Stilo - Echi d'oriente fra le serre (Borgo)
(Reggio Calabria)

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Stilo si trova ai piedi del Monte Consolino. Nelle vicinanze di Ferdinandea si estende il bosco di Stilo, un esempio tipico di bosco delle Serre calabresi, con abeti bianchi e faggi e con un ricco sottobosco con forte presenza di eriche e agrifogli. Come fauna sono presenti il gatto selvatico, la martora e numerose specie di picchi. Il territorio si estende, con un sottile lembo, fino al mare in località Caldarella.

Secondo il Barrio e il Marafioti, Stilo prende il nome dalla fiumara Stilaro e non viceversa, come pensa l'Aceti, il quale ritiene che la città abbia ricevuto tale nome in virtù della conformazione a colonna, in greco Stylon, del promontorio di Cocinto (attuale Punta Stilo), dove si trovava una volta il primo insediamento. Altri pensano si chiami Stylon, appunto "colonna", per la forma del Monte Consolino, sua attuale ubicazione.

Le origini di Stilo sono legate alla distruzione durante il periodo greco, da parte di Dionisio I di Siracusa, della città di Kaulon. Secondo Apollinare Agresta ("Vita di San Giovanni Therestis", 1677), fu edificata in ben tre luoghi diversi: la prima volta nel promontorio di Cocinto, attuale Punta Stilo (da indagini subacquee effettuate negli anni '80 sarebbe stata individuata l'area in cui sorgeva il Coynthum Promontorium, citato nelle fonti greche), nel Medioevo, sempre in quest'area, sulla destra della fiumara Assi, e infine sul Monte Consolino.

In principio fu una città fortificata, un oppidum magnogreco di nome Consilinum, o in greco Kosilinon (da "kosi", "villaggio", e "silinon", "della luna").

Stilo nel periodo del basso impero romano era considerata la Kaulonia italiota e successivamente cambiò il nome in Stilida.

Il nome Stilida deriva dalla fiumara Stilaro, dalla forma del promontorio allungato e dalla colonna del tempio di Giove Omorio. Considerata nell'Itinerarium Antonini una stazione itinerante distante 400 stadi (unità di misura di distanza greca) da Locri.

Nella regione dei Salti (in latino saltus), separata dalle località Malafrana a est, Maddaloni, Troiano e Napi a sud e da località Maleni e dallo Stilaro a nord, è stato ritrovato l’unico complesso residenziale romano in villa, denominato villa di località Maddaloni, dell'area, a cui è stato attribuito uno sviluppo in senso monumentale nel corso del III secolo, e almeno altri 4 siti tardo-antichi a corona.

Una battaglia navale avvenne tra le navi aghlabidi e le navi bizantine comandate da Nasar, nell'880, al largo di Punta Stilo. Questa località allora era chiamata "Le colonne", in greco Steilai.

Stilida divenne parte dell'Impero bizantino nel VI secolo. Stilida era situata nei pressi di Punta Stilo alla destra della fiumara Assi. Il 15 luglio del 982 subì danni a causa di una battaglia tra Ottone II e gli arabo-bizantini, vinta da questi ultimi.

Nel 995 sarebbe stata rapita nel casale (chorion bizantino) di Cursano, sito in località Botterio Signore, la madre di Giovanni Theristis, incinta dello stesso, tradotta poi a Palermo. 14 anni dopo Giovanni sarebbe tornato a Stilo e da allora si sarebbero tramandate leggende e credenze popolari sul suo conto.

Nel corso del Medioevo gli abitanti della costa si trasferirono sempre di più verso l'interno, creando i nuclei medievali degli attuali paesi della vallata dello Stilaro; così gli abitanti di Stilida si spostarono sul Monte Consolino e solo in un terzo momento dove si trova oggi Stilo. Nel IX secolo venne costruita la Cattolica di Stilo.

Tra il 1065 e il 1071 Stilo resistette all'invasione normanna. Ai tempi era definita oppidum, cioè città fortificata con cinte murarie. Vi erano cinque porte d'accesso: Porta Stefanina, Porta Terra, Porta Reale, Porta Scanza li Gutti e Porta Cacari.

Tra il X e l'XI secolo nacquero e si espandettero i monasteri di diritto metropolitico di Santa Maria (Theotókos) d'Arsafia, documentato come il più antico sul territorio (all'inizio della seconda metà del X secolo, durante la reggenza del metropolita di Reggio Teofilatto), di San Leonte (oltre la metà dell'XI secolo), di San Pietro dei Salti e di San Nicola di Soumpesa.

Nei pressi del territorio di Arsafia sono stati anche individuati quattro siti in cui erano presenti tre famiglie: Ardabastonai, Mantes, Koubouklesioi. Sempre nel X secolo, in località Salti, alcuni documenti bizantini e poi normanni attestano la presenza di possedimenti delle famiglie Gaidarokrites, Kasiris, Phylores, Phouphounkouloi e Oursoleon, di monasteri e oratori, come quelli di Santa Maria del Primicerio e di San Pietro dei Salti ed il chorion (villaggio bizantino) di Trogion. Nelle località Marone e Muturavolo erano i possedimenti delle famiglie Karbounes, Parillas, Maronites e Philommates, risalenti alla seconda metà del X secolo e alla prima metà dell'XI secolo. Nei pressi si trovava il chorion di Rousiton.

Nel periodo normanno Stilo divenne possesso del Regio Demanio, a differenza di altre città, come Crotone, Catanzaro e Gerace, proprietà di signori feudali. Conservò questo privilegio fino al XIV secolo, quando Carlo V di Spagna gli revocò i privilegi.

Fino al 1094, anno in cui Ruggero II concesse alcune terre demaniali ad istituti religiosi, Stilo comprendeva vari casali.

Nel 1260, sotto Carlo I d'Angiò, la città di Stilo risulta demaniale: il suo castello era munito di reale presidio contando per una delle principali fortezze della provincia.

I giacimenti di Stilo, conosciuti fin dai secoli a.C., nel 1094 risultano possedimenti dei Certosini di Serra San Bruno in seguito a donazione del conte Ruggero il Normanno. Qui nacque la ferriera, che utilizzava anche il ferro estratto dal sottosuolo di Pazzano attorno al monte Stella, appartenuta agli Aragonesi e ceduta nel 1524, assieme alle limitrofe ferriere di Spadola e di Fabrizia, da Carlo V a Cesare Fieramosca, fratello del famoso Ettore. Durante tutto il 1600 gli impianti di Stilo producevano in gran quantità. Nella ferriera stilese si lavoravano manufatti ferrosi per uso civile e militare, come "i tubi dell'acquedotto di Caserta, in base ai modelli ed ai disegni preparati dal Vanvitelli", come scrive G. Rubino. Questi, derivata dall'inventario del 1761, tracciò una descrizione della consistenza delle cosiddette "Ferriere Vecchie" di Stilo, per distinguerle dalle nuove, ubicate presso il vicino corso d'acqua Assi. "Esse comprendevano, oltre ad una piccola cappella ed alla residenza per l'amministratore ed i militari di guarnigione, due fonderie, otto ferriere ed una sega idraulica...".

Nel 1540 Carlo V d'Asburgo vendette le terre demaniali di molti paesi, tra cui Stilo, poiché gli serviva denaro per difendere i territori italiani dalle invasioni turche. Stilo finì nelle mani del marchese Concublet di Arena.

Il 5 settembre 1568 nacque a Stilo il filosofo Tommaso Campanella. Nel 1575 il re di Spagna Filippo II restituì il Demanio e la contea a Stilo. Sotto Filippo III, nel 1599 avvenne una ribellione, capeggiata da Campanella e soffocata dal governo spagnolo.

Nel 1658, sotto il regno di Filippo IV, furono riconcessi i privilegi di Regio Demanio, come si evince dalla Copia del Real Decreto Della Maestà del Rè Nostro Signore Filippo Quarto in confirmatione dell'antichisimo Demanio e Reali Privilegii della Regia Città di Stilo nel Regno di Napoli. La gestione del Regio Demanio era rappresentata da varie figure, tra cui la più importante era il sindaco, coadiuvato dagli assessori, che restava in carica un anno. La giustizia si componeva invece del giudice, amministratore della giustizia ordinaria insieme all'avvocato e all'auditore, del "baglivo", magistrato, del "mastrodatti", cancelliere che redigeva gli atti dei processi, e del "baiulo", magistrato che rappresentava il potere del sovrano. Il "capitano" era invece la persona incaricata di gestire la giustizia criminale, insieme a una corte e un notaio. Il "mastrogiurato" eseguiva gli ordini del capitano.

Verso il 1770 il sito siderurgico di Stilo venne abbandonato e ne venne edificato un altro a Mongiana, ben più grande, ricco e più vicino agli sbocchi commerciali e comunicativi, come Serra San Bruno e Pizzo.

Nel 1783 la Calabria venne colpita da un terremoto che danneggiò anche il borgo di Stilo.

Nel 1806, quando i francesi si impossessarono del Regno di Napoli, Stilo venne saccheggiata dalle loro truppe. Stilo, con il decreto n. 922 per la nuova circoscrizione delle quattordici province del regno di Napoli, cessò di essere Regio Demanio e i suoi casali vennero resi comuni autonomi. Venne istituito il Circondario di Stilo, di cui facevano parte i comuni di Bivongi, Stignano, Pazzano, Riace, Monasterace, Camini, Guardavalle e Placanica. Il circondario faceva parte del Distretto di Gerace della Provincia di Calabria Ultra.

Nel settembre 2012 il Diving Center Punta Stilo ha scoperto in località Boario del "Gran Bosco di Stilo" dei massi molto simili alle pietre neolitiche di Nardodipace, con incisi segni e forme geometriche.

Luoghi d'interesse

Per molti la Calabria significa solo mare. E troppo spesso ci si dimentica che il volto più "puro" della regione si cela piuttosto nell'entroterra, gelosamente protetto da boschi lussureggianti, montagne e anfratti rocciosi. Un'anima verde raggiungibile con strade tortuose che lentamente conducono alla scoperta di una terra ricca di contrasti, dove convivono, quasi ignorandosi, straordinari capolavori artistici e brutture architettoniche altrettanto straordinarie. Luoghi dove le pietre narrano storie di culture diverse e dove la natura inebria con i suoi profumi intensi e i suoi colori. Così è per la valle dello Stilaro, nel cuore dell'Alta Locride, su cui domina, a 386 metri di altitudine, il borgo bizantino di Stilo, uno dei meglio conservati della provincia di Reggio Calabria.

Lasciati alle spalle gli azzurri intensi della costa dei Gelsomini, sullo Ionio, Stilo si raggiunge percorrendo la strada statale 110 fra ulivi, vigneti, piantagioni di agrumi, alternati a mulini, frantoi, torri di avvistamento e masserie fortificate sorte contro le incursioni saracene. La Storia ha incastonato il borgo in posizione strategica sulle pendici rocciose del monte Consolino, massiccio calcareo dalle morbide forme. Qui, tra il VII e l'VIII secolo si sono insediate le popolazioni costiere gravitanti attorno a ciò che sopravviveva dell'antica colonia magnogreca di Kaulon (i cui resti sono visibili nell'area archeologica del comune di Monasterace, a pochi passi dal mare), ridotta a piccolo e malsicuro villaggio già in epoca romana. Si trattava di agricoltori e artigiani cui seguirono presto gruppi di monaci Basiliani, profughi dall'Oriente e dalla Sicilia conquistata dagli Arabi, che nelle grotte calcaree del monte trovarono la sede ideale per le loro comunità eremitiche.

È proprio grazie a questo intenso popolamento che Stilo è cresciuta, divenendo nel X secolo il principale centro bizantino della Calabria meridionale e assumendo le sembianze di città fortificata, teatro di importanti battaglie come quella che il 13 luglio del 982 vide la vittoria delle truppe arabo-bizantine, momentaneamente alleate, su quelle dell'imperatore Ottone II di Sassonia. Delle antiche mura e dei torrioni restano la memoria e qualche rovina. Dei cinque ingressi alla città sopravvive solo porta Stefanina, rimaneggiata nel '600, che fiancheggia la chiesa di San Domenico. Era chiamata così perché confinava con il territorio del Convento di Santo Stefano del Bosco

Ciò che ha superato i secoli è invece l'impianto urbanistico del borgo, disteso ad arco su una balza a mezza costa del monte, quasi un anfiteatro affacciato sulla valle, e animato dall'intricato saliscendi di vicoletti lastricati, dove lo schietto sole di Calabria si fa largo a fatica per illuminare un muro consunto dai secoli, un balcone fiorito, una gentile ringhiera in ferro battuto. Le piccole vie si inerpicano fino alla roccia del monte, sulla cui sommità, a 700 metri di altitudine, ancora resistono i resti del Castello normanno dell'XI secolo, costruito su un preesistente fortilizio bizantino. Di forma rettangolare e cinto da opere di difesa, ne rimangono i ruderi delle mura perimetrali, delle torri e delle porte. Fu distrutto dai Francesi durante la guerra con Carlo V nel XVI secolo. Lo si raggiunge in poco più di un'ora a piedi, seguendo un ripido sentiero che costeggia le pendici della montagna e che regala spettacolari panorami "a picco" su Stilo e sul vicino borgo di Bivongi, incorniciati dallo Ionio e dalle Serre Calabre. Da questo punto, nelle giornate di sereno la vista spazia fino a Isola di Capo Rizzuto, al limite opposto del golfo di Squillace.

Il duomo di Stilo, o chiesa matrice, è un edificio religioso di stile tardo-barocco del XVI secolo. La costruzione come duomo avvenne tra il XII e il XIV secolo.

Duomo.jpg (436393 byte)Viene menzionata per la prima volta nel 1094 come ecclesia episcopi, dal latino "chiesa episcopale", e quindi forse potrebbe essere stata un'antica sede vescovile. Grazie ai recenti scavi archeologici del 2000 e allo studio degli elementi architettonici della struttura, si pensa che sia stata edificata sopra una piccola chiesa bizantina, a sua volta edificata su una chiesa paleo-cristiana.

Il portale ogivale in pietra calcarea di stile-romanico-gotico è del XII secolo. Alla destra del portale c'è una scultura in pietra di due uccelli stilizzati che si pensa siano o di fattura normanna o di fattura bizantina, mentre alla sinistra sono attaccati alla parete due piedi in marmo provenienti da una statua romana.

L'interno, in stile barocco, conserva la Madonna di Ognissanti (1618-1619), capolavoro di Battistello Caracciolo.

L'Abbazia di San Giovanni Therestis fu edificata dai Paolotti nel XV secolo. Dal 1662 fu dato ai monaci bizantini e in seguito ai padri redentoristi.

L'ingresso è caratterizzato da un portone in granito grigio e rosa; al di sopra vi è un balcone con inciso il nome del priore che lo fece costruire. Ha una cupola impostata su 4 pilastri con 2 archi a tutto sesto e 2 archi a sesto acuto. 

All'interno c'è un dipinto del XII secolo del periodo svevo, raffigurante Madonna in trono con la mano destra sulla spalla del bambino, che benedice. 

Qui nel 1600 furono portate le reliquie di san Giovanni Therestis da un vecchio convento, con il consenso del papa Alessandro VIII tramite la lettera Ad futuram Dei memoriam.

La Chiesa di San Domenico fa parte di un convento domenicano, di cui sono rimasti solo i ruderi ed edificata su una chiesa bizantina dedicata a sant'Agata. Qui le famiglie nobili stilesi avevano della cappelle dove seppellivano i loro defunti.

Il Campanella vi scrisse la tragedia Maria Regina di Scozia, il trattato teologico De preadestinatione et gratia contra Molinam pro Thomistis, Articuli prophaetales e l'opera La Monarchia di Spagna. 

Nel 1787 dopo essere stata ricostruita fu scelta come sede della parrocchia di Santa Marina e Lucia

Nel 1927 fu chiusa al culto per il crollo della volta, fu in parte ricostruita ma finì di essere restaurata nel 1998 grazie al comune e ai fondi della Regione Calabria.

Più in basso, ai bordi dell'abitato, la forte spiritualità di questa terra trova la sua massima espressione architettonica nelle delicate proporzioni della Cattolica. La piccola costruzione, accovacciata su un costone del Consolino, era la chiesa principale cui facevano riferimento le laure (grotte) eremitiche sparse nei dintorni: i monaci bizantini vi confluivano dalle loro cellette per assistere alle celebrazioni liturgiche. 

Fondata nel IX secolo, è un capolavoro dell'architettura sacra bizantina preservatosi grazie alla particolare collocazione, tra la roccia e il dirupo, che ha ostacolato qualsiasi successivo intervento, difendendola dalla sorte di altri edifici con pianta a croce greca che i Normanni hanno trasformato in chiese a croce latina. Di grande semplicità e armonia l'esterno, realizzato in laterizio, sormontato da cinque cupolette. All'interno, resi ancora più suggestivi dalla luce tenue che penetra dalle piccole aperture, resti di cicli di affreschi, in parte sovrapposti, rappresentano uno straordinario excursus sulla storia dell'arte locale tra il X e il XV secolo.

La Cattolica era la chiesa madre tra le cinque parrocchie del paese, retta da un vicario perpetuo, che aveva diritto di sepoltura al suo interno. ne sono testimonianza i resti umani rinvenuti in un sepolcro marmoreo con un anello di valore.

La denominazione di Cattolica stava ad indicarne la categoria delle "chiese privilegiate" di primo grado, infatti con la nomenclatura impiegata sotto il dominio bizantino nelle province dell'Italia meridionale (soggette al rito greco), la definizione di katholikì spettava solo alle chiese munite di battistero. Cosa che è rimasta fino ad oggi in certe località legate per tradizione a questo titolo, come ad esempio la chiesa "Cattolica dei Greci" di Reggio Calabria che fu la prima della città. In effetti l'architettura, la ricchezza degli affreschi e la copertura in piombo delle cupole dimostrano che non si tratta di un tempietto di minore importanza. La Cattolica di Stilo, costituisce un'architettura puramente e tipicamente bizantina, come si può vedere dalla pianta e dalla costruzione, unico esempio del genere con la sua gemella di San Marco in Rossano ad ovest dell'Adriatico.

La Cattolica si rifà al modello della croce greca inscritta, tipico del periodo medio-bizantino, durante il quale la profonda evoluzione nell'architettura religiosa fu connotata dall'elaborazione di sistemi particolarmente raffinati ed originali. All'interno la chiesa è divisa in nove spazi uguali da quattro colonne, lo spazio quadrato centrale e quelli angolari sono coperti da cupole su dei cilindri di diametro uguale, la cupola mediana è leggermente più alta ed ha un diametro maggiore.

Sulla parte di ponente la costruzione si adagia per lo più sulla roccia nuda, mentre la parte di levante, che termina con tre absidi, poggia il suo peso su tre basi di pietra e di materiale laterizio.

L'aspetto generale dell'edificio è di forma cubica, realizzato con un particolare intreccio di grossi mattoni uniti tra loro dalla malta. L'uso del materiale laterizio (più costoso ma più semplice da utilizzare) e la tecnica usata dai costruttori, non trovarono però concorde Paolo Orsi, sovrintendente al Museo Nazionale di Reggio Calabria, che data i mattoni come "cortine di laterizi della buona età imperiale", in contrapposizione ad altri studiosi che pensavano fossero usati per "disciogliere la plasticità della parete nell’accentuazione della grana e del colore del materiale".

La Cattolica esternamente è quasi priva di decorazioni, a parte le cupolette che ne sono ricche, rivestite di mattonelle quadrate di cotto disposte a losanga, e di due cornici di mattoni disposti a dente di sega lungo l'andamento delle finestre.

La particolare collocazione delle fonti di luce all'interno della Cattolica, mette in risalto lo spazio e conferisce maggiore slancio. Questa dilatazione dello spazio serviva a mettere in risalto gli affreschi di cui i muri della chiesa erano interamente ricoperti in origine, decorazioni pittoriche dunque a cui era affidato il compito di decontestualizzare la superficie muraria.

Il piccolo ambiente della chiesa è munito di tre absidi sul versante orientale: quella centrale (il bema) conteneva l'altare vero e proprio, quella a nord (il prothesis) accoglieva il rito preparatorio del pane e del vino, mentre quella a sud (il diakonikon) custodiva gli arredi sacri e serviva per la vestizione dei sacerdoti prima della liturgia.

In particolare sopra l'abside di sinistra è posta una campana (di manifattura locale) del 1577, risalente all'epoca in cui la chiesa fu convertita al rito latino, che raffigura a rilievo una Madonna con Bambino.

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Un pezzo di colonna antica nell'abside prothesis, fu adibito a mensa per la conservazione dell'eucarestia, mentre le quattro colonne che sostengono le cupolette, poggiano su basi differenti, recuperate da epoca molto più antica (es. una base ionica capovolta innestata sopra un capitello corinzio rovesciato, o ancora un capitello ionico capovolto).

Infatti non è da escludere un eventuale uso della Cattolica come oratorio musulmano, come d'altro canto non è da escludere che le colonne possano essere state portate sul posto già incise; comunque gli Arabi, il cui scopo generalmente non era la conquista della regione ma il suo saccheggio, inspiegabilmente non distrussero la piccola chiesa bizantina, ma decisero di innalzarla a propria sede di culto e di preghiera, forse perché attratti dalla sua bellezza, e dal suo particolare posizionamento.

La Cattolica nel dettaglio - Con la sua inconfondibile sagoma, la Cattolica di Stilo è uno dei simboli della Calabria Ionica e figura tra i più significativi esempi di architettura bizantina in Italia.

Edificata con pianta quadrata nel IX secolo, ha la forma di un cubo sormontato da cinque cupolette cilindriche. Quattro, rappresentanti gli evangelisti, sono poste sugli angoli, mentre la quinta, al centro, simboleggia Cristo. 

Le cupole scaricano il loro peso attraverso volte a botte che poggiano su quattro colonnine di marmo e granito provenienti dall'antica città di Kaulon. La prima colonna a sinistra rispetto all'ingresso ha come basamento un capitello corinzio rovesciato, metafora della vittoria della religione sul paganesimo, mentre su quella a destra è incisa una croce gemmata con l'iscrizione "Dio il Signore è apparso a noi". 

I frammenti di affreschi dell'interno, in parte sovrapposti, raffigurano alcuni santi, il Sonno della Vergine XIll-XlV secolo), l'Annunciazione (XI secolo), la Presentazione di Gesù al tempio (XII secolo) e il Cristo benedicente (XII secolo).

Il ruolo mantenuto nei secoli da Stilo come centro religioso è testimoniato dalle ben 18 chiese che erano presenti sul suo territorio, molte delle quali andate perdute dopo il devastante terremoto del 1783. Oggi fra le più interessanti rimangono il duomo del '200, in seguito rimaneggiato, una delle più antiche sedi vescovili della Calabria, di cui si può ammirare il bel portale gotico e, incastonati nella facciata, la base di una statua romana accanto ad alcuni bassorilievi di epoca bizantino-normanna.

Nella zona nord della cittadina svetta la cupola ogivale della chiesa di San Domenico, eretta nel '400 e in parte ricostruita dopo il crollo del tetto nel 1927. Faceva parte del complesso conventuale dei Domenicani, di cui ora restano solo ruderi, dove sullo scorcio del '500 si formò uno degli uomini illustri di queste contrade, il teologo Tommaso Campanella. Lo skyline di Stilo è anche segnato dai due campanili che racchiudono la facciata settecentesca della chiesa di San Giovanni Therestis. All'interno, le reliquie del santo a cui è dedicata e quelle dei Santi Nicola e Ambrogio.

A chiudere l'itinerario tra i luoghi sacri, la chiesa di San Francesco con la sua facciata barocca e, all'ingresso del paese, la chiesetta di San Nicola da Tolentino (del XV secolo) con la caratteristica cupola a forma di trullo svettante sul piccolo edificio che versa in condizioni precarie. Da qui, rivolgendo lo sguardo alla valle dello Stilaro, si percepisce per intero il carattere di questo scorcio di Calabria appollaiato, come sosteneva uno scrittore francese dell'800, "all'altezza dei nidi delle aquile".

Fonte:
Bell'Italia (Vincenzo Petraglia)