Mazzarino (Borgo)
(Caltanisetta)
  
  

 

Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola e collegio dei Gesuiti

L'ex chiesa di Sant'Ignazio di Loyola e l'annesso collegio dei Padri Gesuiti costituiscono un ex complesso monumentale monastico ubicato nel centro storico della città di Mazzarino, oggi restaurato e adibito a centro culturale e museale.

Furono fondati dal principe di Butera e conte di Mazzarino, don Carlo Maria Carafa Branciforte nel 1694, al fine di poter accogliere a Mazzarino la Compagnia di Gesù.

La struttura, secondo le fonti pervenute, fu progettata dall'architetto gesuita Angelo Italia, già presente a più riprese a Mazzarino per dirigere i lavori di edificazione del Duomo di Santa Maria della Neve, e alla stesura del progetto vi collaborò lo stesso Carafa.

A seguito della morte prematura del principe e a seguire dello stesso architetto Italia, i lavori di costruzione furono portati a termine sotto la supervisione di fra Michele da Ferla.

Dai documenti della compagnia di Gesù risulta che l'architetto Angelo Italia fosse già "infirmus" nel 1696 e che morì a Palermo nel 1700. Pertanto, nonostante sia indiscussa la paternità del progetto, è certo che la costruzione del complesso sia stata diretta e supervisionata da altri.

Infatti, come emerge dagli atti, l'architetto fra’ Michele da Ferla, allievo e collaboratore dell'Italia, ebbe un breve soggiorno a Mazzarino nel 1703, finalizzato proprio a una consulenza per la corretta esecuzione di un progetto.

La struttura è un tipico esempio di architettura tardo - barocca del Val di Noto affermatasi dopo il terremoto del 1693.

L'edificazione della struttura, voluta dal principe Carafa, ebbe inizio nell'agosto del 1694.  

Per la costruzione dell'intero complesso monumentale, affinché fosse degno di accogliere i Padri della compagnia di Gesù, il principe lasciò per testamento 1500 scudi annui, sia per l'ultimazione dei lavori, sia come rendita per il sostentamento e il mantenimento dei chierici.

Una lapide posta sopra il portone d'ingresso della chiesa, in ricordo del fondatore, riporta la seguente epigrafe:

«(...) FUNDATORI MAGNIFICAM AEDEM HANC CAROLUS M. CARAFFA MUNIFICENTISSIMUS BUTERAE PRINCEPS, SOCIETATIS NOSTRAE EIUSQUE SANCTO FUNDATORI ADDICTISSIMUS EREXIT ANNO A REPARATA SALUTE M.DCC.XVIII»

I Padri gesuiti si stabilirono in detta struttura già nel 1699, a lavori non ancora ultimati, e il primo ad insediarsi nel convento fu il mazzarinese Padre Antonino Strazzeri .

I Gesuiti, salvo brevi interruzioni, prestarono presso il collegio di Mazzarino la loro attività educativa e didattica dal 1699 al 1767, impartendo lezioni di teologia morale, filosofia e lettere.

Il 17 gennaio del 1734, il vescovo di Girgenti Lorenzo Gioeni inaugurò la struttura, come ricorda una lapide posta all'ingresso della chiesa intitolata al fondatore della compagnia di Gesù, Sant'Ignazio di Loyola.

«A. M. D. G. REGNANTE CLEMENTE XII P. M. CAROLO VI ROM. IMP. III SIC. REGE ILL ET REV: D. NUS D. LAURENTIUS JOJENIUS E DUCIBUS ANDEGAVENSIBUS EPISCOPUS AGRIGENTINUS, CUI DEMANDATA EST FACULTAS AB ILL: ET REV: D.NO D. MATTEO TRIGONA SYRACUSARUM EPISCOPO. SS. D. N. PRAEL. DOMESTICO, PONTIFIC. SOLIO ASSISTENTE HIC ADSTANTE, IN HONOREM OMNIPOTENTIS DEI ET S. P. N. IGNATII, HOC TEMPLUM INAUGURAVIT AN. SALUTIS M. DCG. XXXIV. XVII. JAN: FESTO SS. NOMINIS JESU»

Illustri gesuiti che prestarono la loro opera nel collegio di Mazzarino, come riportato dallo storico Ingala, furono: Antonio di Blandi, Baldassarre di Stefano, Bartolomeo La Mantia, Saverio Sortino, Michelangelo Lentini, Luigi Bartoli, e Cristoforo Bivona.

Intorno al 1750 dimorò in suddetto collegio il celebre missionario Gesuita chiaramontano P. Antonino Finocchio come ricorda una inscrizione in un ritratto in sacrestia:

«R. P. ANTONINUS FINOCCHIO SOC. JEST, QUATUOR VOTORUM PROFESSUS, OMNI VIRTUTUM GENERE PREDITUS, INNOCENTIAM CUM SUI MACERATIONE SOCIAVIT, FERVENS APOSTOLUS, PREDICATIONE, MIRACULIS ET VATICINIIS SICILIAE URBES ILLUSTAVIT COLLEGIUM HOC EXEMPLO AUXIT. CLARAMONTE VITA CESSIT. CADAVER INTER PRODIGIA ET POPULORUM PLAUSUS ELATUM, PROPE ARAM B. M. VIRGINIS DE GULFI, CUJUS CULTUM AMPLIAVIT ET COLLOQUIA SAEPISSIMAE AUXIT SICUT PREDIXERAT TUMULATUM. OBIIT ANNO M.DCC.XLV»

Abolita la compagnia di Gesù con bolla di papa Clemente XIV, i Gesuiti ospitati in questo collegio si trasferirono in Palermo, per cui le rendite, i suppellettili e gli arredi sacri di pregevole fattura e valore, furono in parte trasferiti presso Casa Professa a Palermo sino alla soppressione definitiva del 1767.

Una parte degli arredi, tuttavia, vennero conservati presso il monastero di Sant'Anna, e tutt'oggi esposti nel museo civico; si tratta di due paliotti di altare ricamati in rilievo con seta, oro e corallo, carte gloria con cornici in argento, e parametri per messa cantata.

Tra il 1848 e il 1867, per concessione dei Padri Gesuiti, la struttura divenne sede del municipio e successivamente incorporata al demanio.

Nel 1890, l'edificio, ormai inutilizzato, venne adibito ad orfanotrofio.

Nel XX secolo l'intero complesso monumentale, con l'annessa chiesa, è divenuto di proprietà comunale ed è stato sottoposto ad accurati restauri e, una volta restituito allo stato originario è stato adibito a centro culturale e museale.  

Esterno - La chiesa intitolata a Sant'Ignazio di Loyola presenta una facciata rivestita in mattoni laterizi a faccia vista ( c.d. a cortina) alternata da paraste, cornicioni, fregi e volute in pietra arenaria locale.

I tre portali di ingresso, corrispondenti alla tre navate, sono sormontati da timpani spezzati e stemmi della compagnia di Gesù, e della famiglia Carafa intagliati in pietra locale.

L'edificio presenta una planimetria a croce latina con prospetto rivolto a sud.

La chiesa nella parte orientale e settentrionale confina con il convento gesuitico.  

Interno - L'aula liturgica è suddivisa in tre navate, in corrispondenza delle tre porte d'ingresso, suddivise da otto pilastri a sezione quadrata, che sorreggono le arcate, a tutto sesto, quattro per lato. L'edificio è illuminato da sedici finestre collocate sopra il cornicione di finimento.

La volta a botte è decorata con stucchi e alternanze cromatiche blu.

I lavori in stucco in rilievo e a bassorilievo delle volte e delle cappelle sono in stile barocco, con colonne tortili, paraste, capitelli corinzi, putti che sorreggono stemmi gentilizi e scudi, in modo da esaltare la magnificenza delle famiglie devote.

In particolare, come riporta lo storico Ingala, molti oggetti e paramenti sacri furono donati dal barone Giovanni Tommaso Strazzeri.

L'edificio, inoltre, dall'inaugurazione fino al 1820 funse anche da chiesa madre della città di Mazzarino.

Navata di destra - Il primo altare della navata di destra è dedicato a Santa Rosalia con dipinto di Pietro Spenosa;

Il secondo al Sacro cuore di Gesù con un ricco reliquiario.

Il terzo altare, nel transetto, con finissimi stucchi e colonne tortili, venne costruito per devozione dal barone Giovanni Tommaso Strazzeri, ed è dedicato a San Francesco Saverio con tela del santo attribuita al pittore Matthias Stomer della scuola di Pietro Novelli.  

Navata di sinistra - La prima cappella della navata di sinistra è dedicata a San Luigi Gonzaga con tela del santo che riceve la comunione da San Carlo Borromeo, alla presenza del conte Giuseppe Branciforte, del principe Carlo Maria Carafa e dignitari di corte; la tela è attribuita a Matthias Stomer.

La seconda cappella appartenente ai superstiti della famiglia Branciforte è dedicata a San Giuseppe, con tela del santo in punto di morte, assistito dalla Vergine Maria e da Gesù Cristo.

La terza cappella è dedicata a San Nicolò Magno con tela del santo e possiede un ricco altare in marmi policromi, apparteneva alla famiglia Boccadifuoco.

La quarta cappella fatta erigere dalla famiglia Carafa, possiede ricchi stucchi barocchi ed è dedicato a Sant'Ignazio di Loyola con tela del santo.

L'altare maggiore è in marmo, al disopra di esso, incastonata in una cornice di marmo nero era esposta una tela della Madonna del lume, della bottega di Pietro Novelli.

Nella cantoria posta nella controfacciata, sopra l'ingresso principale è collocato un organo privo di canne, in legno intarsiato, fatto realizzare dal sac. Antonino Zanchì.

Oggi alcune delle predette tele si trovano esposte presso il museo civico, nell'attiguo collegio; la chiesa, invece, dopo i lavori di restauro è stata adibita ad auditorium.  

Descrizione del collegio - All'annesso collegio si accede per il tramite di un grande portone con arco in bugnato a tutto sesto e affiancato ai lati da due colonne scanalate in pietra, al di sopra delle quali si sporge un balconcino con mensole a mascheroni raffiguranti mostri e animali, così come sulle cornici delle finestre che si affacciano all'esterno.

L'edificio si estende per un perimetro di oltre 450 metri e possiede due chiostri, uno dei quali con portici con colonne in pietra, lungo 28 metri e largo 21 metri, l'altro chiostro, nella parte posteriore a nord, ha una superficie identica al primo ma priva di portici, e al centro, interrata vi è una grande cisterna sotterranea.

L'ingresso principale di via collegio si apre sull'ampio chiostro delimitato per un lato da un portico con arcate a tutto sesto, che conduce attraverso una scala ai piani superiori, cui un tempo si trovano gli alloggi e le stanze adibite a impartire gli insegnamenti dei padri gesuiti.

Il centro culturale e museale Carlo Maria Carafa - Nelle sale del collegio, al secondo piano, è allestito il centro culturale e museale dedicato a Carlo Maria Carafa, con una esposizione di opere d'arte, paramenti e oggetti sacri, provenienti dalle diverse chiese della città, nonché un antiquarium con alcuni reperti archeologici provenienti dagli scavi archeologici di Filosofiana e Monte Bubbonia.  

Chiesa del Carmine ed ex convento dei Padri Carmelitani

La chiesa di Santa Maria del Carmelo detta comunemente del "Carmine", insieme all'attiguo convento dei Padri Carmelitani costituiscono un complesso monumentale monastico ubicato nel centro storico di Mazzarino, nella centrale piazza Vittorio Veneto.

La chiesa ed il convento vennero edificati nel 1664 per volere del conte Giuseppe Branciforte e furono portati a termine dal Priore carmelitano Marco Ferranti nel 1673. Dal 1866 l'ex convento è la sede del municipio della città.

Il conte Giuseppe Branciforte, come del resto i suoi avi, si mostrò particolarmente devoto nei confronti dei carmelitani. Per tal motivo, causa delle frane che avevano investito il vecchio convento dei monaci, ubicato nelle adiacenze del castello medievale, che lo avevano reso in parte isolato e non più facilmente raggiungibile dai fedeli, nel 1664 il Branciforte decise di far edificare un nuovo monastero nell'attuale centro abitato di Mazzarino.

Dapprima fu edificata la chiesa dedicata alla Madonna del Carmelo, che venne ultimata nel 1664. Accanto ad essa furono avviati i lavori di costruzione del nuovo convento che, tuttavia, in un primo momento, furono sospesi nello stesso anno.

Nel 1664 i lavori di completamento del convento furono affidati dal Conte Giuseppe Branciforti al Priore carmelitano Marco Ferranti, originario di Piazza Armerina, il quale acquistò l'intera costruzione a patto di completare i lavori a proprie spese.

Secondo la tradizione al fine di accelerare i lavori furono riutilizzate le pietre e i materiali dal vecchio e ormai diroccato convento sito ai piedi del castello. L'edificazione del convento fu portata termine nel 1673, come riporta una lapide posta nell'atrio ove si legge:

«R. P. Marcus Ferranti costruxit hoc coenobium 1673»

A spese del Ferranti, inoltre, fu fusa la grande campana, dal peso di 1800 kg. come ricorda una lapide posta sull'ingresso principale dell'attuale palazzo municipale.

«ORGANA CAMPANAS STRUXIT VALVASQUAE SACELLUM P. MARCUS FERRANTI M. TA. ASTA. PR.»

Per disposizione testamentaria, il conte Giuseppe Branciforte ordinò che all'interno di detto edificio trovassero posto i resti funebri dei sui avi, facendoveli trasferire dall'antica cappella sita nelle adiacenze del castello medievale, così come disposto nel suo testamento del 1675. Nello stesso documento si riscontra pure la disposizione relativa alla sua sepoltura:

«Il mio corpo voglio che sia restituito alla terra, e si seppellisce nella chiesa del Protomartire Santo Stefano del Convento dei Padri di Nostra Signora del Carmine di questa terra di Mazzarino, e nel Cappellone che si sta attualmente fabbricando in detta chiesa, e mentre non sarà perfezionato detto Cappellone di tutto punto voglio che stia in una Cappella della Chiesa istessa dove stanno le ceneri del fu D. Giovanni Casimiro mio figlio.»

Il Conte Giuseppe Branciforte dal 1664 al 1675, accrebbe la chiesa del Carmine delle tre cappelle maggiori, al centro delle quali fece erigere la cupola, della quale ne è ignoto l'architetto.

Fece, inoltre, decorare le tre maggiori cappelle con balaustrate in marmo intarsiato, e a traforo. Fece, inoltre, costruire l'altare maggiore in marmi policromi intarsiati, adornato ai lati da due statue in marmo che rappresentano la Fede e la Speranza e due putti, sculture di scuola palermitana.

Le fonti storiche riportano che l'edificazione delle cappelle fu eseguita al fine di sciogliere il voto per essere scampato alla pena di morte per aver preso parte alla congiura ordita dai baroni siciliani nel 1649 contro il re di Sicilia, e per lo stesso motivo dedicò al Protomartire Santo Stefano il suddetto altare, e il cappellone, commissionando una grande tela raffigurante il martirio del Santo, al pittore Mattia Preti.

Nel chiostro del convento venne trasferito il monumento funebre di Giovanni II Branciforte opera scultorea di Giandomenico Gagini.

Nel 1762, come inciso sul campanile, furono eseguiti lavori di restauro della torre campanaria.

L'intero complesso e la facciata della chiesa furono,infine, restaurati a spese del comune nel 1877.

Dal 1866 l'edificio del ex convento dei frati carmelitani ospita gli uffici del Comune di Mazzarino.

Nel 1924 sul prospetto principale sulla Piazza Vittorio Veneto venne realizzato il monumento ai caduti della Prima guerra mondiale.

Il mausoleo di Giovanni II Branciforte - All'interno del chiostro, sul lato destro dell'ingresso principale, fu collocato, per volere del conte Giuseppe, il mausoleo funebre di Giovanni II Branciforte, proveniente dall'antica cappella situata nelle adiacenze del castello.

Il monumento in finissimo marmo bianco mostra Giovanni lI disteso sulla bara, su tre cuscini riccamente lavorati, impugnando tra le mani sovrapposte il lungo spadone, la cui punta tocca un cagnolino accovacciato, che fa da sgabello all'estinto. Il berretto signorile, a forma di triregno, copre il capo del conte Giovanni II che è vestito con una tonaca, che fa intravedere da uno spacco, sul fianco destro, il manico del proprio pugnale. La Fede, la Speranza e la Carità sono allegoricamente scolpite in semibusti a bassorilievo sul davanti del letto funebre a ciascuna di esse fa da cornice, a medaglione, un intreccio di foglie di alloro.

Il mausoleo è realizzato in rilievo, e dal muro in cui è poggiato emerge un arco, largo 30 cm in bassorilievo con stemmi e trofei della casata dei Branciforte, Il suddetto arco è alto circa 5 metri, e al suo interno sono collocati tre semibusti che rappresentano, la Madonna col bambino al centro, San Giovanni Battista alla sua destra e San Pietro alla sinistra.

Al di sotto su delle mensole sono collocate altre 4 statuette che raffigurano la Prudenze, la Giustizia, la Fortezza e la Temperanza. Sotto di esse una lapide a forma di fettuccia porta incisa la seguente iscrizione:

«MAGNIFICUM QUONDAM CLARA DE STIRPE JOANNEM DE BRACHIFORTI HOC LUGUBRE MARMOR HABET QUI MAZARENI DOMINUS, QUI GRASSULIATI FLORENS ET JUVENIS OCCIDIT ANTE DIEM HIC VIRTUTE MAGIS PATRIOQUE SANGUINE CLARUS TRINACRIAE MORIENS CAUSA DOLENDA FUIT M.CCCC.LXXI»

Stando alle fonti storiche il mausoleo funebre fu eretto nel 1471 e realizzato dallo scultore Giandomenico Gagini. 

Esterno - La chiesa dedicata alla Madonna del Carmelo è ad unica navata, con prospetto rivolto a sud,sulla piazza Vittorio Veneto, su una planimetria a croce latina, al centro dell'incrocio tra la navata e i transetti si eleva la cupola fatta erigere dal Conte Giuseppe Branciforte nel 1664.

La cupola è alta circa 50 metri dal suolo, ed è ricoperta esternamente da lastre di bronzo. Sulla cuspide si erge un lanternino sormontato da una sfera di rame del diametro di 80 cm, sulla quale è installata una bandiera, sorretta da un leone, stemma della casata dei Branciforte.

Nel tamburo della cupola, alternate da coppie di colonne con capitelli ionici vi sono quattro finestre che illuminano l'interno della chiesa.

L'interno della cupola, a seguito dei lavori eseguiti nel 1884 dai Fantaguzzi di Barrafranca, è decorato con stucchi e nelle quattro nicchie furono poste quattro statue raffiguranti i diaconi della chiesa.

Il portale d'ingresso è decorato ai lati da due colonne in pietra massiccia, e scolpite in rilievo con motivi vegetali.

Tra il convento e la chiesa si erge la torre campanaria, realizzata in blocchi di pietra arenaria con la tecnica del bugnato nel 1762.  

Interno - Le pareti e gli altari laterali dalla chiesa sono riccamente decorati da stucchi dallo stile barocco.

La chiesa possiede sette altari, alcuni dei quali opera dell'ebanista locale Santi Rigano, eccetto quelli delle cappelle maggiori che sono opera del frate Carmelitano Carmelo Quattrocchi, morto nel 1879.

All'ingresso della chiesa è posto un mausoleo in ricordo del Carmelitano P. Eliseo Sampieri morto il 27 febbraio del 1790, Priore del convento e grande oratore, filosofo e teologo. come si può leggere nell'epigrafe:

«R. P. ELISAEO SAMPERI SACRAE THEOLOGIAE MAGISTER DOCTOR AC DEFINITOR GENERALIS HUMILIS VICARIUS PROVINCIALIS FRATRUM ORDINIS BEATISSIMAE SEMPERQUE VIRGINIS GENITRICIS DIEI MARIAE DE MONTE CARMELO ANTIQUAE OBSERVANTIAE REGULARIS ALBERTINAE IN VETUSTISSIMO PRAEDICTO ORIDINE CARMELITICO PROVINCIALE PRIMAE DIGNUS QUI ANNO M. DCCCLXXXIX INNUMEROS EX UNDIQUE COLLECTOS, PATRES, ROMAE TOTIUS ORDINIS GEXERALIS CAPITULI PRIOR ELIGERETUR. SAPIENTIAE, VIRTUTUM MERITORUMQUE ONUSTUS BEATORUM SOMNO ANNO M. DCCCXC. AETATIS SUAE LV. CORREPTOS FRATER EJUS ALOYSIUS HANC POSUIT UT LIBER ILLI ADITUS AD COELESTEM CURIAM PATEAT PRECIBUS FIDELIUM»

Il primo altare di destra è dedicato al Profeta Elia, con dipinto dell'apparizione della Vergine al santo sul monte Carmelo; il secondo altare è dedicato all'annunciazione con dipinto che fa da velo ad una statua di San Calogero, ai lati dell'altare sono collocati in apposite cornici mezzane due dipinti raffiguranti l'apparizione della vergine a Papa Onorio III, e la processione della Madonna del Carmine a Madrid, al di sotto di quest'ultimo si trova un dipinto della flagellazione di Gesù. Il terzo altare, nel transetto, è dedicato alla Vergine del Carmine, con una grande tela che rappresenta la Madonna mentre consegna lo scapolare a San Simone Stock, a lato del transetto è collocato il sepolcro in marmo rosso del Principe Giovanni IV Branciforte, nella volta della cappella è dipinta in affresco la Gloria di Maria in cielo. Il suddetto alterare è racchiuso da una balaustra in marmo, con intarsi policromi e gli stemmi della famiglia Branciforte. Il primo altare di sinistra ha la statua della Madonna della pietà, il secondo è dedicato al Ss. crocifisso e a lato dello stesso pende in apposito riquadro un dipinto dell'apparizione della Vergine del Carmelo a Papa Giovanni XXII. Il terzo altare nel transetto di sinistra è dedicato a Sant'Alberto con grande tela del santo, nella volta della cappella sono affrescate la sepoltura di Cristo e la resurrezione. L'altare maggiore, in marmi policromi e con ai lati le statue della Fede e della Speranza, espone una grande tela del martirio di Santo Stefano, dipinto da Mattia Preti, trafugata dalla chiesa il 20 ottobre 1981. Nella volta della cappella maggiore è affrescata la gloria di Santo Stefano. Nei peducci della cupola sono affrescati i profeti Davide, Geremia, Isaia e Daniele. Secondo le fonti storiche tali affreschi sono attribuibili al pittore Guglielmo Borremans.

Fra le mura dell'annesso convento è racchiuso il chiostro, con quadriportico che percorre l'intero perimetro del cortile, con archi a tutto sesto in pietra arenaria intagliata e scolpita con semi colonne. Nel corridoio perimetrale ad est, a confine con la chiesa, è posto il mausoleo funebre del Principe Giovanni II Branciforte.

Chiesa del Santissimo Crocifisso dell'Olmo

La Chiesa del Santissimo Crocifisso "dell'Olmo" è la chiesa è uno degli edifici religiosi più antichi della città. Essa è, inoltre, una rettoria della Basilica di Maria Santissima del Mazzaro.

L'impianto originario della chiesa risale al X-XI secolo, ovvero al periodo successivo alla riconquista normanna della Sicilia, e alla cacciata degli arabi, essa, infatti, fu fondata dagli Aleramici divenuti signori della città di Mazzarino, come riporta lo storico Pietro di Giorgio Ingala, nelle sue Ricerche e considerazioni storiche sull'antica città di Mazzarino, al fine di ripristinare il culto cristiano.

Secondo le fonti la chiesa originaria era in stile siculo-normanno, con archi a sesto acuto e con i soffitti costituiti da travi dorate e istoriate.

Inizialmente i normanni dedicarono l'edificio alla Madonna dell'Itria o Odigitria, alla quale essi riservavano una speciale devozione come riporta un'incisione nella campana:

«SANCTA MARIA DE ITRA ORA PRO NOBIS 1518. NICOLA CAMASTRA ET IOSEPHI CORVO PROCURATORIBUS.»

Sin dalle origini in questa chiesa è venerato un Crocifisso in stile normanno, detto delle grazie o dell'Olmo.

Il crocifisso acquisì, nel tempo, l'appellativo dell'olmo per via di un'antica leggenda tramandata dalla storiografia locale; «La leggenda riferisce che una banda di malandrini, proveniente da Piazza Armerina, in epoca non precisata, penetrò in detta chiesa di nottetempo, per esportarne il Crocifisso, e che uno di essi, possedendo una verga di olmo, l'abbia infissa e piantata davanti alla chiesa, nel centro di quel largo. Per portento la verga germogliò, mentre essi perpetravano il delitto, e divenne albero. Credendo essi allora di trovarsi in tutt'altro sito, giacche ivi non avevano lasciato albero alcuno, per non essere scoperti dovettero lasciare il bottino e darsela a gambe. Col tempo l'albero crebbe, e vi stette piantato e vegeto fino al 1880;» (P. Di Giorgio Ingala. Mazzarino, Ricerche e considerazioni storiche,1900.)

Fino al 1814 il santissimo crocifisso era l'antico patrono della città, mentre da quella data in poi venne proclamato dalla Sacra Congregazione dei riti compatrono unitamente alla Madonna del Mazzaro..

La chiesa originaria subì ingenti danni e crolli a causa del terremoto del 11 gennaio del 1693 e venne ricostruita dalle fondamenta nel 1756 per volontà e voto del Marchese Filippo Bivona, originario di Messina, trasferitosi a Mazzarino per sfuggire alla peste del 1743.

Una lapide in marmo, posta al di sopra dell'ingresso, all'interno della chiesa, narra quanto il marchese Bivona fece per erigerla e le donazioni fatte verso la stessa:

«D. O. M. IESU CRUCIFIXO PATRONO TEMPLUM HOC NON ILLUD PERVETUSTUM, CUJUS VESTIGIA SI COLUNNAS EXCIPIAS MODO NON ESTANT DOMINUS FILIPPUS BIVONA PUBLICUS HUIUS SICILIAE REGNI MERCATOR, TOTUM A FUNDAMENTIS EREXIT, CUJUS INSTAURATIONE ET DECORATIONE PATRONATUS JURA SIBI ET SUIS QUESITA TANDEM FUERE ACTAMEN AD PERPETUAM SUAE DEVOTIONIS. MEMORIAM OMNIAQUE INTUS ET EXTRA VIDETUR, IMMANE SEPOLTURAM, SANCTORUM IMMAGINEM CRUCIFIXI HOC PORTATILE MONUMENTUM, CUJUSQUAE ALTARIS LAPIDEUM AMICTUM, CRISTALLINUM ILLUD AUREORUMQUE AD CRUCIFIXI ALTARE ORNAMENTUM, TURRIM ILLAM TANDEM EXTERNAM, NI SUPPELLECTILEM OMNEM VASAQUAE ARGENTEA MEMOREM AERE PROPRIO PERFECIT ANNO AB URBE REPARATIO M.DCC.LVI»

Nel 1881, in questa chiesa si impiantò la confraternita del Santissimo Crocifisso dell'Olmo o della Vara, col compito di portare in processione il pesante fercolo, la seconda domenica di maggio. 

Interno - La chiesa, come ricostruita dal marchese Bivona, presenta tre navate, divise da quattro colonne cilindriche, che sorreggono quattro archi a tutto sesto, due per la navata di destra e due per quella di sinistra, con capitelli di ordine dorico. La volta è a botte con decorazioni in stucco.

Nel 1886, Mons. Gaetano Quattrocchi, vescovo di Mazzara del Vallo, fece rivestire la chiesa di stucchi e bassorilievi, eseguiti dai fratelli Fantaguzzi da Barrafranca, in stile barocco siciliano.

In chiesa, sulla sinistra dell'ingresso secondario, si trova il mausoleo, in marmo di carrara, a memoria del marchese Bivona, li sepolto..

L'edificio ha sette altari, compreso il maggiore, con mense intarsiate in marmi policromi e con tele di scuola pittorica siciliana databili tra il XVI-XVII..

Nella navata di destra il primo altare ha per dipinto la Maria Maddalena, opera del pittore palermitano Spenosa, come si può leggere nella dedica: Petrus Spenosa Panormitanus, Pinxiit ex devotio Filippi Bivona 1755.

Il secondo altare possiede un dipinto di ignoto autore che rappresenta la Madonna dell'Itria, cui la chiesa era anticamente dedicata..

Il terzo altare, dirimpetto e in fondo alla navata di destra, espone un'antica tela, risalente al XVI secolo raffigurante la Sacra famiglia..

Il primo altare di sinistra ha un dipinto rappresentante l'Arcangelo Michele, il secondo, invece, è dedicato alla Madonna di Monserrato.

Il terzo altare di sinistra, anche esso dirimpetto e in fondo alla navata, espone un'antica tela, risalente al XVI secolo della Madonna delle Grazie, di ignoto autore..

L'altare Maggiore in stucchi, legno dorato e intarsiato, con mensa in marmo policromo, in una nicchia, espone l'antico crocifisso delle grazie o dell'Olmo, scolpito in legno di cipresso, alto circa un metro, e recante delle pitture sul retro della croce di stile normanno-bizantino. 

Il Crocifisso - L''antico crocifisso è una scultura lignea di pregiata fattura e si ritiene che già prima del 1125 fosse venerato dalla cittadina come Patrono fino al 1814, anno in cui divenne il Compatrono di Mazzarino assieme alla Madonna del Mazzaro..

La scultura è composta dal Cristo di colore bruno, alto 80 cm e largo 71 cm, scolpito in legno di cipresso, rappresentato negli ultimi istanti di vita, prima del passaggio alla morte..

Il cristo è inglobato su una croce “trilobata” alta 121 cm, di un’epoca precedente al Cristo,sia per la sproporzione, sia per il fatto che la stessa riporta dipinti che vengono coperti quasi per intero dal corpo di Gesù morente.

Il giorno della processione tra il Cristo e la Croce viene inserito del cotone, in modo da attutire gli urti del fercolo, e vengono legati ai polsi, ai piedi ed al torace dei nastri rossi.

Esterno - La facciata molto semplice, a salienti, è costituita da conci di pietra di forma irregolare, il portone principale e le tre finestre della facciata, invece, sono realizzate in pietra intagliata.

Completa la facciata il campanile a torre, di metà '700, voluto dal Marchese Bivona, sormontato da una copertura di forma conica in maioliche policrome.

La festa del Santissimo Crocifisso dell'Olmo - compatrono di Mazzarino - Le notizie storiche riguardanti la festa del Santissimo crocifisso dell'olmo sono riportate dall'Ingala nelle sue ricerche e considerazioni storiche 

«Si trova menzione di questa festa assai prima del 1125. Il Crocifisso delle Grazie, oggi dell'Olmo, era fin da quel tempo il Patrono di Mazzarino. La consuetudine di essere portato processionalmente per le strade nel giorno della festa, da uomini ignudi, coperti soltanto da bianco camice, fu introdotta dacché il terribile terremoto del 1693, devastatore della Sicilia, risparmiò la città da gravi disastri; e ciò fu per voto perpetuo solenne del popolo e del magistrato cittadino, che in tal giorno accompagna ancora con torce accese il simulacro del Crocifisso. 

Gli Apostoli prendono anche parte a questa processione, e nei loro petti non mancano bei mazzolini di viole a ciocche, con intreccio di spighe di grano quasi mature, e con grossi baccelli di fave, volendo cosi offrire le primizie della natura, o meglio della prossima raccolta delle biade. Precedono la bara i raccoglitori delle oblazioni, consistenti per lo più in tovaglie, in voti di cera da appendere alle pareti della chiesa, od in pane, il quale poi vien venduto, od in gioielli ed altro; sempre alla pedona e per lo più scalzi del tutto, come delle persone cosi scalze che accompagnano, per voto, la processione, la quale suol essere per lo più imponente, intervenendovi, oltre le confraternite, anche i frati dei diversi ordini religiosi, con i rispettivi vessilli.» (Pietro di Giorgio Ingala, Mazzarino, Ricerche e considerazioni storiche, 1900)

La festa esterna del Santissimo Crocifisso dell'Olmo (u Signuri di Maju), compatrono della città di Mazzarino, ricorre, annualmente, la seconda domenica di maggio.

Il crocifisso trilobato, scolpito in legno di cipresso, risalente all'epoca normanna, alto circa un metro, viene collocato su una portantina in legno e ferro battuto dorato (detta a vara), realizzata alla fine del '600, da cui si dipartono quattro travi in legno (dette "baiarde").

Il fercolo, pesante circa 15 quintali, è portato a spalla da oltre cento confrati dell'omonima confraternita, vestiti soltanto con un camice bianco e scalzi, come da tradizione secolare, in segno di penitenza e ringraziamento, al grido di "evviva Gèsu crucifìssu".

L'origine della festa, infatti, risale al 1693, come ringraziamento e gratitudine della cittadinanza, e dei Conti di Mazzarino, per la divina protezione e lo scampato pericolo in seguito al disastroso terremoto del Val di Noto. In quell'anno, infatti, per volere del principe Carlo Maria Carafa venne istituita la processione del Santissimo Crocifisso dell'Olmo, in segno i penitenza verso la divina provvidenza.

Lungo il tragitto della processione, il fercolo viene ricoperto da migliaia di collane di margherite gialle, lanciate dai fedeli in segno di devozione, che ricoprono interamente il fercolo (a vara), aumentandone il peso, conferendone il caratteristico movimento sussultorio e ondulatorio nell'andatura (li caduti).

Uno dei momenti principali e di intensa partecipazione e commozione, prima del rientro nella propria chiesa, è l'ingresso della vara all'interno della Basilica di Maria Santissima del Mazzaro, patrona della città, in segno di omaggio del Cristo alla madre Vergine Maria.

La processione si snoda lungo le vie antiche della cittadina, ed è seguita da numerosi fedeli, anche provenienti dai paesi limitrofi, che compiono il cosiddetto "viaggiu o Signuri", alcun dei quali, scalzi, per devozione o grazia ricevuta..

Dal 1814 il santissimo Crocifisso dell'olmo è compatrono della città di Mazzarino allorquando la Madonna del Mazzaro, venne proclamata patrona principale della città.

Chiesa di San Francesco d'Assisi e convento dei frati Cappuccini  

I cappuccini giunsero a Mazzarino nel 1574, quando, grazie alla munificenza del barone Pietro Rivarola, venne costruito il primo nucleo conventuale, adiacente alla preesistente chiesa di Santa Maria delle Grazie (XII sec.), successivamente dedicata a san Francesco d'Assisi. La struttura venne ampliata nel 1633, ma in seguito al sisma del 1693, furono necessari ulteriori lavori di consolidamento e ricostruzione.

Con la soppressione degli ordini religiosi, del 1866, i frati dovettero lasciare il convento, che riacquistarono nel 1879.

Tra i religiosi che qui vissero, va menzionato il Servo di Dio padre Ludovico Napoli (1708 - 1764), venerato per le sue doti taumaturgiche, le cui spoglie mortali riposano nella chiesa conventuale.

Negli anni '50 il convento venne notevolmente ampliato, per rendere la struttura idonea ad accogliere il seminario minore.

Nel 1988 la chiesa è stata eretta parrocchia sotto il titolo di san Francesco d’Assisi.

Descrizione - L'antica struttura conventuale si articola attorno ad un ampio chiostro quadrangolare, lastricato con basole in pietra, e con al centro il tradizionale pozzo. A differenza di altri complessi cappuccini, l'edificio è sprovvisto di portico e possiede quattro corridoi e un terrazzo prospiciente il convento.

La successiva struttura, costruita negli anni '50, si innesta armonicamente con la preesistente, e con essa dona al complesso un secondo chiostro.

La chiesa, nel corso dei secoli, in più occasioni rimaneggiata, ha perso ogni connotazione medievale, acquisendo lo stile tipicamente francescano. Essa possiede un'unica navata e due cappelle laterali, e custodisce numerose opere d'arte di notevole pregio.

La parete dell'altare maggiore, costituisce senza dubbio l'opera, o il complesso di opere, di maggior rilievo. In essa risplende il polittico, che si compone di cinque quadri: al centro la grande tela raffigurante la Trasfigurazione di Gesù, attribuita a Giulio Romano (1540), allievo di Raffaello; ai lati si trovano due dipinti di medie dimensioni, che ritraggono Santo Stefano e San Lorenzo, opera di Filippo Paladini (XVII sec.); in appendice due tele di piccole dimensioni, raffiguranti San Bonaventura da Bagnoregio, a sinistra e San Lorenzo da Brindisi a destra, entrambe realizzate nel 1903 da Domenico Provenzani.

Le tele sono incastonate in una pregevole cornice lignea, che insieme alla custodia, ai gradini, ai candelabri e alle due porte di accesso alla sacrestia, sono opera del cappuccino ebanista fra Angelo Gagliano da Mazzarino (XVIII sec.). Il frate vi impiegò 18 anni di lavoro; tra il 1775 e il 1793, infatti, lavorò esclusivamente per la realizzazione di quella che certamente può essere definita una delle custodie lignee più belle d'Italia. In essa si fondono armonicamente una grande varietà di legni, tra cui il ciliegio, il cipresso, il pero, insieme ad intarsi in madreperla, avorio e tartaruga.

Tra le altre opere d'arte degne di nota, ricordiamo: un San Felice da Cantalice che riceve il Bambino dalla Vergine, attribuito al cappuccino fra Felice da Sambuca; una Flagellazione e un San Francesco che presenta le anime del purgatorio alla Madonna, opere di autore ignoto, poste nella cappella delle Anime del Purgatorio; il casserizio ligneo della sacrestia e gli affreschi dell'Ultima cena e dell'Annunciazione, del refettorio..

Il convento, infine, possiede una ricca biblioteca, con un patrimonio librario di circa 16000 volumi.  

Chiesa dell'Immacolata Concezione

La chiesa afferisce alla diocesi di Piazza Armerina ed è una rettoria della chiesa Madre di Santa Maria della Neve.

Stando alle fonti storiche pervenute la chiesa ha origini molto antiche; sorse, infatti, intorno al XIV secolo, accanto ad un convento di Padri Conventuali..

Come riporta l'Ingala, prima del 1606, la chiesa era dedicata a Maria Santissima della Catena, allorquando i padri conventuali, che officiavano nel convento annesso, fecero dipingere la grande pala d'altare al pittore fiorentino Filippo Paladini raffigurante l'immacolata concezione e San Francesco d'Assisi che intercede per le anime purganti..

«Da un atto di fondazione di una cappellania, metà nella chiesa e monastero di Sant'Agata (oggi Crocifisso dei Miracoli), e metà nella chiesa della Concezione, si rileva che tra il 1560 ed il 1575, quest'ultima chiesa era dedicata alla Madonna della Catena, nome che si estendeva a tutto il quartiere. Dal 1575 al 1606, e fino ai giorni nostri, s'intitolò della Concezione, e prova evidente n'è il cennato quadro, fatto dipingere dai PP. Conventuali, che vi avevano annesso il loro cenobio dalla parte di sud, i cui avanzi ancora si riscontrano.» (P. Di Giorgio Ingala, Mazzarino, ricerche e considerazioni storiche, 1900.)

Nel 1604 vi fu istituita la Congregazione dei Figli di Maria Immacolata, cui fece parte anche il Conte Giuseppe Branciforte.

Tra i doveri delle congregazione vi era quello di festeggiare la solennità dell'immacolata Concezione.

Nel 1688 il superiore della congrega, Notaio Vincenzo Triolo, fece erigere a proprie spese la torre campanaria.

Nel 1805 il canonico don Antonino Privitelli fece eseguire in Palermo, dallo scultore Filippo Quattrocchi, la statua dell'Immacolata Concezione. 

Nel 1883 venne rifusa l'antica campana, mentre agli inizi del '900 fu realizzata la copertura del campanile.

Descrizione - La chiesa presenta un'unica navata con longitudine rivolta a ponente.

Interno - Ha sette altari, compreso il maggiore, che espone la pregevole tela di Filippo Paladini dell'Immacolata concezione e San Francesco che intercede per le anime purganti in cui il pittore fiorentino si autoritrae col saio francescano e mostra la scritta: «Filippus Paladini Florentinus pingebat, anno 1606.».

L'altare maggiore è in legno intarsiato e dorato, sormontato da due coppie di colonne che sorreggono un timpano triangolare.

Il primo altare di destra è dedicato a San Tommaso Apostolo con tela del santo dipinta da Tommaso Pollace, come si legge "Thomas Pollace Panorm.us pin.ebat anno 1806". Il secondo altare è dedicato alle anime sante del purgatorio, con tela del "catanese". Il terzo altare, invece, è dedicato a San Giovanni Battista con tela del Pollace.

Il primo altare di sinistra è dedicato ai santi Crispino e Crispiniano con tela anch'essa del Pollace. Il secondo altare in una nicchia espone la statua di san Vito. Nel terzo altare vi è un crocifisso scolpito a grandezza naturale. 

In una cappelletta, nel santa-sancorum è custodita la statua dell'Immacolata Concezione, opera dello scultore Filippo Quattrocchi, del 1804.  

Le pereti laterali, in corrispondenza degli altari, sono scandite da cinque arcate, con lesene e paraste decorate con stucchi in stile tardo barocco siciliano.

La volta a botte, anch'essa decorata con stucchi, presenta dei dipinti di Giacomo Tinnirello.

Esterno - La facciata è in gran parte occupata dal grande portale in bugnato, affiancato da paraste e sormontato da una trabeazione di ordine dorico. Sul portale si apre una finestra con arco a tutto sesto.

La torre campanaria a base quadrata, presenta una logia campanaria con archi a tutto sesto. Il campanile venne edificato nel 1688. La sommità del campanile è coperta da una cupola poggiante su tamburo quadrato.  

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