Scilla
(Reggio Calabria)

 

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Scilla è situata sull'omonima punta, che sorge a nord-est del capoluogo: il Promontorio Scillèo, proteso sullo Stretto di Messina, che anticamente veniva infatti denominato Stretto di Scilla.  

Il toponimo Skýla (dal greco Σκύλα "cagna") richiama un misterioso mostro che sarebbe il responsabile di tempeste scatenatesi sul mare che determinarono la fine di molti naufraghi. Descritta da Strabone come uno scoglio simile a un'isola, Scilla mantiene tutt'ora i tratti di questo paesaggio. I suoi pochi abitanti furono degli abili navigatori e conoscitori delle rotte, notizia questa confermata da San Girolamo.

È una storia piena di passione, amori non corrisposti, feroci vendette e un drammatico epilogo, quella che narra delle gesta mitologiche di dei e mortali nello specchio d'acqua che separa Reggio da Messina. È la storia di Scilla, ninfa dalla bellezza sconvolgente, trasformata dalla maga Circe nell’orrendo mostro che da secoli secondo la leggenda funesta le acque dello Stretto insieme a Cariddi, devastante creatura marina creata da Zeus capace di ingoiare e rigettare l'acqua del mare per tre volte al giorno causando mortali vortici.

È la gelosia di Circe all’origine del terribile sortilegio che dà vita ad uno di miti che più alimentano il fascino e il mistero dello Stretto. Vicino agli scogli di Zancle, su cui amava riposarsi e trascorrere le sue giornate, Scilla incontra Glauco, pescatore della Beozia, trasformato in una divinità marina per aver mangiato l'erba che ridava vita ai suoi pesci e poi istruito all'arte della profezia da Oceano e Teti.

La visione di questo essere, metà uomo e metà pesce, terrorizza la ninfa al punto da farla scappare via. Glauco, abbandonato al suo destino, prova inutilmente a trattenerla urlandole il suo amore e narrandole la sua drammatica storia, scolpita e tramandata a noi oggi da Ovidio nelle Metamorfosi (“Non sono un mostro né una bestia feroce, o vergine, ma un dio dell’acqua […], prima però ero un mortale, ma a dire il vero il profondo mare era già il mio mondo”).

In preda alla disperazione, Glauco si rivolge alla maga Circe, dea figlia di Elio e della ninfa Perseide, famosa per i suoi incantesimi in grado di cambiare le sembianze degli uomini, nel tentativo di ricondurre a sé l'amata Scilla. Ma l’unico risultato che Glauco ottiene è quello di scatenare la gelosia della maga che prova subito ad allontanare Scilla dal dio marino sfoderando anche le armi della seduzione nei suoi confronti. Rifiutata da Glauco, Circe riversa la sua furia vendicativa su Scilla trasformandola con un ferale sortilegio in un feroce mostro munito di sei teste di cane latranti, terrore di navigatori e marinai di ogni epoca. Da quel momento, secondo la leggenda, Scilla si rifugia in preda alla disperazione e alla rabbia in una grotta sotto la Rocca dove sorge il Castello e che esiste ancora oggi, in prossimità di alcuni scogli a pochi chilometri da Cariddi che abita la sponda Sicula. Esseri condannati a vivere in eterno l’uno di fronte all’altro, entrambi presenza costante e inesorabile nel cuore del Mediterraneo.

Non tutti sanno che fino al XVIII secolo sotto la rocca di Scilla era presente una formazione di scogli molto particolare, essi davano l’impressione di una creatura mostruosa che usciva dalla grotta. Al tempo dei greci, le mareggiate erano frequenti e le imbarcazioni che passavano per lo Stretto venivano spinte dal mare contro la rocca. Con il mare in burrasca e gli scogli che dilaniavano le imbarcazioni causando la morte di molti, nacque il mito del mostro di Scilla.

Sulla sponda sicula, invece, erano le correnti marine a generare dei vortici, che si verificano ancora oggi ma di intensità minore, che spesso inghiottivano le imbarcazioni che vi passavano vicino. Anche qui si pensò ad un mostro, Cariddi, che risucchiava l’acqua del mare e la rigettava creando enormi vortici.

In mancanza di precedenti testimonianze attendibili circa le epoche più remote, si è propensi a far risalire la prima fortificazione di Scilla agli inizi del V secolo a.C., allorquando durante la tirannide di Anassilao la città di Reggio raggiunse una notevole importanza, che le permise di ostacolare per oltre due secoli l'ascesa di potenze rivali.

Strabone racconta che nel 493 a.C. il tiranno di Reggio, Anassila il giovane, per porre fine alle reiterate razzie perpetrate dai pirati tirreni a danno dei commerci aperti dalla città con le colonie tirreniche, avesse mosso contro di loro con un forte esercito, sconfiggendo e scacciando i pirati da queste terre. Per i Tirreni gli innumerevoli scogli e l'alta rocca caratterizzanti la costa scillese costituivano un rifugio naturale ideale, luogo inaccessibile da cui dirigere redditizie scorrerie lungo le coste, nascondiglio sicuro per il bottino e baluardo di difesa contro eventuali controffensive nemiche.

Presumibilmente sorsero quindi contrasti e lotte tra i primi marinai e pescatori che avevano occupato la zona e i pirati Tirreni, alla cui bellicosità forse si deve attribuire la causa dell'arretramento dal mare dei pescatori, ostacolati dai pirati nella pratica su cui basavano il proprio sostentamento. Ciò spiegherebbe il trasferimento di residenza verso la zona alta di Scilla - l'attuale quartiere di San Giorgio - attuato da queste genti marinare, che si trasformano in agricoltori e cacciatori e mantengono poi attive le nuove pratiche fino all'età moderna.

Espertissimi nella navigazione, i Tirreni avevano dominato a lungo da incontrastati padroni le rotte del Mediterraneo, esercitando il proprio predominio soprattutto nello Stretto, grazie al presidio posto sulla rupe scillese, all'imboccatura del canale, presumibilmente fortificato. Più tardi però questi vennero sconfitti dai reggini, vittoria questa che segna un momento significativo nella storia di Scilla, considerata da Anassila un importante avamposto di controllo sulle rotte marittime. Mentre si assicura il dominio sul territorio circostante inglobando una nuova sezione del Chersoneso reggino, al tempo stesso Anassila ha cura di realizzare una stazione delle navi a Capo Pacì, ordinando la costruzione di un porto dotato di un agguerrito presidio militare.

L'opera di fortificazione dell'alto scoglio fu portata a termine dai successivi tiranni reggini, spesso impegnati in scontri con i pirati che combattono avvalendosi del porto fortificato appositamente costruito nella piccola borgata di Monacena (ossia, nascondiglio isolato , una zona anticamente riparata da alcune caverne poi distrutte), verso Capo Pacì, in un luogo inaccessibile dal lato opposto allo scoglio. Baluardo della sicurezza dei reggini, la fortificazione di Scilla dotata di approdo è di fondamentale importanza agli effetti del felice esito della guerra contro la pirateria, consentendo ai tiranni di Reggio di opporre per lungo tempo una valida resistenza contro gli attacchi di nuovi nemici e contro i continui tentativi di rivalsa dei Tirreni sconfitti.

Agli inizi del III secolo a.C., dopo la presa di Reggio ad opera del tiranno di Siracusa Dionisio I, che nel 386 a.C. aveva distrutto la flotta navale della città di stanza a Lipari e nel porto di Scilla, I pirati tirreni tornarono ad essere audaci e si reinsediarono sul promontorio scillese, dove ripresero a dedicarsi alla pirateria avvalendosi del preesistente porto fortificato fino a quando, nel 344 a.C., il prode Timoleonte di Corinto riuscì a sconfiggerli definitivamente.  

Per quanto riguarda la successiva storia della fortificazione dell'imponente scoglio di Scilla, si ha testimonianza di come essa coincida con la storia delle vicende che hanno caratterizzato il reggino all'indomani della tirannide siracusana.

In tarda età magnogreca lo scoglio scillese è una fortezza, conosciuta come Oppidum Scyllaeum, successivamente potenziata nelle sue strutture militari durante l'età romana, allorquando porto ed oppidum costituiscono un funzionale ed efficiente sistema di difesa per i nuovi dominatori del Mediterraneo.  

Alla fine del II secolo a.C., durante le guerre condotte dai Romani contro i Tarantini sostenuti da Pirro, e in particolare durante la prima e la seconda guerra punica, i Cartaginesi che avevano stretto alleanza con i Bruzi e circolavano liberamente lungo le coste reggine, furono fermati nella loro ascesa proprio grazie alla strenua resistenza opposta loro dalla fortificata città di Scilla, alleata di Roma.

L'importanza della Scilla latina cominciò a decadere all'indomani della conquista romana delle terre siciliane quando, dopo Reggio e Siracusa, Messina assurse al ruolo di nuovo caposaldo per il controllo dello Stretto.

Pur tuttavia Scilla, posta all'imbocco settentrionale del canale, continuò a costituire un'importante tappa d'approdo lungo la costa tirrenica continentale, tant'è che nel 73 a.C., durante la guerra condotta dai romani contro gli schiavi, la cittadina sembra essere stata prescelta da Spartaco, a capo dei ribelli, per accamparsi in attesa di poter attraversare lo Stretto.

La fuga in Sicilia, progettata dagli schiavi ribelli con il ricorso a zattere costruite col legno di castagno estratto dai boschi scillesi, non ebbe tuttavia alcun esito a causa della presenza lungo lo Stretto delle minacciose navi pompeiane.

Successivamente il tratto di mare antistante la cittadina fu teatro degli avvenimenti che segnarono l'ultimo scontro tra Pompeo e l'annata dei Triumviri, conclusosi nel 42 a.C. con la disfatta del primo.

In quel frangente il porto di Scilla offrì opportuno rifugio alle navi di Ottaviano pressate dalla flotta di Pompeo, allorquando il futuro Augusto, nel tentativo di rimandare lo scontro finale ad un momento a lui più propizio, colse l'importanza strategica di Scilla e, una volta liberatosi definitivamente dei rivali, decretò l'ulteriore fortificazione del suo porto.  

Dopo Ottaviano non sembra che la fortificazione scillese abbia conosciuto nuovi rimaneggiamenti, sebbene la cittadina continui a detenere l'importante ruolo di centro marittimo locale, come testimonia san Gerolamo quando, approdato nel 385 a Scilla durante il suo viaggio verso Gerusalemme, ci ha lasciato testimonianza nel III libro delle sue opere, circa la grande esperienza dei marinai scillesi, capaci di fornirgli consigli assai utili per il buon proseguimento della navigazione.

Lo stato di abbandono in cui sembra trovarsi la fortezza di Scilla in tarda età romana, presumibilmente, dipende dal localizzarsi la stessa al di fuori degli itinerari terrestri percorsi dai barbari, durante le loro invasioni nel sud della penisola.

Costoro, infatti, nel loro "calare" a sud, utilizzano i tracciati viari romani rimasti agibili in quell'epoca di decadenza. Scilla, che non era allacciata alla via Popilia, unica strada consolare esistente lungo la costa tirrenica, rimane dunque estranea ai fatti essenziali del tempo.

Difatti la Via Consolare Popilia, nel tratto più meridionale del suo percorso non bordeggiava la costa, bensì risaliva verso l'interno passando per Solano e, superate le Grotte di Tremusa, raggiungeva la statio ai Piani della Melia, dirigendosi poi verso Cannitello, «ad Fretum», senza ripiegare verso Scilla.

Ai primi monaci basiliani gli storici attribuiscono la fondazione del Monastero e della chiesa di San Pancrazio, tra l'VIII e il IX secolo d.C., fortificati per volontà della stessa Bisanzio, che aveva affidato ai Padri il compito di difesa delle coste dello Stretto.

Il terremoto del 1783 rappresenta uno spartiacque importante nella storia di Scilla per la particolare violenza con la quale si abbatté sulla cittadina e anche perché rappresentò la fine di uno sviluppo economico che Scilla ebbe lungo tutto il settecento. Il successivo terremoto del 1908 costò a Scilla ed anche a Messina migliaia di morti. Gli scillesi per sfuggire ai violenti movimenti tellurici dopo il crollo delle loro abitazioni si riversarono sulla spiaggia pensando di essere al sicuro ma un violento maremoto si abbatté sulla spiaggia travolgendoli e finendo così di decimare la popolazione. In tempi più recenti, parallelamente alla emigrazione verso il Nord Italia, tipica della zona, vi fu un certo fermento culturale.

Luoghi d'interesse

Il borgo di Scilla si trova all'ingresso settentrionale dello Stretto di Messina, in una posizione che Alexandre Dumas, in visita qui nell'autunno 1835, descrisse con queste parole: "Costruita su un'altura, discende come un lungo nastro sul versante orientale della montagna, poi girandosi a guisa di S viene a distendersi lungo il mare".

La rupe di cui parla il mito esiste davvero. E' occupata dal castello Ruffo (XVI secolo), sorto al posto di una vecchia roccaforte medievale in un punto in cui è probabile che ci fosse una fortificazione precedente, risalente addirittura all'epoca della Magna Grecia: un avanposto difensivo dell'antica Rhegion contro gli attacchi dei pirati provenienti dal Tirreno. 

Il promontorio divide i due vecchi borghi di pescatori di Marina Grande e Chianalea. Su una terrazza del castello, un piccolo faro gestito dalla Marina Militare guida i naviganti attraverso lo Stretto, riscattando Scilla dal terrore che incuteva nell'antichità e dalla sua fama sinistra di punto pericoloso per le secche e per le forti correnti, soprattutto durante le mareggiate.

Quartiere San Giorgio

Il centro storico di Scilla è denominato "San Giorgio", e si sviluppa intorno alla Piazza San Rocco, nella quale hanno sede, fra l'altro, la chiesa di San Rocco, patrono di Scilla, e il palazzo comunale. La Piazza San Rocco è costituita da un vasto terrazzamento costruito su un costone di roccia, e si affaccia a strapiombo sul panorama dello Stretto di Messina. Lo sguardo abbraccia Punta Pacì (che delimita l'estremità meridionale dell'area di Scilla), la Sicilia (in particolare Ganzirri e, nelle giornate terse, Capo Milazzo), in lontananza alcune delle Isole Eolie (Lipari, Panarea e Stromboli), e il Castello Ruffo.

Il centro storico comprende l'antico abitato di Bastìa, contraddistinto dalle basse casette affacciate sui caratteristici vicoli. Alcuni elementi architettonici dello stile locale originario restano visibili nelle costruzioni oggi esistenti, fra i quali il caratteristico arco ribassato e la tipica finestrella di forma circolare.  

Quartiere Jecari

Si tratta dell'espansione più recente del centro abitato, si è formata circa trent'anni fa ed è costituita prevalentemente da cooperative, inoltre vi si trova il Campo sportivo comunale. Il quartiere è separato dal centro storico da una piccola zona disabitata e dal cimitero. Zona un tempo ricca di vigneti, in tempi recenti vi sono stati costruiti molti condomini.  

Quartiere Chianalea (Borgo)

Il più antico borgo di Scilla è Chianalea e deriva il suo nome da “piano della galea”, ma è chiamato anche Acquagrande o Canalea, perché le piccole case che sorgono direttamente sugli scogli sono separate le une dalle altre da piccole viuzze, simili a canali, che scendono direttamente nel mare Tirreno.

Chianalea è il vecchio borgo di pescatori, non imbalsamato a scopo turistico ma che ancora vive dell’attività antica della pesca. Passeggiando tra le sue suggestive viuzze è facile incontrare pescatori che, sotto casa, costruiscono le reti per la pesca, apportano piccole riparazioni alle barche o si preparano a partire per affrontare una nuova giornata in mare.

Le onde del Tirreno penetrano sin quasi dentro le abitazioni che sono continuamente sottoposte alla forza d’urto delle acque; di notte il silenzio amplifica il suggestivo rumore dei “colpi” di mare che costituisce il sottofondo musicale della vita a Chianalea. Si dice che qui le case sono barche e le barche sono case. 

Un tempo questo era il quartier generale di una delle marinerie più attve del Mediterraneo, con imercanti scillesi che arrivavano fino a Venezia a bordo delle loro feluche.Sui fondali rocciosi davanti allac osta, tra i 50 e i 100 metri di profondità, è stata scoperta lapiù grande foresta del mondo di corallo nero, una delle specie di corallo più rare.

Sullo “Scaro Alaggio”, dove i pescatori ancorano le proprie barche per ripararle dalle onde, si impone per armonia architettonica il palazzo Scategna, con il suo doppio ordine di balconi in pietra squadrata disposti su tre piani. Vicino si trova villa Zagari, un edificio del 1933 in stile eclettico. Le antiche fontane, sparse qua e là, le piazze e le chiese, ognuna con la propria storia, gli scogli e le rocce che si frantumano nel mare, offrono un paesaggio naturale di grande bellezza, vigilato dall’austero castello dei Ruffo, sulla rocca che è la stessa del mostro omerico. Costruito a scopo militare, l’imponente edificio è stato riadattato ad uso residenziale dal conte Paolo Ruffo che nel 1532 subentrò nel feudo di Scilla ai precedenti signori. Dal castello si gode un meraviglioso panorama che comprende le isole Eolie e la costa siciliana.

Chianalea è inserito nella lista de I borghi più belli d'Italia ed è stato segnalato dalla CNN come uno dei 20 paesi più belli d'Italia.  

Quartiere Marina Grande

Il quartiere è anche noto come Scilla Marina, Marina di Scilla, Lido di Scilla, Spiaggia delle Sirene o, più semplicemente, Spiaggia di Scilla. Delimitata, a sud e a nord, da due imponenti costoni di roccia (probabilmente granito), costituisce come una sorta di insenatura.

Il più imponente dei citati costoni (noto come la Rocca) è situato a nord ed ospita in cima l'antica fortezza nota come Castello Ruffo. Ad est della grande roccia, collegata al Castello da una stradina e protesa verso il centro della città, sorge la chiesa arcipretale di Maria SS. Immacolata, titolare dell'omonima parrocchia arcipretale che comprende tutte e sette le chiese di Scilla e la chiesa della frazione Favazzina.  

Il castello Ruffo di Scilla, talvolta noto anche come castello Ruffo di Calabria, è un'antica fortificazione situata sul promontorio scillèo, proteso sullo stretto di Messina. Il castello costituisce il genius loci della cittadina di Scilla, circa 20 km a nord di Reggio Calabria, e sicuramente uno degli elementi più caratteristici e tipici del paesaggio dello Stretto e del circondario reggino. 

L'edificio presenta una pianta irregolare con parti databili a diverse epoche ma che nel complesso conservano tutt'oggi la configurazione abbastanza omogenea di una fortezza dotata di cortine, torrioni e feritoie.

L'ingresso è preceduto dal ponte che conduce all'edificio il cui ambiente principale è caratterizzato dal portale di pietra costruito con arco a sesto acuto, su cui campeggiano lo stemma nobiliare dei Ruffo e la lapide che celebra il restauro del castello eseguito nel XVI secolo.

Superato l'androne a volta ribassata si apre un cortile, e da qui, percorrendo il grande scalone, si giunge all'ingresso della residenza. Questa è dotata di ampi saloni, essendo stata di proprietà di una delle più ricche e importanti casate del regno di Napoli.  

Data la posizione dominante del castello sullo Stretto di Messina, nel 1913 venne costruito un faro per fornire un riferimento alle navi che attraversavano lo stretto. Il faro di Scilla, una piccola torre bianca con la base nera, è tuttora attivo ed è gestito dalla Marina Militare.

La prima fortificazione della rupe di Scilla risale all'inizio del V secolo a.C. quando, durante la tirannide di Anassila, città di Reggio assurse a una notevole importanza, tale da permetterle di ostacolare per oltre due secoli l'ascesa di potenze rivali. Infatti, nel 493 a.C., il tiranno di Reggio, Anassila il giovane, per porre fine alle incursioni dei pirati etruschi che lì avevano una sicura base per le loro scorrerie, dopo averli sconfitti col dispiego di un notevole esercito, fece iniziare l'opera di fortificazione dell'alta rocca. Questa divenne per Anassilao un importante avamposto di controllo sulle rotte marittime.

L'opera di fortificazione dell'alto scoglio fu portata a termine dai successivi tiranni reggini, spesso impegnati in scontri con i pirati combattuti avvalendosi del porto fortificato appositamente costruito nella zona circostante, verso Punta Pacì, in un luogo inaccessibile dal lato opposto allo scoglio.

Baluardo della sicurezza dei reggini, dotata di approdo, la fortificazione di Scilla è di fondamentale importanza agli effetti del felice esito della guerra contro la pirateria, consentendo ai tiranni di Reggio di opporre per lungo tempo una valida resistenza contro gli attacchi di nuovi nemici e contro i continui tentativi di rivalsa dei Tirreni sconfitti.

Il dominio reggino sul luogo fu interrotto per soli cinquant'anni da Dionisio, tiranno di Siracusa, che, nel 390 a.C., assoggettò la rocca dopo un lungo assedio. 

Nel cinquantennio che intercorse tra le distruzioni operate da Dionisio e il riacquisto dell'indipendenza favorita da Timoleonte di Corinto, che abbatté il potere tirannico di Siracusa (340 a.C.), i Tirreni rioccuparono la rocca. Tornata la normalità, Scilla rientrò nell'orbita di Reggio.

La rupe pian piano divenne una vera fortezza, tanto che nel III secolo a.C. la fortificazione dei reggini, alleati dei romani, resistette validamente ai Punici alleati dei Bruzi

Successivamente Ottaviano, una volta disfattosi del rivale Pompeo, avendo compreso l'importanza strategica della rupe di Scilla che gli aveva offerto opportuno rifugio, decretò che venisse maggiormente fortificata.

Alcuni scavi hanno portato alla luce strutture murarie del monastero basiliano di San Pancrazio, edificato verso la metà del IX secolo come difesa dalle incursioni saracene.

Nel 1060, con l'assedio di Reggio da parte dei normanni Ruggero e Roberto il Guiscardo, anche il castello di Scilla resistette a lungo e si arrese solo per fame. Roberto il Guiscardo quindi attestò sulla rocca un presidio militare.

Nel 1255, per ordine di ManfrediPietro Ruffo fortificò ulteriormente le rocca assegnandovi un presidio, mentre nel XIII secolo il castello fu ulteriormente fortificato da Carlo I d'Angiò.

Nel 1469 Re Ferdinando I di Napoli concesse il castello a Gutierre De Nava, un cavaliere castigliano vicino alla corte aragonese e originario della Germania (dal quale discendono i De Nava di Reggio), che fece eseguire nuovi interventi di ampliamento e di restauro.

Nel 1543 il castello venne acquistato da Paolo Ruffo che decise di restaurarne il palazzo baronale poiché nel 1578 la famiglia Ruffo ottenne il titolo di principe.

Il forte terremoto del 1783, che danneggiò tutta l'area dello stretto e parte della Calabria meridionale, non risparmiò il castello di Scilla che però, divenuto proprietà demaniale dello Stato nel 1808, fu restaurato nel 1810.

Il terribile sisma del 1908 distrusse gran parte dell'antica struttura del castello, mentre nel 1913 la parte più superiore venne chiusa per ospitare il faro. Poi durante il periodo fascista alcuni ambienti vennero divisi in appartamenti destinati a impiegati e funzionari pubblici, uso che contribuì al danneggiamento di ciò che rimaneva della struttura.

Nell'ultimo trentennio il castello è stato utilizzato come ostello della gioventù, ma oggi, dopo un nuovo restauro, è stato destinato a diventare un centro culturale: ospita infatti il Centro regionale per il recupero dei centri storici calabresi ed è sede di mostre e convegni.

Sull'altro complesso roccioso, porta della città per chi proviene da Reggio o dalla limitrofa Villa San Giovanni utilizzando la SS18, è posto un terrazzino, noto come Belvedere Morselli, che offre una magnifica panoramica sullo Stretto e sulla città. Il belvedere ospita un monumento allo scrittore Ercole Luigi Morselli, innamorato delle suggestioni mitologiche di Marina Grande di Scilla, cantate da Omero circa duemila e settecento anni fa.

Lo spazio fra le due rocce, circa un chilometro, è occupato dal lungomare Cristoforo Colombo e dalla spiaggia che, costituita da ghiaietta molto fine, è stata probabilmente ampliata dallo scarico dei materiali risultanti dalla costruzione del tratto dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria.

All'estremo settentrionale del lungomare, proprio ai piedi della grande roccia, è posta la chiesa dello Spirito Santo, in stile tardobarocco, risalente al 1752. Scampata ai terremoti del 1783 e del 1908, nonché a numerose mareggiate, come quella del capodanno 1979-'80, fra le più violente degli ultimi decenni, la chiesa ospita anche un antico quadro (olio su tavola) ed una statua di San Francesco da Paola, venerato come patrono del quartiere.

Dalla primavera del 2007 la chiesa, sotto l'egida del Ministero per i beni e le attività culturali per il suo valore storico-architettonico di rilevanza nazionale, è stata interessata per oltre un anno da lavori di restauro, supervisionati dalla competente Sovrintendenza, che ne hanno riguardato la parte esterna.

Tradizioni religiose

La spiaggia di Marina Grande è il sito dei giochi pirotecnici conclusivi della festa di san Rocco, patrono della città di Scilla, per i quali affluiscono in città numerosi visitatori e appassionati da varie parti della Calabria e della Sicilia orientale.

Le nuove autorità parrocchiali decretavano, nel 2004, una riduzione del tenore delle celebrazioni in onore di san Francesco da Paola e, dal 2005, la loro soppressione, interrompendo una tradizione plurisecolare. Tale tradizione, dopo un successivo cambio al vertice della parrocchia arcipretale, veniva simbolicamente riattivata allorquando, il 2 aprile 2009, con la dedicazione al santo della via che unisce la chiesa dello Spirito Santo al porto, avevano luogo anche celebrazioni religiose.

La pesca del pesce spada

Il pesce spada è una specie migratoria. Gli esemplari non si spostano in branchi ma in coppie, il maschio sempre affiancato dalla femmina, e se uno viene catturato l'altro lo segue.

Nel tratto di mare calabrese compreso nello Stretto di Messina, la pesca tradizionale al pesce spada si effettua tra l'inizio di giugno e la fine di luglio con speciali imbarcazioni dotate di lunghe passerelle per l'arpionaggio e di alti tralicci su cui si arrampicano gli avvistatori.

Un tempo gli avvistatori potevano prendere posto anche lungo la costa, su qualche roccia o scoglio elevato, e da lì comunicavano la posizione del pesce agli equipaggi dello loro barche. Chi avvistava per primo un pesce spada, aveva poi il diritto di fiocinarlo.

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