Ribera (Borgo)
(Agrigento)
 

Ribera è conosciuta anche come la "città delle arance". Ha avuto il riconoscimento di "città slow", entrando a far parte della rete internazionale delle "città del buon vivere".

Posizionato su una vasta pianura a 230 m sul livello del mare e distante da questo circa 7 km, Ribera si trova sul percorso della S.S. 115 che va da Trapani a Siracusa. La città è posizionata tra i due fiumi Magazzolo e Verdura che delimita i confini con i comuni di Sciacca e Caltabellotta ad ovest, mentre i confini del territorio con il comune di Cattolica Eraclea sono segnati a sud-est dal fiume Platani. L'altipiano con leggeri pendenze verso sud si estende fino al mare. I terrazzi di origine marina sono intervallati dalle incisioni vallive dove scorrono i fiumi ed i loro affluenti secondari, su terreni di natura argilloso-limoso e calcareo-marnoso. 

L'area comunale si erge su terreni per la maggior parte argillosi del complesso plastico del periodo Miocene inferiore-medio sormontati dai litotipi della formazione gessoso-solfifera, si hanno anche marne calcaree ed argille marnose del Pliocene inferiore, marne argillose cineree e coeve brecce argillose del Pliocene medio-superiore, calcareniti del Pleistocene. I terrazzi marini sono del Quaternario-Pleistocene superiore. Con i suoi 350 m s.l.m. il monte Sara, posto a nord-est del territorio, risulta essere l'unico rilievo significativo.  

Il nome Ribera è una parola spagnola che si può tradurre come "bacino di un fiume" o riviera. Nell'epoca dei primi insediamenti fece pensare alla posizione topografica del Comune, quando in realtà il centro abitato è distante rispetto ai fiumi Verdura e Magazzolo. Successivamente quando Luigi Guglielmo I Moncada prese in sposa Maria Afan de Ribera, fu chiaro a tutti che la scelta di quel nome fu dettata dai sentimenti.

La posizione geografica, il clima favorevole e la presenza costante di acqua, assicurata dai fiumi VerduraMagazzolo e Platani, hanno reso molto fertili le terre del territorio di Ribera, anticamente detto Allava. Così già nel medioevo, molti abitanti dell'antica Caltabellotta vi si recavano per coltivarle, realizzando produzioni variegate: risocotonegranoagrumimandorleolive e numerose varietà di uva, frutta di stagione ed ortaggi.

Ribera è però una cittadina relativamente giovane, le origini si fanno risalire a verso la fine del XVI secolo, quando in un clima di tranquillità, dato dalla fine delle incursioni dei Turchi in Sicilia, molti contadini decisero di abbandonare le rocche fortificate e di trasferirsi in zone con terreni più fertili, molto spesso lasciandosi alle spalle i debiti contratti con i feudatari.

La fondazione di Ribera è datata 1635, quando il Principe di Paternò Luigi Guglielmo I Moncada, possessore di numerosi e vasti feudi, decise di risparmiare le fatiche e le energie che i propri contadini spendevano per recarsi da Caltabellotta ai campi, e di fondare un centro in cui questi si sarebbero trasferiti, rimanendo alle sue dipendenze.

La scelta del luogo della fondazione cadde sulla Piana di Stampaci, chiamato anche Piano di San Nicola (corrispondente più o meno all'attuale quartiere di Sant'Antonino), dal quale era possibile dominare gran parte del territorio e fruire delle sorgenti d'acqua.

La cittadina che si sviluppò attraverso strade larghe e bene allineate, rispettando criteri urbanistici d'avanguardia, venne battezzata con il nome di Ribera, in omaggio alla moglie del Principe Moncada, Maria Afan de Ribera, figlia del Duca di Alcalà.

Secondo l'atto del notaio Vincenzo Scoma, custodito presso l'archivio di Stato di Sciacca, la data di nascita ufficiale di Ribera è il 25 febbraio 1636.

Nel decennio 1640-1650 la popolazione di Ribera fu più che raddoppiata arrivando a 496 persone, così nel 1655 la cittadina ebbe la sua prima Chiesa, intitolata a San Nicola e successivamente a Sant'Antonino.

Nel 1673, il fondatore fu succeduto da Ferdinando Moncada Aragona, Principe di Paternò, di Montalto e di Bivona che sposò Maria Teresa Faxardo Toledo e Portugal, dal quale ebbe una figlia, chiamata Caterina.  

Caterina Moncada sposò Giuseppe Federico Alvarez de Toledo, duca di Ferrandina e marchese di Villafranca, al quale il feudo di Ribera andò in dote nel 1713.

Nel 1736 il feudo passò al loro primogenito, Federico di Toledo Aragona Moncada, fino al 1754, quando venne trasmesso all'erede universale unico della casata, Antonio Alvarez de ToledoDuca di Bivona. A quest'ultimo si devono l'indipendenza da Caltabellotta e l'assegnazione di un territorio che includeva tutti i feudi compresi tra i fiumi Verdura e Magazzolo e tra Calamonaci ed il mare.  

Nel 1841 il Comune, con una produzione di 5000 quintali di riso, fu classificato come il primo centro di produzione di riso della Sicilia e, nonostante le morti dovute al colera, l'abbondanza del lavoro favoriva i matrimoni e l'accrescere della popolazione che contava 5000 persone circa. Il 29 settembre di quell'anno attraverso un Regio decreto, il Comune fu quindi elevato a Pretura di Terza classe.

Con la Rivoluzione indipendentista siciliana del 1848 anche Ribera ebbe un Comitato rivoluzionario guidato da Tommaso Crispi, il cui figlio Francesco diventò rappresentante del Comune di Ribera al Parlamento Siciliano di Palermo.

Dopo lo sbarco dei Mille, venne costituito un Consiglio Civico e successivamente il 10 aprile 1861 il Comune godé per la prima volta delle maggiori libertà amministrative e fu eletto il Consiglio Comunale. In quegli anni vennero soppresse le risaie, fonti di gravi malattie come la malaria. Furono anni in cui la miseria e la fame attanagliarono buona parte della popolazione.  

Dopo la prima guerra mondiale la questione della lotta al latifondo entrò nel vivo anche a Ribera. La popolazione e soprattutto i reduci lamentavano l'assenteismo del Duca di Bivona che da Madrid godeva delle sue ricchezze senza nessun contatto diretto con le proprietà e con i lavoratori.

Nell'estate del 1919, la cooperativa "Cesare Battisti" guidata dal farmacista Liborio Friscia chiese all'Opera Nazionale Combattenti (ONC) l'affitto del latifondo appartenente al duca di Bivona, che era inoltre senatore e grande di Spagna. Arrivato in paese nel gennaio 1920, don Eristano, intenzionato a vendere i propri possedimenti ad un'altra cooperativa, venne sequestrato dai combattenti della "Battisti" per tre giorni nel proprio palazzo, già appartenuto ai propri predecessori. In seguito alla sua liberazione, il duca di Bivona denunciò la violenza subita dai "bolscevichi" di Ribera, facendo intervenire anche il governo di Madrid, e vendette il proprio latifondo alla cooperativa rivale della "Battisti", quella guidata da Antonino Parlapiano, che a sua volta affittò il latifondo a tre cooperative composte da gente appartenente a diverse cosche mafiose. A Ribera è ancora presente il palazzo dei duchi di Bivona, appartenente prima alla famiglia nobile dei Moncada, poi agli Alvarez de Toledo. L'interno è in parzialmente affrescato; in una stanza è presente un dipinto in cui sono raffigurati tutti gli stemmi araldici degli antenati della famiglia Alvarez de Toledo.

Da quel momento Ribera fece un salto in avanti in termini di progresso e di miglioramento economico, con l'affermarsi delle cooperative agricole, con la nascita delle prime banche e con una serie di potenziamenti e razionalizzazioni dell'agricoltura che permetterà a Ribera di affermarsi come uno dei primi centri della Sicilia per produzione di agrumi.

Il 10 dicembre 1940 l'Ente nazionale per la colonizzazione del latifondo inaugurò il borgo rurale intitolato ad Antonio Bonsignore, distante 13 km dal paese e vicino al mare.

Con l'avvento della seconda guerra mondiale Ribera subì diversi bombardamenti, tanto da costringere la popolazione ad abbondare il centro abitato ed a rifugiarsi nelle campagne. I danni furono ingenti, con molti Riberesi che ebbero la casa distrutta o che non videro tornare i propri cari dal fronte.

Il secondo dopoguerra portò un acceso confronto tra i partiti cattolici e quelli socialcomunisti, in cui rivendicazioni sociali, democrazia, repubblica e governo del popolo erano i temi più trattati, tanto da echeggiare in tutte le case.

Le elezioni comunali del 1946 videro il trionfo delle forze di sinistra, ciò consentì l'organizzazione delle occupazioni delle terre incolte, la definitiva fine del latifondo e la ripresa del progresso economico e sociale.

Monumenti e luoghi d'interesse

Dal punto di vista culturale e paesaggistico, Ribera ha molto da offrire ai possibili turisti interessati ad una visita della città. I principali monumenti sono gli edifici sacri e civili fra cui: la casa natale dello statista Francesco Crispi e la settecentesca chiesa madre.  

Architetture religiose

CHIESA MADRE - L’originaria Chiesa Madre, inaugurata nel 1667 e dedicata al Patrono San Nicola da Bari, fu consacrata al culto della Vergine del SS. Rosario nel 1673. 

Nel 1751, per la necessità di una Chiesa più grande, iniziarono i lavori per la realizzazione del nuovo edificio, a croce latina e in stile rococò, che venne inaugurato nel 1760, sebbene non ancora completato nelle rifiniture.  La grande chiesa si arricchì nel tempo dell’altare di San Giuseppe, in legno intarsiato d'oro, e del simulacro dello stesso santo. 

Nel 1907 fu demolito il campanile provvisorio, sostituito solo dopo la guerra da quello progettato dall’architetto Francesco Valenti e realizzato da Benedetto Trapani e Raimondo Lentini. 

Nel 1968, a causa delle forti scosse del terremoto del Belìce, la Chiesa Madre venne gravemente danneggiata e rimase chiusa fino al 1999, anno in cui terminarono i lavori di ristrutturazione che ne permisero la riapertura. 

CHIESA DI MARIA SANTISSIMA IMMACOLATA;

CHIESA DEL ROSARIO (XVIII secolo);

CHIESA DI SAN GIUSEPPE;

CHIESA DI SAN GIOVANNI BOSCO (1950);

CHIESA DI SANTA TERESA DEL BAMBIN GESU' - Inaugurata il 25 dicembre 1945, dopo che nella primavera del 1939 era crollata a poco tempo dalla prima inaugurazione del 2 ottobre 1938;

CHIESA DI SAN PELLEGRINO (XVIII secolo);

CHIESA DELLA BEATA MARIA VERGINE DELLA PIETA';

CHIESA DI SAN NICOLO' DI BARI - Inaugurata il 12 giugno 1987, è stata costruita secondo i principi del Concilio Vaticano II: centralità dell'altareaula e presbiterio senza sbarramenti ed assenza di navata e deambulatorio;

CHIESA DI SAN FRANCESCO;

CHIESA DI SAN DOMENICO SAVIO (Seccagrande);

CHIESA DI SAN PIETRO APOSTOLO (Borgo Bonsignore).

 Architetture civili

La casa del Duca di Bivona è un palazzo dell'XVIII secolo realizzato al tempo del Ducato dei Toledo. Costruito a beneficio del duca di Bivona non venne mai abitato da questi: i veri proprietari furono soltanto i vari amministratori della Ducea.

Nelle vicinanze dell'edificio sono presenti numerosi magazzini del Duca. L'interno del palazzo è in gran parte affrescato: rilevante è un dipinto che rappresenta tutti gli stemmi araldici degli antenati della famiglia Toledo.

Castello di Poggiodiana

A pochi chilometri dal centro abitato sorgono le rovine del trecentesco Castello di Poggiodiana costituite da una torre cilindrica merlata e da una torre quadrata. Il castello era stato edificato per volere di Guglielmo Peralta e successivamente fu di proprietà dei Conti di Luna. Grazie alla sua favorevole posizione, esso domina le gole del Lupo, scavate dal fiume Verdura.

Questo maniero si trova su uno sperone roccioso dove i Normanni, intorno al XII secolo, costruirono una fortificazione per difendere le piccole comunità della zona e le terre da loro conquistate tra il fiume Platani e Caltabellotta.

CastelloPoggiodiana_Torre.jpg (205920 byte)Il Castello, a partire dal Cinquecento, prese il nome attuale in onore della nobildonna Diana Moncada, andata in sposa nel 1511 al conte Gian Vincenzo Luna. La dama lo prediligeva al punto da trascorrervi alcuni mesi dell’anno. Un’area del Castello, tuttora conosciuto con il nome di “piano della Signora”, ricorda come la signora Moncada fosse, oltre che bella e intelligente, anche coraggiosa. Infatti, quando il marito si allontanava per accorrere in aiuto dei suoi alleati, la donna non rientrava a Caltabellotta, ma rimaneva nel Castello e di notte ispezionava le sentinelle poste sulle mura.

La struttura fortificata domina, dall’alto della sua torre, la ripida balza e la profonda valle del fiume Verdura, il cui corso in prossimità del Castello prende un andamento tortuoso e che, scorrendo in una strettissima gola incisa nella roccia calcarenitica, forma tre grandi anse, l’ultima delle quali lambisce il colle di Poggiodiana. 

Il Castello si sviluppa su una pianta irregolare che, coprendo un’area di circa 3000 metri quadrati, segue la conformazione del terreno; è costruito in pietra arenaria da taglio, con piccole finestre rettangolari di stile arabo-normanno, secondo le regole dell’architettura militare dei tempi, con ponte levatoio, ampio cortile quadrilungo, cappella, scuderia, armeria e caserme per la guarnigione. Dell’antico maniero rimangono parte delle mura perimetrali, il bastione angolare e la torre cilindrica di 25 metri di altezza, coronata da caratteristici eccatelli. Due ponti in muratura, di cui sono visibili alcuni ruderi, mettevano in comunicazione le due sponde del fiume vicino.

Necropoli Anguilla

La necropoli della media e tarda età del bronzo (XIII secolo a.C.) è stata rinvenuta nel 1982 a sud dell'abitato di Ribera, in località contrada Anguilla.

È costituita da tombe di due tipi: a grotticella artificiale e a camera. Alcune sono precedute da un "dromos", un corridoio lungo da 1,5 a 5 m da dove si accede alla vera e propria tomba. 

Quest'ultima consiste in una o due camere con volta a cupola (Thòlos), con un gradino sul quale veniva adagiato il defunto e gli oggetti votivi (vasi, anelli, armi, utensili).

Sono le uniche tombe per dimensione e tipologia nella Sicilia occidentale.

Riserva Naturale Foce del fiume Platani

La foce del fiume Platani e i terreni adiacenti, costituiscono la riserva naturale orientata (RNO). La riserva nel tratto di mare possiede la tipica vegetazione dunale. È nell'interno si trovano eucaliptiacacie e pini, che si sovrappongono a specie arbustive spontanee e una cospicua vegetazione mediterranea.

La riserva è stata istituita per tutelare il particolare ecosistema costiero e le numerose specie di uccelli come: l'airone cenerino, il gabbiano reale, l'airone rosso e il falco di palude. Il paesaggio della riserva è completato dalla meravigliosa falesia di Capo Bianco, roccia a picco sul mare, mentre sul pianoro sovrastante si possono ammirare i resti dell'antico teatro greco.

SIC Foce del Magazzolo e Foce del Verdura

Le aree della foce del fiume Verdura e della foce del fiume Magazzolo sono riconosciute come Sito di interesse comunitario (SIC).

Monte Sara

Nel territorio comunale di Ribera si può visitare l'Area attrezzata Monte Sara. Tra le innumerevoli varietà di vegetazione ricopre un particolare interesse per gli studi biologici la Palma nana di origine autoctona.

L'area attrezzata insiste all'interno di un bosco di pini ed eucalipti, con panche e tavoli in pietra locale per un totale di 480 posti a sedere, 10 punti cottura, un campo da bocce e vari servizi di utilità per i visitatori, che ne usufruiscono soprattutto in primavera ed estate. Utili e decorative sono le fontanelle dalle quali sgorga acqua fresca proveniente da una sorgente naturale. Si adatta ad escursioni in mountain bike con una salita di circa 4 km con pendenza media del 6%.

Tradizioni e folclore

Il 6 dicembre ricorrono i festeggiamenti in onore del santo patrono San Nicola.

PASQUA - La Pasqua è la festa più attesa e partecipata dai riberesi. La preparazione alla festa avviene già una settimana prima con la Domenica delle Palme, prosegue per tutta la Settimana Santa e culmina ne lu 'ncontru (l'incontro) nel giorno di Pasqua.

DOMENICA DELLE PALME - Nel giorno della Domenica delle Palme, in tutte le chiese di Ribera viene effettuata la benedizione dei ramoscelli di ulivo e delle palme intrecciate artisticamente e portate soprattutto da bambini. Tradizionalmente le palme ed i ramoscelli d'ulivo benedetti vengono conservati nelle abitazioni, come segno d'augurio e prosperità.

SETTIMANA SANTA - Nei giorni della Settimana Santa vengono allestite diverse manifestazioni. Nella giornata del Giovedì santo i fedeli sono soliti effettuare il giro dei Sepolcri, delle visite per rendere omaggio agli altari preparati nelle varie Parrocchie riberesi.

VENERDI' SANTO - Nella giornata del Venerdì Santo viene commemorata la Passione e la Crocifissione di Gesù attraverso una processione che ha inizio verso le ore 11 e che vede la partecipazione di tutti i Sacerdoti delle Parrocchie di Ribera, dei rappresentanti delle istituzioni e delle autorità che, assieme a tanti fedeli, formano la cosiddetta "Condotta" che accompagna, al suono delle marce funebri intonate della banda musicale, l'urna contenente la statua del Cristo morto al Calvario, posto nella parte alta a nord della città, in prossimità del cimitero. Qui viene effettuata la Crocifissione di Gesù e viene celebrata una Messa all'aperto. 

La statua del Cristo Morto resta in croce fino al tardo pomeriggio, quando viene riposto nell'urna ed assieme alla statua della Madonna Addolorata viene accompagnata a spalla dai fedeli fino alla Chiesa Madre, percorrendo tutto il corso principale della città con una processione molto partecipata chiamata la calata di la Cruci (la discesa dalla Croce).

LU 'INCONTRU DI PASQUA - In lingua siciliana ncontru significa "incontro" e nello specifico rappresenta quello tra la Madonna e Gesù Risorto nella domenica di Pasqua.

La manifestazione si svolge principalmente lungo il Corso Umberto I, cuore del centro storico riberese, che in mattinata si inizia a riempire di migliaia di persone, accorse a godersi lo spettacolo, prendendo d'assalto marciapiedi e balconi.

Mentre la banda musicale gira per il Paese e scoppiano i primi botti dei fuochi d'artificio, iniziano a fare su e giù lungo il corso i gonfaloni (detti li pali), aste di legno a croce, alte e pesanti, che sorreggono un telone decorato con immagini sacre. 

Ogni gonfalone rappresenta un gruppo parrocchiale o un'associazione locale ed è sostenuto da più persone, dietro alle quali corrono gli altri appartenenti al gruppo al grido di "largo, largo!".

I vari gonfaloni formano un corte festante e assieme alla banda musicale si avviano verso la Chiesa di San Pellegrino, dove è custodita la statua di San Michele, che viene prelevata, portata a spalla e aggregata al corteo festante che prosegue per la Chiesa di San Giovanni Bosco, dove si aggrega anche la statua del Gesù Risorto e vengono esplosi i fuochi d'artificio.

Verso le 13.30, mentre la banda musicale esegue brani funebri, il simulacro della Madonna Addolorata, coperta da un mantello nero, in quanto non ha ancora appreso la notizia della resurrezione del Figlio, viene portato nella parte sud del corso Umberto I, davanti alla Chiesa del Rosario.

Le statue del Cristo Risorto e di San Michele, assieme ai gonfaloni, vengono sistemati invece davanti alla Villa Comunale, nella parte nord del corso Umberto I, molto distante dalla statua della Madonna.

Allo scoccare di un forte botto, dal corso Umberto I iniziano a scendere verso la Madonna i primi pali, portando la notizia della Resurrezione. La Madonna tuttavia non crede all'annuncio, e rimane coperta dal velo nero.

Tocca quindi alla statua di San Michele, scendere il corso e annunciare la notizia alla Madonna, attraverso tre solenni inchini. Dopodiché il simulacro di San Michele risale fino a metà corso (incrocio con Corso Margherita) dove nel frattempo è stata posizionata la statua del Cristo Risorto.

Quando la Madonna apprende definitivamente la notizia della resurrezione del figlio, esplode la festa e la felicità: il velo nero viene fatto volare via, scoppiano i fuochi d'artificio (la cosiddetta maschiata) e la banda musicale intona la tradizionale marcia della Pasqua di Ribera, una melodia allegra e sostenuta che caratterizza da sempre la manifestazione.

La Madonna viene quindi portata di corsa dal Figlio Risorto, accompagnata da centinaia di persone, disposte a gruppi da 7 a 10 persone, che saltando e ondeggiando, salgono per il corso.

Quando i due simulacri si trovano uno di fronte all'altro, vengono fatti saltare più volte per aria, come a rappresentare una danza, tocca quindi alla Madonna inchinarsi per tre volte davanti al Figlio Risorto, accompagnata dalla musica della banda musicale e dagli applausi festanti della folla.

In serata i tre simulacri vengono portati in processione per le vie della città, fino ad arrivare di nuovo al corso Umberto I, dove viene riproposta una versione ridotta di 'ncontru. I tre simulacri vengono quindi riposizionati nelle rispettive Chiese e la festa si conclude con il tradizionale spettacolo pirotecnico.

Festa di San Giuseppe - La festa di San Giuseppe ricorre il 19 marzo, per l'occasione viene allestita la "Straula", un carro trainato da un asino, su cui è costruita una torre rivestita di rami d'alloro e varie forme di pane; al centro di questa torre è collocato un quadro raffigurante S. Giuseppe.

Ogni quartiere di Ribera cerca di preparare altari in onore del Santo dove i fedeli si riuniscono per pregare. I festeggiamenti sono arricchiti dalle tavolate di S. Giuseppe, dove sono presenti piatti tipici che vengono offerti ai Santi, rappresentati in quel contesto dai tre figuranti che compongono la Sacra Famiglia.

Arance di Ribera

Le valli dell’Arancia di Ribera (detta anche Valle degli Esperidi, per il paesaggio incantevole, la natura lussureggiante e incontaminata) vengono definite la Nicchia Ecologica della coltivazione dell’arancia di Ribera Riberella. In questi luoghi l’ottimale equilibrio tra la natura del terreno e del clima, l’eccellente qualità delle acque e la sapiente coltivazione degli agrumicoltori fanno sì che si ottengano le migliori produzioni di arance bionde di Ribera. In molti considerano questo frutto un vero dono della natura, al punto da identificarlo con il pomo aureo del leggendario Giardino delle Esperidi.

Quella di Ribera è un’arancia bionda, del gruppo Navel, senza semi e dalla buccia facilmente staccabile dalla polpa, dal gusto gradevolissimo e croccante, dall’alto contenuto di vitamine (C, A, B, PP), sali minerali e zuccheri.

Sono note due varietà: la dulcis, denominata arancia dolce, e quella denominata “amara”, “forte”, “cedrangolo” o “melangolo”.

L’arancia dolce, frutto originario della Cina, era nota anche ai Romani già dal I secolo. L’arancia amara invece è originaria dell’Asia sud-orientale, coltivata in Arabia dalla fine del IX secolo e in Sicilia agli inizi dell’XI secolo. Il frutto è spesso usato per ottenerne canditi; la buccia (zeste) è ottima per la preparazione di liquori e amari e la polpa per confezionare marmellate e conserve. Le arance sono divise ancora in base al colore: Pigmentate e Tarocco, una varietà pregiata, con polpa striata di rosso, solitamente senza semi, adatta sia per la tavola, sia da spremere. La varietà Moro è un’arancia sanguigna, con polpa rossa, ricca di succo, particolarmente adatta per le spremute. La varietà Sanguinello è più piccola e più rossa, adatta per essere spremuta. Infine vi sono le varietà bionde Navelina e Washington Navel, di forma ovale, ottime anche per essere consumate nelle preparazioni agrodolci.