Bronte (Borgo)
(Catania)

 

Il versante Nord Ovest dell’Etna e, più specificatamente la zona compresa tra Bronte, Maniace, Maletto e Randazzo, sicuramente è stata conosciuta ed abitata fin dai tempi molto antichi. La presenza dell’Etna, delle grandi foreste circostanti, dei fiumi, ha alimentato anche la mitologia, con le figure dei Ciclopi, che alimentano la fucina di Efesto dentro il vulcano, ove si fabbricavano i fulmini di Zeus.

La presenza umana nella zona riflette in gran parte la preistoria e la storia della Sicilia e, quindi, si può sicuramente far risalire già alla preistoria, al Neolitico e via via alle età del Rame, del Bronzo, fino al periodo classico Greco – Romano, Bizantino, Arabo, Normanno, Svevo, Aragonese e fino ai nostri giorni, senza soluzione di continuità.

Numerosi avanzi e presenze di siti e materiali archeologici, torri, castelli, chiese, edifici, testimoniano come la zona sia stata sempre intensamente popolata e le recenti scoperte confermano sempre più questa realtà.

La penetrazione umana in questa alta, e per certi aspetti recondita, terra dell’Etna, è sempre avvenuta attraverso le vie fluviali del Simeto e dell’Alcantara, configurando le future strade del Medioevo che, convergendo su Randazzo, avrebbero reso, nei tempi posteriori, questa città importante e strategica. E’ stato un importante punto di incontro e di scambio di varie civiltà e culture nelle diverse epoche, dal neolitico in poi senza soluzione di continuità.

Le tracce di ciò sono consistenti e note da tempo lungo i rispettivi percorsi, però, fino a tempi non molto lontani, queste si fermavano ad Adrano, da un lato e fino alla zona a nord di Randazzo, dall’altro. Solo di recente si sta scoprendo che diversi popoli sono giunti anche in questo comprensorio sin dai tempi preistorici lasciandovi consistenti tracce: sepolture di vario tipo ed estensione, insediamenti con abitazioni singole o raggruppate, fortificazioni e una vasta gamma di ceramica dalla quale si possono leggere le varie epoche.

Intensa deve essere stata la presenza dei Siculi, a partire dal XII secolo a.C. che provenienti dalla costa ionica, risalirono lungo i fianchi dell’Etna, fondando la città del Mendolito e spingendosi fin quassù, ricacciando o fondendosi con gli altri popoli già presenti. Tale presenza è attestata dalle numerose tombe a forno e altre escavazioni nella roccia arenaria.

A sua volta i Greci provenienti da Naxos e quelli provenienti da Catania, nel 600, 700, a.C. si insediarono nella zona di Randazzo e ad Adrano e, quindi, si spinsero nella zona assorbendo i Siculi e lasciando a loro volta consistenti testimonianze ceramiche e di costruzioni, in parte visibili nei Musei di Randazzo e di Adrano ed altre, non ancora visibili, presso il deposito a Maletto.
E’ particolarmente presente il periodo ellenistico, con vari insediamenti, strade e ceramica.

Questo susseguirsi di popoli e civiltà certamente non avveniva sempre in modo pacifico, per cui è prevedibile che vi siano stati scontri e guerre nella zona.

Le prime notizie storiche si hanno con Diodoro Siculo, ripreso poi da Casagrande, che descrive la campagna militare dei Mamertini contro Gerone II di Siracusa nel 271 a.C. e che successivamente, da questo territorio, Pirro, avrebbe iniziato la campagna contro gli stessi Mamertini.

Lo storico brontese Benedetto Radice, nella sua fondamentale storia su Bronte, è puntuale e preciso nel riprendere queste citazioni ed avvenimenti. In proposito le ricerche e i saggi di scavo dell’illustro archeologo Paolo Orsi, agli inizi del secolo scorso, consentirono l’individuazione di numerosi siti, tra i quali un edificio termale romano, nei pressi di Maniace e la stessa città sicula del Mendolito tra Bronte e Adrano.

Con la conquista romana e la riduzione della Sicilia a provincia, nel 212 a.C., si manifesta in modo marcato la presenza degli insediamenti romani nella zona che è anche teatro di scontro tra Cesare Ottaviano e Sesto Pompeo.

Però è nel periodo imperiale, III – IV secolo d.C., che i romani si insediano più stabilmente nel territorio, lasciando significative ed estese tracce, in corso di studio e di nuove indagini, specie nella zone di Maniace, ove scoperte antiche e recenti confermano tali insediamenti.

Anche i Bizantini sono presenti con le Cube di Randazzo e Castiglione e con i casali e i sepolcreti lungo il Simeto, il probabile riutilizzo di strutture romane precedenti presso Maniace, nonché forse con il riutilizzo delle antiche tombe a grotticella. Anche l’originaria torre del Castello di Torremuzza è, probabilmente, di origine bizantina.

La presenza araba nella zona deve essere stata consistente. A partire dalla denominazione dell’antico casale di Maniace, che viene chiamato dal geografo Edrisi nel 1154 “Ghiran ed Dequiq”, (Grotte della Farina, secondo la traduzione di M. Amari), forse con riferimento anche alla Grotte della Saracena che si trovano nelle vicinanze, nonché dell’omonimo fiume che vi scorre nei pressi e che costituisce il tratto iniziale del Simeto fino alla cartiera sotto Bronte, a diversi toponimi riferiti a contrade e manufatti militari, come la torre del Fano a Maletto e una ricca gamma di parole ancora in uso specie nel settore dell’utilizzo delle acque in agricoltura, nonché alla probabile introduzione della coltura del pistacchio a Bronte.

I vari tentativi di riconquista della Sicilia da parte dei bizantini, portarono nel 1040 alla spedizione del protospatario Giorgio Maniace, che sbarcato vicino Messina, spingendosi all’interno, si scontrò con gli arabi proprio in questa zona, riportando una grande vittoria, grazie anche alla presenza di una prima compagnia di normanni, con grande strage di mori.

Dal nome del vincitore, il casale preesistente, fu chiamato Maniace.

I normanni estendono le loro conquiste anche nella zona che viene continuamente attraversata da eserciti e dal passaggio, con la presenza anche del Guiscardo e del Conte Ruggero per accedere a Troina e, nel 1089, del Papa Urbano II, che recandosi a trovare il condottiero normanno nella sua , prima capitale, sostò a Randazzo e, quindi alla Gurrida.

Il nuovo popolamento di Maniace con elementi lombardi, venuti in Sicilia al seguito della Contessa Adelasia, terza moglie del Conte Ruggero, diedero origine alle numerose colonie gallo – italiche che in diversi comuni conservano il peculiare dialetto, riconosciuta come minoranza linguistica.

Origine dei centri abitati - L’origine dei vari casali e centri abitati oggi esistenti o conosciuti nel circondario, risale in buona parte a questo periodo.

Randazzo, derivante da cinque antiche città, delle quali Tissa, citata da Cicerone non è stata mai localizzata con certezza e potrebbe essere qualche consistente insediamento esistente nella zona tra Maniace, Maletto e Randazzo, in corso di indagine archeologica.

Bronte, citata per la prima volta in un documento del 1094, col termine greco di Brontimene. Bolo, Cattaino, Placa Baiana (foto a destra), S. Venera, Cutò, Rapiti, Carbone, solo per citarne alcuni, nati nel periodo bizantino o normanno/svevo, altri sorti su precedenti insediamenti del periodo siculo, greco e romano.

Le diverse battaglie combattute nella piana tra Maletto e Randazzo nei secoli XIII e XIV, nelle contese tra normanni, svevi, angioini e aragonesi:

- nel 1160 da Stefano di Retrou, Cancelliere di Gugliemo il Malo che guidando la lega delle città fedeli al re, tra cui Randazzo e Maniace, sconfisse i baroni ribelli;

- le razzie del Marchese di Monferrato, Bonifacio, generale dell’imperatore Enrico VI , lo svevo, nel 1197, che personalmente sostò in quell’anno a Maniace ove venne colto da febbri malariche e morì quindi a Messina;

- la sconfitta, l’anno dopo, del Siniscalco imperiale Marcovaldo di Anweiler, lungo il fiume Flascio, nella contrada Sconfitta, da cui prende il nome. Secondo il Radice, invece, tale denominazione deriva dalla sconfitta araba da parte di Giorgio Maniace.

- La strage di angioini alla Gurrida, nel 1282.

- La partecipazione di queste popolazioni alla guerra del Vespro, reclutate dal Re Pietro D’Aragona che, venuto a Randazzo, mosse in soccorso di Messina.

- La fallita congiura di Maniace istigata dal Papa Martino IV per riportare gli angioini al potere. Risale anche, a questo scorcio di tempo, nel 1263, la costruzione del Castello di Maletto, ad opera del Conte Manfredi Maletta, camerlengo regio e zio materno del Re Manfredi, sulla probabile preesistente torre di origine arabo – normanna.

E via via altri avvenimenti dei secoli successivi: la fondazione nel 1173 dell’Abbazia Benedettina di Santa Maria di Maniace e la scomparsa per cause imprecisate dell’antico omonimo Casale agli inizi del 1400. La costituzione del centro storico di Maletto, a metà del XV secolo.

La presenza di insediamenti era abbastanza diffusa e numerosi erano i casali sottoposti al mero e misto imperio di Randazzo. La dispersione territoriale rendeva alquanto difficile l’esercizio della giurisdizione e, pertanto, nel 1535, l’imperatore Carlo V, reduce da Tunisi, passando per Randazzo, ordinò la fusione degli stessi in un unico agglomerato che era Bronte, che da quel momento divenne un centro importante e popolato della zona.

Il numero dei casali unificati è tradizionalmente di 24, benché dati e fatti portano a concludere che la fusione avvenne in tempi diversi e con diversi esiti: Bronte, Dàgali, Cisterna, Piano del Palo, Ròtolo e Santa Vènera, Rapìti, Maniàce (che aveva già iniziato il suo trasferimento fin dal 1408, a causa di avversità cui era esposto), Piana, Cuntarati, Fitèni, Bolo, Carbone, Cattaìno, Placa Baìana (si trasferì dal 1692 al 1730), Scalavecchia, Barrìli, Spanò, Cutò, Càrcaci, Castellàci, Ricchìsgia, Marotta, Cardà e Barbaro.

Principali avvenimenti storici - Particolareggiate notizie sullo stato di questi paesi e chiese sono state pubblicate da T. Fazello nel 1537, R. Pirri nel 1630 e V. Amico nel 1757. Ricordiamo infine sommariamente i principali fatti ed avvenimenti che hanno caratterizzato queste zone:

- Le calamità naturali, carestie, terremoti e le rivolte popolari del secolo XVII.

- L’elevazione a Principato degli Spadafora del feudo di Maletto nel 1619.

- Le intense ed articolate vicende storiche di Randazzo, data la sua importante e centrale funzione in tutto il medio evo, sede reale e della corte, il suo ruolo e la sua classe nobiliare.

- La fondazione del Collegio Capizzi nel 1778 e la concessione ad Orazio Nelson dell’abbazia di Maniace nel 1799, con l’anacronistica istituzione di uno dei più grandi latifondi feudali della Sicilia.

- L’abolizione del feudalesimo e dei connessi istituti del Maggiorasco e Fidecommesso del 1812 e il successivo scioglimento dei diritti promiscui che sconvolse il secolare equilibrio socio – economico e le riforme del 1817 con l’istituzione dei Comuni.

- Le grandi e secolari lotte del popolo brontese per la libertà e la concessione delle terre: contro l’Ospedale Grande e Nuovo di Palermo, contro Randazzo per l’affrancazione dai vincoli feudali e contro la Ducea per la concessione delle terre; durante tutto l’800, con i moti del 1820/21, schieratosi con Palermo e l’occupazione di Maletto per la costituzione siciliana del 1812; del 1848 per l’indipendenza dai Borboni e del 1860 con i famosi fatti di Bronte che videro l’intervento di Bixio e la feroce repressione che portarono il paese alla ribalta nazionale.

- Il faticoso cammino dell’unità nazionale con i suoi nuovi pesi e le sue contraddizioni che in questa zona interna e povera si fecero maggiormente sentire.

- La costruzione della Ferrovia Circumetnea, nel 1895, che tolse la zona dal millenario isolamento, consentendo l’accesso diretto alla costa ionica e al porto di Catania. Prima per raggiungere Maletto da Catania il viaggiatore in carrozza impiegava 10 ore con il fucile sempre pronto a sparare per difendersi dagli attacchi dei briganti.

- Il fenomeno dell’emigrazione dell’inizio del ‘900; l’alto contributo di sangue dato da queste popolazioni nella prima guerra mondiale. L’energia elettrica degli anni ’20 e ’30 che illuminò anche fisicamente i luogo, traendola dall’oscurità.

- Gli scontri cruenti e i bombardamenti dell’agosto 1943, che videro la zona teatro di eventi tragici eventi bellici, con molte vittime ed immensi danni, specie a Randazzo il cui centro storico che era un gioiello medioevale venne distrutto per l’86%.

- Le lotte dei contadini di Bronte, Maletto e Maniace, per l’assegnazione delle terre della Ducea di Bronte degli anni ’40 e ’50, che sfociarono nella riforma agraria, descritte e documentate con rare fotografie da Franco Pezzino, nel suo libro sul lavoro del 1984 e dal Sac. Nunzio Galati che fu anche un testimone dei fatti. Carlo Levi, dopo aver soggiornato a Maniace, pubblicò nel 1955 il libro Le parole sono pietre evidenziando l’assurdo anacronismo storico della persistenza di un perduto modo feudale.

- La ricostruzione di questi paesi che si sono trasformati radicalmente, da antichi borghi medioevali in moderne cittadine dotate di nuove infrastrutture e servizi.

- La ricostituzione di Maniace con gli abitanti provenienti da Tortorici, nel corso del primo ‘900, arricchendo di nuova cultura e tradizioni il comprensorio e la susseguente nascita del comune autonomo nel 1981, nella bella e fertile valle attraversata dal Simeto, già sede di floridi ed antichi insediamenti.

Un lungo percorso di fatti e avvenimenti che svolgendosi per diversi millenni, danno la dimensione dell’intesa presenza umana in questo versante dell’Etna e che ha lasciato un consistente patrimonio culturale, formato da siti archeologici, monumenti, castelli, chiese, palazzi, centri storici, lingua, cultura, tradizioni.

Bronte, adagiato sulle pendici che dall'Etna arrivano al Simeto, continua ad offrire dalla cima dei suoi colli un paesaggio quasi unico. Le case, colorate e sovrapposte le une sulle altre, spiccano fra la massa delle rocce laviche, i filari degli alberi, i campi lievemente velati, le colline che sfumano all'orizzonte.

Arrivati nella Città del Pistacchio, già venendo da Catania, "lo Scialandro" - l’inizio del corso Umberto, dove anticamente venne innalzata la forca, infausto segno del "mero e misto impero" - presenta un magnifico belvedere dal quale è possibile godere la vista dell'Etna che sovrasta Bronte, il panorama della verde valle del Simeto e di tutti i suoi monti fino a quello più alto della Sicilia, il Monte Soro (m. 1847).

Il centro storico di Bronte mantiene ancora quasi inalterati la vecchia struttura urbanistica e gli antichi abitativi, tuttora leggibili nell’originaria trama viaria e soprattutto per la perfetta conservazione di significativi elementi e forme architettoniche.    

I vecchi quartieri, dalla caratteristica struttura araba con successive sovrapposizioni d’elementi architettonici di diverse epoche, si stringono ancora, con i piccoli cortili e le strette stradine, attorno alle chiese che costituirono, fin dal tempo della riunione dei 24 Casali nel Casale Bronte (ordinata da Carlo V nel 1535 e che si pro­trasse fino al 1548) i riferimenti monumentali dei cittadini brontesi: la chiesa della SS. Trinità (la Chiesa Madrte o Matrice, la prima parrocchia), quella di Maria SS. del Soccorso ed il Santuario dell’Annunziata.  

La città negli ultimi cinquanta anni ha avuto una notevole espansione edilizia, caratterizzata dal più estremo abusivismo; si è costruito però in modo prevalente nelle periferie, lasciando pressoché inalterato l'originario centro storico. 

Qualcosa comunque è andata irrimediabilmente perduta. Ne resta labile traccia solo in qualche fotografia. Ad esempio, fino a pochi decenni fa arrivando da Catania l'ingresso del Paese presentava in primo pia­no la maestosa mole dell'Etna con ai piedi l'antico mulino costruito dai Nelson.

Oggi un grosso palazzone ha modificato radicalmente la visione nascondendo e deturpato irrimediabilmente il paesaggio.

Quel mulino era stato il secondo "moderno" mulino costruito a Bronte; il primo (a carbone) fu impiantato in una dispensa vicino alla Chiesa Madre (nel piano dell'ex Carcere), oggi piazza Giovanni XXIII.

Un altro mulino (posto vicino al convento dei Cappuccini) funzionava pure da Centrale elettrica, illuminando dall'Ave Maria alle due ore di notte solo la via principale (oggi, corso Umberto).

La restante illuminazione era a petrolio, "fatta eccezione nelle sere di luna piena".

Visitando il centro storico di Bronte si colgono ancora le tracce incontrovertibili lasciate dalla dominazione araba: ne sono testimonianza, oltre ai  numerosi riferimenti topografici di alcu­ne zone (Piano Saraceno, Grotta Saracena, Cantera, etc.) o al gran numero di parole arabe presenti nel dialetto brontese (frastuca, frastucara, ...), i molti elementi architettonici ed urbanistici del paese. Tipico esempio è il caratteristico sottoporticouno stretto passaggio incassato sotto le case, peculiarità delle costruzioni arabe.

In questi ultimi decenni a Bronte sono sorti nuovi popolosi quartieri (Sciarotta, Borgonuovo, Colla, Sciara Sant’Antonio, …). Costruiti nel giro di poco tempo nelle periferie, a volte al di fuori di qualsivoglia programmazione urbanistica, hanno subito attratto i giovani e le nuove famiglie.

C’è stata quasi una fuga dal centro storico verso le nuove abitazioni, un distacco totale dalle vecchie case, anguste e piccole, che ora, chiuse ed abbandonate a se stesse, cominciano a mostrare i segni del tempo e a volte anche a crollare. Ed anche oggi le stradine del centro storico continuano come prima a spopolarsi con qualche rione (“a ruga”) che appare a volte deserto e completamente inabitato. Non sono affatto aumentati gli abitanti, anzi sono diminuiti (eravamo 19.652 a Gennaio 2001 e siamo 19.135 nel gennaio 2005). E’ che la vecchia casa dei genitori, non dà più un adeguata vivibilità e nelle strette viuzze le case, addossate l'una all'altra, danno poche possibilità di espansione o di miglioramento abitativo.

I vicoli e le scale - Bronte, nel suo Centro storico, mantiene ancora inalterati gli antichi nuclei e la struttura urbanistica, tuttora leggibili nell’originaria trama viaria e soprattutto nelle semplici ma significative forme architettoniche.

Le case addossate le une sulle altre, le stradine tortuose, strette e in pendenza, i vicoletti ed i numerosi cortili, le scalinate, i lastricati in pietra lavica e le tante testimonianze lasciate dagli scalpellini brontesi sulle facciate, nei portali, nelle finestre, mostrano ancora intatti i resti dell’antica civiltà brontese.

Il centro antico, di formazione medievale, nato per agglomerazione spontanea intorno ad alcuni slarghi e vie, in cui la chiesa od, in qualche caso, il convento hanno costituito il fulcro polarizzante di vari quartieri, è sorto in una zona di notevole pendio.

Tale particolarità ha generato un tessuto viario estremamente tortuoso e ripido, costituito molte volte da scale: il che rende il centro storico di Bronte quanto mai interessante dal punto di vista ambientale e paesaggistico.    

Purtroppo in questi ultimi 80 anni, per la povertà dei siti ed anche per l'originale impiego di materiali scadenti, si è determinato un notevole stadio di degradazione e di dequalificazione dell’abitato antico; molti gli interventi edilizi, privi di qualsiasi coordinazione od indirizzo, con sopraelevazioni, con sostituzioni frazionate e frammentarie, con volumi sproporzionati e con coloriture di cattivo gusto che hanno finito con il distruggere in gran parte gli armoniosi ed equilibrati quadri urbani creati dalle pendenze e dalla tormentata articolazione degli spazi esterni.

Oggi molte famiglie hanno preferito trasferirsi nei nuovi quartieri periferici ed il Centro storico appare quasi disabitato; ma questa attività edilizia di ricostruzione e sostituzione è stata in passato molto intensa ed ha irrimediabilmente alterato la fisionomia dell'antico abitato rompendone il rapporto volumetrico, compositivo ed architettonico.

A Bronte la modesta, tranquilla, silenziosa vita sociale si svolge prevalentemente lungo il Corso Umberto ("a chiazza"), la via principale che taglia in due il Paese. Insieme con la Via Santi (una delle strade più lunghe di Bronte che circonda il paese nella parte alta), il Corso Umberto, dalle caratteristiche basole squadrate in pietra lavica ("i baràti"), è la strada maestra dell’abitato. Un tempo denominata "Via Nazionale per Randazzo", è la prima strada che si incontra venendo a Bronte da Catania. E' il "salotto" di Bronte, la via delle sfilate, degli incontri e della usuale passeggiata dei giovani e degli anziani.

Inizia subito dopo lo "Scialandro" e, con il suo andamento serpeggiante ed il caratteristico basolato lavico fa da elegante cornice a molte chiese ed ai palazzi più importanti del Centro.

Dal Corso Umberto si dipartono, come in una fitta ragnatela, le tortuose strette stradine che cingono le chiese ed i palazzi di Bronte e le continue scalinate e gli angusti vicoli che si aprono su ampi cortili. Un vero labirinto che racchiude l'antico agglomerato contadino di Bronte.

Il Corso termina, attraverso la massiccia e sempre presente struttura del Real Collegio Capizzi ed il grande slargo di Piazza Spedalieri, che da sempre rappresenta la zona delle feste, delle manifestazioni e delle riunioni politiche, di fronte alla chiesa ed al convento dei padri Cappuccini.

Visitando il centro storico di Bronte si hanno squarci di grande bellezza e suggestione. Inframmezzato da continue e variegate scalinate, è segnato da vie anguste e tortuose, sulle quali si ergono numerose chiese e vi si trovano ancora intatti i resti dell’antica civiltà contadina che ha contraddistinto Bronte.

Le antiche costruzioni ed i palazzi più importanti conservano ancora inalterati le antiche ed eleganti membrature e gli elementi di particolare interesse in pietra lavica (il materiale usato in modo prevalente nei secoli).

Le strette vie del Centro storico brontese, i vicoletti ed i cortili, le scalinate, i lastricati in pietra lavica e le tante testimonianze lasciate dagli scalpellini brontesi sulle facciate, nei portali, nelle finestre, mostrano ancora immutati le primitive costruzioni ed i resti del vecchio paese.

I più antichi quartieri s’imperniano nella Via Santi, nei rioni Annunziata e Soccorso, nella caratteristica via Imbriani e attorno alla chiesa della Matrice.

Nel Corso Umberto ("a chiazza"), strada maestra dell’abitato e spazio rappresentativo della vita sociale, si allineano i palazzi più importanti e quello prestigioso del Collegio Capizzi.

Nelle stradine del piccolo centro, rimasto ancora all’economia agricola, e non investito dal ritmo della vita industriale, la vita continua ancora a conservare un aspetto ormai sconosciuto alla città. Si vive, ancora come un tempo, anche nella strada, seduti di fronte alla porta di casa, nella piccola comunità all'interno del quartiere ("a ruga").Questi antichi quartieri, che si adeguavano alla struttura sociale con perfetta aderenza formale, sono da secoli sottoposti via via all’urto dell'evoluzione e di radicali trasformazioni. Al contatto alcuni di essi si sono spopolati o disgregati perdendo via via le originarie caratteristiche. Il loro antico equilibrio è disperso ma sussistono ancora antichi edifici, stradine e cortili e gli antichi spazi pubblici che rispondono ancor oggi egregiamente a scopi collettivi, sia pur differenti da quelli per cui un tempo erano stati creati.

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