Capo Vaticano, lo scoglio più spettacolare di tutta la Calabria
(Vibo Valentia)

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Questa è una terra abitata da sempre, fin dai tempi dei Bretti, dei Greci e dei Romani; numerosi sono infatti i resti, le testimonianze ed i ritrovamenti archeologici. Molti reperti infatti si trovano nei musei di Vibo Valentia, di Nicotera e di Reggio Calabria.

Anticamente il "Capo" era un promontorio sacro conosciuto in tutta la Magna Grecia, poiché qui sacerdoti ed indovini scrutavano il futuro. Qui era il mitico porto Ercole, probabilmente situato nella vallata del torrente Ruffa. A monte della foce esistono, infatti, resti interrati di grosse mura, forse fondamenta di magazzini per merci da trasportare via mare.

Il mare si spingeva certamente all'interno della valle come un fiordo, fornendo così un riparo naturale alle imbarcazioni. Col tempo le piene del torrente avranno riempito di materiale alluvionale e di detriti tutta la vallata spingendo il mare lontano. Jean Bérard nella sua documentata storia delle colonie greche "La Magna Grecia" parlando del viaggio di Ercole nell'Italia meridionale afferma che un oscuro porto tra Hipponion e Medma portava il suo nome. 

I numerosi avanzi archeologici venuti alla luce nelle varie campagne di scavi parlano della preistoria, di Fenici, Cartaginesi e Greci che mercanteggiavano i loro prodotti con le popolazioni locali sulle spiagge di Santa Maria, Torre Ruffa e Grotticelle, di Romani, di Bizantini e Normanni, di Saraceni che batterono la costa razziando e bruciando quello che non portavano via, di Angioini e di Aragonesi ed infine di Francesi.  

Nel secolo XVI Don Pedro di Toledo, viceré di Napoli, fece erigere nel territorio del Regno le torri di avvistamento lungo le coste, in tutto 366. Alla custodia delle torri erano addetti i Torrieri che avevano il compito di segnalare con fuochi e spari agli abitanti del posto e alla torre successiva che dal mare stavano giungendo i pirati e bisognava impedirne l'approdo con le armi. 

Alla custodia delle torri erano addetti anche i Cavallari che percorrevano le spiagge con il compito di avvistare le navi dei corsari e subito avvertire i Torrieri. Ne sono rimaste solo tre, nel territorio di Ricadi: Torre Marrana, Torre Ruffa e Torre Balì. Originariamente erano cinque: Torre Marrana, Torre S. Maria, Torre Marino, Torre Ruffa e Torre Balì in S. Domenica di Ricadi dove abitava il comandante di tutte le torri vicine e dove vi era al bisogno l'occorrente per organizzare la difesa e dare l’allarme con lingue di fuoco di notte e con una colonna di fumo di giorno. Alcune di queste torri hanno forma cilindrica, altre tronco-conica e sono situate a circa tre chilometri di distanza l'una dall'altra.  

Il nome di Capo Vaticano secondo alcuni studiosi è da attribuirsi a Scipione l'Africano, per altri risale al nome del monte di Roma e altri ancora credono sia una derivazione del nome Vaticinium (oracolo-responso). Certo è che Capo Vaticano era un centro importante anche in passato, era un promontorio sacro, conosciuto in tutta la Magna Grecia, qui sacerdoti ed indovini scrutavano il futuro.

Capo Vaticano è uno dei promontori più ampi e accentuati dell'intero litorale italiano, un tozzo sperone che culmina nell'estrema lingua rocciosa di Capo Vaticano, ribattezzato "costa degli Dei" per l'estrema bellezza dei suoi paesaggi. Chilometri di mare blu intenso e scogliere aguzze che si gettano a picco nella costa tirrenica calabrese, formando piscine naturali dalle abbaglianti sfumature turchesi. E poi calette con strisce di fine sabbia bianca, accessibili solo via mare o attraverso ripidi sentieri. 

A occidente si stagliano le sagome delle isole Eolie, col vulcano di Stromboli in primo piano, mentre a sud-ovest, oltre lo stretto di Messina, quando il cielo è terso compare l'imponente silhouette dell'Etna. 

Intorno domina il verde intenso della folta vegetazione mediterranea, che a giugno si mostra nel pieno della fioritura, con fiori multicolori e profumi inebrianti: ginestre, orchidee, iris, bouganville, ibiscus, oleandri, euforbie, cespugli di cisto, di erica e di mirto. E poi fichi d'India, rarissime palme nane, piante di giunco, querce da sughero e campi coltivati a ulivi, aranci e vigne. Un paradiso botanico benedetto da un clima eccezionale che consente, nei profondi valloni che incidono l'entroterra, la crescita di grandi felci preistoriche.

Tanta ricchezza è nascosta in un angolo di Calabria profonda, in provincia di Vibo Valentia. La grande penisola rocciosa che sostiene le scogliere di Capo Vaticano va da Pizzo fino a Nicotera e fa da spartiacque tra il golfo di Sant'Eufemia, a nord, e quello di Gioia Tauro a sud. Qui si affacciano alcune fra le località balneari più rinomate della regione, che pur attraendo il 40 per cento del turismo calabrese conservano ancora angoli di natura aspra e selvaggia, grazie a una cementificazione più controllata che altrove. Su tutte primeggia Tropea, la "perla del Tirreno", col suo suggestivo borgo appeso a un costone di tufo, brulicante soprattutto d'estate di localini e ristoranti all'aperto.

Ma il vero gioiello della costa è proprio Capo Vaticano, nel comune di Ricadi, punta estrema del promontorio, ultimo tratto in superficie di Appennino calabrese che improvvisamente precipita nel Tirreno, frantumandosi in mille anfratti. Un abbraccio fra terra e mare che genera spettacoli naturalistici unici come lo scoglio Mantineo, proprio di fronte al capo. Narra la leggenda che qui visse Manto, profetessa a cui si rivolgevano i navigatori prima di affrontare lo stretto di Messina, insidiato dai mostruosi Scilla e Cariddi, personificazione dei vortici e delle correnti del mare. E Capo Vaticano, dal latino vaticinium - che significa oracolo, responso - deve il nome proprio alla mitica presenza della sibilla.

Superba la vista dall'alto che si gode dal belvedere nord, ultimo lembo del capo, 100 metri a picco sopra un pugno di spiaggette raggiungibili solo in barca. Le minuscole e bianchissime cale di Praja 'l Focu, Ficara e Salamite rubano la scena, incorniciate da superbi faraglioni.

Vista dal mare la costa offre scorci emozionanti. I profondi fondali sabbiosi regalano all'acqua tonalità caraibiche che contrastano con il grigio chiaro del litorale, prima di arenaria e tufo e poi, nel tratto che dal capo scende verso Joppolo, di granito. Bizzarre scogliere si susseguono a strapiombo: alcune ricordano poderose guglie di roccia che emergono dal mare. Ecco il maestoso scoglio del Palombaro, in prossimità della scogliera 'A Pizzuta di Parghelia, la roccia del Vadaro, gli scogli della Galera e di Formicoli. Solo in barca è possibile esplorare insenature e gole a volte strettissime che nascondono suggestive cavità, come la grotta dello Scheletro, fra Tropea e Santa Domenica di Ricadi. I raggi di sole che penetrano nell'anfratto, per metà sommerso dall'acqua, rendono la pelle di chi vi fa il bagno biancastra come quella di un cadavere: da qui il nome.

Mare e fondali sono il paradiso dei subacquei, con alcune immersioni indimenticabili. Nella baia di Grotticelle, proprio ai piedi della punta estrema del capo, si trova la secca del Monaco, una grande spaccatura che si inabissa rapidamente fino a 80 metri di profondità, sferzata da forti correnti.

Più a nord, nei dintorni dello scoglio di Riaci, a una trentina di metri, sotto il mare giace il relitto del vaporetto U'Vapori, affondato durante la Seconda guerra mondiale. Fra le sue lamiere si nasconde talvolta il pesce balestra, o "pesce porco", comune nei mari tropicali ma piuttosto raro nel Mediterraneo. Molto comuni e pescati in abbondanza sono invece il pesce azzurro, il pesce bandiera, il pesce spada e il tonno.

Da Pizzo, scivolando per la statale 522 si costeggia il litorale fino a Nicotera, con stradine secondarie che conducono alle spiagge più ampie e più facilmente fruibili dai bagnanti. La sabbia fine domina da Tropea, a nord, fino agli aspri e scoscesi dintorni di Capo Vaticano, per poi riprendere piede nella grande baia di Santa Maria, dove la solitudine del capo si stempera in una serie di case che prospettano direttamente sulla spiaggia. Fra i litorali più suggestivi quelli di Riaci e Formicoli, nella frazione Santa Domenica, e poi Torre Marino e Grotticelle.

Puntando invece verso l'interno, nel giro di nemmeno mezz'ora si passa dal mare alla montagna. Nell'entroterra si cela l'anima più autentica di questa terra, famosa anche per le specialità della gastronomia rurale, celebrate in mille frizzanti sagre. Un intreccio di strade secondarie sale fin sui pianori intorno al monte Poro (711 metri), culmine verticale del promontorio. Da qui si gode uno dei panorami più straordinari sulla costa tirrenica. Lo sguardo spazia dal golfo di Sant'Eufemia, a nord, fino alla Sicilia e allo stretto di Messina. Sullo sfondo, verso il mare, assistiamo a una mirabile sfida cromatica. Da una parte il blu e il turchese della costa degli Dei e dall'altra, quando il sole comincia a declinare verso il mare, i riflessi violacei, dovuti ai fondali rocciosi ricoperti di alghe, della costa Viola, che da Nicotera si spinge fino a Reggio Calabria.

Miti e leggende

Numerose sono le ipotesi sull'origine del nome Capo Vaticano. Storia e leggenda si intrecciano intorno a questo promontorio, e rendono ancor più prezioso il fascino di una vacanza in Calabria a Capo Vaticano. Quello che è certo è che, fin dall'antichità, questo promontorio dell'appennino calabrese, che si tuffa nelle splendide acque del mar Tirreno, ha esercitato un potente fascino su tutti coloro che sono giunti sulle magnifiche spiagge della Calabria tra Capo Vaticano e Tropea. Intorno al nome Capo Vaticano sono così sorte delle leggende, che ancora oggi, grazie allo splendore immutato di questa costa tra il golfo di S. Eufemia e Gioia Tauro, non mancano di stupirci ed aggiungere un tocco di magia alla vostra vacanza in Calabria.

La leggenda fa risalire una prima etimologia di Capo Vaticano ad una radice ellenica: già ai tempi dell'antica Grecia, viveva in una grotta sul promontorio di Capo Vaticano un'indovina, dal nome Manto: ad essa si rivolgevano i naviganti per conoscere il volere delle divinità. Si narra che anche Ulisse, in fuga da Scilla e Cariddi, si sia rivolto alla profetessa per conoscerne gli auspici. Dal greco manteuo, che significa interpretare la volontà divina, e dal nome dell'oracolo, lo sperone roccioso sottostante Capo Vaticano prese nome Mantineo.

Questa leggenda rivive anche in epoche successive: l'asprezza e la bellezza di questi luoghi ha conferito infatti, anche in epoca latina, una certa sacralità legata a questo litorale della Calabria, oggi giustamente ribattezzato Costa degli Dei. Una possibile origine del nome Capo Vaticano è infatti dal latino vaticinum, che significa appunto oracolo, ed è riconducibile alla presenza di una figura in contatto con il volere delle divinità, come l'indovina greca Manto. Un manoscritto del 1736 attribuisce invece al nome Capo Vaticano tutt'altra origine: Scipione l'Africano, che, sul tratto di costa intorno a Capo Vaticano, incontrò e sconfisse il pirata detto Grancane, si avventò su di lui gridando “Abbatte Cane!”. Da qui il nome Batticane o, come riportato da altri documenti settecenteschi, Batticano.

Se il nome Capo Vaticano è ancora oggi circondato dal mistero, è invece assodata la presenza di insediamenti di epoca romana lungo il magnifico litorale di Capo Vaticano. Nelle vicinanze di Capo Vaticano sono infatti rinvenuti significativi reperti archeologici, come tracce di templi, abitazioni, sepolcri, e numerosi oggetti legati alla vita quotidiana ed al commercio, che fanno presupporre l'esistenza di una comunità cospicua legata al commercio marittimo sul tratto intorno a Tropea e Capo Vaticano. Con il passare del tempo, e l'accrescersi delle scorrerie dei pirati saraceni, la popolazione locale è stata costretta a spostare i propri insediamenti dal litorale ai promontori nell'entroterra, che sono poi rimasti, dal medioevo ai giorni nostri, i principali nuclei abitati della costa della Calabria. Oggi Capo Vaticano, ed il territorio limitrofo di Tropea e Ricadi, ambite mete turistiche, stanno risorgendo a quello splendore unico che da tempo, secondo la leggenda, era stato promesso a queste splendide località.

Ed è proprio dalle cime di questi promontori che si apprezza il fascino ancora incontaminato della Costa Bella, o Costa degli Dei, nome che rende omaggio alle bellezze e alle leggendarie origini sacre di Capo Vaticano. Dal fondale roccioso del Mantineo alle spiagge sabbiose della baia del Tuono, alle insenature di Grotticelle e S. Maria. Alzando poi lo sguardo il panorama è impreziosito dalle isole Eolie, Stromboli, Vulcano, e l'Etna della vicina costa siciliana. Capo Vaticano offre, da tutti i punti di vista, uno spettacolo unico che incanta e affascina chiunque abbia la fortuna di posare il proprio sguardo sulla Costa degli Dei. Le bianche spiagge di Capo Vaticano vi accoglieranno per una vacanza in uno scenario unico, ricco di magia, storia e miti leggendari.  

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