San
Lorenzo si presenta
subito con la bella piazza, dove recitano un ruolo importante la Chiesa madre,
di stile rinascimentale, ed un gigantesco olmo.
Fanno
parte del territorio di San Lorenzo la frazione Marina, che col passare del
tempo ha assunto un ruolo sempre più importante dovuto all’abbandono
dell’entroterra, la frazione di Chorio e quella di San Pantaleone.
Da
Melito di Porto Salvo si segue verso nord la Statale 183, che risale la fiumara
di Mélito. Oltrepassato il paese di Chorio
di San Lorenzo si arriva alle case di San
Fantino. Poco oltre, in un allargamento della valle si scorge di
fronte la dorsale del Monte S. Angelo che separa le valli di Pristeo e della
fiumara di Mélito; dopo aver toccato l’abitato di Lànzena,
si incontra una strada per Roccaforte del Greco e Roghudi.
La
via attraversa la fiumara di Mélito e con frequenti curve e bella vista sulla Valle
del Tuccio, sale a San Lorenzo a 787 m s.l.m., in bella posizione sul
crinale tra le fiumare di Mélito e di Amendolea.
È
centro agricolo e turistico con varie attività artigianali, di antica origine
(se ne ha notizia dall’epoca angioina). Entrando nell’abitato s’incontra,
nella piazza principale, la parrocchiale di S.
Lorenzo, preceduta da un olmo gigantesco.
Il
nome San Lorenzo è legato al culto per il santo patrono del Paese.

Sede
di pretura fino alla prima metà del Novecento, il paese è oggi quasi
disabitato ma ha rivestito nei secoli un'importanza rilevante nel comprensorio.
San
Lorenzo ha avuto un ruolo importante per lo sbarco di Garibaldi a Melito
Porto Salvo. Alberto Mario, uno dei 250 garibaldini che, sbarcati a Scilla,
dopo il fallito tentativo di conquistare il vicino forte di Altafiumara,
sono stati inseguiti dai borbonici per l'Aspromonte, era uno dei
cronisti dell'impresa dei Mille. Egli ha scritto le sue memorie nel libro La
Camicia Rossa, edito prima in edizione inglese nel 1865 e successivamente in
italiano nel 1870. In questa opera, con dovizia di particolari, descrive come il
popolo di San Lorenzo abbia accolto i fuggiaschi garibaldini, braccati
sull'Aspromonte, disperati e affamati.
Riporta
Alberto Mario: «Il momento era grave. Il nemico dieci volte più poderoso,
c'inseguiva come un limiero. Qualche giorno ancora ed avrebbeci presi o gettati
in mare. Capitò il signor Rossi, Sindaco di San Lorenzo, e ci ha invitati
colassù, in quell'eccelso apice, per la vita e per la morte».
Era
il 18 agosto del 1860. Garibaldi doveva ancora sbarcare a Melito. E l'intendente di
Reggio aveva immediatamente scritto al Ministero dell'Interno di Napoli: «il
Giudice di Melito mi avvisa che nel Comune di San Lorenzo si è veduta una banda
di circa dugento armati ed io subito ho dato preghiera al Comandante delle Armi
che spedisse colà un distaccamento di truppa».
Garibaldi,
da Giardini di Taormina, ove era in attesa con i piroscafi Torino e Franklin,
aveva avuto segnalazione che quella zona aspromontana era presidiata dai
garibaldini e dal popolo di San Lorenzo e decise di sbarcare nella notte tra il
18 e 19 agosto nell'antistante spiaggia di Melito. Appena sbarcato, Garibaldi
inviò verso San Lorenzo un corriere al galoppo, recante al maggiore comandante
il messaggio: "Sbarcai a Melito. Venite. G. GARIBALDI".
Bruno
Rossi e i laurentini insieme coi garibaldini raggiunsero Garibaldi e si
avviarono con lui alla conquista di Reggio. Il popolo di Melito si era defilato,
non aveva dato alcun appoggio a Garibaldi, forse per paura che venisse rigettato
a mare nel qual caso gli abitanti sarebbero restati inermi alla mercé della
repressione borbonica. Dice il giudice di Melito di Porto Salvo Marco
Centola: «Tutte le persone notabili, compresi i liberali ed i funzionari ed
impiegati pubblici erano scomparsi […] Il signor Antonino Amato, Sindaco di
Melito, di scarsa istruzione e ricco di meriti politici, si trovava a Reggio e
non poté tornare che dopo la resa di quella città».
Scoprire
il centro storico
Per
raggiungere San Lorenzo si passa innanzi il santuario
della Madonna della Cappella, custode di una rarissima icona, di
notevoli dimensioni, risalente con molta probabilità al XII secolo. La tavola
fu però ridipinta agli inizi del Cinquecento in stile neo bizantino,
circostanza che dimostra come ancora in età Moderna vi erano nell’area
artisti e committenze capaci di realizzare e leggere icone “alla greca”.
La Madonna
con il Bambino, raffigurato mentre sostiene in mano un’arancia,
denuncia infatti linguaggi di scuola cretese nei volti, caratterizzati da nasi
adunchi e fisionomie bloccate che emergono da un coronamento prospettico
d’impronta occidentale.
Particolare
è infatti lo sfondo della tavola, risolto con una tendina ondeggiante che, per
nascondere la nicchia, asseconda la forza traente degli anelli collegati
all’asta orizzontale di ferro.
Questa
icona, dipinta sul retro tra il Sei e il Settecento con una scena di angeli
reggenti una corona, lascia ogni ultima domenica di Luglio la sua casa per
guidare un corteo processionale che la porterà alla chiesa di Santa Maria ad
Nives, nel cuore del borgo, al cospetto della bellissima statua tardo
cinquecentesca della Madonna
della Neve. I fedeli di San Lorenzo riaccompagneranno l’icona nella sua
chiesa il 12 di Agosto, abbandonano per un giorno il secolare olmo che ombreggia
la piazza, lo stesso che ospitò, sotto la sua chioma, le 200 camicie rosse
rifugiatisi tra i monti, dopo il fallito sbarco di Garibaldi in Calabria del 9
Agosto 1860. Spettò infatti ai laurentini, guidati dal sindaco Bruno Rossi,
evitare un’altra Sapri quando, dieci giorni dopo, l’Eroe dei due Mondi riuscì
a mettere piede sulla costa di Melito.

Nei
dintorni:
la
chiesa di San Fantino, costruita nel 1953 sulla parte rimasta in piedi
dell'antico monastero costruito dai monaci basiliani;
la
chiesa di San Pasquale Baylon, in frazione Chorio, del XIX secolo;
la
chiesa della SS. Trinità, in frazione Marina;
la
chiesa di San Pantaleone, nell'omonima frazione;
la
chiesa di San Francesco in località Lanzina;
il
Castello dei Baroni, la cui edificazione risale alla fine del Settecento;
il
santuario della Maria SS. Assunta della Cappella, ubicato nell'omonima
località, costruito nel XVII secolo e che conserva una suggestiva icona della Madonna
Nera risalente con molta probabilità al XII secolo.
IL
GRANDE OLMO - Il
simbolo di San Lorenzo è un grande olmo.
La leggenda vuole che quest’albero sia stato piantato dal nobile Ludovico
Abenavoli, uno dei partecipanti alla celebre disfida di Barletta, proprio al suo
ritorno dalla stessa. Si tratta di un albero che per gli esperti costituisce una
rarità dal punto di vista botanico, tant’è che non si conoscono esemplari ad
esso paragonabili in tutto il Meridione.

Fonte:
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