magnogreca; una collina poco elevata in contrada Castellone, importante per il faro che vi sorge, grazie alla cui costruzione si rinvennero i resti di un tempietto che permisero di individuare il luogo in cui sorgeva l’antica Kaulonìa.

Tre sono le fiumare che. da nord a sud, vi sfociano: Fiumarella di Guardavalle, al confine con questo Comune e con la provincia di Catanzaro; Assi, il cui corso più regolare in passato forniva l’acqua per il funzionamento del mulino ad acqua di cui resta ancora l’edificio cadente; Stilaro, al confine con il Comune di Stilo. Fino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso vi erano altri rivi, tra cui il più rilevante quello di Vidicà (dal Vallone San Bernardo, che fiancheggia la Piazzetta), ed altri minori, poi prosciugati, interrati o ricoperti dalle costruzioni.

Fino al secondo dopoguerra la zona costiera era piuttosto paludosa ed infestata dalla malaria; fino agli anni ’60 rimasero un piccolo stagno alla foce del Vidicà e una palude nell’area sud della Marina, dove in seguito sorse la chiesa parrocchiale di San Giuseppe Artigiano. Vicino a questa, sgorgava una sorgente, detta Zombaredu, presso la quale si rifornivano gli abitanti fino agli anni del dopoguerra; vi si trovano anche altre sorgenti anche in aree interne, come nella contrada Scovara.

Su una collina a circa 2 chilometri dalla costa sorge il nucleo storico del paese, Monasterace Superiore, (oggi “nobilitato” da taluni come Monasterace Centro o Borgo) sormontato da un castello di origini almeno medievali in corso di restauro al fine di creare spazi per attività sociali.

A sud si trova l’altipiano della Melìa, dove il comune raggiunse la sua altezza massima; ad ovest il colle degrada più bruscamente nella contrada semicollinare di Arsafia; a nord è fiancheggiato dalla fiumara Assi, dalla cui sponda sinistra comincia la frazione Campo Marzo, un territorio tra il pianeggiante e il semicollinare, che giunge fino al confine con Guardavalle.

Il toponimo Monasterace si pensa che derivi dal greco Μοναστηράκι (Monastiraki), cioè "piccolo monastero".

La più antica menzione di questo nome si rinviene nella redazione cosiddetta A del Bios di San Giovanni Therisitìs, riportante la datazione 1217-1218, conservata a Palermo nella Biblioteca Centrale della Regione Siciliana (vol. gr. II. E. 11), in un testo manoscritto del 1611 proveniente da Stilo. Essendo il santo monaco vissuto dal 995 circa al 1054 d.C., è altamente probabile che il nome fosse già presente in tale epoca.

Si è certi dell'esistenza di un piccolo monastero di rito orientale dedicato a Sant’Eufemia, situato nel centro collinare del Comune in quella vallata dello Stilaro che vide il fiorire del cosiddetto monachesimo basiliano. Niente ha a che vedere con la molto più tarda chiesetta, di epoca angioina, di San Marco, i cui resti persistono nei pressi della spiaggia, in piena area archeologica dell’antica colonia magno-greca di Kaulonìa.

Del tutto infondate altre ipotesi sul toponimo, tra cui quella di una presunta origine normanna Motta Sterace o Monte Storace e simili, originate dal fraintendimento di M. Sterace/Storace, nome con cui cartografi inesperti dei luoghi e poi autori poco accurati indicarono il nome del paese.

La leggenda narra che nell'VIII secolo a.C., Caulone, figlio dell'amazzone Cleta, approdò sulle coste antistanti l'odierna Monasterace Marina e qui vi fondò l'antica Kaulonìa della Magna Grecia.

Monasterace marina è il luogo dell'antica città magno-greca di Kaulonìa; tuttavia, non si può escludere la possibilità che il sito sia già stato popolato da gente indigena, o addirittura dai bruzi stessi che molto prima del VII secolo a.C. (data in cui i greci colonizzarono il meridione d'Italia) risiedevano in Calabria insieme ai lucani, di cui erano schiavi e successivamente alleati contro le pretese di Roma.

Monasterace Superiore ha un'origine medievale. Fu popolata dai superstiti di Kaulonia, che dopo la deportazione di metà della popolazione a Siracusa da parte di Dionigi e il successivo assoggettamento a Roma, popolarono i colli circostanti per ripararsi dalle malattie infettive quali malaria e plasmodium che si diffondevano nelle pianure ormai abbandonate e per sfuggire alle scorrerie di pirati che approfittando delle distruzioni delle città magnogreche, saccheggiavano e incendiavano i pochi centri rimasti. In periodo normanno fu un casale del Kastron di Stilo fino al 1275, successivamente passo sotto l'ordine dei templari.

Nel 1347 col dominio Angioino il feudo di Monasterace viene dato a Nicola Caracciolo, fratello del feudatario di Gerace.

Nel 1659, a causa di un terremoto subisce gravi danni, ma non viene riparato secondo il suo stile originario.

Durante il periodo della Rivoluzione francese subisce la confisca dei beni e il Capostipite Diego di Francia acquista il feudo.

Nel 1807 diventa Università: una unità giuridica ed amministrativa autonoma. Nel 1811 durante il Regno delle due Sicilie diviene comune autonomo ed incluso nel circondariato di Stilo.

Nel 1816 passa dalla Calabria Ulteriore Seconda (Catanzaro) alla Calabria Ulteriore Prima (Reggio Calabria).

Visitare il borgo

Dolcemente adagiata tra le alture della valle dello Stilaro e dell’Allaro e le acque cristalline del Mar Ionio, la cittadina di Monasterace fa bella mostra di sé da tempi antichi la cui memoria è rimasta scolpita tra le pietre del tempio dorico di Apollo sulla spiaggia, nei motivi dei preziosi mosaici greci qui rinvenuti, nelle tradizioni folkloristiche ancora vissute con entusiasmo. 

Porto dell’antica Kaulon, importante città magnogreca le cui rovine continuano a riaffiorare tra le sabbie dorate e la macchia mediterranea della valle, Monasterace è un luogo ricco di fascino in cui castelli bizantini, monasteri ortodossi, rovine greche e tradizioni medievali raccontano la storia di un passato glorioso che ha impresso la sua memoria nella roccia e nella sabbia, da cui ogni tanto riemergono tesori inestimabili.  

Resti del tempio dorico di Kaulonìa (Monasterace Marina)

Castello Medievale (Monasterace Superiore)  -  Fu di proprietà dei principi Caracciolo fino al 1464, poi passò di mano agli Arena Concublet che dopo pochi anni lo vendettero nel 1478 a Guglielmo Monaco, per passare successivamente nel 1486 a Silvestro Galeota. Rimase in possesso della sua famiglia col titolo di principi di Monasterace fino al 1654. In seguito passò di proprietà diverse volte: prima al maestro di Campo Carlo della Gatta, a Giacomo Pignatelli, a Barbara Abenante, al marchese Perrelli, ai Tomacelli, ai Marcucci, al barone Oliva, ed infine nel XX secolo arrivò la famiglia del barone Scoppa di Francia che nel 1919 lo vendette al cavalier Giuseppe Sansotta che divise la proprietà in più parti per poi rivenderle a diverse famiglie, che con ristrutturazioni e rifacimenti motu propriu ne modificarono l'aspetto senza alcun criterio di restauro, bensì di vivibilità e praticità.

Ruderi della chiesetta bizantina intitolata a San Marco

Resti di ville romane

Chiesa di Maria SS di Porto salvo, risalente alla fine del Settecento, appartenente ai marchesi di Francia, di cui rimangono il palazzo nobiliare omonimo antistante alla suddetta chiesa.

Chiesa di San Nicola di Bari, risalente alla fine del Seicento (Monasterace Superiore).

Duomo o Chiesa Matrice, risalente ai primi dell'settecento (Monasterace Superiore).

Monumento del Calvario in pietra antica, via Calvario. (Monasterace Superiore).

Chiesa di Maria S.S. di Loreto risalente al XII secolo circa, è stata distrutta negli anni ottanta per far passare una strada e congiungere Monasterace Sup. alla ex SS 110, dell'antica struttura è rimasto solo l'altare con un affresco sempre databile al XII secolo, nell'anno 1999 un gruppo di fedeli, a proprie spese ha eretto un edificio moderno a protezione dello stesso. (Monasterace Superiore).

Torri antiche, facente parti le mura di cinta. Risalenti ai primi dell'XI secolo. (Monasterace Superiore).

Piccolo Museo della civiltà contadina (Monasterace Superiore)

Museo archeologico di Monasterace - Il museo archeologico di Monasterace o Museo archeologico dell'Antica Kaulon o MAK è il museo sorto intorno al parco archeologico "Paolo Orsi", il quale conserva i resti dell'antica città magnogreca di Kaulon.

Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo museale della Calabria, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei.

È composto da 7 sale. La prima mostra reperti della fondazione della città di Kaulon tra cui 3 corredi tombali, una incinerazione di località Bavolungi di Stilo e un corredo tombale di località Franchi di Stilo. Sono presenti anche dei khantaroi di tipo Itaca, materiale dell'Eubea ed acheo. La seconda espone i corredi della necropoli dell'area di nord-ovest di Kaulon al di fuori delle mura con reperti risalenti tra il VI ed il IV secolo A.C. tra cui di attività produttive. Nella terza sala c'è il materiale trovato nel santuario di Punta Stilo, tra cui anche la Tabula Cauloniensis in bronzo, il più lungo testo scritto acheo in Italia risalente al V secolo A.C. Nella quarta sala è allestita la ricostruzione del recinto e delle terme ellenistiche di "Casamatta". La quinta sala mostra i reperti dei resti delle case dell'area San Marco e il mosaico del Drago. La sesta sala è dedicata alla ricostruzione di una casa di Kaulon ed infine nella settima c'è la ricostruzione del santuario di Passoliera nonché rocchi di colonne frutto di rinvenimenti subacquei.

Antichi resti della città di Kaulonìa (Monasterace Marina) - Caulonia, o Kaulonìa fu una colonia della Magna Grecia, i cui resti sorgono nei pressi di Punta Stilo. L'area intorno al sito su cui insisteva la polis viene chiamata dagli archeologi Kauloniatide.  

Secondo la tradizione, il nome della città deriverebbe dal nome del suo fondatore, Caulon, figlio dell'amazzone Clete. Il mito vuole che, dopo la guerra di Troia, gli Achei guidati da Tifone di Aegium sbarcarono sulle coste della Calabria e, con l'aiuto dei Crotoniati, distrussero il regno di Clete. Solo suo figlio Caulon si sarebbe salvato e avrebbe ricostruito la città. Secondo Strabone, invece, il nome della città deriverebbe da auloniavallonia, cioè valle profonda. Francesco De Sanctis, lo farebbe derivare piuttosto dalla parola kaulos, ovvero fusto, tronco.

Circa le ipotesi riguardanti la sua origine, le fonti riportano due principali interpretazioni. La prima, sostenuta da Strabone (Geografia, VI, 1, 10) e Pausania il Periegeta (VI, 3, 12), attribuisce agli Achei il ruolo di fondatori, nella persona di Tifone di Aegium.

La seconda ipotesi, propria di autori più moderni, propende invece per l'origine come colonia di Kroton (l'attuale Crotone). In realtà, non c'è una vera e propria dicotomia tra le due ipotesi: la ricerca archeologica è infatti concorde nell'individuare nell'VIII secolo a.C. il periodo di fondazione di Kaulonìa, mentre l'influenza crotoniana, corrispondente al periodo di massimo splendore, è databile al VI secolo a.C..

La città era limitata a sud dal fiume Sagra, sulle cui rive nel VI secolo a.C. si svolse la famosa battaglia della Sagra, in cui Kaulon, alleata con Kroton, fu sconfitta dalle poleis di Locri Epizefiri e Rhegion (l'antica Reggio); la leggenda vuole che in battaglia fu decisivo il miracoloso intervento dei Dioscuri.

Nel IV secolo a.C. Kaulonìa fu poi sconfitta dalle forze congiunte dei Lucani e di Dionisio I di Siracusa, sconfitta che costò nel 389 a.C. la deportazione dei suoi abitanti a Siracusa e la cessione del territorio a Locri, alleata del tiranno. Ricostruita da Dionisio il Giovane, Kaulonìa fu in seguito preda di Annibale durante la seconda guerra punica, finendo poi definitivamente nell'orbita di Roma per opera di Quinto Fabio Massimo nel 205 a.C.

Strabone ci riferisce che già ai suoi tempi la città era stata abbandonata a causa di conflitti con gli abitanti della regione circostante. «Dopo il fiume Sagra c'è Caulonia, fondata dagli Achei e chiamata dapprima Aulonia, per la valle che si trova di fronte ad essa. Ora la città è abbandonata: i suoi abitanti, infatti, furono cacciati dai barbari in Sicilia, dove fondarono un'altra città di Caulonia» (StraboneGeografia, V, 1, 10)

Fonti letterarie attestano che Kaulonìa avesse un porto con doppio approdo situato alla foce della fiumara d'Assi e che fosse quindi una città che commerciava in legname. Ricca di materie prime come pietra, magnesia, sale, oro e piombo, sarebbe stato anche un centro per la produzione di manufatti in metallo e vasellame.

Il santuario di Punta Stilo - Il santuario è composto da un tempio dorico costruito con arenaria, attorno al quale vi sono degli altari minori, con cippi e trapezai con offerte di armi di cui ne sono state trovate oltre 180 tra quelle integre e quelle di cui ne sono rimasti solo frammenti. Le divinità adorate nel santuario con certezza sono sicuramente Afrodite e Zeus, la tabella bronzea ritrovata e definita cauloniensis ha scritta una dedica a Zeus in alfabeto acheo. Il ritrovamento di foglie d'alloro in bronzo indicano anche di un culto dedicato ad Apollo, tra l'altro rappresentato nelle monete argenteee incuse di Kaulonìa. Infine sempre nella tabella Cauloniensis si trovano anche riferimenti ad Artemide, alle Muse e alle Grazie. Nel III secolo A.C. il tempio fu poi abbandonato e l'area fu riorganizzata per lo scalo marittimo.

La casamatta - Nella Casamatta sono state ritrovate diverse monete dell'epoca nonché tracce di un culto a Demetra.

La casa del Drago - La casa del drago è il nome con cui si individuano i resti di una casa in cui è stato ritrovato un mosaico pavimentale rappresentante un drago marino. Diventato negli ultimi anni poi simbolo di Kaulonìa stessa. La casa è grande 17x35 metri. recentemente il motivo del drago è ricomparso in un grande mosaico rinvenuto nel 2012 nell’area archeologica di Kaulon in condizioni eccelse, che probabilmente era il pavimento di una vasca termale. Il mosaico - tra i più grandi rinvenuti nel sud Italia - presenta un motivo di dragoni, delfini e un ippocampo. I

Tempio sotto al faro - Sul colle del Faro di Punta Stilo Paolo Orsi individuò i resti di un presunto tempio dedicato o a Poseidone o ad Apollo.

Altre case - La Casa del Personaggio Grottesco, Casa dell'Insula, Casa Guarnaccia, Casa di Clete

Gli scavi e i reperti - Già dal XVI secolo diversi studiosi tentarono di individuare il sito della città di Kaulonìa ma solo l'archeologo Paolo Orsi fu in grado di identificarne il luogo nel 1891 confermato dai primi scavi effettuati tra il 1911 e il 1913 dall'archeologo Paolo Orsi, all'epoca Soprintendente ai Beni Archeologici della Calabria e cofondatore del Museo della Magna Grecia.

Venne alla luce come la struttura della città prevedesse l'esistenza di un centro urbano principale, cinto da mura e posto al livello del mare, all'interno del quale era presente un tempio dorico, di cui ancora oggi sono visibili le fondamenta. Secondo gli studi effettuati all'epoca, alla costruzione di questo tempio avrebbero dovuto partecipare maestranze provenienti da Siracusa, data l'alta quantità di quello che si ritenne essere calcare siceliota.

Si scoprì inoltre che l'area antistante il tempio, attualmente coperta dal mare, era pure occupata dal centro abitato, come testimoniato dai reperti ivi ritrovati, che al tempo stesso attestano la progressiva erosione della costa nell'area.

Durante la costruzione del cavalcavia ferroviario nel 1941 furono ritrovate resti di strutture murarie.

Nuovi scavi vengono effettuati tra il 1970 ed il 1971 da Elena Tommasello che a sud del Tempio dorico rinviene 3 guttae.

Gli scavi condotti dalla Scuola Normale Superiore e dall'Università di Pisa a partire dal 1999 e ancora in corso hanno riportato alla luce buona parte del santuario urbano al quale appartenne il tempio dorico. Molti altri edifici di grandi e piccole dimensioni sono stati messi in luce o individuati attraverso lo studio sistematico dei materiali architettonici rinvenuti. E molte scoperte hanno permesso di comprendere l'articolazione delle fasi di vita del santuario, a partire dalla sua prima monumentalizzazione nella prima metà del VII secolo a.C., fino al progressivo declino dei primi decenni del III secolo a.C. Ormai superata è l'ipotesi che la costruzione del tempio dorico si debba a maestranze provenienti da Siracusa: i recenti studi litologici hanno infatti dimostrato che la pietra utilizzata non è un calcare siceliota, bensì materiale estratto in loco.

Al di fuori della cerchia delle mura, e in particolare sul colle Tersinale, era inoltre sito un altro centro cultuale di grande rilievo, come desumibile dalle numerose testimonianze ivi raccolte. Da quest'area provengono alcune favisse ricche di frammenti di terrecotte architettoniche, in particolare frammenti di cassetta, sime frontonali, sime con gronde a testa di leone, alcuni acroteri angolari ed uno centrale, tutto materiale proveniente da tre fasi costruttive diverse di un piccolo tempio.

I numerosi reperti archeologici provenienti dagli scavi effettuati sul posto sono per lo più esposti al Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria. Di particolare rilievo sono due mosaici di eccezionale fattura, entrambi raffiguranti un drago, uno dei quali copre un'area di 25 m² ed è quindi considerato "il più ampio mosaico ellenistico reperibile al Sud". Entrambi i mosaici sono attualmente esposti presso il Museo di Monasterace.

Il finanziamento degli interventi conservativi del sito archeologico in generale, e dei preziosi mosaici del "drago" in particolare, conosce allo stato attuale numerose difficoltà. Il mosaico è stato recentemente adottato da un gruppo di studenti della scuola media dell'Istituto comprensivo Amerigo Vespucci di Vibo Valentia, i quali hanno raccolto una piccola somma tramite autotassazione.

Gli scavi dal 2003 a oggi: San Marco nord-est - L'area di scavo, denominata saggio SAS II e topograficamente San Marco nord-est, oggi interessa l'area tra il mar Ionio a est la ferrovia Taranto-Reggio Calabria a ovest, la fiumara Assi a nord e l'area di casamatta a sud.

Grazie a frammenti di protokotylai e kotylai Aetos 666, si può stabilire una presenza umana nell'area sin dall'VIII secolo a.C.; dalla fine dell'VIII, o meglio dai primi decenni del VII secolo, la presenza greca si fa stabile. Di un periodo successivo sono i resti riconducibili a una casa di benestanti denominata Casa del Personaggio Grottesco. Nei pressi di essa è stato individuato una strada in direzione nord-sud larga 6,65 metri. Nel III secolo a.C., in periodo ellenistico, sono stati rinvenuti i resti di un ampio edificio in parte ancora sotto l'attuale asse viario della strada statale 106 a cui quindi non è possibile accedere per definirne completamente il perimetro. Infine sono stati portati alla luce ciò che rimane di una piccola necropoli del periodo tardo-antico (VI-VII secolo d.C.).

Campagne di scavo dal 2001 al 2006 - Dal 2001 al 2006 sono state condotte otto campagne di scavo da M.C. Parra e M.T. Iannelli. Un'area di ricerca di 56 km² intorno a Kaulon tra i comuni di MonasteraceStiloCamini e Guardavalle.

Sono state scoperte 174 unità topografiche (sedi di manufatti ceramici) e 230 manufatti o aree di dispersione di manufatti a carattere sporadico, che hanno portato al censimento di 148 siti e 179 testimonianze extra-sito. Questi siti si trovano a Stilo in località Arito, Bavolungi, Franchi, Furno, Ligghia, Napi, Salti e Troiano.

Insediamenti di età arcaica - Sono stati individuati 7 insediamenti greci di modesta entità di età arcaica, ubicati tutti alla destra idrogragica dello Stilaro e quasi tutti in posizione elevati e a 1000 metri di distanza (eccetto quello in località Franchi e quello in località Serre) ognuno tra di loro interpretabili come fattorie. Il sito di Franchi (Stilo) differisce per la sua posizione, sicuramente elevata, ma anche ben difesa naturalmente. Cronologicamente sono esistiti tra il VII e il VI secolo a.C. e nessuno giunge al periodo ellenistico.

Fa eccezione, in località Fontanelle (Monasterace), alla sinistra idrografica dello Stilaro, il rinvenimento di resti di una Villa romana con tracce di insediamento greco sin dal VI secolo a.C.

Campagne di scavo dal 2007 al 2009 - Campagna di scavo 2007: A giugno 2008 viene scoperto un frammento lapideo di una dedica in lingua osca scritta in alfabeto osco-greco del IV-III secolo a.C. per la dea italica corrispondente a Venere per i latini.

Campagna di scavo 2008 - Campagna di scavo di agosto-settembre 2009. Rinvenimento delle testimonianze più antiche del sito: una protokotyle corinzia, un frammento di coppa corinzia di tipo Thapsos e il frammento di uno skyphos.

2013 - Il mosaico di 35 metri quadrati e la tabella bronzea in alfabeto acheo - Il 23 luglio 2013 l'archeologo Francesco Cuteri e la sua équipe scoprono uno dei mosaici più grandi mai rinvenuti del periodo ellenistico della fine del IV secolo a.C., che ricopre un'area di circa 35 m². Il ritrovamento è avvenuto tra le rovine di quella che doveva essere una struttura termale. Il mosaico si articola ulteriormente in 9 quadrati policromi e un altro spazio con una rosetta policroma all'ingresso della stanza.

L'8 ottobre 2013 viene annunciata la scoperta nel santuario urbano di una tabella bronzea del V secolo a.C. con una dedica in alfabeto acheo, con stile grafico stoichedón, sviluppata su 18 linee. È il testo acheo più lungo mai ritrovato nella Magna Grecia.

2018 - Un nuovo geison - A seguito delle mareggiate a cavallo tra il 2013 ed il 2014 viene scoperta l'esistenza di un nuovo geison che potrebbe testimoniare l'esistenza di un nuovo edificio di ordine dorico. È scolpito in calcarenite bianca molto fine, è lungo 88,5 cm, è largo 68,15 cm e alto 47,2 cm. Il mutulo correlato è composto da 3 file di 6 guttae, ed ognuna di esse ha un diametro di 4,4 cm.

Reperti numismatici - Durante gli scavi a Kaulonìa sono state rinvenute numerose monete in bronzo, successivamente raccolte nella collezione numismatica di Rodolfo Cimino. Tale collezione, basata a Monasterace Marina, è composta da 181 reperti fittili e metallici e di 238 monete di età greca, romana e medievale, materiali che vennero raccolti a partire dal 1942 da Rocco Giordano, ex Conservatore Onorario dell'area archeologica di Kaulonìa. Questa collezione era nota sin dal 1977 alla Soprintendenza Archeologica della Calabria.

Mostre a Firenze del 2010 e 2013/14 - Nel 2010 è stata allestita la mostra all'Università di Firenze Spigolando tra gli archivi, correlata dalla realizzazione del cortometraggio A scuola di archeologia seguendo le orme di Paolo Orsi a Caulonia. Da dicembre 2013 a marzo 2014 è stata allestita presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze la mostra Kaulonia, la città dell'amazzone Clete.

Mostra ad EXPO 2015 - Expo 2015 nel Padiglione Italia, dal 14 al 21 agosto 2015, viene esibita la ricostruzione virtuale stereoscopica dell'andron della “Casa del Drago” della colonia achea di Kaulon. La mostra virtuale è stata realizzata dallo spin-off 3DResearch dell'Università della Calabria.

Alluvione e messa in sicurezza del sito - Nel mese di dicembre del 2013 i resti della casamatta sono stati rovinati dal maltempo e dal mare mosso, oltre che dalla mancanza di qualsivoglia protezione del sito archeologico. La Soprintendenza archeologica calabrese, insieme al comune di Monasterace, fecero una richiesta di finanziamento del parco per un milione e mezzo di euro, per la quale ancora non è pervenuta risposta. In ultima istanza, a fronte di tale situazione a rischio, la provincia di Reggio Calabria vorrebbe mettere a disposizione due milioni e mezzo di euro per la messa in sicurezza del parco archeologico. Il 2 febbraio 2014 il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha annunciato un finanziamento di 300.000 euro per la messa in sicurezza de sito archeologico. Nel 2015 viene costruita la prima difesa per il tempio dorico, mentre nel settembre 2016 sarebbero dovuti partire i lavori anche per la restante area, ma ancora non sono stati avviati.

Folklore di Monasterace

Ricca del fascino dei luoghi antichi e forte di un passato glorioso che continua a riaffiorare dalle sabbie, Monasterace si è aperta alla modernità con i recenti restauri del lungomare - attrezzato per dare una risposta al crescente turismo balneare - e del castello a lungo deturpato da una secolare tradizione di passaggi di mano, ma tiene vive le sue tradizioni folkloristiche più importanti, come la processione di S. Andrea d’Avellino, detta U territoriu, che si svolge ogni tre anni. 

Durante la processione la varetta con la statua del santo viene portata in trionfo dai fedeli per tutte le vie del paese.

I fedeli percorrono col Santo a spalla, a piedi ed a tappe fisse, l'intero territorio comunale, badando poco ai campi coltivati ed ignorando qualsiasi barriera, architettonica o naturale che sia. 

Altra importante festa è ‘A cunfrunta di Pasqua, durante la quale i fedeli rivivono la Passione di Cristo attraverso il ripetersi di antiche usanze e che vede come protagonista un’emozionante processione durante la quale la varetta di Cristo e quella della Madonna s’incontrano tra antichi suoni e canti popolari.

  
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