L'Etna è
un complesso vulcanico siciliano originatosi nel Quaternario e
rappresenta il vulcano attivo terrestre più alto della placca
euroasiatica. Le sue frequenti eruzioni nel corso della storia
hanno modificato, a volte anche profondamente, il paesaggio circostante,
arrivando più volte a minacciare le popolazioni che nei millenni si sono
insediate intorno ad esso.
Il
21 giugno 2013 la XXXVII sessione del Comitato UNESCO, ha
inserito il Monte Etna nell'elenco dei beni costituenti il Patrimonio
dell'umanità.
L'Etna
sorge sulla costa orientale della Sicilia, entro il territorio della provincia
di Catania ed è attraversato dal 15º meridiano est, che
da esso prende il nome. Occupa una superficie di 1265 km², con un
diametro di oltre 40 chilometri e un perimetro di base di circa
135 km.
Il
vulcano è classificato tra quelli definiti a scudo a cui è
affiancato uno stratovulcano; la sua altezza varia nel tempo a causa
delle sue eruzioni che ne determinano l'innalzamento o
l'abbassamento. Nel 1900 la sua altezza raggiungeva i 3.274 m. s.l.m. e
nel 1950 i 3.326 m. Nel 1978 era stata raggiunta la quota
di 3.345 m e nel 2010 quella di 3.350 m.
La
sua superficie è caratterizzata da una ricca varietà di ambienti che
alterna paesaggi urbani, folti boschi che conservano diverse
specie botaniche endemiche ad aree desolate ricoperte da roccia
magmatica e periodicamente soggette ad innevamento alle
maggiori quote.
L'Etna
ha una struttura piuttosto complessa a causa della formazione, nel tempo,
di numerosi edifici vulcanici che tuttavia in molti casi sono in seguito
collassati e sono stati sostituiti, affiancati o coperti interamente da
nuovi centri eruttivi. Sono riconoscibili nella "fase moderna"
del vulcano almeno 300 tra coni e fratture eruttive. La zona risulta anche
a moderato rischio sismico per effetto anche del tremore del
vulcano.

Il
territorio del vulcano presenta aspetti molto differenti per morfologia e
tipologia in funzione dell'altitudine. Coltivato fino ai 1.000 metri s.l.m. e
fortemente urbanizzato sui versanti est e sud si presenta selvaggio e
brullo sul lato occidentale dove dai mille metri in poi predominano le
"sciare", specie nella zona di Bronte. Poco urbanizzato, ma
di aspetto più dolce, il versante nord con il predominio dei boschi al
di sopra di Linguaglossa. Il versante est è dominato dall'aspetto
inquietante della Valle del Bove sui margini della quale si
inerpicano fitti boschi.
Il
circondario ha caratteristiche che ne rendono le terre ottime per produzioni
agricole, grazie alla particolare fertilità dei detriti
vulcanici. La zona abitata e coltivata giunge quasi ai 1000 m s.l.m. mentre
le zone boschive arrivano fino ai 1500 metri. Ampie parti delle sue
pendici sono comprese nell'omonimo parco naturale.
Il
versante sud del vulcano è percorso dalla strada provinciale SP92 che
si arrampica sulla montagna fino a quasi 2.000 m di quota, generando
circa 20 km di tornanti. L'infrastruttura non permette di raggiungere
la cima in auto ma, raggiunta la stazione turistica attorno alla Funivia
dell'Etna, continua poi il suo percorso per altri 20 km circa in
direzione di Zafferana Etnea.
Oltre
i 1000 m in inverno è presente la neve che spesso dura fin
quasi all'estate. Le zone innevate sono raggiungibili agevolmente solo dai
versanti sud e nord-est su cui si trovavano anche due stazioni sciistiche (Etna
nord e Etna sud). Da quella sud, dallo storico Rifugio
Sapienza nel territorio di Nicolosi è possibile
ammirare il golfo di Catania e la valle del Simeto. Dalle piste di
Piano Provenzana a nord, in territorio di Linguaglossa, sono visibili Taormina e
le coste della Calabria.

I
primi riferimenti storici all'attività eruttiva dell'Etna si trovano
negli scritti di Tucidide e Diodoro Siculo e del poeta Pindaro; altri
riferimenti sono per lo più mitologici. Secondo Diodoro Siculo circa
3.000 anni fa, in seguito a una fase di attività violentemente esplosive
(probabilmente sub-pliniane) dell'Etna, gli abitanti del tempo, i Sicani,
si spostarono verso le parti occidentali dell'isola.
I
primi studiosi ad intuire che il vulcano fosse in realtà costituito da un
grande numero di strutture più piccole e variamente sovrapposte o
affiancate furono il Lyell, Sartorius von Waltershausen e
il Gemmellaro; questi riconobbero nell'Etna almeno due principali
coni eruttivi, il più recente Mongibello e il più antico Trifoglietto
(nell'area della Valle del Bove). Tale impostazione non venne rivista fino
agli anni sessanta quando il belga J.Klerkx (sotto la guida di Alfred
Rittmann) individuò nella predetta valle una successione di altri
prodotti eruttivi precedenti al Mongibello. Studi successivi hanno
rivelato una maggiore complessità della struttura che risulta costituita
da numerosissimi centri eruttivi con caratteristiche tipologiche del tutto
differenti.
L'attività
maggioritaria in tempi storici è stata connessa a quella del sistema
centrale, che in tempi più recenti ha interessato altre nuove bocche
sommitali: il Cratere di Nord-Est, formatosi nel 1911, la Voragine nata
all'interno del Cratere centrale nel 1945 e la Bocca Nuova originatasi
sempre al suo interno, nel 1968.
Nel
1971 si è formato il nuovo Cratere di Sud-Est. Infine, nel 2007, è
nato il Nuovo Cratere di Sud-Est che in seguito all'intensa e
frequente attività stromboliana e alle fontane di lava, tra il 2011 ed il
2013 ha assunto dimensioni imponenti raggiungendo l'altezza dei crateri
precedenti.

L'etimologia
del nome Etna è da sempre dibattuta; sembrerebbe risalire alla pronuncia
del greco antico itacista del toponimo Aitna, nome che fu
attribuito anche alle città di Katane e Inessa, che deriva dalla
parola del greco classico aitho cioè bruciare.
L'Etna era conosciuto nell'età romana come Aetna.
L'Etna
si è formato nel corso delle ere con un processo di costruzione e
distruzione iniziato intorno a 570 000 anni fa, nel periodo
Quaternario, durante il Pleistocene inferiore medio. Al suo
posto si ritiene vi fosse un ampio golfo nel punto di contatto tra la
zolla euro-asiatica a nord e la zolla africana a sud,
corrispondente alla catena dei monti Peloritani a settentrione e
all'altopiano Ibleo a meridione. Fu proprio il colossale attrito tra
le due zolle a dare origine alle prime eruzioni sottomarine di lava basaltica fluidissima
con la nascita dei primi coni vulcanici, al centro del golfo primordiale
detto pre-etneo, nel periodo del Pleistocene medio-superiore 700 000 anni
fa.
Di
tali attività restano gli splendidi affioramenti della “Riviera dei
Ciclopi” con i loro prismi basaltici, le brecce
vulcaniche vetrose e le lave a pillow della rupe di Aci
Castello, ma anche i basalti colonnari affioranti nel terrazzo fluviale
del Simeto, esteso nei versanti sud occidentale e sud orientale da
Adrano e Paternò fino alla costa Ionica. Il sollevamento tettonico
dell'area, unitamente all'accumulo dei prodotti eruttivi, determinò
l'emersione della regione e la formazione di un edificio vulcanico a
scudo che è quello che costituisce il basamento dell'attuale.
Tra
i 350.000 e i 200.000 anni fa, da una attività di
tipo fessurale, spesso anche subacquea, scaturirono lave estremamente
fluide che diedero luogo alla formazione di bancate laviche tabulari di
elevato spessore (fino a 50 m), i cui resti sono gli imponenti
terrazzamenti visibili nell'area sud occidentale dell'edificio vulcanico a
quote comprese fra i 300 ed i 600 m s.l.m..
Gli
studi sulla composizione di queste lave hanno messo in evidenza che questi
prodotti vulcanici (sia subacquei che subaerei) rappresentano le
cosiddette vulcaniti tholeiitiche basali, cioè magmi simili, anche
se con delle differenze, a quelli che vengono prodotti in aree del
mantello terrestre caratterizzate da alti gradi di fusione parziale di
grande attività distensive, tipiche delle dorsali e delle isole
oceaniche. Le tholeiiti costituiscono una percentuale assai limitata dei
prodotti dell'area etnea e sono state eruttate in più riprese a partire
da circa 500.000 anni fa, questa è infatti l'età dei più antichi
prodotti etnei. Allo stesso periodo geologico si attribuisce anche la
formazione del notevole Neck di Motta Sant'Anastasia, una rupe isolata di
lave colonnari su cui è edificato il centro storico della cittadina
etnea.

Si
ritiene che tra 200.000 e 110.000 anni fa ci fu uno spostamento
degli assi eruttivi verso nord e verso ovest con un contemporaneo
mutamento nell'attività di risalita e nei meccanismi di effusione,
accompagnati da una variazione nella composizione chimica dei magmi e nel
tipo di attività. La nuova fase eruttiva vide come protagonisti coni
subaerei che emettevano lave di tipo "alcalino". L'attività si
concentrò lungo la costa ionica in corrispondenza del sistema di faglie
dirette denominato delle Timpe. I prodotti alcalini costituiscono la
gran mole del vulcano etneo e vengono eruttati ancora oggi. La distinzione
tra i termini viene effettuata mediante i rapporti tra le percentuali di
alcuni ossidi ed in particolare SiO2 e K2O+Na2O ritenuti indicativi delle
condizioni di genesi dei magmi stessi.
Durante
il Tarantiano, 110.000-60.000 anni fa, l'attività eruttiva si sposta
dalla zona Val Calanna-Moscarello verso l'area adesso occupata dalla
depressione della Valle del Bove. Da un'attività di tipo fissurale,
come quella che ha caratterizzato le prime due fasi, si passerà
gradualmente ad un'attività di tipo centrale caratterizzata sia da
eruzioni effusive che esplosive. Questo tipo di attività porterà alla
formazione di diversi centri eruttivi. Il principale dei coni, che viene
denominato dagli studiosi Monte Calanna, è inglobato al di sotto del
vulcano. Cessata l'attività di questo, circa ottantamila anni fa entrò
in eruzione un nuovo complesso di coni vulcanici, detto Trifoglietto,
più ad ovest del precedente, che a dispetto del grazioso nome fu un
vulcano estremamente pericoloso, di tipo esplosivo caratterizzato da
eruzion pliniane polifasiche, come ad esempio il Vesuvio e Vulcano delle
isole Eolie, che emetteva lave di tipo molto viscoso. L'attività
vulcanica si spostò poi ancor più ad ovest con la nascita di un
ulteriore bocca vulcanica a cui vien dato il nome di Trifoglietto II (dai
70 ai 55.000 anni fa). Il collasso di questo edificio ha dato origine
all'immensa caldera della già citata Valle del Bove, profonda
circa mille metri e larga cinque chilometri, lasciando esposti sulle
pareti di questa gli affioramenti di rocce piroclastiche che evidenziano
lo stile particolarmente esplosivo della sua attività. L'esplosività è
probabilmente collegata alle grandi quantità di acqua nell'edificio che
vaporizzandosi frammentava il magma.
Intorno
a 55.000 anni fa circa si verifica un ulteriore spostamento dell'attività
eruttiva verso nord-ovest dopo la fine dell'attività dei centri della
Valle del Bove. È la fase detta dello stratovulcano. Tale
spostamento porterà alla formazione del più grosso centro eruttivo che
costituisce la struttura principale del Monte Etna: il "vulcano
Ellittico". Il nome Ellittico deriva dalla forma, appunto di ellisse
(2 km asse maggiore ed 1 km asse minore), della caldera che ha
segnato la fine della sua attività. I suoi prodotti, sia colate laviche
che piroclastiti, costruirono un edificio di dimensioni notevoli che,
prima del collasso calderico avvenuto 15 000 anni fa, doveva
probabilmente raggiungere i 4000 metri di altezza. Le eruzioni laterali
dell'Ellittico hanno prodotto la graduale espansione laterale
dell'edificio vulcanico attraverso la messa in posto di colate laviche che
hanno causato un radicale cambiamento dell'assetto del reticolo
idrografico principalmente nel settore nord e nord-orientale. In
quest'area le colate laviche colmarono antiche paleovallate come quella
del fiume Alcantara generando numerosi fenomeni di sbarramento
lavico del paleoalveo del fiume Simeto. L'intensa e continua attività
effusiva degli ultimi 15000 anni riempirà del tutto la caldera del
vulcano Ellittico coprendo in gran parte i suoi versanti e formando il
nuovo cono craterico sommitale. Tale attività effusiva, originata sia
dalle bocche sommitali che da apparati eruttivi parassiti, porterà alla
formazione dell'edificio vulcanico che forma il complesso in attività: il Mongibello.
Nel
corso del tempo si sono avute fasi di stanca e fasi di attività eruttiva,
con un collasso del Mongibello intorno a otto-novemila anni fa; nei
prodotti del Mongibello è stata osservata una generale transizione da
termini più antichi ed acidi (relativamente arricchiti in SiO2) a più
recenti e basici (cioè relativamente povere di SiO2) e porfirici (ricchi
di minerali cristallizzati in profondità prima dell'emissione), le lave
sono quindi ritornate ad essere di tipo fluido basaltico e si
sono formati altri coni di cui alcuni molto recenti.

L'Etna
è un vulcano attivo. A differenza dello Stromboli, che è in perenne
attività, e del Vesuvio, che alterna periodi di quiescenza a periodi
di attività parossistica, esso appare sempre sovrastato da un pennacchio
di fumo. A periodi abbastanza ravvicinati entra in eruzione iniziando in
genere con un periodo di degassamento ed emissione di sabbia
vulcanica a cui fa seguito un'emissione di lava abbastanza fluida
all'origine. Talvolta vi sono dei periodi di attività stromboliana che
attirano folle di visitatori d'ogni parte del mondo per via della loro
spettacolarità.
Nonostante
i vulcani eruttino prevalentemente dalla loro cima, da uno o più crateri
sommitali, l'Etna si caratterizza per essere uno dei pochi vulcani al
mondo in cui è stato possibile osservare a memoria d'uomo la nascita di
nuove bocche eruttive sommitali, formatesi in prevalenza nel secolo
scorso. Il vulcano attuale era costituito fino agli anni 2000
essenzialmente da 4 crateri sommitali attivi: il cratere centrale o Voragine,
il cratere subterminale di Nord-est formatosi nel 1911 (NEC), la Bocca
Nuova del 1968 (BN) e il cratere subterminale di Sud-est (del 1971).
Tuttavia,
solo nell'ultimo decennio, per la prima volta, i vulcanologi sono riusciti
ad applicare un moderno approccio multidisciplinare per monitorare la
nascita di un nuovo cratere sommitale e cercare di comprendere cosa renda
tanto instabile un vulcano come l'Etna in corrispondenza delle bocche
sommitali: alla fine del 2011 dove prima c'era un cratere a pozzo (o pit
crater) alla base orientale del SEC, si è infatti sviluppato quello
che ormai gli studiosi hanno ribattezzato Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC).
L'edificio vulcanico del Nuovo Cratere di Sud-Est, formatosi lungo una
frattura orientata lungo una direzione Nord-Ovest Sud-Est, è
successivamente cresciuto con grande rapidità sull'orlo di una parete a
strapiombo della Valle del Bove, alta circa mille metri, presentando
quindi una relativa instabilità che caratterizza tutto il fianco
nord-orientale del vulcano e mantiene alta l'attenzione degli scienziati.
Questi
hanno recentemente stabilito che il vulcano subisce ciclicamente nel tempo
dei fenomeni di inflazione (rigonfiamento), seguiti da deflazione
(sgonfiamento) che possono durare per un periodi di alcuni mesi fino a
qualche anno. Come riferito da Marco Neri, coordinatore del lavoro di
studi e primo ricercatore presso l'Osservatorio Etneo dell'INGV (INGV-OE),
durante un recente periodo di inflazione, «il fianco nord-orientale
dell'Etna si è deformato, seguendo traiettorie di “traslazione”
semi-circolari: la porzione sommitale si è spostata verso Nord-Est, la
parte intermedia verso Est e infine la parte distale, in prossimità del
Mare Ionio, è traslata verso Sud-Est. Lo spostamento verso Nord-Est della
parte sommitale del vulcano ha favorito l'apertura di numerose fessure
eruttive orientate in senso NO-SE (Nord-Ovest Sud-Est) e la conseguente
nascita del Nuovo Cratere di Sud-Est». La traslazione verso lo Ionio è
confermata anche dagli studi condotti dalla Open University.
Durante
l'ultima campagna di misurazioni con GPS effettuata dall'INGV nel gennaio
del 2014 si è constatato che il punto più alto del nuovo cono si era
assestato ad una quota di 3290 m s.l.m. facendone di fatto
una delle bocche sommitali più alte del grande vulcano.
L'Etna
presenta inoltre diverse piccole bocche laterali sparse a varie
altitudini, dette crateri avventizi, prodotte dalle varie
eruzioni laterali nel tempo. Esistono poi dei centri eruttivi
eccentrici caratterizzati dalla non condivisione del condotto
vulcanico con il vulcano principale, ma del solo bacino magmatico, quali i monti
Rossi e il monte Mojo.

In
genere le eruzioni dell'Etna pur fortemente distruttive delle cose, non lo
sono per le persone se si eccettuano i casi fortuiti come quello di Bronte
del 25 novembre del 1843 in cui a causa di una falda freatica la
lava esplose colpendo una settantina di persone delle quali persero la
vita almeno 36 o di palese imprudenza come nel 1979 quando
un'improvvisa pioggia di massi uccise nove turisti, avventuratisi fino al
cratere apparentemente spento, e ne ferì un'altra decina. Le fonti della
memoria storica ricordano centinaia di eruzioni di cui alcune fortemente
distruttive.
L'eruzione
più lunga a memoria storica è quella del luglio 1614. Il fenomeno
durò ben dieci anni ed emise oltre un miliardo di metri cubi di lava,
coprendo 21 chilometri quadrati di superficie sul versante settentrionale del vulcano.
Presentava una caratteristica particolare: la lava, infatti, invece di
scendere lungo la montagna spariva all'interno di grotte per poi
rispuntare molto più a valle.
Nel 1669 avvenne
l'eruzione più conosciuta e distruttiva, che raggiunse e superò,
dal lato occidentale, la città di Catania; ne distrusse la
parte esterna fino alle mura, circondando il Castello Ursino e
superandolo creò oltre un chilometro di nuova terraferma. L'eruzione fu
annunciata da un fortissimo boato e da un terremoto che
distrusse il paese di Nicolosi e danneggiò Trecastagni, Pedara,
Mascalucia e Gravina. Poi si aprì una enorme fenditura a partire dalla
zona sommitale e, sopra Nicolosi, si iniziò l'emissione di un'enorme
quantità di lava. Il gigantesco fronte lavico avanzò inesorabilmente
seppellendo Malpasso, Mompilieri, Camporotondo, San
Pietro Clarenza, San Giovanni Galermo e Misterbianco oltre
a villaggi minori dirigendosi verso il mare. Si formarono i
due coni piroclastici che sono denominati Monti Rossi, a Nord di
Nicolosi. L'eruzione durò 122 giorni ed emise un volume di lava di circa
950 milioni di metri cubi.
Nel 1892 un'altra
eruzione portò alla formazione, a circa 1800 m di quota, del
complesso dei Monti Silvestri.
Nel 1928,
ai primi di novembre, iniziò l'eruzione più distruttiva del XX secolo.
Essa portò, in pochi giorni, alla distruzione della cittadina di Mascali.
La colata fuoriuscì da diverse bocche laterali sul versante orientale del
vulcano e minacciò anche Sant'Alfio e Nunziata.
Ma
l'Etna, in passato, oltre alle sue eruzioni spettacolari, secondo uno
studio dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, avrebbe
causato anche un'enorme frana con un fronte di 35 chilometri. Cadendo in
mare, questa avrebbe generato onde alte 40 metri: un fenomento mai
accaduto prima a memoria d'uomo.
E'
stato chiamato lo tsunami dimenticato. Sarebbe stato causato, appunto, da
un'eruzione dell'Etna o da un terremoto. E' stato scoperto grazie alle
capacità e all'impegno degli esperti dell'Istituto che, attraverso studi
batimetrici e sondaggi del fondo marino, hanno potuto ricostruire questo
terribile evento che risalirebbe a circa 8.000 anni fa. In soli dieci
minuti la gigantesca massa di roccia franata riuscì a raggiungere lo
Ionio, arrivando fino a 20 chilometri dalla costa: questo ha creato un
muro d'acqua impressionante, possiamo solo immaginare la distruzione che
ha portato sulle coste del Mediterraneo.
E'
stato calcolato che lo tsunami avrebbe viaggiato tra i 200 e i 700
chilometri l'ora. Avrebbe raggiunto in brevissimo tempo le coste della
Calabria e della Puglia, di Malta ma anche dell'Albania e della Grecia,
dove le onde sarebbero arrivate dopo circa due ore e mezza con un'altezza
ridotta a 10-15 metri. Le onde avrebbero raggiungo anche il Nordafrica e
il Medio Oriente, Libano e Palestina compresi. Una parte, infine, avrebbe
colpito, di rimbalzo, anche le coste del Sud della Sicilia.
L'eruzione
del 5 aprile del 1971 ebbe inizio a quota 3050 da una voragine
dalla quale l'emissione di prodotti piroclastici formò il cono
sub-terminale di Sud-est. Vennero distrutti l'Osservatorio Vulcanologico e
la funivia dell'Etna. Ai primi di maggio si aprì una lunga fenditura
a quota 1800 m s.l.m. che raggiunse Fornazzo e
minacciò Milo. La lava emessa fu di 75 milioni di metri cubi.
L'eruzione
del 1981 ebbe inizio il 17 marzo e si rivelò abbastanza
minacciosa: in appena poche ore si aprirono fenditure da quota 2550 via
via fino a 1140. Le lave emesse, molto fluide, raggiunsero e tagliarono la Ferrovia
Circumetnea; un braccio si arrestò appena 200 metri prima di Randazzo.
Il fronte lavico tagliò la strada provinciale e la Ferrovia
Taormina-Alcantara-Randazzo delle Ferrovie dello Stato, proseguendo fino
alle sponde del fiume Alcantara. Si temette la distruzione della
pittoresca e fertile vallata, ma la furia del vulcano si arrestò
alla quota di 600 m.
Il 1983 è
da ricordare oltre che per la durata dell'eruzione, 131 giorni, con 100
milioni di metri cubi di lava emessi (che distrussero impianti sciistici,
ristoranti, altre attività turistiche, nuovamente la funivia dell'Etna e
lunghi tratti della S.P. 92), anche per il primo tentativo al mondo di deviazione per
mezzo di esplosivo della colata lavica. L'eruzione si presentava
abbastanza imprevedibile, con numerosi ingrottamenti ed emersioni di lava
fluida a valle, che fecero temere per i centri abitati di Ragalna,
Belpasso e Nicolosi. Pur tra molte polemiche, e divergenze tra gli
studiosi, vennero praticati, con notevole difficoltà, date le altissime temperature che
arrivavano a rovinare le punte da foratura, decine e decine di fornelli
per consentire agli artificieri di immettere le cariche esplosive. La
colata venne parzialmente deviata; l'eruzione ebbe comunque termine di lì
a poco.
Il
14 dicembre del 1991 ebbe inizio la più lunga eruzione del
XX secolo (durata 473 giorni), con l'apertura di una frattura
eruttiva alla base del cratere di Sud-est, alle quote da 3100 m a
2400 m s.l.m. in direzione della Valle del Bove.
L'esteso campo lavico ricoprì la zona detta del Trifoglietto e si diresse
verso il Salto della Giumenta, che superò il 25 dicembre 1991 dirigendosi
verso la Val Calanna. La situazione fu giudicata pericolosa per la città
di Zafferana Etnea e venne messa in opera una strategia di
contenimento concertata tra la Protezione civile e il Genio dell'Esercito.
In venti giorni venne eretto un argine di venti metri d'altezza che, per
due mesi, resse alla spinta del fronte lavico. La tecnica fu quella
dell'erezione di barriere in terra per mezzo di lavoro ininterrotto di
grandi ruspe ed escavatori a cucchiaio.
Questa
tecnica in seguito si rivelerà efficace nel tentativo di salvataggio del
rifugio Sapienza e della stazione turistica di Etna Sud nel corso
dell'eruzione 2001, e sarà oggetto di studio da parte di équipe
internazionali, tra cui esperti giapponesi. Tutto si rivelò efficace
nel rallentare il flusso lavico guadagnando tempo ma ancora una volta non
risolutivo in caso di persistenza dell'evento eruttivo. Furono chiamati
gli incursori della Marina che operarono nel canale principale, a quota
2200 m, con cariche esplosive al plastico (C4) e speciali cariche
esplosive cave per deviare il flusso di lava nel canale d'invito ed
inviarla così nella valle del Bove, riportando la posizione del fronte
lavico a quella di circa sei mesi prima. L'operazione riuscì
perfettamente, utilizzando una carica di C4 pari a 7 tonnellate e 30
cariche cave; il tutto, fatto esplodere in rapidissima successione, fece
crollare il diaframma che separava il magma dal canale d'invito.
Successivamente venne ostruito con grandi macigni di pietra lavica il
canale principale che scendeva pericolosamente verso Zafferana Etnea.

L'Etna
è meta ininterrotta delle visite di turisti interessati al vulcano e alle
sue manifestazioni in quanto si tratta di uno dei pochi vulcani attivi al
mondo ad essere facilmente accessibile. Sono presenti infatti anche guide
specializzate e mezzi fuoristrada che in sicurezza portano i visitatori
fino ai crateri sommitali.
Sull'Etna
è presente l'Osservatorio astronomico di Serra la Nave, una struttura
dedicata all'osservazione del cielo sul visibile.
La
peculiarità della montagna, un vulcano, interessato da fenomeni
improvvisi, quali tremori e sismi, le sue attività piroclastiche ed
effusive, l'associazione con il fuoco, hanno ingenerato nel corso dei
tempi l'idea che fosse dimora di divinità. Sono sorti pertanto santuari e
luoghi di culto sia sulle pendici che nelle alture più scoscese.
Le
eruzioni regolari della montagna, a volte drammatiche, l'hanno resa un
soggetto di grande interesse per la mitologia greca e romana e
le credenze popolari che hanno cercato di spiegare il comportamento del
vulcano tramite i vari dèi e giganti delle leggende
romane e greche.
A
proposito del dio Eolo, il re dei venti, si diceva che avesse
imprigionato i venti sotto le caverne dell'Etna. Secondo Esiodo e
il poeta Eschilo, il gigante Tifone fu confinato nell'Etna
e fu motivo di eruzioni. Un altro gigante, Encelado, si ribellò
contro gli dei, venne sconfitto da Atena e sepolto sotto un
enorme cumulo di terra che la dea raccolse dalle coste del continente.
Encelado soccombette, si appiattì e divenne l'isola di Sicilia. Si
racconta che il suo corpo sia disteso sotto l'isola con la testa e la sua
bocca sotto l'Etna che sputa fuoco ad ogni grido del gigante. Di Encelado
sepolto sotto l'Etna parla pure Virgilio. Su Efesto o Vulcano,
dio del fuoco e della metallurgia e fabbro degli dei,
venne detto di aver avuto la sua fucina sotto l'Etna e di aver domato il
demone del fuoco Adranos e di averlo guidato fuori dalla
montagna, mentre i Ciclopi vi tenevano un'officina di forgiatura
nella quale producevano le saette usate come armi da Zeus. Si
supponeva che il "mondo dei morti" greco, il Tartaro, fosse
situato sotto l'Etna.
Si
racconta che Empedocle, un importante filosofo presocratico e
uomo politico greco del V secolo a.C., si gettò nel cratere del
vulcano per scoprire il segreto della sua attività eruttiva. Il suo corpo
sarebbe stato in seguito restituito dal mare al largo della costa
siciliana, anche se in realtà sembra che sia morto in Grecia.
Si
dice che quando l'Etna eruttò nel 252, un anno dopo il martirio di santa
Agata, il popolo di Catania prese il velo della Santa, rimasto intatto
dalle fiamme del suo martirio, e ne invocò il nome. Si dice che a seguito
di ciò l'eruzione finì, mentre il velo divenne rosso sangue, e che per
questo motivo i devoti invocano il suo nome contro il fuoco e fulmini.
Re
Artù risiederebbe, secondo la leggenda, in un castello sull'Etna, il
cui celato ingresso sarebbe una delle tante e misteriose grotte che la
costellano. Il mitico re dei Britanni appare anche in una leggenda, quella
del cavallo del vescovo, narrata da Gervasio di Tilbury.
Secondo una leggenda inglese l'anima della regina Elisabetta I
d'Inghilterra risiederebbe nell'Etna, a causa di un patto che lei
avrebbe fatto col diavolo in cambio del suo aiuto per governare
il regno.
Grotta
del Gelo
Fuoco e
ghiaccio che riescono a convivere in una montagna magica. Dopo ore di
camminata sulle pendici, si può raggiungere l'ingresso di una caverna.
Il caldo
dell'esterno diventa rapidamente solo un ricordo. Basta fare pochi passi e
ci si rende conto di trovarsi realmente in un ghiacciaio sotterraneo. E'
stato accertato che questa grotta si è formata durante la colata lavica
del 1614. La lava più esterna, solidificandosi rapidamente, ha creato una
vera e propria volta, proteggendo il flusso che continuava per chilometri.
La
Grotta del Gelo è un canale di scorrimento lavico, ovvero un vero e
proprio tunnel prodotto dal transito di flussi lavici poco viscosi. La
lava, generalmente, fluisce da un condotto vulcanico con una temperatura
tra gli 800°C e 1200°C, variabile a seconda della sua composizione
chimica, ossia quantità e tipologia di elementi disciolti, e perde calore
sin dal primo contatto con l’aria.
Raffreddandosi,
le parti esterne della colata solidificano formando una volta, al di sotto
della quale la lava, distaccandosi, continua a fluire. Successive fasi di
raffreddamento e distacco danno origine a strutture tubolari, cave, di
dimensione variabile e denominate condotti di scorrimento lavico.
L'età
esatta della Grotta del Gelo non è conosciuta. Tuttavia, la formazione
del condotto è avvenuta durante la più lunga eruzione della storia
moderna dell’Etna, durata dal 1614 al 1624, in cui si stima che oltre 1
milione di km3 di materiale effusivo sia stato riversato lungo il versante
Nord del vulcano.
La
Grotta del Gelo si sviluppa in direzione nord per una lunghezza di 109 m.
È suddivisa in una parte iniziale, una mediana e una coda, che si
susseguono con un dislivello totale di circa 21 m. In alcuni punti, la
volta del condotto raggiunge i 5 metri di altezza. La massa glaciale
ricopre più del 30% della cavità e deriva dall’accumulo di neve e
ghiaccio per oltre 300 anni. Il ghiaccio raggiunge spessori fino ai 2
metri e tra le componenti più suggestive, numerose stalattiti e
stalagmiti si dipartono dalla volta e dal pavimento del condotto.
La
porzione iniziale e quella mediana presentano uno strato di ghiaccio sul
pavimento che ostacola il deflusso di acque d’infiltrazione, favorendo
la formazione di uno stagno. Poiché prossime all’entrata, queste due
zone sono maggiormente suscettibili agli scambi d’aria con l’esterno e
ai cambiamenti climatici stagionali. Nella stagione estiva, infatti,
fenomeni di ruscellamento, o infiltrazione di acque esterne,
contribuiscono al raggiungimento di temperature anche superiori ai 2°C
nella testa del condotto, causando la fusione dei ghiacci. Al contrario,
la parte terminale della cavità mantiene temperature annuali inferiori
allo zero. È in questa zona che la massa glaciale è preservata durante
tutto l’anno.
La grotta
del gelo è realmente unica: nessuno conosce esattamente il suo svuluppo,
così come nessuno ne ha mai raggiunto il cfondo. Sia il pavimento sia le
pareti sono ghiacciate. E' tutto estremamente affascinante; si ipotizza
che il ghiacciaio si sviluppi per circa 150 metri all'interno di questa
grotta, ma lo sbocco è sconosciuto, nessuno ne ha mai individuato
l'esatta posizione.
Non
esiste in Europa un ghiaciaio così, per di più all'interno di un
vultcano. Solo l'Etna, solo la Sicilia, può offrire uno spettacolo del
genere, un fenomento unico e affascinante in una terra ricca di risorse e
di contraddizioni
Agosto
2019
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