Mazzarino
sorge su un altipiano alle
pendici dei monti
Erei, nell'entroterra dell'area sud-orientale della provincia
nissena che si affaccia sulla piana
di Gela.
Il
territorio comunale comprende due exclave:
Brigadieci, ad ovest, confinante con Butera, Riesi e
l'agrigentino;
Gallitano a nord-ovest, confinante con Caltanissetta,
Riesi e l'ennese.
Numerose
fonti fanno derivare il nome Mazzarino da Mazzara per
deformazione dall'antico toponimo Maktorion (mattatoio). Maktorion (o Maktorium)
sarebbe stato un centro indigeno ellenizzato, citato da Erodoto (VII,
53) e che è stato identificato con i resti venuti alla luce nei pressi
di Monte
Bubbonia, nel territorio di Mazzarino, scavati da Paolo
Orsi nei primi del Novecento.
Il
centro attuale, invece, si formò in età
medievale, nelle adiacenze di un castello edificato
tra il XI e XIV.
Nel
1090, in epoca
normanna, successivamente alla cacciata degli Arabi
dalla Sicilia, la città di Mazzarino venne infeudata e concessa
in signoria all'aleramico Enrico
del Vasto da parte del Gran
Conte Ruggero I d'Altavilla.
Enrico
del Vasto arrivato in Sicilia,
insieme molti suoi conterranei della Marca
Aleramica, per aiutare il condottiero normanno Ruggero d'Altavilla
nelle ultime e decisive fasi della guerra contro gli arabi, divenne
personaggio di spicco alla corte normanna, allorquando la sorella Adelaide
del Vasto sposò il conte Ruggero, oltreché per i vasti
possedimenti familiari tra Piemonte e Liguria.
Gli aleramici al
seguito di Enrico costituirono il primo flusso migratorio di lombardi (in
realtà piemontesi e liguri), che ripopolarono alcuni dei centri della
Sicilia centrale, tra cui Mazzarino, Aidone e Piazza
Armerina tra l'XI e
il XIII
secolo. I normanni, infatti, favorirono una politica
d'immigrazione della loro gentes, proveniente dalla Francia e dall'Italia
settentrionale, attraverso la concessione di privilegi feudali,
con l'obiettivo di rafforzare il "ceppo franco-latino" che in
Sicilia era minoranza rispetto ai più numerosi greco-bizantini e arabo-saraceni.
Un
diploma del 1143, allorquando signore di Mazzarino divenne Manfredo
del Vasto, nipote di Enrico, e figlio di Simone,
stabilì la concessione alla Diocesi
di Siracusa dei proventi e delle rendite derivanti da questo
Stato, come ulteriormente confermato da lettere del 1157 sottoscritte
dal medesimo feudatario.
Nel 1143 l'aleramico Manfredi,
divenne pertanto il primo signore
di Mazzarino.
I
discendenti di Manfredi
del Vasto col tempo patrionimizzarono il
nome con quello del loro feudo.
La
famiglia conservò il possesso della baronia di Mazzarino fino al 1286,
allorquando re aragonese Giacomo
I di Sicilia la confiscò al barone Giovanni da Mazzarino,
poiché accusato di aver cospirato assieme ad Alaimo
da Lentini ed allo zio Adenolfo di Mineo contro
la Corona
d'Aragona, quando al trono del regno
di Sicilia sedeva Pietro il
Grande.
Il
barone Giovanni, insieme agli altri due imputati di tradimento, venne
condannato a morte nel 1287 e
gettato in mare.
Con
privilegio dato il 31 luglio 1288 il
sovrano aragonese concesse la signoria di Mazzarino al nobile messinese
Vitale di Villanova.
Nel 1324 il
nobile piacentino Raffaele Branciforte sposa Graziana, figlia di
Calcerando di Villanova, signore di Mazzarino.
Nel 1393 la
contea di Grassuliato venne data in feudo a Nicolò Branciforte, barone
di Mazzarino.
La
signoria di Mazzarino passò quindi ai Branciforte,
famiglia di origine piacentina,
attraverso il matrimonio tra Graziana Villanova Palmerio, figlia di
Calcerando, con il miles Raffaele Branciforte, figlio di
Stefano, Maestro razionale del Regno, che prese investitura del feudo
con privilegio del re Federico
III di Sicilia il 4 aprile 1325. Al territorio della Contea
di Mazzarino venne successivamente annesso il castello di Grassuliato,
confiscato a Ruggero Passaneto, ed assegnato a Niccolò Branciforte
degli Uberti nel 1392.
Sino al
1818 il territorio del comune di Mazzarino era ricompreso
giurisdizionalmente in quello del Vallo
di Noto.
In
epoca Borbonica, con legge dell'11 ottobre 1817,
fu avviata la riforma della suddivisione amministrativa del Regno
delle Due Sicilie. La struttura amministrativa del regno si
basava su una struttura a 4 livelli. Le divisioni di primo livello erano
le provincie. Le province erano suddivise in distretti. I
distretti erano suddivisi in circondari. I circondari erano suddivisi in
comuni.
Nel
1818 la cittadina entrò a far parte della provincia
di Caltanissetta.
La provincia
di Caltanissetta era suddivisa in sotto-livelli
amministrativi ad essa gerarchicamente dipendenti, ovvero i distretti di
Caltanissetta, Piazza e Terranova, istituiti
nel 1812 con
la Costituzione
del Regno di Sicilia. I "distretti",
a loro volta, erano suddivisi in "circondari",
costituiti dai comuni,
che rappresentano l'unità di base della struttura
politico-amministrativa.
Il
circondario di Mazzarino fino al 1860 fece parte del distretto
di Terranova.
Con
l'occupazione garibaldina e
annessione al Regno
di Sardegna, nel 1860, il distretto di Terranova venne soppresso.
I
Branciforte mantennero il possesso della Contea
di Mazzarino fino all'abolizione del feudalesimo avvenuta
nel Regno
di Sicilia nel 1812, a seguito della promulgazione della Costituzione
siciliana concessa dal re Ferdinando
III di Borbone.
I
Principi di Butera si estinsero a metà XIX
secolo, con l'ultima erede del casato, Stefania Branciforte
Branciforte (1788-1843), che nel 1805 sposò Giuseppe Lanza Branciforte,
ed in conseguenza di ciò tutti i titoli e beni della famiglia
Branciforte, tra cui il titolo di Conte di Mazzarino e Grassuliato,
pervennero ai Lanza.
Infine,
nel 1860 Mazzarino
entrò a far parte del Regno
d'Italia.

La città
di Mazzarino tra il XVI e
il XIX
secolo fu la capitale di un'entità feudale denominata Contea
di Mazzarino e Grassuliato, nota semplicemente come Contea di Mazzarino
(o di Mazarino).
Mazzarino
fu elevata a rango di contea con Niccolò
Melchiorre Branciforte Rosso, che con privilegio dato dal re Ferdinando
II d'Aragona il 21 febbraio 1507, esecutoriato il 30 marzo
dell'anno medesimo, fu investito del titolo di I conte di
Mazzarino.
La
Contea di Mazzarino rappresentò sino alla seconda metà del XIV
secolo il principale possedimento feudale dei Branciforte.
Fabrizio
Branciforte Barresi, V conte di Mazzarino, nel 1580 ereditò dal
prozio materno Francesco Santapau Branciforte il Principato
di Butera, di cui ebbe investitura nel 1591.
A
seguito di ciò i Branciforte si fregiarono del titolo di Principi di
Butera, ma ciò nonostante si stabilirono a Mazzarino. In particolare Giuseppe
Branciforte, V principe di Butera cambiò l'assetto urbanistico del
borgo, conferendogli un aspetto barocco.
Vi fece edificare il palazzo baronale, nonché i principali edifici di
culto, quali la chiesa
e convento di Santa Maria del Carmelo, la chiesa del Santo
Spirito e la chiesa di Sant'Anna.
Il suo
territorio corrispondeva all'odierno comune di Mazzarino.
Il
principe Carlo Maria Carafa Branciforte, succeduto allo zio don Giuseppe
Branciforte, tra il 1675 e il 1695, ebbe ruolo centrale nel
contribuire a conferire alla cittadina di Mazzarino, che elesse a
residenza abituale, uno sviluppo urbanistico tardo-barocco. Ne sono
testimonianza i numerosi edifici religiosi con annessi monasteri fatti
edificare o portati a compimento dallo stesso principe. Diversi ordini
monastici, in quel periodo, si stabilirono nella città di Mazzarino. Il
Carafa fece ampliare la dimora dei Branciforte, fondò nella cittadina
un teatro e due tipografie, impiantate per la diffusione di pensieri e
idee novatrici. Fece giungere a Mazzarino nobili e facoltosi
proprietari, finanzieri pisani, genovesi e di altre città, richiamati
dai vivaci commerci, mercanti catalani attratti soprattutto dal
commercio del grano, umanisti, artisti, ma anche abili artigiani della
pietra, del legno e del ferro.
Visitare
il borgo
Il
centro storico di Mazzarino presenta un impianto urbanistico tipicamente
medievale, caratterizzato da strade strette e tortuose. Sviluppatosi
progressivamente tra il XV-XVIIl secolo attorno alla residenza dei
Branciforte, allorquando essa divenne il fulcro della vita politica,
economica e religiosa della città.
In
prossimità del principale asse viario, il corso Vittorio Emanuele,
sorgono, infatti, i principali monumenti e luoghi di interesse storico
artistico, perlopiù architetture chiesastiche e conventuali e i palazzi
baronali.
Per
le caratteristiche architettoniche tipicamente tardo barocche che
caratterizzano i principali monumenti della cittadina, nel 2020 è stato
avviato uno studio di fattibilità volto all'inserimento del Comune nel
sito UNESCO delle città tardo barocche del Val di Noto, che
comprende otto città della Sicilia orientale (Catania, Caltagirone, Militello
in Val di Catania, Noto, Ragusa, Modica, Scicli, Palazzolo
Acreide),
e punta a includere cinque nuovi comuni che presentano caratteristiche,
valori e motivazioni comuni: Acireale, Grammichele, Ispica, Mazzarino e Vizzini.
Duomo
di Santa Maria della Neve
L'edificio
di culto, il più grande della città per dimensioni, sorge nel centro
storico e si affaccia sul corso Vittorio Emanuele, di fronte al palazzo
dei Branciforte, Principi di Butera e Conti di
Mazzarino, in piazza Angelo Monterosso (detta anche "piazza
madrice").
La
costruzione della nuova chiesa "madrice" fu voluta dal
Principe Carlo Maria Carafa-Branciforte, il quale dispose, nel suo
testamento, il lascito della cospicua somma di 1000 scudi "una
tantum" per la fabbrica del duomo.
Il
duomo venne edificato nello stesso luogo in cui sorgeva l'antica chiesa,
risalente al XV sec., dedicata alla Madonna della Neve, gravemente
danneggiata dal terremoto del Val di Noto del gennaio 1693.
Mazzarino,
infatti, così come le altre città del Val di Noto e della diocesi
di Siracusa, cui faceva parte, ebbe a subire diversi danni agli edifici
di culto a causa del terremoto dell'11 gennaio 1693, tra cui
l'antica chiesa madre in Sant'Antonio Abate, che divenne presto
inagibile, per quanto, come risulta dai registri della chiesa
"matrice", il sisma non abbia provocato vittime nella
cittadina. Da qui la volontà del Principe di Butera e Conte di
Mazzarino, don Carlo Maria Carafa Branciforte, di voler edificare
un nuovo e sontuoso edificio per ospitare la nuova chiesa
"Matrice".
L'unico
documento pervenutoci, riportato dallo storico locale Pietro di Giorgio
Ingala, che conferma storicamente i fatti accaduti a Mazzarino a causa
del terremoto, consta di una Bolla pontificia, preceduta da una
supplica del 1739 del Vescovo di Siracusa Matteo
Trigona, in cui si chiedeva al Pontefice Clemente XII la
concessione di grazie e privilegi in favore dei fedeli che si fossero
cooperati alla riedificazione e restaurazione delle chiese Madri delle
città e delle terre della diocesi siracusana, rovinate a causa del
predetto terremoto. Fra queste chiese madri (quelle di Noto, Ragusa, Scicli, Militello, Palazzolo, Ferla e
altri) era compresa, per l'appunto, quella di Mazzarino.
Stando
alle notizie storiche pervenuteci, la progettazione del duomo venne
affidata all'architetto gesuita Angelo Italia, in quel periodo
trasferitosi a Mazzarino per dirigere i lavori di costruzione
del palazzo del conte Adonnino. I disegni originari, tuttavia, sono
andati dispersi.
Studi
recenti hanno
avanzato l’ipotesi, ritenuta plausibile dagli storici, che la
costruzione di una nuova e più grande chiesa madre rientrasse già
nelle intenzioni del predecessore del Carafa, ovvero il Conte don
Giuseppe Branciforte, che avrebbe incaricato del progetto l’architetto
e ingegnere lucchese Francesco Buonamici (1596 -1677)
trasferitosi in Sicilia tra 1635 e 1657, e comunque entro il 1659, anno
del suo definitivo trasferimento a Malta.
Il
Buonamici, stando alle fonti pervenuteci, risulta particolarmente attivo
in Sicilia tra la prima e la seconda metà del XVII secolo nella
progettazione di diversi edifici religiosi tra Palermo, Trapani, Siracusa e Piazza
Armerina.
Fu
proprio il Buonamici a introdurre l’architettura barocca, appresa
nell'ambiente culturale romano, a Malta e in Sicilia (ancor
prima del terremoto del Val di Noto) rendendola popolare con i
progetti della Chiesa della Circoncisione di Gesù e della Chiesa
Collegiata di San Paolo a La Valletta, e della Chiesa di
San Giuseppe e Sant'Ignazio di Loyola a Siracusa.
Proprio
la vicinanza alla città di Piazza Armerina, ove a metà del '600
l'architetto Francesco Buonamici risulta impegnato nella direzione del
cantiere di costruzione della Cattedrale, suggerirebbe la paternità
di quest'ultimo del disegno originario del Duomo di Santa Maria della
Neve in Mazzarino.
L’attribuzione
all'architetto lucchese del progetto iniziale verrebbe ulteriormente
avvalorata dalla forte analogia e somiglianza degli elementi decorativi
e architettonici utilizzati nella decorazione della facciata, in
particolare nel portale, nelle lesene e nei cornicioni, del
tutto simili a quelli realizzati dallo stesso Buonamici in alcune chiese
tra Siracusa e Malta.
L'architetto Angelo
Italia, pertanto, diversamente da quanto riportato dalla storiografia
locale, al quanto scarna e incerta, sarebbe intervenuto successivamente,
in fase di realizzazione, sul finire del XVII sec. su impulso della
committenza del principe Carlo Maria Carafa.
Le
vicende legate alla edificazione ebbero, tuttavia, uno sviluppo non
sempre lineare, tanto che i lavori si protrassero in modo discontinuo
per tutto il '700.
L’attività
costruttiva, avviata nel 1694, all'indomani del terremoto, venne
interrotta già nel 1736, per essere ripresa nel 1777, e,
infine, portata a termine solamente nel 1844, così come riportato
dallo storico Pietro di Giorgio Ingala.
Il
progetto originario, secondo lo storico, prevedeva una struttura con
un'unica navata con volta "a botte" e
grandi altari laterali.
Al
centro della croce sarebbe dovuta erigersi una grande cupola, ai
due lati due torri a campanile, e uno sfarzoso fastigio alla
sommità del prospetto con due orologi.
Le
difficoltà tecniche, e in parte finanziarie, dovute alla morte
prematura del principe Carlo Maria Carafa, avvenuta nel 1695 (appena
un anno dopo dall'inizio dei lavori), spinsero ad una rimodulazione del
progetto iniziale e, dopo un lungo periodo di fermo, grazie all'impegno
finanziario del sac. Andrea Bartolotta, e il contributo delle elemosine del
popolo, la costruzione venne portata a compimento, con la modifica
l'impianto iniziale da una a tre navate e ribassamento della volta,
ad opera dell'architetto Giuseppe Ferrara.
A
testimonianza progetto iniziale rimane la grande finestra che avrebbe
dovuto illuminare la navata, che adesso si apre al di sopra della
copertura, e le finestre laterali a lunetta.
Nel 1744 i
muri perimetrali a nord e ad est, in corrispondenza dell'abside e dei
transetti subirono un crollo. Ad indagare sulle cause venne incaricato,
dal parroco don Giuseppe Timpanello, l'architetto netino Rosario
Gagliardi, molto attivo nel Val di Noto a quel tempo, il quale
dopo una attenta disamina delle cause che avevano provocato il
cedimento, ovvero la presenza di una falda acquifera sotterranea, indicò
le necessarie soluzioni tecniche atte a consentire una celere ripresa
dei lavori di costruzione del Duomo.
Nel 1777 su
impulso del parroco Don Giuseppe Di Giovanni, riprendono i cantieri
dell'erigenda chiesa madrice.
L'architetto
che si occupò di dirigere l'ultimazione dei lavori fu Giuseppe
Ferrara, che ebbe un ruolo importante nella progettazione di diversi
monumenti nel Val di Noto, coadiuvato dal capomastro mazzarinese
Matteo Buccola.
Gli
ultimi lavori in muratura furono eseguiti nel 1844 per volontà del sac.
Salvatore Faraci, e riguardarono il pavimento in marmo e gli stucchi
delle volte.
Esterno
- La facciata, in blocchi di pietra arenaria locale intagliata, è
rimasta, in parte, incompiuta, a causa delle difficoltà costruttive e
finanziarie.
La
facciata, in stile tardo-barocco siciliano, presenta nicchie e
riquadri alternate da paraste binate e, in prossimità del
portale, da due semicolonne, di coronate da capitelli d'ordine
tuscanico a sostegno dell'ampia trabeazione di ordine
dorico che divide il primo dal secondo ordine.
La
parte centrale del primo ordine è caratterizzata dal complesso binato
di paraste e semicolonne e dal coronamento di volute acroteriali simmetriche,
che accennano un timpano mistilineo.
Ornano
la facciata sei nicchie, incorniciate da motivi barocchi e
sormontate da timpani semi circolari a sesto ribassato,
di cui quattro nel primo ordine e due nel secondo ordine, al di sopra
della trabeazione e del cornicione, che avrebbero dovuto
ospitare statue di santi o busti. Parimenti nel primo ordine sono
presenti cinque riquadri incorniciati su cui si ergono antefisse a
palmizi inversi, per inscrizioni o bassorilievi non più eseguiti.
Nella
parte sommitale sul lato destro è presente un grande bassorilievo
rappresentante la creazione di Adamo ed Eva, sul lato
sinistro, invece, non fu realizzato il corrispondente che, stando alle
fonti, avrebbe dovuto raffigurare Caino e Abele.
Il
duomo presenta una pianta longitudinale a croce latina rivolta
a ponente. Ha tre ingressi, il maggiore in corrispondenza del prospetto
principale, su un livello rialzato rispetto al piano stradale, che si
apre sull'ampia scalinata di piazza Angelo Monterosso, con portale
barocco ad arco a tutto sesto sormontato da un fastigio arzigogolato,
con giri di fasce, che incornicia un medaglione, e figure laterali fitomorfe e antropomorfe a
finimento. Sopra la cornice si erge un riquadro, affiancato da pissidi acroteriali su plinti e
con una cornice con cartelle agli angoli superiori e volute ai
lati e sormontata da un timpano a sesto ribassato.
Gli
altri due ingressi, su altrettanti scalinate sono rivolti a nord e a
sud, direttamente sul corso Vittorio Emanuele Il parroco Don
Giuseppe Timpanello fece installare a sue spese la grande campana e il
mezzobusto in marmo di don. Andrea
Bartolotta, cui si deve il completamento del duomo.

Interno
- Il duomo presenta una struttura architettonica di tipo basilicale, a
tre navate, con volta a botte lunettata in quella
centrale, e a falsa cupola su base quadrata, in quelle laterali, divise
da dieci arcate, per campata, cinque a destra e cinque a sinistra,
a tutto sesto, sorrette da pilastri a sezione quadrata decorati da paraste scanalate
e sormontate da capitelli in stile corinzio.
La
volta della navata centrale presenta stucchi con motivi floreali e
festoni, e cornicioni con modanature dentellate. Al
centro della volta vi sono dei riquadri con dipinti ad acquerello raffiguranti
la predicazione di Gesù, realizzati dal pittore palermitano Tasca,
nell'ordine a partire dall' ingresso:
-
le nozze di Cana in Galilea;
-
l'assoluzione dell'adultera;
-
il paralitico guarito nella piscina;
-
la Samaritana;
-
L'assunzione della Vergine Maria;
Nella
volte dei transetti sono dipinti: il naufragio di San
Pietro e l'Ultima cena;
Nei pennacchi della
falsa cupola sono raffigurati i quattro evangelisti.
Le
navate laterali, invece, presentano volte "a cupola" in
corrispondenza delle cappelle absidate semicircolari ricavate
nella spessa muratura perimetrale.

Navata
di destra
-
Il primo altare della navata di destra è dedicato a Santa
Filomena;
-
il secondo riccamente decorato con stucchi dai fratelli
Fantauzzi di Barrafranca, e con lampadari in vetro di Murano, è
dedicato alla Madonna di Lourdes;
-
il terzo con un ricco altare in marmi policromi, a Sant'Antonio da
Padova, con statua del santo in una nicchia;
-
il quarto alla natività di Gesù con tela di ignoto autore siciliano
del XVII sec;
Negli absidi semicircolari
dei transetti sono presenti due altari; quello del transetto
di destra è dedicato a San Pietro, con una grande tela di
Jacopo Tinnirello, raffigurante l'apostolo nell'atto di ricevere le
chiavi dal Cristo. Quello di sinistra, invece, al Santissimo Sacramento.
L'altare
maggiore - Nell'abside semicircolare è collocato l'altare
maggiore, in marmi policromi, realizzato nel 1881, dal marmista Antonino
Piazza, a spese parroco Nazareno Faraci; venne consacrato da Monsignor Gaetano
Quattrocchi, Vescovo di Mazara del Vallo, l'8 marzo 1896.
L'altare
maggiore è sormontato da una antica e già preesistente tela della Madonna
della Neve, alla quale il duomo è dedicato, di ignoto autore
seicentesco.
Sempre
nel presbiterio, ai due lati sono collocate due tele seicentesche
del pittore fiorentino Filippo Paladini raffiguranti uno
l'adorazione dei Re Magi, l'altro Santa Sofia e San
Francesco provenienti dalla chiesa demolita di Santa Sofia.
Nella
cantoria a destra, è collocato l'antico organo a canne del 1745.
Navata
di sinistra
-
Il primo altare di sinistra è invece dedicato al battesimo di Gesù e
contiene l'antico fonte battesimale circondato da una balaustra in ferro
battuto,
-
il secondo è dedicato a Sant'Alfonso de Liguori con tela del
santo;
-
il terzo a Sant'Antonio Abate;
-
il quarto al santissimo Crocifisso e all'Addolorata.
Le
tele, di scuola pittorica siciliana, sono databili tra XVI - XVIII sec.
Nel transetto di
sinistra, invece, è collocato un pregevole altare in legno intarsiato
cristalli dorati e colorati, realizzato dal ebanista locale,
Santi Rigano, alla fine dell'800, e dedicato al Santissimo
Sacramento.
Nell'abside
del transetto di destra è collocato il mausoleo funebre, in
finissimo marmo bianco di Carrara, di Monsignor Gaetano
Quattrocchi, mazzarinese e Vescovo di Mazara del Vallo.
Gli
undici lampadari di cristallo della navata centrale e il grande
lampadario della cupola, nonché quelli in vetro di Murano delle
cappelle furono appesi nel 1876, a spese del popolo mazzarinese
L'organo
a canne della "Premiata Fabbrica D`Organi di Damiano Polizzi e
figli" - In controfacciata, nella cantoria, al di
sopra del ingresso principale, è collocato il grande organo a
canne realizzato nei primi anni dell'900 dai maestri organari
Damiano Polizzi Caltanissetta 1836-1911) e dal figlio Michele
Polizzi (Caltanissetta
1861 - Modica 1936), collaboratore, quest'ultimo, di Casimiro
Allieri della “Regia Fabbrica Nazionale Privilegiata d’Organi
Fratelli Serassi" di Bergamo, che realizzarono diversi organi
in Sicilia tra cui l’organo della Chiesa Madre di Rosolini (SR),
della Chiesa S. Maria La Nova in Scicli (RG), della
Chiesa Santa Maria Maddalena in Buccheri (SR), della Cattedrale
di Siracusa, della Chiesa Madre di San Pietro in Modica (RG),
della Chiesa San Francesco all’Immacolata in Messina,
della Chiesa San Francesco d’Assisi in Trapani, del
Santuario Maria SS. Ausiliatrice in Adrano (CT).

Il
coro ligneo - Nel presbiterio, ai lati dell'altare
maggiore è presente un artistico coro ligneo per canonici
realizzato ad intarsio dall'ebanista mazzarinese Santi Rigano nel 1872.
Nelle
36 spalliere delle sedie dei canonici sono rappresentate, in bassorilievo,
le principali scene bibliche dell'antico e del nuovo testamento.
Nel
piano in basso a destra si trovano i riquadri dell'antico
Testamento:
1. Creazione
dell'uomo e della donna; 2. Diluvio universale; 3. Sacrificio
d'Abramo; 4. Isacco che benedice Giacobbe invece di Esaù; 5. Sogno
di Giacobbe; 6. Giuseppe venduto dai fratelli; 7. Giuseppe
fatto viceré d'Egitto; 8. Famiglia di Giacobbe in Egitto; 9.
Mosè salvato dalle acque.
Nel
piano inferiore di sinistra continuano i riquadri:
10.
Passaggio del Mare Rosso; 11. La Manna del Deserto ; 12 II
Vitello d'oro; 13. Caleb e Giosuè col grappolo d'uva della terra
promessa; 14. Gedeone che ferma il sole; 15. Sansone che
uccide i Filistei, 16. Davide che uccide il gigante Golia; 17.
Assalonne trafitto da Gioab; 18. Il Giudizio di Salomone.
Nel
piano superiore, a cominciare dal lato destro, si ritrovano, in
altrettanti bassorilievi, i principali fatti del Nuovo Testamento
ovvero:
1.
L'Annunciazione di Maria Vergine; 2. la Natività di Gesù Cristo; 3. la
Circoncisione; 4. la Strage degli Innocenti;5. la Disputa di
Gesù fra i dottori; 6. il Battesimo di Gesù 7. Gesù nel
Deserto; 8. le Nozze di Cana; 9. la Trasfigurazione.
Nel
piano superiore a sinistra seguono:
10.
Lazzaro risuscitato; 11. Solenne ingresso di Gesù in
Gerusalemme; 12. L'ultima Cena; 13. Gesù all'orto di
Getsemani; 14. Gesù innanzi a Pilato; 15. Sepoltura
di Gesù; 16. Risurrezione; 17. Apparizione di Gesù a S.
Tommaso apostolo e 18.L'Ascensione di Gesù al Cielo.
Come
finimento dei 18 seggi dei piani superiori si trovano i medaglioni dei
dodici Apostoli, dei quattro Evangelisti, di San Giuseppe e
della Madonna.

Basilica-santuario
di Maria Santissima del Mazzaro
La Basilica
- Santuario di Maria Santissima del Mazzaro o di
Santa Maria Maggiore è uno dei principali luoghi di culto
cattolico della città.
Vi si venera la Madonna delle Grazie, Patrona della città, sotto il
titolo del "Mazzaro". La Basilica sorge nel centro
storico della cittadina siciliana, nella estremità nord-orientale del
corso Vittorio Emanuele.
L'edificio
è un tipico esempio di architettura tardo-barocca,
diffusasi nel territorio della diocesi
di Siracusa e
del Val
di Noto,
cui Mazzarino amministrativamente apparteneva, nel periodo successivo al terremoto
del 1693.
Fu
progettata nel 1739 dall'architetto siracusano Natale
Bonajuto detto
"Santuccio", su interessamento del frate cappuccino servo
di Dio Reverendo
Padre Ludovico Napoli da Mazzarino (27 giugno 1708 -
23 aprile 1764).
Le
spese per la costruzione del tempio vennero sostenute quasi interamente
dal popolo di Mazzarino e con i proventi delle rendite fondiarie
apparteneti alla chiesa.
Mentre la facciata venne in gran parte finanziata da una cospicua
donazione del cav. Luigi Sortino Orsini, Capitano dei Granatieri di Siracusa.
La
chiesa ha dignità di Basilica
minore e
di santuario mariano
diocesano.
Le
vicende storiche legate alla Basilica del "Mazzaro"
hanno origine 16 settembre 1125 allorquando,
secondo una leggenda popolare, all'interno di una grotta sotterranea,
proprio nel luogo in cui successivamente fu eretta la chiesa, il pastore
di un gregge rinvenne un dipinto raffigurante la Madonna delle Grazie
tra le Sante martiri siciliane Agata e Lucia e
un crocifisso, illuminati da una lampada votiva.
La
storiografia locale narra che tali oggetti sacri furono sotterrati per
evitarne la distruzione, a seguito dell'editto iconoclasta del 730 d.C.
del imperatore di Costantinopoli Leone
III detto
l'Isaurico.
Sul
luogo del ritrovamento fu edificata per volere del marchese Enrico
del Vasto,
signore delle città di Mazzarino e
di Noto,
una cappella, per accogliere la sacra icona,
subito proclamata dal popolo patrona del luogo, ed esporla alla
venerazione col titolo di Nostra Signora del Màzzaro, in
riferimento proprio al luogo del ritrovamento.
Nel 1154 il
conte Manfredi
del Vasto, figlio
di Simone,
divenuto nel frattempo nuovo signore della contea,
decise di edificare una chiesa più grande ed elegante.
Tale
seconda chiesa, come riportato dallo storico Pietro di Giorgio Ingala,
era costituita da unica navata, e in stile greco-normanno. Ad essa vi si
accedeva per il tramite di un portale di
ingresso con arco
a sesto acuto,
tipico dell'epoca. La struttura, inoltre, diversamente da quella
attuale, era rivolta a sud. L'edificio, infine, secondo le fonti,
occupava circa i due terzi della Basilica attuale.
In
nuovo edificio, così costruito, venne consacrato dal vescovo di Otranto, Girolamo,
nel aprile del 1154,
essendo vacante la sede episcopale
di Siracusa,
dalla cui giurisdizione dipendeva la contea
di Mazzarino.
Il
conte Manfredi, all'atto della solenne consacrazione donò alla chiesa
cospicue rendite per il mantenimento della stessa.
Una
lapide posta all'ingresso della basilica ricorda tale avvenimento:
«SACRATISSIMAE
IMMAGINI B. V. MARIAE DE MÀZARO HUJUS URBIS PATRONAE REPERTAE MIRE
CIRCA ANNUM MCXXV HIC REPERTAE TEMPLUM CULTUMQUE EREXIT, LARGITER
DOTAVIT, CONSECRARIQUE FECIT PER HYERONIMUMI QUENDAM IIYDRUNTINUM
EPISCOPUM ANNO M. C. LIV MANFREDUS SIMEONIS POLICASTRI COMITIS FILIUS
BINA DEINCEPS LABE DIFFRACTUM BISQUE RESTAURATU TERTIO TANDEM RUINOSUM A
FUNDAMENTIS REFECTUM SUB ASSIDUIS BIUTURNISQUE CURIS R. P. LUDOVICI
INDIGENAE, ORDINIS CAPUCCINORUM POPULI MAZARINENSIS AERE SUO ET LABORE
AUCTIUS ORNATIUSQUE PERFECTUM ANNO M. DCC.LXXII.»
La
volta dell'antica chiesa, secondo le fonti, era realizzata con grosse
travi arabescate e dorate, ed era illuminata da finestre con archi di
tipo ogivale.
La
chiesa, tuttavia, per la vetustità della struttura subì ingenti danni
a causa del terremoto
del Val di Noto del
11 gennaio del 1693,
rimanendo inagibile per diversi anni.
L'attuale
costruzione, la terza in ordine di tempo, si deve all'opera apostolica
del Reverendo Ludovico Napoli, mazzarinese padre provinciale
cappuccino,
che di adoperò presso la curia vescovile
di Siracusa (retta
dal Vescovo Matteo
Trigona)
e presso il popolo a reperire le risorse necessarie per la fabrica anche
mediante donazioni, oboli e il lavoro manuale di murufabri e maestranze
locali.
Il
progetto venne commissionato all'architetto Natale
Buonajuto da Siracusa,
nel 1739,
in stile tardo - barocco
siciliano.
I
lavori di costruzione del nuovo edificio furono avviati nello stesso
anno, e si conclusero nel 1782.
Sebbene
la chiesa risulti completa e fruita già dal 1762,
la pavimentazione in riggiole di Caltagirone sarà
collocata nel 1775.
Nel
1782 fu completata la facciata, grazie alla donazione del cav. Luigi
Sortino Orsini, che ne consentì il completamento.
Lo
scudo di pietra posto sopra il portone principale riporta la scritta sumptibus
populus 1782, a testimonianza del fatto che le spese per la
costruzione del edificio furono interamente sostenute dal popolo, anche
attraverso il lavoro manuale, come promesso alla Madonna, in occasione
della terribile siccità del 1736.
Completata
la costruzione nel 1782,
la stessa, rimase, tuttavia, priva di decorazioni e ornamenti interni
per oltre mezzo secolo, seppure già adibita al culto. Le rifiniture in
stucco, infatti, furono realizzate soltanto nella prima metà
dell'Ottocento nel 1847 ad
opera del palermitano Giuseppe Utveggio, con elementi decorativi a
motivi floreali e festoni, con la esecuzione degli affreschi del
palermitano Giuseppe Carta nel 1855 e infine con gli affreschi dipinti
dal palermitano Pasquale Conti nel 1864.
Nel 1855,
terminati i lavori di abbellimento del tempio si svolse una solenne
processione e il quadro della Vergine, temporaneamente custodito nella
vicina chiesa di Sant'Antonio Abate, venne ricollocato sull'altare
maggiore della basilica.
Nel 1874 il
comitato dei festeggiamenti patronali commissionò allo scultore
palermitano Vincenzo Genovese la statua lignea della Madonna del
Mazzaro, che venne consegnata nell'agosto del 1875.
Il
13 settembre 1876 monsignor Saverio Gerbino consacrò
le corone di argento della statua della Madonna e del Bambino Gesù.
Nel 1881 fu
realizzato il nuovo altare maggiore, in marmi policromi, dal marmista
Antonino Piazza su disegno di Giuseppe Giunta-Bartoli, dopo che il
precedente, in legno, fu distrutto da un incendio. Il nuovo altare ebbe
un costo di cinquemila lire. Una lapide marmorea dietro altare, porta la
seguente epigrafe:
«Altare
hoc Antoninus Piazza Hujus civitatis Mazareni Costruxit anno 1881»
Ultimati
i lavori di ornamento interno, la basilica venne solennemente
consacrata, 729 anni dopo la prima del 1154, alla Vergine Santissima
delle Grazie, sotto la protezione dei martiri Benedetto, Attanasio, Agata e Lucia,
il 2 luglio 1883 dal
Vescovo della diocesi
di Piazza Armerina Saverio
Gerbino.
Una
lapide posta all'ingresso ne ricorda l'evento.
«TEMPLUM
HOC QUONDAM RESTAURATUM, ET IN DIE 2,JULII 1883 CONSECRATUM CURA REV.DI
SAC.TIS ROCHI GIUJUSA, UTI PROCURATORIS IPSIUS; AD PERPETUAM REI
MEMORIAM, ILL.MUS ET REV.MUS D. D. XAVERIUS GERBINO UT EPISCOPUS
CONSECRATOR SEQUENTEM DECLARATIONEM IPSIUS LAPIDI SCRIBERE MANDAVIT ANNO
MDCCC.LXXXIII DIE II MENSIS JULII, EGO D.R D. XAVERIUS GERBINO EPISCOPUS
PLATIENSIS CONSECRAVI ECCLESIAM ET ALTARE MAJUS IN HONOREM BEATAE
VIRGINIS SUB TITULO GRATIARUM (Vulgo del Màzzaro) ET IN HONOREM
SANCTORUM M.RUM S. BENEDICTI, S. ATHANASII, S. LUCIAE ET S. AGATHAE
QUORUM RELIQUIAS, SIMUL CUM ILLA EX SEPULCRO BEATAE MARIAE VIRGINIS,
INCLUSI INTRA SEPULCRUM PRA EDICTI ALTARIS ET STATUI UT IN DOMINICA IV
MENSIS JULII CUIUSCUMQUE ANNI, OFFICIUM CUM OCTAVA DEDICATIONIS HUIUS
ECCLESIAE CELEBRARETUR, FIRMITER OBSERVATIS RUBRICIS GENERALIBUS
BREVIARII ET MISSALIS ROMANI, ITEM CONCESSI SINGULIS CHRISTIFIDELIBUS IN
DIE ANNIVERSARIO CONSECRATIONIS HUJUSMODI IPSUM VISITANTIBUS QUADRAGINTA
DIES DE VERA INDULGENTIA IN FORMA ECCLESIAE CONSUETA. DATUM
MAZARENI IN DECURSU SACRAE VISITATIONIS DIE ET ANNO SUPRADICTIS XAVERIUS
EPISCOPUS»
In
occasione dell'anno giubilare del 1900, il vescovo di Mazara
del Vallo,
monsignor Gaetano
Quattrocchi,
originario di Mazzarino,
incoronò il quadro della Vergine.
Nel 1924 il vescovo
di Piazza Armerina monsignor Mario
Sturzo ,
con decreto vescovile del 21 novembre, istituì la parrocchia di Santa
Maria Maggiore, sino a quella data, infatti, il tempio era una chiesa
suffraganea per l'amministrazione dei Sacramenti della Chiesa Chiesa
Madre di Santa Maria della Neve.
Tra
il 1973 e
il 1975 con diversi cantieri sono eseguiti lavori di ammodernamento, con
rifacimento del sagrato e la sistemazione dei locali sottostanti la
chiesa.
Nel 1978 il
vescovo di Piazza
Armerina Sebastiano
Rosso ha
dichiarato il tempio Santuario
mariano
diocesano.
Negli
anni '90 e nei primi anni 2000 su interessamento della Soprintendenza
per i Beni Culturali della Regione
Siciliana sono
stati eseguiti importanti lavori di consolidamento delle fondamenta e di
restauro delle navate.
Nel
2006 Papa
Benedetto XVI l'ha
elevata alla dignità di basilica
minore con
vincolo di affiliazione alla basilica
papale di Santa Maria Maggiore in
Roma.

Descrizione
- La
basilica di Maria Santissima del Mazzaro ha un impianto a croce
latina,
con abside e presbiterio,
retti e non aggettanti in corrispondenza della navata centrale
e due altari, laterali, in corrispondenza dei transetti.
La
costruzione presenta uno sviluppo longitudinale rivolto a ponente, e si
affaccia sul sagrato semicircolare, in pietra calcarea locale, in
corrispondenza della piazza Regina del Mazzaro.
Esterno
- La
facciata settecentesca della basilica è realizzata in blocchi di pietra
arenaria locale intagliata e squadrata.
Lo
stile è un tipico esempio di tardo barocco
siciliano e
presenta uno sviluppo piramidale, molto diffuso nelle architetture
chiesastiche del Val
di Noto.
La
facciata è suddivisa in tre ordini da cornicioni aggettanti
e marcapiani con modanature,
ed è alternata da lesene binate
in prossimità del portone centrale, sormontate da capitelli corinzi.
Nel
primo ordine si trovano i tre ingressi, corrispondenti alle tre navate,
alternati da due coppie di paraste.
I tre portoni sono sormontati da portali con
timpano semi circolare a sesto ribassato.
I
tre portoni bronzei sono stati installati tra il 1980 e il 2014, e
riportano le impronte delle mani degli ultimi tre papi( San
Giovanni Paolo II, Benedetto
XVI e
Papa Francesco).
Il
secondo ordine, al di sopra del cornicione, è occupato dal finestrone,
che illumina la navata centrale, sormontato da un timpano spezzato e
affiancato da due coppie di lesene e alle due ali estreme due volute a
ricciolo. Il
terzo ordine è occupato dalla vela campanaria, con tre celle con archi
a tutto sesto ospitanti le tre campane bronzee di fine '800 della
fonderia Gerbino di Caltagirone.
Interno
- Lo
spazio liturgico interno è suddiviso in tre navate da
dieci arcate sorrette da dieci pilastri a sezione quadrata, cinque per
la navata di destra e cinque per la navata di sinistra, abbelliti con
decorazioni in stucco, e ricoperte con lesene e paraste,
sormontate da capitelli di ordine corinzio, che sorreggono il cornicione
di finimento con modanature dentellate,
che riportano motivi floreali, opera realizzata dell'artista palermitano
Giuseppe Utveggio nel 1847.
Navata
centrale - La volta a
lunetta della navata centrale è in incannucciato,
ed è decorata con stucchi che riportano motivi floreali e alternanze
cromatiche, al centro vi sono dei riquadri, dipinti dal pittore
palermitano Giuseppe Carta, che ripercorrono le pricipali vicende
storiche della basilica sin dal ritrovamento dell'icona.
-
Nel
primo riquadro è raffigurato il ritrovamento del quadro della Vergine
del "Mazzaro" , tra lo stupore dei presenti;
-
nel
secondo la prima processione dell'icona subito dopo il ritrovamento;
-
nel
terzo riquadro la consacrazione della chiesa, nel 1154, da parte del
vescovo di Otranto,
Girolamo e il Marchese Enrico del Vasto;
-
nel
quarto sono raffigurati i lavori di costruzione della nuova basilica del
1763, con il padre cappuccino Ludovico Napoli che raccoglie gli oboli
tra il popolo;
-
nel
quinto riquadro, infine, la solenne processione del 1855 a termine dei
lavori di abbellimento della chiesa.
Nei pennacchi della
falsa cupola sono raffigurati: San
Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e
San Gregorio
Magno opera
di Pasquale Conti da Palermo,
che dipinse pure l'annunciazione e la visitazione della Vergine.
Le
navate laterali, in corrispondenza delle campate,
presentano la volta a falsa cupola su base quadrata.
Tutti
gli altari espongono tele di scuola pittorica siciliana databili tra il
XVII-XVIII sec.
Navata
di destra
-
Nella
prima campata di
destra: altare con tela dedicato al transito di Maria;
-
nella
seconda campata: altare con un dipinto della Sacra
famiglia;
-
nella
terza: altare dedicato a Sant'Orsola con
tela della santa;
-
nella
quarta: altare con tela di Domenico
Provenzani,
del 1872, all'assunzione della Vergine;
-
nella
quinta: altare nel transetto di destra, in una nicchia presenta una
statua del Sacro
Cuore di Gesù.
Navata
di sinistra - La
navata di sinistra ha sei altari:
-
nella
prima campata di sinistra è collocato il fonte battesimale, racchiuso
da un cancelletto in ferro, con tela del battesimo di Gesù di Giuseppe
Perno Moscato;
-
nella
seconda campata: altare con tela dedicato a San
Silvestro Papa;
-
nella
terza: altare dedicato all'evangelista San
Marco,
con tela del Santo;
-
nella
quarta: altare con tela della Vergine "rifugio dei peccatori"
di pittore ignoto;
-
nella
quinta: altare dedicato a San
Biagio;
Il
sesto altare, in marmo, nel transetto custodisce
il Crocifisso ligneo rinvenuto nel 1125.
Nel 1868 a
spese dei chierici,
dei macellai e del popolo furono installati i quindici lampadari di
cristallo che adornano la navata centrale e i transetti.
Negli
anni '70 del XX sec. è stato rifatto il pavimento in marmo di Carrara
in sostituzione del precedente ormai logoro.
L'organo
a canne della "Premiata fabbrica D'Organi Damiano Polizzi e
figli da Caltanissetta" - Nella cantoria in
muratura posta a sinistra nell'abside in
cornu evangelii è collocato l'organo
a canne realizzzato
nel 1926 dalla
Premiata fabbrica D'Organi Damiano Polizzi e figli da Caltanissetta.

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