Mazzarino (Borgo)
(Caltanisetta)
  
  

 

Mazzarino sorge su un altipiano alle pendici dei monti Erei, nell'entroterra dell'area sud-orientale della provincia nissena che si affaccia sulla piana di Gela.

Il territorio comunale comprende due exclave: Brigadieci, ad ovest, confinante con ButeraRiesi e l'agrigentino; Gallitano a nord-ovest, confinante con Caltanissetta, Riesi e l'ennese.  

Numerose fonti fanno derivare il nome Mazzarino da Mazzara per deformazione dall'antico toponimo Maktorion (mattatoio). Maktorion (o Maktorium) sarebbe stato un centro indigeno ellenizzato, citato da Erodoto (VII, 53) e che è stato identificato con i resti venuti alla luce nei pressi di Monte Bubbonia, nel territorio di Mazzarino, scavati da Paolo Orsi nei primi del Novecento.

Il centro attuale, invece, si formò in età medievale, nelle adiacenze di un castello edificato tra il XI e XIV.

Nel 1090, in epoca normanna, successivamente alla cacciata degli Arabi dalla Sicilia, la città di Mazzarino venne infeudata e concessa in signoria all'aleramico Enrico del Vasto da parte del Gran Conte Ruggero I d'Altavilla.

Enrico del Vasto arrivato in Sicilia, insieme molti suoi conterranei della Marca Aleramica, per aiutare il condottiero normanno Ruggero d'Altavilla nelle ultime e decisive fasi della guerra contro gli arabi, divenne personaggio di spicco alla corte normanna, allorquando la sorella Adelaide del Vasto sposò il conte Ruggero, oltreché per i vasti possedimenti familiari tra Piemonte e Liguria.

Gli aleramici al seguito di Enrico costituirono il primo flusso migratorio di lombardi (in realtà piemontesi e liguri), che ripopolarono alcuni dei centri della Sicilia centrale, tra cui Mazzarino, Aidone e Piazza Armerina tra l'XI e il XIII secolo. I normanni, infatti, favorirono una politica d'immigrazione della loro gentes, proveniente dalla Francia e dall'Italia settentrionale, attraverso la concessione di privilegi feudali, con l'obiettivo di rafforzare il "ceppo franco-latino" che in Sicilia era minoranza rispetto ai più numerosi greco-bizantini e arabo-saraceni.

Un diploma del 1143, allorquando signore di Mazzarino divenne Manfredo del Vasto, nipote di Enrico, e figlio di Simone, stabilì la concessione alla Diocesi di Siracusa dei proventi e delle rendite derivanti da questo Stato, come ulteriormente confermato da lettere del 1157 sottoscritte dal medesimo feudatario.

Nel 1143 l'aleramico Manfredi, divenne pertanto il primo signore di Mazzarino.

I discendenti di Manfredi del Vasto col tempo patrionimizzarono il nome con quello del loro feudo.

La famiglia conservò il possesso della baronia di Mazzarino fino al 1286, allorquando re aragonese Giacomo I di Sicilia la confiscò al barone Giovanni da Mazzarino, poiché accusato di aver cospirato assieme ad Alaimo da Lentini ed allo zio Adenolfo di Mineo contro la Corona d'Aragona, quando al trono del regno di Sicilia sedeva Pietro il Grande.

Il barone Giovanni, insieme agli altri due imputati di tradimento, venne condannato a morte nel 1287 e gettato in mare.

Con privilegio dato il 31 luglio 1288 il sovrano aragonese concesse la signoria di Mazzarino al nobile messinese Vitale di Villanova.

Nel 1324 il nobile piacentino Raffaele Branciforte sposa Graziana, figlia di Calcerando di Villanova, signore di Mazzarino.

Nel 1393 la contea di Grassuliato venne data in feudo a Nicolò Branciforte, barone di Mazzarino.

La signoria di Mazzarino passò quindi ai Branciforte, famiglia di origine piacentina, attraverso il matrimonio tra Graziana Villanova Palmerio, figlia di Calcerando, con il miles Raffaele Branciforte, figlio di Stefano, Maestro razionale del Regno, che prese investitura del feudo con privilegio del re Federico III di Sicilia il 4 aprile 1325. Al territorio della Contea di Mazzarino venne successivamente annesso il castello di Grassuliato, confiscato a Ruggero Passaneto, ed assegnato a Niccolò Branciforte degli Uberti nel 1392.

Sino al 1818 il territorio del comune di Mazzarino era ricompreso giurisdizionalmente in quello del Vallo di Noto.

In epoca Borbonica, con legge dell'11 ottobre 1817, fu avviata la riforma della suddivisione amministrativa del Regno delle Due Sicilie. La struttura amministrativa del regno si basava su una struttura a 4 livelli. Le divisioni di primo livello erano le provincie. Le province erano suddivise in distretti. I distretti erano suddivisi in circondari. I circondari erano suddivisi in comuni.

Nel 1818 la cittadina entrò a far parte della provincia di Caltanissetta.

La provincia di Caltanissetta era suddivisa in sotto-livelli amministrativi ad essa gerarchicamente dipendenti, ovvero i distretti di CaltanissettaPiazza e Terranova, istituiti nel 1812 con la Costituzione del Regno di Sicilia. I "distretti", a loro volta, erano suddivisi in "circondari", costituiti dai comuni, che rappresentano l'unità di base della struttura politico-amministrativa.

Il circondario di Mazzarino fino al 1860 fece parte del distretto di Terranova.

Con l'occupazione garibaldina e annessione al Regno di Sardegna, nel 1860, il distretto di Terranova venne soppresso.

I Branciforte mantennero il possesso della Contea di Mazzarino fino all'abolizione del feudalesimo avvenuta nel Regno di Sicilia nel 1812, a seguito della promulgazione della Costituzione siciliana concessa dal re Ferdinando III di Borbone.

I Principi di Butera si estinsero a metà XIX secolo, con l'ultima erede del casato, Stefania Branciforte Branciforte (1788-1843), che nel 1805 sposò Giuseppe Lanza Branciforte, ed in conseguenza di ciò tutti i titoli e beni della famiglia Branciforte, tra cui il titolo di Conte di Mazzarino e Grassuliato, pervennero ai Lanza.

Infine, nel 1860 Mazzarino entrò a far parte del Regno d'Italia.

La città di Mazzarino tra il XVI e il XIX secolo fu la capitale di un'entità feudale denominata Contea di Mazzarino e Grassuliato, nota semplicemente come Contea di Mazzarino (o di Mazarino).

Mazzarino fu elevata a rango di contea con Niccolò Melchiorre Branciforte Rosso, che con privilegio dato dal re Ferdinando II d'Aragona il 21 febbraio 1507, esecutoriato il 30 marzo dell'anno medesimo, fu investito del titolo di I conte di Mazzarino.

La Contea di Mazzarino rappresentò sino alla seconda metà del XIV secolo il principale possedimento feudale dei Branciforte.

Fabrizio Branciforte Barresi, V conte di Mazzarino, nel 1580 ereditò dal prozio materno Francesco Santapau Branciforte il Principato di Butera, di cui ebbe investitura nel 1591.

A seguito di ciò i Branciforte si fregiarono del titolo di Principi di Butera, ma ciò nonostante si stabilirono a Mazzarino. In particolare Giuseppe Branciforte, V principe di Butera cambiò l'assetto urbanistico del borgo, conferendogli un aspetto barocco. Vi fece edificare il palazzo baronale, nonché i principali edifici di culto, quali la chiesa e convento di Santa Maria del Carmelo, la chiesa del Santo Spirito e la chiesa di Sant'Anna.

Il suo territorio corrispondeva all'odierno comune di Mazzarino.

Il principe Carlo Maria Carafa Branciforte, succeduto allo zio don Giuseppe Branciforte, tra il 1675 e il 1695, ebbe ruolo centrale nel contribuire a conferire alla cittadina di Mazzarino, che elesse a residenza abituale, uno sviluppo urbanistico tardo-barocco. Ne sono testimonianza i numerosi edifici religiosi con annessi monasteri fatti edificare o portati a compimento dallo stesso principe. Diversi ordini monastici, in quel periodo, si stabilirono nella città di Mazzarino. Il Carafa fece ampliare la dimora dei Branciforte, fondò nella cittadina un teatro e due tipografie, impiantate per la diffusione di pensieri e idee novatrici. Fece giungere a Mazzarino nobili e facoltosi proprietari, finanzieri pisani, genovesi e di altre città, richiamati dai vivaci commerci, mercanti catalani attratti soprattutto dal commercio del grano, umanisti, artisti, ma anche abili artigiani della pietra, del legno e del ferro.

Visitare il borgo

Il centro storico di Mazzarino presenta un impianto urbanistico tipicamente medievale, caratterizzato da strade strette e tortuose. Sviluppatosi progressivamente tra il XV-XVIIl secolo attorno alla residenza dei Branciforte, allorquando essa divenne il fulcro della vita politica, economica e religiosa della città.

In prossimità del principale asse viario, il corso Vittorio Emanuele, sorgono, infatti, i principali monumenti e luoghi di interesse storico artistico, perlopiù architetture chiesastiche e conventuali e i palazzi baronali.

Per le caratteristiche architettoniche tipicamente tardo barocche che caratterizzano i principali monumenti della cittadina, nel 2020 è stato avviato uno studio di fattibilità volto all'inserimento del Comune nel sito UNESCO delle città tardo barocche del Val di Noto, che comprende otto città della Sicilia orientale (Catania, Caltagirone, Militello in Val di Catania, Noto, Ragusa, Modica, Scicli, Palazzolo Acreide), e punta a includere cinque nuovi comuni che presentano caratteristiche, valori e motivazioni comuni: Acireale, Grammichele, Ispica, Mazzarino e Vizzini.  

Duomo di Santa Maria della Neve

L'edificio di culto, il più grande della città per dimensioni, sorge nel centro storico e si affaccia sul corso Vittorio Emanuele, di fronte al palazzo dei Branciforte, Principi di Butera e Conti di Mazzarino, in piazza Angelo Monterosso (detta anche "piazza madrice").

La costruzione della nuova chiesa "madrice" fu voluta dal Principe Carlo Maria Carafa-Branciforte, il quale dispose, nel suo testamento, il lascito della cospicua somma di 1000 scudi "una tantum" per la fabbrica del duomo.

Il duomo venne edificato nello stesso luogo in cui sorgeva l'antica chiesa, risalente al XV sec., dedicata alla Madonna della Neve, gravemente danneggiata dal terremoto del Val di Noto del gennaio 1693.  

Mazzarino, infatti, così come le altre città del Val di Noto e della diocesi di Siracusa, cui faceva parte, ebbe a subire diversi danni agli edifici di culto a causa del terremoto dell'11 gennaio 1693, tra cui l'antica chiesa madre in Sant'Antonio Abate, che divenne presto inagibile, per quanto, come risulta dai registri della chiesa "matrice", il sisma non abbia provocato vittime nella cittadina. Da qui la volontà del Principe di Butera e Conte di Mazzarino, don Carlo Maria Carafa Branciforte, di voler edificare un nuovo e sontuoso edificio per ospitare la nuova chiesa "Matrice".

L'unico documento pervenutoci, riportato dallo storico locale Pietro di Giorgio Ingala, che conferma storicamente i fatti accaduti a Mazzarino a causa del terremoto, consta di una Bolla pontificia, preceduta da una supplica del 1739 del Vescovo di Siracusa Matteo Trigona, in cui si chiedeva al Pontefice Clemente XII la concessione di grazie e privilegi in favore dei fedeli che si fossero cooperati alla riedificazione e restaurazione delle chiese Madri delle città e delle terre della diocesi siracusana, rovinate a causa del predetto terremoto. Fra queste chiese madri (quelle di Noto, Ragusa, Scicli, Militello, Palazzolo, Ferla e altri) era compresa, per l'appunto, quella di Mazzarino.

Stando alle notizie storiche pervenuteci, la progettazione del duomo venne affidata all'architetto gesuita Angelo Italia, in quel periodo trasferitosi a Mazzarino per dirigere i lavori di costruzione del palazzo del conte Adonnino. I disegni originari, tuttavia, sono andati dispersi.

Studi recenti hanno avanzato l’ipotesi, ritenuta plausibile dagli storici, che la costruzione di una nuova e più grande chiesa madre rientrasse già nelle intenzioni del predecessore del Carafa, ovvero il Conte don Giuseppe Branciforte, che avrebbe incaricato del progetto l’architetto e ingegnere lucchese Francesco Buonamici (1596 -1677) trasferitosi in Sicilia tra 1635 e 1657, e comunque entro il 1659, anno del suo definitivo trasferimento a Malta.

Il Buonamici, stando alle fonti pervenuteci, risulta particolarmente attivo in Sicilia tra la prima e la seconda metà del XVII secolo nella progettazione di diversi edifici religiosi tra Palermo, Trapani, Siracusa e Piazza Armerina.

Fu proprio il Buonamici a introdurre l’architettura barocca, appresa nell'ambiente culturale romano, a Malta e in Sicilia (ancor prima del terremoto del Val di Noto) rendendola popolare con i progetti della Chiesa della Circoncisione di Gesù e della Chiesa Collegiata di San Paolo a La Valletta, e della Chiesa di San Giuseppe e Sant'Ignazio di Loyola a Siracusa.

Proprio la vicinanza alla città di Piazza Armerina, ove a metà del '600 l'architetto Francesco Buonamici risulta impegnato nella direzione del cantiere di costruzione della Cattedrale, suggerirebbe la paternità di quest'ultimo del disegno originario del Duomo di Santa Maria della Neve in Mazzarino.

L’attribuzione all'architetto lucchese del progetto iniziale verrebbe ulteriormente avvalorata dalla forte analogia e somiglianza degli elementi decorativi e architettonici utilizzati nella decorazione della facciata, in particolare nel portale, nelle lesene e nei cornicioni, del tutto simili a quelli realizzati dallo stesso Buonamici in alcune chiese tra Siracusa e Malta.

L'architetto Angelo Italia, pertanto, diversamente da quanto riportato dalla storiografia locale, al quanto scarna e incerta, sarebbe intervenuto successivamente, in fase di realizzazione, sul finire del XVII sec. su impulso della committenza del principe Carlo Maria Carafa.

Le vicende legate alla edificazione ebbero, tuttavia, uno sviluppo non sempre lineare, tanto che i lavori si protrassero in modo discontinuo per tutto il '700.

L’attività costruttiva, avviata nel 1694, all'indomani del terremoto, venne interrotta già nel 1736, per essere ripresa nel 1777, e, infine, portata a termine solamente nel 1844, così come riportato dallo storico Pietro di Giorgio Ingala.

Il progetto originario, secondo lo storico, prevedeva una struttura con un'unica navata con volta "a botte" e grandi altari laterali.

Al centro della croce sarebbe dovuta erigersi una grande cupola, ai due lati due torri a campanile, e uno sfarzoso fastigio alla sommità del prospetto con due orologi.

Le difficoltà tecniche, e in parte finanziarie, dovute alla morte prematura del principe Carlo Maria Carafa, avvenuta nel 1695 (appena un anno dopo dall'inizio dei lavori), spinsero ad una rimodulazione del progetto iniziale e, dopo un lungo periodo di fermo, grazie all'impegno finanziario del sac. Andrea Bartolotta, e il contributo delle elemosine del popolo, la costruzione venne portata a compimento, con la modifica l'impianto iniziale da una a tre navate e ribassamento della volta, ad opera dell'architetto Giuseppe Ferrara.

A testimonianza progetto iniziale rimane la grande finestra che avrebbe dovuto illuminare la navata, che adesso si apre al di sopra della copertura, e le finestre laterali a lunetta.

Nel 1744 i muri perimetrali a nord e ad est, in corrispondenza dell'abside e dei transetti subirono un crollo. Ad indagare sulle cause venne incaricato, dal parroco don Giuseppe Timpanello, l'architetto netino Rosario Gagliardi, molto attivo nel Val di Noto a quel tempo, il quale dopo una attenta disamina delle cause che avevano provocato il cedimento, ovvero la presenza di una falda acquifera sotterranea, indicò le necessarie soluzioni tecniche atte a consentire una celere ripresa dei lavori di costruzione del Duomo.

Nel 1777 su impulso del parroco Don Giuseppe Di Giovanni, riprendono i cantieri dell'erigenda chiesa madrice.

L'architetto che si occupò di dirigere l'ultimazione dei lavori fu Giuseppe Ferrara, che ebbe un ruolo importante nella progettazione di diversi monumenti nel Val di Noto, coadiuvato dal capomastro mazzarinese Matteo Buccola.

Gli ultimi lavori in muratura furono eseguiti nel 1844 per volontà del sac. Salvatore Faraci, e riguardarono il pavimento in marmo e gli stucchi delle volte.

Esterno - La facciata, in blocchi di pietra arenaria locale intagliata, è rimasta, in parte, incompiuta, a causa delle difficoltà costruttive e finanziarie.

La facciata, in stile tardo-barocco siciliano, presenta nicchie e riquadri alternate da paraste binate e, in prossimità del portale, da due semicolonne, di coronate da capitelli d'ordine tuscanico a sostegno dell'ampia trabeazione di ordine dorico che divide il primo dal secondo ordine.

La parte centrale del primo ordine è caratterizzata dal complesso binato di paraste e semicolonne e dal coronamento di volute acroteriali simmetriche, che accennano un timpano mistilineo.

Ornano la facciata sei nicchie, incorniciate da motivi barocchi e sormontate da timpani semi circolari a sesto ribassato, di cui quattro nel primo ordine e due nel secondo ordine, al di sopra della trabeazione e del cornicione, che avrebbero dovuto ospitare statue di santi o busti. Parimenti nel primo ordine sono presenti cinque riquadri incorniciati su cui si ergono antefisse a palmizi inversi, per inscrizioni o bassorilievi non più eseguiti.

Nella parte sommitale sul lato destro è presente un grande bassorilievo rappresentante la creazione di Adamo ed Eva, sul lato sinistro, invece, non fu realizzato il corrispondente che, stando alle fonti, avrebbe dovuto raffigurare Caino e Abele.

Il duomo presenta una pianta longitudinale a croce latina rivolta a ponente. Ha tre ingressi, il maggiore in corrispondenza del prospetto principale, su un livello rialzato rispetto al piano stradale, che si apre sull'ampia scalinata di piazza Angelo Monterosso, con portale barocco ad arco a tutto sesto sormontato da un fastigio arzigogolato, con giri di fasce, che incornicia un medaglione, e figure laterali fitomorfe e antropomorfe a finimento. Sopra la cornice si erge un riquadro, affiancato da pissidi acroteriali su plinti e con una cornice con cartelle agli angoli superiori e volute ai lati e sormontata da un timpano a sesto ribassato.

Gli altri due ingressi, su altrettanti scalinate sono rivolti a nord e a sud, direttamente sul corso Vittorio Emanuele Il parroco Don Giuseppe Timpanello fece installare a sue spese la grande campana e il mezzobusto in marmo di don. Andrea Bartolotta, cui si deve il completamento del duomo.

Interno - Il duomo presenta una struttura architettonica di tipo basilicale, a tre navate, con volta a botte lunettata in quella centrale, e a falsa cupola su base quadrata, in quelle laterali, divise da dieci arcate, per campata, cinque a destra e cinque a sinistra, a tutto sesto, sorrette da pilastri a sezione quadrata decorati da paraste scanalate e sormontate da capitelli in stile corinzio.

La volta della navata centrale presenta stucchi con motivi floreali e festoni, e cornicioni con modanature dentellate. Al centro della volta vi sono dei riquadri con dipinti ad acquerello raffiguranti la predicazione di Gesù, realizzati dal pittore palermitano Tasca, nell'ordine a partire dall' ingresso:

- le nozze di Cana in Galilea;

- l'assoluzione dell'adultera;

- il paralitico guarito nella piscina;

- la Samaritana;

- L'assunzione della Vergine Maria;

Nella volte dei transetti sono dipinti: il naufragio di San Pietro e l'Ultima cena;

Nei pennacchi della falsa cupola sono raffigurati i quattro evangelisti.

Le navate laterali, invece, presentano volte "a cupola" in corrispondenza delle cappelle absidate semicircolari ricavate nella spessa muratura perimetrale.

Navata di destra

- Il primo altare della navata di destra è dedicato a Santa Filomena;

- il secondo riccamente decorato con stucchi dai fratelli Fantauzzi di Barrafranca, e con lampadari in vetro di Murano, è dedicato alla Madonna di Lourdes;

- il terzo con un ricco altare in marmi policromi, a Sant'Antonio da Padova, con statua del santo in una nicchia;

- il quarto alla natività di Gesù con tela di ignoto autore siciliano del XVII sec;

Negli absidi semicircolari dei transetti sono presenti due altari; quello del transetto di destra è dedicato a San Pietro, con una grande tela di Jacopo Tinnirello, raffigurante l'apostolo nell'atto di ricevere le chiavi dal Cristo. Quello di sinistra, invece, al Santissimo Sacramento.

L'altare maggiore - Nell'abside semicircolare è collocato l'altare maggiore, in marmi policromi, realizzato nel 1881, dal marmista Antonino Piazza, a spese parroco Nazareno Faraci; venne consacrato da Monsignor Gaetano Quattrocchi, Vescovo di Mazara del Vallo, l'8 marzo 1896.

L'altare maggiore è sormontato da una antica e già preesistente tela della Madonna della Neve, alla quale il duomo è dedicato, di ignoto autore seicentesco.

Sempre nel presbiterio, ai due lati sono collocate due tele seicentesche del pittore fiorentino Filippo Paladini raffiguranti uno l'adorazione dei Re Magi, l'altro Santa Sofia e San Francesco provenienti dalla chiesa demolita di Santa Sofia.

Nella cantoria a destra, è collocato l'antico organo a canne del 1745.

Navata di sinistra

- Il primo altare di sinistra è invece dedicato al battesimo di Gesù e contiene l'antico fonte battesimale circondato da una balaustra in ferro battuto,

- il secondo è dedicato a Sant'Alfonso de Liguori con tela del santo;

- il terzo a Sant'Antonio Abate;

- il quarto al santissimo Crocifisso e all'Addolorata.

Le tele, di scuola pittorica siciliana, sono databili tra XVI - XVIII sec.

Nel transetto di sinistra, invece, è collocato un pregevole altare in legno intarsiato cristalli dorati e colorati, realizzato dal ebanista locale, Santi Rigano, alla fine dell'800, e dedicato al Santissimo Sacramento.

Nell'abside del transetto di destra è collocato il mausoleo funebre, in finissimo marmo bianco di Carrara, di Monsignor Gaetano Quattrocchi, mazzarinese e Vescovo di Mazara del Vallo.

Gli undici lampadari di cristallo della navata centrale e il grande lampadario della cupola, nonché quelli in vetro di Murano delle cappelle furono appesi nel 1876, a spese del popolo mazzarinese

L'organo a canne della "Premiata Fabbrica D`Organi di Damiano Polizzi e figli" - In controfacciata, nella cantoria, al di sopra del ingresso principale, è collocato il grande organo a canne realizzato nei primi anni dell'900 dai maestri organari Damiano Polizzi Caltanissetta 1836-1911) e dal figlio Michele Polizzi (Caltanissetta 1861 - Modica 1936), collaboratore, quest'ultimo, di Casimiro Allieri della “Regia Fabbrica Nazionale Privilegiata d’Organi Fratelli Serassi" di Bergamo, che realizzarono diversi organi in Sicilia tra cui l’organo della Chiesa Madre di Rosolini (SR), della Chiesa S. Maria La Nova in Scicli (RG), della Chiesa Santa Maria Maddalena in Buccheri (SR), della Cattedrale di Siracusa, della Chiesa Madre di San Pietro in Modica (RG), della Chiesa San Francesco all’Immacolata in Messina, della Chiesa San Francesco d’Assisi in Trapani, del Santuario Maria SS. Ausiliatrice in Adrano (CT).

Il coro ligneo - Nel presbiterio, ai lati dell'altare maggiore è presente un artistico coro ligneo per canonici realizzato ad intarsio dall'ebanista mazzarinese Santi Rigano nel 1872.

Nelle 36 spalliere delle sedie dei canonici sono rappresentate, in bassorilievo, le principali scene bibliche dell'antico e del nuovo testamento.

Nel piano in basso a destra si trovano i riquadri dell'antico Testamento:

1. Creazione dell'uomo e della donna; 2. Diluvio universale; 3. Sacrificio d'Abramo; 4. Isacco che benedice Giacobbe invece di Esaù; 5. Sogno di Giacobbe; 6. Giuseppe venduto dai fratelli; 7. Giuseppe fatto viceré d'Egitto; 8. Famiglia di Giacobbe in Egitto; 9. Mosè salvato dalle acque.

Nel piano inferiore di sinistra continuano i riquadri:

10. Passaggio del Mare Rosso; 11. La Manna del Deserto ; 12 II Vitello d'oro; 13. Caleb e Giosuè col grappolo d'uva della terra promessa; 14. Gedeone che ferma il sole; 15. Sansone che uccide i Filistei, 16. Davide che uccide il gigante Golia; 17. Assalonne trafitto da Gioab; 18. Il Giudizio di Salomone.

Nel piano superiore, a cominciare dal lato destro, si ritrovano, in altrettanti bassorilievi, i principali fatti del Nuovo Testamento ovvero:

1. L'Annunciazione di Maria Vergine; 2. la Natività di Gesù Cristo; 3. la Circoncisione; 4. la Strage degli Innocenti;5. la Disputa di Gesù fra i dottori; 6. il Battesimo di Gesù 7. Gesù nel Deserto; 8. le Nozze di Cana; 9. la Trasfigurazione.

Nel piano superiore a sinistra seguono:

10. Lazzaro risuscitato; 11. Solenne ingresso di Gesù in Gerusalemme; 12. L'ultima Cena; 13. Gesù all'orto di Getsemani; 14. Gesù innanzi a Pilato; 15. Sepoltura di Gesù; 16. Risurrezione; 17. Apparizione di Gesù a S. Tommaso apostolo e 18.L'Ascensione di Gesù al Cielo.

Come finimento dei 18 seggi dei piani superiori si trovano i medaglioni dei dodici Apostoli, dei quattro Evangelisti, di San Giuseppe e della Madonna.

Basilica-santuario di Maria Santissima del Mazzaro

La Basilica - Santuario di Maria Santissima del Mazzaro o di Santa Maria Maggiore è uno dei principali luoghi di culto cattolico della città. Vi si venera la Madonna delle Grazie, Patrona della città, sotto il titolo del "Mazzaro". La Basilica sorge nel centro storico della cittadina siciliana, nella estremità nord-orientale del corso Vittorio Emanuele.

L'edificio è un tipico esempio di architettura tardo-barocca, diffusasi nel territorio della diocesi di Siracusa e del Val di Noto, cui Mazzarino amministrativamente apparteneva, nel periodo successivo al terremoto del 1693.

Fu progettata nel 1739 dall'architetto siracusano Natale Bonajuto detto "Santuccio", su interessamento del frate cappuccino servo di Dio Reverendo Padre Ludovico Napoli da Mazzarino (27 giugno 1708 - 23 aprile 1764).

Le spese per la costruzione del tempio vennero sostenute quasi interamente dal popolo di Mazzarino e con i proventi delle rendite fondiarie apparteneti alla chiesa. Mentre la facciata venne in gran parte finanziata da una cospicua donazione del cav. Luigi Sortino Orsini, Capitano dei Granatieri di Siracusa.

La chiesa ha dignità di Basilica minore e di santuario mariano diocesano.  

Le vicende storiche legate alla Basilica del "Mazzaro" hanno origine 16 settembre 1125 allorquando, secondo una leggenda popolare, all'interno di una grotta sotterranea, proprio nel luogo in cui successivamente fu eretta la chiesa, il pastore di un gregge rinvenne un dipinto raffigurante la Madonna delle Grazie tra le Sante martiri siciliane Agata e Lucia e un crocifisso, illuminati da una lampada votiva.  

La storiografia locale narra che tali oggetti sacri furono sotterrati per evitarne la distruzione, a seguito dell'editto iconoclasta del 730 d.C. del imperatore di Costantinopoli Leone III detto l'Isaurico.  

Sul luogo del ritrovamento fu edificata per volere del marchese Enrico del Vasto, signore delle città di Mazzarino e di Noto, una cappella, per accogliere la sacra icona, subito proclamata dal popolo patrona del luogo, ed esporla alla venerazione col titolo di Nostra Signora del Màzzaro, in riferimento proprio al luogo del ritrovamento.

Nel 1154 il conte Manfredi del Vasto, figlio di Simone, divenuto nel frattempo nuovo signore della contea, decise di edificare una chiesa più grande ed elegante.

Tale seconda chiesa, come riportato dallo storico Pietro di Giorgio Ingala, era costituita da unica navata, e in stile greco-normanno. Ad essa vi si accedeva per il tramite di un portale di ingresso con arco a sesto acuto, tipico dell'epoca. La struttura, inoltre, diversamente da quella attuale, era rivolta a sud. L'edificio, infine, secondo le fonti, occupava circa i due terzi della Basilica attuale.

In nuovo edificio, così costruito, venne consacrato dal vescovo di Otranto, Girolamo, nel aprile del 1154, essendo vacante la sede episcopale di Siracusa, dalla cui giurisdizione dipendeva la contea di Mazzarino.

Il conte Manfredi, all'atto della solenne consacrazione donò alla chiesa cospicue rendite per il mantenimento della stessa.

Una lapide posta all'ingresso della basilica ricorda tale avvenimento:

«SACRATISSIMAE IMMAGINI B. V. MARIAE DE MÀZARO HUJUS URBIS PATRONAE REPERTAE MIRE CIRCA ANNUM MCXXV HIC REPERTAE TEMPLUM CULTUMQUE EREXIT, LARGITER DOTAVIT, CONSECRARIQUE FECIT PER HYERONIMUMI QUENDAM IIYDRUNTINUM EPISCOPUM ANNO M. C. LIV MANFREDUS SIMEONIS POLICASTRI COMITIS FILIUS BINA DEINCEPS LABE DIFFRACTUM BISQUE RESTAURATU TERTIO TANDEM RUINOSUM A FUNDAMENTIS REFECTUM SUB ASSIDUIS BIUTURNISQUE CURIS R. P. LUDOVICI INDIGENAE, ORDINIS CAPUCCINORUM POPULI MAZARINENSIS AERE SUO ET LABORE AUCTIUS ORNATIUSQUE PERFECTUM ANNO M. DCC.LXXII.»

La volta dell'antica chiesa, secondo le fonti, era realizzata con grosse travi arabescate e dorate, ed era illuminata da finestre con archi di tipo ogivale.

La chiesa, tuttavia, per la vetustità della struttura subì ingenti danni a causa del terremoto del Val di Noto del 11 gennaio del 1693, rimanendo inagibile per diversi anni.  

L'attuale costruzione, la terza in ordine di tempo, si deve all'opera apostolica del Reverendo Ludovico Napoli, mazzarinese padre provinciale cappuccino, che di adoperò presso la curia vescovile di Siracusa (retta dal Vescovo Matteo Trigona) e presso il popolo a reperire le risorse necessarie per la fabrica anche mediante donazioni, oboli e il lavoro manuale di murufabri e maestranze locali.

Il progetto venne commissionato all'architetto Natale Buonajuto da Siracusa, nel 1739, in stile tardo - barocco siciliano.  

I lavori di costruzione del nuovo edificio furono avviati nello stesso anno, e si conclusero nel 1782.

Sebbene la chiesa risulti completa e fruita già dal 1762, la pavimentazione in riggiole di Caltagirone sarà collocata nel 1775.

Nel 1782 fu completata la facciata, grazie alla donazione del cav. Luigi Sortino Orsini, che ne consentì il completamento.

Lo scudo di pietra posto sopra il portone principale riporta la scritta sumptibus populus 1782, a testimonianza del fatto che le spese per la costruzione del edificio furono interamente sostenute dal popolo, anche attraverso il lavoro manuale, come promesso alla Madonna, in occasione della terribile siccità del 1736.  

Completata la costruzione nel 1782, la stessa, rimase, tuttavia, priva di decorazioni e ornamenti interni per oltre mezzo secolo, seppure già adibita al culto. Le rifiniture in stucco, infatti, furono realizzate soltanto nella prima metà dell'Ottocento nel 1847 ad opera del palermitano Giuseppe Utveggio, con elementi decorativi a motivi floreali e festoni, con la esecuzione degli affreschi del palermitano Giuseppe Carta nel 1855 e infine con gli affreschi dipinti dal palermitano Pasquale Conti nel 1864.

Nel 1855, terminati i lavori di abbellimento del tempio si svolse una solenne processione e il quadro della Vergine, temporaneamente custodito nella vicina chiesa di Sant'Antonio Abate, venne ricollocato sull'altare maggiore della basilica.

Nel 1874 il comitato dei festeggiamenti patronali commissionò allo scultore palermitano Vincenzo Genovese la statua lignea della Madonna del Mazzaro, che venne consegnata nell'agosto del 1875.

Il 13 settembre 1876 monsignor Saverio Gerbino consacrò le corone di argento della statua della Madonna e del Bambino Gesù.

Nel 1881 fu realizzato il nuovo altare maggiore, in marmi policromi, dal marmista Antonino Piazza su disegno di Giuseppe Giunta-Bartoli, dopo che il precedente, in legno, fu distrutto da un incendio. Il nuovo altare ebbe un costo di cinquemila lire. Una lapide marmorea dietro altare, porta la seguente epigrafe:

«Altare hoc Antoninus Piazza Hujus civitatis Mazareni Costruxit anno 1881»

Ultimati i lavori di ornamento interno, la basilica venne solennemente consacrata, 729 anni dopo la prima del 1154, alla Vergine Santissima delle Grazie, sotto la protezione dei martiri Benedetto, Attanasio, Agata e Lucia, il 2 luglio 1883 dal Vescovo della diocesi di Piazza Armerina Saverio Gerbino.

Una lapide posta all'ingresso ne ricorda l'evento.

«TEMPLUM HOC QUONDAM RESTAURATUM, ET IN DIE 2,JULII 1883 CONSECRATUM CURA REV.DI SAC.TIS ROCHI GIUJUSA, UTI PROCURATORIS IPSIUS; AD PERPETUAM REI MEMORIAM, ILL.MUS ET REV.MUS D. D. XAVERIUS GERBINO UT EPISCOPUS CONSECRATOR SEQUENTEM DECLARATIONEM IPSIUS LAPIDI SCRIBERE MANDAVIT ANNO MDCCC.LXXXIII DIE II MENSIS JULII, EGO D.R D. XAVERIUS GERBINO EPISCOPUS PLATIENSIS CONSECRAVI ECCLESIAM ET ALTARE MAJUS IN HONOREM BEATAE VIRGINIS SUB TITULO GRATIARUM (Vulgo del Màzzaro) ET IN HONOREM SANCTORUM M.RUM S. BENEDICTI, S. ATHANASII, S. LUCIAE ET S. AGATHAE QUORUM RELIQUIAS, SIMUL CUM ILLA EX SEPULCRO BEATAE MARIAE VIRGINIS, INCLUSI INTRA SEPULCRUM PRA EDICTI ALTARIS ET STATUI UT IN DOMINICA IV MENSIS JULII CUIUSCUMQUE ANNI, OFFICIUM CUM OCTAVA DEDICATIONIS HUIUS ECCLESIAE CELEBRARETUR, FIRMITER OBSERVATIS RUBRICIS GENERALIBUS BREVIARII ET MISSALIS ROMANI, ITEM CONCESSI SINGULIS CHRISTIFIDELIBUS IN DIE ANNIVERSARIO CONSECRATIONIS HUJUSMODI IPSUM VISITANTIBUS QUADRAGINTA DIES DE VERA INDULGENTIA IN FORMA ECCLESIAE CONSUETA. DATUM MAZARENI IN DECURSU SACRAE VISITATIONIS DIE ET ANNO SUPRADICTIS XAVERIUS EPISCOPUS»  

In occasione dell'anno giubilare del 1900, il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Gaetano Quattrocchi, originario di Mazzarino, incoronò il quadro della Vergine.

Nel 1924 il vescovo di Piazza Armerina monsignor Mario Sturzo , con decreto vescovile del 21 novembre, istituì la parrocchia di Santa Maria Maggiore, sino a quella data, infatti, il tempio era una chiesa suffraganea per l'amministrazione dei Sacramenti della Chiesa Chiesa Madre di Santa Maria della Neve.

Tra il 1973 e il 1975 con diversi cantieri sono eseguiti lavori di ammodernamento, con rifacimento del sagrato e la sistemazione dei locali sottostanti la chiesa.

Nel 1978 il vescovo di Piazza Armerina Sebastiano Rosso ha dichiarato il tempio Santuario mariano diocesano.

Negli anni '90 e nei primi anni 2000 su interessamento della Soprintendenza per i Beni Culturali della Regione Siciliana sono stati eseguiti importanti lavori di consolidamento delle fondamenta e di restauro delle navate.

Nel 2006 Papa Benedetto XVI l'ha elevata alla dignità di basilica minore con vincolo di affiliazione alla basilica papale di Santa Maria Maggiore in Roma.  

Descrizione - La basilica di Maria Santissima del Mazzaro ha un impianto a croce latina, con abside e presbiterio, retti e non aggettanti in corrispondenza della navata centrale e due altari, laterali, in corrispondenza dei transetti.

La costruzione presenta uno sviluppo longitudinale rivolto a ponente, e si affaccia sul sagrato semicircolare, in pietra calcarea locale, in corrispondenza della piazza Regina del Mazzaro.

Esterno - La facciata settecentesca della basilica è realizzata in blocchi di pietra arenaria locale intagliata e squadrata.

Lo stile è un tipico esempio di tardo barocco siciliano e presenta uno sviluppo piramidale, molto diffuso nelle architetture chiesastiche del Val di Noto.

La facciata è suddivisa in tre ordini da cornicioni aggettanti e marcapiani con modanature, ed è alternata da lesene binate in prossimità del portone centrale, sormontate da capitelli corinzi.

Nel primo ordine si trovano i tre ingressi, corrispondenti alle tre navate, alternati da due coppie di paraste. I tre portoni sono sormontati da portali con timpano semi circolare a sesto ribassato.

I tre portoni bronzei sono stati installati tra il 1980 e il 2014, e riportano le impronte delle mani degli ultimi tre papi( San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco).

Il secondo ordine, al di sopra del cornicione, è occupato dal finestrone, che illumina la navata centrale, sormontato da un timpano spezzato e affiancato da due coppie di lesene e alle due ali estreme due volute a ricciolo. Il terzo ordine è occupato dalla vela campanaria, con tre celle con archi a tutto sesto ospitanti le tre campane bronzee di fine '800 della fonderia Gerbino di Caltagirone.

Interno - Lo spazio liturgico interno è suddiviso in tre navate da dieci arcate sorrette da dieci pilastri a sezione quadrata, cinque per la navata di destra e cinque per la navata di sinistra, abbelliti con decorazioni in stucco, e ricoperte con lesene e paraste, sormontate da capitelli di ordine corinzio, che sorreggono il cornicione di finimento con modanature dentellate, che riportano motivi floreali, opera realizzata dell'artista palermitano Giuseppe Utveggio nel 1847.

Navata centrale - La volta a lunetta della navata centrale è in incannucciato, ed è decorata con stucchi che riportano motivi floreali e alternanze cromatiche, al centro vi sono dei riquadri, dipinti dal pittore palermitano Giuseppe Carta, che ripercorrono le pricipali vicende storiche della basilica sin dal ritrovamento dell'icona.

- Nel primo riquadro è raffigurato il ritrovamento del quadro della Vergine del "Mazzaro" , tra lo stupore dei presenti;

- nel secondo la prima processione dell'icona subito dopo il ritrovamento;

- nel terzo riquadro la consacrazione della chiesa, nel 1154, da parte del vescovo di Otranto, Girolamo e il Marchese Enrico del Vasto;

- nel quarto sono raffigurati i lavori di costruzione della nuova basilica del 1763, con il padre cappuccino Ludovico Napoli che raccoglie gli oboli tra il popolo;

- nel quinto riquadro, infine, la solenne processione del 1855 a termine dei lavori di abbellimento della chiesa.

Nei pennacchi della falsa cupola sono raffigurati: San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e San Gregorio Magno opera di Pasquale Conti da Palermo, che dipinse pure l'annunciazione e la visitazione della Vergine.

Le navate laterali, in corrispondenza delle campate, presentano la volta a falsa cupola su base quadrata.

Tutti gli altari espongono tele di scuola pittorica siciliana databili tra il XVII-XVIII sec.

Navata di destra

- Nella prima campata di destra: altare con tela dedicato al transito di Maria;

- nella seconda campata: altare con un dipinto della Sacra famiglia;

- nella terza: altare dedicato a Sant'Orsola con tela della santa;

- nella quarta: altare con tela di Domenico Provenzani, del 1872, all'assunzione della Vergine;

- nella quinta: altare nel transetto di destra, in una nicchia presenta una statua del Sacro Cuore di Gesù.

Navata di sinistra - La navata di sinistra ha sei altari:

- nella prima campata di sinistra è collocato il fonte battesimale, racchiuso da un cancelletto in ferro, con tela del battesimo di Gesù di Giuseppe Perno Moscato;

- nella seconda campata: altare con tela dedicato a San Silvestro Papa;

- nella terza: altare dedicato all'evangelista San Marco, con tela del Santo;

- nella quarta: altare con tela della Vergine "rifugio dei peccatori" di pittore ignoto;

- nella quinta: altare dedicato a San Biagio;

Il sesto altare, in marmo, nel transetto custodisce il Crocifisso ligneo rinvenuto nel 1125.

Nel 1868 a spese dei chierici, dei macellai e del popolo furono installati i quindici lampadari di cristallo che adornano la navata centrale e i transetti.

Negli anni '70 del XX sec. è stato rifatto il pavimento in marmo di Carrara in sostituzione del precedente ormai logoro.

L'organo a canne della "Premiata fabbrica D'Organi Damiano Polizzi e figli da Caltanissetta" - Nella cantoria in muratura posta a sinistra nell'abside in cornu evangelii è collocato l'organo a canne realizzzato nel 1926 dalla Premiata fabbrica D'Organi Damiano Polizzi e figli da Caltanissetta. 

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