Ribera è
conosciuta anche come la "città delle arance".
Ha avuto il riconoscimento di "città slow",
entrando a far parte della rete internazionale delle "città del
buon vivere".
Posizionato
su una vasta pianura a
230 m sul livello del mare e distante da questo circa 7 km,
Ribera si trova sul percorso della S.S.
115 che va da Trapani a Siracusa.
La città è posizionata tra i due fiumi Magazzolo e Verdura che
delimita i confini con i comuni di Sciacca e Caltabellotta ad
ovest, mentre i confini del territorio con il comune di Cattolica
Eraclea sono
segnati a sud-est dal fiume Platani.
L'altipiano con leggeri pendenze verso sud si estende fino al mare.
I terrazzi di origine marina sono intervallati dalle incisioni vallive
dove scorrono i fiumi ed i loro affluenti secondari, su terreni di
natura argilloso-limoso e calcareo-marnoso.
L'area
comunale si erge su terreni per la maggior parte argillosi del
complesso plastico del periodo Miocene inferiore-medio
sormontati dai litotipi della formazione
gessoso-solfifera,
si hanno anche marnecalcaree ed
argille marnose del Pliocene inferiore,
marne argillose cineree e coeve brecce argillose del Pliocene
medio-superiore, calcareniti del Pleistocene.
I terrazzi marini sono del Quaternario-Pleistocene
superiore. Con i
suoi 350 ms.l.m. il
monte Sara, posto a
nord-est del territorio, risulta essere l'unico rilievo significativo.
Il
nome Ribera è una parola spagnola che si può tradurre come
"bacino di un fiume" o riviera.
Nell'epoca dei primi insediamenti fece pensare alla posizione
topografica del Comune, quando in realtà il centro abitato è distante
rispetto ai fiumi Verdura e Magazzolo. Successivamente quando Luigi
Guglielmo I Moncada prese in sposa Maria Afan de Ribera, fu chiaro
a tutti che la scelta di quel nome fu dettata dai sentimenti.
La
posizione geografica, il clima favorevole e la presenza costante di
acqua, assicurata dai fiumi Verdura, Magazzolo e Platani,
hanno reso molto fertili le terre del territorio di Ribera, anticamente
detto Allava. Così già nel medioevo,
molti abitanti dell'antica Caltabellotta vi
si recavano per coltivarle, realizzando produzioni variegate: riso, cotone, grano, agrumi, mandorle, olive e
numerose varietà di uva,
frutta di stagione ed ortaggi.
Ribera
è però una cittadina relativamente giovane, le origini si fanno
risalire a verso la fine del XVI
secolo, quando in un
clima di tranquillità, dato dalla fine delle incursioni dei Turchi in Sicilia,
molti contadini decisero di abbandonare le rocche fortificate e di
trasferirsi in zone con terreni più fertili, molto spesso lasciandosi
alle spalle i debiti contratti con i feudatari.
La
fondazione di Ribera è datata 1635,
quando il Principe di PaternòLuigi
Guglielmo I Moncada,
possessore di numerosi e vasti feudi,
decise di risparmiare le fatiche e le energie che i propri contadini
spendevano per recarsi da Caltabellotta ai campi, e di fondare un centro
in cui questi si sarebbero trasferiti, rimanendo alle sue dipendenze.
La
scelta del luogo della fondazione cadde sulla Piana di Stampaci,
chiamato anche Piano di San
Nicola (corrispondente
più o meno all'attuale quartiere di Sant'Antonino), dal quale era
possibile dominare gran parte del territorio e fruire delle sorgenti
d'acqua.
La
cittadina che si sviluppò attraverso strade larghe e bene allineate,
rispettando criteri urbanistici d'avanguardia, venne battezzata con il
nome di Ribera, in omaggio alla moglie del Principe Moncada, Maria Afan
de Ribera, figlia del Duca
di Alcalà.
Secondo
l'atto del notaio Vincenzo Scoma, custodito presso l'archivio
di Stato di Sciacca,
la data di nascita ufficiale di Ribera è il 25 febbraio 1636.
Nel
decennio 1640-1650 la
popolazione di Ribera fu più che raddoppiata arrivando a 496 persone,
così nel 1655 la
cittadina ebbe la sua prima Chiesa,
intitolata a San
Nicola e
successivamente a Sant'Antonino.
Nel 1673,
il fondatore fu succeduto da Ferdinando
Moncada Aragona,
Principe di Paternò, di Montalto e di Bivona che
sposò Maria Teresa Faxardo Toledo e Portugal, dal quale ebbe una
figlia, chiamata Caterina.
Caterina
Moncada sposò Giuseppe Federico Alvarez de Toledo, duca di Ferrandina e
marchese di Villafranca, al quale il feudo di Ribera andò in dote nel 1713.
Nel 1736 il
feudo passò al loro primogenito, Federico di Toledo Aragona Moncada,
fino al 1754,
quando venne trasmesso all'erede universale unico della casata, Antonio
Alvarez de Toledo, Duca
di Bivona. A
quest'ultimo si devono l'indipendenza da Caltabellotta e
l'assegnazione di un territorio che includeva tutti i feudi compresi tra
i fiumi Verdura e Magazzolo e
tra Calamonaci ed
il mare.
Nel 1841 il
Comune, con una produzione di 5000 quintali di riso, fu classificato
come il primo centro di produzione di riso della Sicilia e, nonostante
le morti dovute al colera,
l'abbondanza del lavoro favoriva i matrimoni e l'accrescere della
popolazione che contava 5000 persone circa. Il 29 settembre di
quell'anno attraverso un Regio
decreto, il Comune
fu quindi elevato a Pretura di Terza classe.
Con
la Rivoluzione
indipendentista siciliana del 1848 anche
Ribera ebbe un Comitato rivoluzionario guidato da Tommaso Crispi, il cui
figlio Francesco diventò
rappresentante del Comune di Ribera al Parlamento
Siciliano di Palermo.
Dopo
lo sbarco dei
Mille, venne
costituito un Consiglio Civico e successivamente il 10 aprile 1861 il
Comune godé per la prima volta delle maggiori libertà amministrative e
fu eletto il Consiglio Comunale. In quegli anni vennero soppresse le
risaie, fonti di gravi malattie come la malaria.
Furono anni in cui la miseria e la fame attanagliarono buona parte della
popolazione.
Dopo
la prima
guerra mondiale la questione della lotta al latifondo entrò nel vivo anche a Ribera.
La popolazione e soprattutto i reduci lamentavano l'assenteismo del Duca
di Bivona che
da Madrid godeva delle sue ricchezze senza nessun contatto diretto con
le proprietà e con i lavoratori.
Nell'estate
del 1919,
la cooperativa "Cesare Battisti" guidata dal farmacista
Liborio Friscia chiese all'Opera
Nazionale Combattenti (ONC)
l'affitto del latifondo appartenente al duca di Bivona, che era inoltre
senatore e grande
di Spagna. Arrivato
in paese nel gennaio 1920, don Eristano, intenzionato a vendere i propri
possedimenti ad un'altra cooperativa, venne sequestrato dai combattenti
della "Battisti" per tre giorni nel proprio palazzo,
già appartenuto ai propri predecessori. In seguito alla sua
liberazione, il duca di Bivona denunciò la violenza subita dai
"bolscevichi"
di Ribera,
facendo intervenire anche il governo di Madrid,
e vendette il proprio latifondo alla cooperativa rivale della
"Battisti", quella guidata da Antonino Parlapiano, che a sua
volta affittò il latifondo a tre cooperative composte da gente
appartenente a diverse cosche mafiose.
A Ribera è ancora presente il palazzo dei duchi di Bivona, appartenente
prima alla famiglia nobile dei Moncada, poi agli Alvarez de Toledo.
L'interno è in parzialmente affrescato; in una stanza è presente un
dipinto in cui sono raffigurati tutti gli stemmi araldici degli antenati
della famiglia Alvarez de Toledo.
Da
quel momento Ribera fece un salto in avanti in termini di progresso e di
miglioramento economico, con l'affermarsi delle cooperative
agricole, con la
nascita delle prime banche e con una serie di potenziamenti e
razionalizzazioni dell'agricoltura che permetterà a Ribera di
affermarsi come uno dei primi centri della Sicilia per produzione di
agrumi.
Il
10 dicembre 1940 l'Ente
nazionale per la colonizzazione del latifondo inaugurò il borgo rurale
intitolato ad Antonio Bonsignore,
distante 13 km dal paese e vicino al mare.
Con
l'avvento della seconda
guerra mondiale Ribera subì diversi bombardamenti,
tanto da costringere la popolazione ad abbondare il centro abitato ed a
rifugiarsi nelle campagne. I danni furono ingenti, con molti Riberesi
che ebbero la casa distrutta o che non videro tornare i propri cari dal
fronte.
Il
secondo dopoguerra portò
un acceso confronto tra i partiti cattolici e quelli socialcomunisti,
in cui rivendicazioni sociali, democrazia, repubblica e
governo del popolo erano i temi più trattati, tanto da echeggiare in
tutte le case.
Le
elezioni comunali del 1946 videro
il trionfo delle forze di sinistra,
ciò consentì l'organizzazione delle occupazioni delle terre incolte,
la definitiva fine del latifondo e la ripresa del progresso economico e
sociale.
Monumenti
e luoghi d'interesse
Dal
punto di vista culturale e paesaggistico, Ribera ha molto da offrire ai
possibili turisti interessati ad una visita della città. I principali
monumenti sono gli edifici sacri e civili fra cui: la casa natale dello
statista Francesco
Crispi e la
settecentesca chiesa madre.
Architetture
religiose
CHIESA
MADRE - L’originaria Chiesa Madre, inaugurata nel 1667 e dedicata
al Patrono San Nicola da Bari, fu consacrata al culto della Vergine del
SS. Rosario nel 1673.
Nel
1751, per la necessità di una Chiesa più grande, iniziarono i lavori
per la realizzazione del nuovo edificio, a croce latina e in stile rococò,
che venne inaugurato nel 1760, sebbene non ancora completato nelle
rifiniture. La grande chiesa si arricchì nel tempo dell’altare
di San Giuseppe, in legno intarsiato d'oro, e del simulacro dello stesso
santo.
Nel
1907 fu demolito il campanile provvisorio, sostituito solo dopo la
guerra da quello progettato dall’architetto Francesco Valenti e
realizzato da Benedetto Trapani e Raimondo Lentini.
Nel
1968, a causa delle forti scosse del terremoto del Belìce, la Chiesa
Madre venne gravemente danneggiata e rimase chiusa fino al 1999, anno in
cui terminarono i lavori di ristrutturazione che ne permisero la
riapertura.
CHIESA
DI MARIA SANTISSIMA IMMACOLATA;
CHIESA
DEL ROSARIO (XVIII
secolo);
CHIESA
DI SAN GIUSEPPE;
CHIESA
DI SAN GIOVANNI BOSCO (1950);
CHIESA
DI SANTA TERESA DEL BAMBIN GESU' - Inaugurata il 25 dicembre 1945,
dopo che nella primavera del 1939 era
crollata a poco tempo dalla prima inaugurazione del 2 ottobre 1938;
CHIESA
DI SAN PELLEGRINO (XVIII
secolo);
CHIESA
DELLA BEATA MARIA VERGINE DELLA PIETA';
CHIESA
DI SAN NICOLO' DI BARI - Inaugurata
il 12 giugno 1987,
è stata costruita secondo i principi del Concilio
Vaticano II:
centralità dell'altare, aula e presbiterio senza
sbarramenti ed assenza di navata e deambulatorio;
CHIESA
DI SAN FRANCESCO;
CHIESA
DI SAN DOMENICO SAVIO (Seccagrande);
CHIESA
DI SAN PIETRO APOSTOLO (Borgo
Bonsignore).
Architetture
civili
La casa
del Duca di Bivona è un palazzo dell'XVIII
secolo realizzato
al tempo del Ducato dei Toledo. Costruito a beneficio del duca
di Bivona non
venne mai abitato da questi: i veri proprietari furono soltanto i vari
amministratori della Ducea.
Nelle
vicinanze dell'edificio sono presenti numerosi magazzini del Duca.
L'interno del palazzo è in gran parte affrescato: rilevante è un
dipinto che rappresenta tutti gli stemmi araldici degli antenati della
famiglia Toledo.
Castello
di Poggiodiana
A
pochi chilometri dal centro abitato sorgono le rovine del trecentescoCastello
di Poggiodiana costituite da una torre cilindrica merlata e da una torre quadrata. Il
castello era stato edificato per volere di Guglielmo
Peralta e
successivamente fu di proprietà dei Conti
di Luna. Grazie alla
sua favorevole posizione, esso domina le gole
del Lupo, scavate
dal fiume Verdura.
Questo
maniero si trova su uno sperone roccioso dove i Normanni, intorno al XII
secolo, costruirono una fortificazione per difendere le piccole comunità
della zona e le terre da loro conquistate tra il fiume Platani e
Caltabellotta.
Il
Castello, a partire dal Cinquecento, prese il nome attuale in onore
della nobildonna Diana Moncada, andata in sposa nel 1511 al conte Gian
Vincenzo Luna. La dama lo prediligeva al punto da trascorrervi alcuni
mesi dell’anno. Un’area del Castello, tuttora conosciuto con il nome
di “piano della Signora”, ricorda come la signora Moncada fosse,
oltre che bella e intelligente, anche coraggiosa. Infatti, quando il
marito si allontanava per accorrere in aiuto dei suoi alleati, la donna
non rientrava a Caltabellotta, ma rimaneva nel Castello e di notte
ispezionava le sentinelle poste sulle mura.
La
struttura fortificata domina, dall’alto della sua torre, la ripida
balza e la profonda valle del fiume Verdura, il cui corso in prossimità
del Castello prende un andamento tortuoso e che, scorrendo in una
strettissima gola incisa nella roccia calcarenitica, forma tre grandi
anse, l’ultima delle quali lambisce il colle di Poggiodiana.
Il
Castello si sviluppa su una pianta irregolare che, coprendo un’area di
circa 3000 metri quadrati, segue la conformazione del terreno; è
costruito in pietra arenaria da taglio, con piccole finestre
rettangolari di stilearabo-normanno,
secondo le regole dell’architettura militare dei tempi, con ponte
levatoio, ampio cortile quadrilungo, cappella, scuderia, armeria e
caserme per la guarnigione. Dell’antico maniero rimangono parte delle
mura perimetrali, il bastione angolare e la torre cilindrica di 25 metri
di altezza, coronata da caratteristici eccatelli.
Due ponti in muratura, di cui sono visibili alcuni ruderi, mettevano in
comunicazione le due sponde del fiume vicino.
Necropoli
Anguilla
La necropoli della media e tarda età
del bronzo (XIII
secolo a.C.) è
stata rinvenuta nel 1982 a
sud dell'abitato di Ribera,
in località contrada Anguilla.
È
costituita da tombe di due tipi: a grotticella artificiale e a camera.
Alcune sono precedute da un "dromos",
un corridoio lungo da 1,5 a 5 m da
dove si accede alla vera e propria tomba.
Quest'ultima
consiste in una o due camere con volta a cupola (Thòlos),
con un gradino sul quale veniva adagiato il defunto e gli oggetti votivi
(vasi, anelli, armi, utensili).
Sono
le uniche tombe per dimensione e tipologia nella Sicilia
occidentale.
Riserva
Naturale Foce del fiume Platani
La
foce del fiume Platani e
i terreni adiacenti, costituiscono la
riserva naturale orientata (RNO).
La riserva nel tratto di mare possiede la tipica vegetazione dunale. È
nell'interno si trovano eucalipti, acacie e pini,
che si sovrappongono a specie arbustive spontanee e una cospicua vegetazione
mediterranea.
La
riserva è stata istituita per tutelare il particolare ecosistema
costiero e le numerose specie di uccelli come: l'airone
cenerino, il gabbiano
reale, l'airone
rosso e il falco
di palude. Il
paesaggio della riserva è completato dalla meravigliosa falesia di
Capo Bianco, roccia a picco sul mare, mentre sul pianoro sovrastante si
possono ammirare i resti dell'antico teatro greco.
SIC
Foce del Magazzolo e Foce del Verdura
Le
aree della foce del fiume
Verdura e della
foce del fiume Magazzolo sono
riconosciute come Sito
di interesse comunitario (SIC).
Monte
Sara
Nel
territorio comunale di Ribera si può visitare l'Area attrezzata Monte
Sara. Tra le innumerevoli varietà di vegetazione ricopre un particolare
interesse per gli studi biologici la Palma
nana di origine autoctona.
L'area
attrezzata insiste all'interno di un bosco di pini ed eucalipti,
con panche e tavoli in pietra locale per un totale di 480 posti a
sedere, 10 punti cottura, un campo da bocce e
vari servizi di utilità per i visitatori, che ne usufruiscono
soprattutto in primavera ed estate.
Utili e decorative sono le fontanelle dalle quali sgorga acqua fresca
proveniente da una sorgente naturale.
Si adatta ad escursioni in mountain
bike con una
salita di circa 4 km con pendenza
media del 6%.
Tradizioni
e folclore
Il
6 dicembre ricorrono i festeggiamenti in onore del santo patronoSan
Nicola.
PASQUA
- La Pasqua è
la festa più attesa e partecipata dai riberesi.
La preparazione alla festa avviene già una settimana prima con la Domenica
delle Palme,
prosegue per tutta la Settimana
Santa e culmina
ne lu 'ncontru (l'incontro) nel giorno di Pasqua.
DOMENICA
DELLE PALME
- Nel
giorno della Domenica
delle Palme, in
tutte le chiese di Ribera viene effettuata la benedizione dei
ramoscelli di ulivo e
delle palme intrecciate artisticamente e portate soprattutto da bambini.
Tradizionalmente le palme ed i ramoscelli d'ulivo benedetti vengono
conservati nelle abitazioni, come segno d'augurio e prosperità.
SETTIMANA
SANTA - Nei
giorni della Settimana Santa vengono allestite diverse manifestazioni.
Nella giornata del Giovedì
santo i fedeli
sono soliti effettuare il giro dei Sepolcri,
delle visite per rendere omaggio agli altari preparati
nelle varie Parrocchie riberesi.
VENERDI'
SANTO - Nella
giornata del Venerdì
Santo viene
commemorata la Passione e
la Crocifissione
di Gesù attraverso una processione che
ha inizio verso le ore 11 e che vede la partecipazione di tutti i Sacerdoti delle
Parrocchie di Ribera, dei rappresentanti delle istituzioni e delle
autorità che, assieme a tanti fedeli, formano la cosiddetta
"Condotta" che accompagna, al suono delle marce
funebri intonate
della banda
musicale, l'urna
contenente
la statua del Cristo morto al Calvario,
posto nella parte alta a nord della città, in prossimità del cimitero.
Qui viene effettuata la Crocifissione di Gesù e viene celebrata una
Messa all'aperto.
La
statua del Cristo Morto resta in croce fino al tardo pomeriggio, quando
viene riposto nell'urna ed assieme alla statua della Madonna
Addolorata viene
accompagnata a spalla dai fedeli fino alla Chiesa Madre, percorrendo
tutto il corso principale della città con una processione molto
partecipata chiamata la calata di la Cruci (la discesa
dalla Croce).
LU
'INCONTRU DI PASQUA - In
lingua siciliana ncontru significa "incontro"
e nello specifico rappresenta quello tra la Madonna e Gesù
Risorto nella
domenica di Pasqua.
La
manifestazione si svolge principalmente lungo il Corso Umberto
I, cuore del centro
storico riberese,
che in mattinata si inizia a riempire di migliaia di persone, accorse a
godersi lo spettacolo, prendendo d'assalto marciapiedi e balconi.
Mentre
la banda
musicale gira
per il Paese e scoppiano i primi botti dei fuochi
d'artificio,
iniziano a fare su e giù lungo il corso i gonfaloni (detti li
pali), aste di legno a croce, alte e pesanti, che sorreggono un
telone decorato con immagini sacre.
Ogni gonfalone rappresenta un gruppo
parrocchiale o un'associazione locale ed è sostenuto da più persone,
dietro alle quali corrono gli altri appartenenti al gruppo al grido di
"largo, largo!".
I
vari gonfaloni formano un corte festante e assieme alla banda musicale
si avviano verso la Chiesa di San Pellegrino, dove è custodita la
statua di San
Michele, che viene
prelevata, portata a spalla e aggregata al corteo festante che prosegue
per la Chiesa di San Giovanni Bosco, dove si aggrega anche la statua del
Gesù Risorto e vengono esplosi i fuochi d'artificio.
Verso
le 13.30, mentre la banda musicale esegue brani funebri, il simulacro
della Madonna Addolorata, coperta da un mantello nero, in quanto non ha
ancora appreso la notizia della resurrezione del Figlio, viene portato
nella parte sud del corso Umberto I, davanti alla Chiesa del Rosario.
Le
statue del Cristo Risorto e di San Michele, assieme ai gonfaloni,
vengono sistemati invece davanti alla Villa Comunale, nella parte nord
del corso Umberto I, molto distante dalla statua della Madonna.
Allo
scoccare di un forte botto, dal corso Umberto I iniziano a scendere
verso la Madonna i primi pali, portando la notizia della
Resurrezione. La Madonna tuttavia non crede all'annuncio, e rimane
coperta dal velo nero.
Tocca
quindi alla statua di San Michele, scendere il corso e annunciare la
notizia alla Madonna, attraverso tre solenni inchini. Dopodiché il
simulacro di San Michele risale fino a metà corso (incrocio con Corso
Margherita) dove nel frattempo è stata posizionata la statua del Cristo
Risorto.
Quando
la Madonna apprende definitivamente la notizia della resurrezione del
figlio, esplode la festa e la felicità: il velo nero viene fatto volare
via, scoppiano i fuochi d'artificio (la cosiddetta maschiata)
e la banda musicale intona la tradizionale marcia della
Pasqua di Ribera, una melodia allegra
e sostenuta che caratterizza da sempre la manifestazione.
La
Madonna viene quindi portata di corsa dal Figlio Risorto, accompagnata
da centinaia di persone, disposte a gruppi da 7 a 10 persone, che
saltando e ondeggiando, salgono per il corso.
Quando
i due simulacri si trovano uno di fronte all'altro, vengono fatti
saltare più volte per aria, come a rappresentare una danza, tocca
quindi alla Madonna inchinarsi per tre volte davanti al Figlio Risorto,
accompagnata dalla musica della banda musicale e dagli applausi festanti
della folla.
In
serata i tre simulacri vengono portati in processione per le vie della città, fino ad arrivare di nuovo al corso Umberto I, dove
viene riproposta una versione ridotta di 'ncontru. I tre
simulacri vengono quindi riposizionati nelle rispettive Chiese e la
festa si conclude con il tradizionale spettacolo pirotecnico.
Festa
di San Giuseppe
- La festa di San
Giuseppe ricorre
il 19 marzo, per l'occasione viene allestita la "Straula",
un carro trainato da un asino,
su cui è costruita una torre rivestita di rami d'alloro e
varie forme di pane; al centro di questa torre è collocato un quadro
raffigurante S. Giuseppe.
Ogni
quartiere di Ribera cerca di preparare altari in
onore del Santo dove
i fedeli si riuniscono per pregare. I festeggiamenti sono arricchiti
dalle tavolate di S. Giuseppe,
dove sono presenti piatti tipici che vengono offerti ai Santi,
rappresentati in quel contesto dai tre figuranti che compongono la Sacra
Famiglia.
Arance
di Ribera
Le
valli dell’Arancia di Ribera (detta anche Valle degli Esperidi, per il
paesaggio incantevole, la natura lussureggiante e incontaminata) vengono
definite la Nicchia Ecologica della coltivazione dell’arancia di
Ribera Riberella. In questi luoghi l’ottimale equilibrio tra la natura
del terreno e del clima, l’eccellente qualità delle acque e la
sapiente coltivazione degli agrumicoltori fanno sì che si ottengano le
migliori produzioni di arance bionde di Ribera. In molti considerano
questo frutto un vero dono della natura, al punto da identificarlo con
il pomo aureo del leggendario Giardino delle Esperidi.
Quella
di Ribera è un’arancia bionda, del gruppo Navel, senza semi e dalla
buccia facilmente staccabile dalla polpa, dal gusto gradevolissimo e
croccante, dall’alto contenuto di vitamine (C, A, B, PP), sali
minerali e zuccheri.
Sono
note due varietà: la dulcis, denominata arancia dolce, e quella
denominata “amara”, “forte”, “cedrangolo” o “melangolo”.
L’arancia
dolce, frutto originario della Cina, era nota anche ai Romani già dal I
secolo. L’arancia amara invece è originaria dell’Asia
sud-orientale, coltivata in Arabia dalla fine del IX secolo e in Sicilia
agli inizi dell’XI secolo. Il frutto è spesso usato per ottenerne
canditi; la buccia (zeste) è ottima per la preparazione di liquori e
amari e la polpa per confezionare marmellate e conserve. Le arance sono
divise ancora in base al colore: Pigmentate e Tarocco, una varietà
pregiata, con polpa striata di rosso, solitamente senza semi, adatta sia
per la tavola, sia da spremere. La varietà Moro è un’arancia
sanguigna, con polpa rossa, ricca di succo, particolarmente adatta per
le spremute. La varietà Sanguinello è più piccola e più rossa,
adatta per essere spremuta. Infine vi sono le varietà bionde Navelina e
Washington Navel, di forma ovale, ottime anche per essere consumate
nelle preparazioni agrodolci.