Bronte (Borgo)
(Catania)
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Chiesa della SS. Trinità (Chiesa Madre)

Anche se non si può dire con certezza che la chiesa della SS. Trinità (comunemente detta “La Matrice”) sia la più antica chiesa di Bronte, certamente però è la più grande e quella più importante e significativa dal punto di vista architettonico ma soprattutto storico e documentale. Certamente non ha molto di eccezionale dal punto di vista artistico ma le innumerevoli tracce, i monumenti, i documenti, gli arredi e le testimonianze che trovansi in questo luogo ne fanno una miniera di notizie che rimandano alla storia ed alle tradizioni brontesi.

Singola e isolata, la Matrice è ubicata tra le vie Matrice, Santi e S. Giuseppe, in leggero pendio su rocce laviche affioranti. Non ha caratteri architettonici e decorativi tali da potere attribuire definizioni stilistiche assolute ma sulle superfici intonacate risaltano ancora alcuni elementi che, senza ombra di dubbio, la definiscono come una delle fabbriche di maggiore vetustà presenti a Bronte.

Fu edificata nella forma attuale nella prima metà del cinquecento (dal 1505 al 1579) con la fusione di due chiese: la chiesa maggiore di Santa Maria e la vicina chiesa della SS. Trinità.

Santa Maria, la più grande e la più antica, probabilmente di origine normanna, era a tre navate com'è tuttora, sostenuta da dodici colonne in pietra arenaria con capitelli corinzi e foglie d'acanto e tetto a travature simile a quello dell'Annunziata. L'altra, la chiesa della SS. Trinità, più piccola, occupava lo spazio dell'attuale transetto con ingresso dal lato dove oggi c'è l'altare barocco del Crocifisso. 

Sono ancora ben visibili le tracce dei due antichi edifici prima della loro fusione:

- sulla parete nord, spiccano lo spigolo dell’antica chiesa di Santa Maria e l'ingresso con una porta ogivale, composta da conci di pietra calcarea e sormontata da un piccolo mascherone rappresentante un volto umano;

- è chiaramente delineato il contrafforte del muro, a lato nord;

- all'interno sono state portate alla luce un ampio arco, che un tempo immetteva nel presbiterio dell’antica chiesa di Santa Maria ed oggi sovrasta l'ingresso, e sul lato destro e sinistro entrando dalla porta maggiore, alcune colonne, il pavimento ed altri elementi architettonici in pietra calcarea, riferibili all'antica chiesa di Santa Maria;

- nel corso di un recente restauro sono state ripristinate e rese visibili, in un vano accanto alla cappella dell’Addolorata, una rustica parete esterna ed una piccola monofora della chiesa di Santa Maria, nascoste dagli intonaci;

- sulla parete sud, sono presenti una porta con architrave e semicolonne di pietra verdognola, già tutta sfaldata dal tempo e alcune finestrine ogivali a spiraglio, in pietra arenaria, simili a quelle visibili nell’Abbazia Benedettina di Maniace.

La riunione delle due chiese non fu completata in un breve periodo:

- il pronao con il quartierino del predicatore, le colonne e l’architrave della porta maggiore portano la data del 1575, pochi anni dopo l'obbligata riunione dei casali in Bronte, ordinata da Carlo V (1535);  

- il campanile fu iniziato nel 1579,

- le volte nel secolo XVIII,

- i due stupendi altari barocchi del Crocifisso e del Purgatorio nel 1655.

La costruzione del campanile inizia verso il 1579, ma i lavori andavano a rilento. Restaurato nel 1780 ha una propria autonomia stilistica e volumetrica e con le sue proporzioni massicce dà slancio all’insieme.

Ha una possente struttura, evidenziata dalle paraste d’angolo in bozze squadrate di pietra lavica, dal coronamento merlato e dalla cuspide a base ottagonale.

Tre marcadavanzali lapidei in aggetto suddividono il fondo intonacato dei quattro prospetti ed evidenziano l’imposta delle monofore voltate a tutto sesto.

Una merlatura ghibellina con una cuspide piramidale a base ottagonale conclude la copertura del campanile con un coronamento tipico di tutte le torri brontesi.

L’interno della chiesa della SS. Trinità manca di un preciso stile architettonico ed è estremamente semplice ma non per questo meno interessante.

Ha pianta longitudinale a croce latina, con due navate laterali ed una centrale, quattro cappelle laterali e due in fondo, coro absidale e un coro parietale ligneo con scranni lavorati ad intarsi sovrastati da un imponente organo.

La navata centrale è sostenuta da dodici colonne di pietra arenaria con capitelli, ingrossate successivamente con muratura di consolidamento quando del 1818 due di esse crollarono per un terremoto. E' possibile vedere come dovevano essere originariamente entrando nella chiesa dalla porta maggiore. Qui, infatti, e nel primo pilastro a sinistra, sono state portate alla luce tre colonne, il pavimento, un arco ed altri elementi architettonici in pietra calcarea dell'antica chiesa di Santa Maria.

Si notano le tre navate appartenenti all'originaria costruzione, il transetto, la cappella maggiore e le due laterali e l’area prima occupata dalla vecchia chiesa della SS. Trinità.

Il transetto è racchiuso nei lati corti da due stupendi altari barocchi del Purgatorio e del Crocifisso, restaurati nel 1892.

Le volte sostituiscono quelle originarie che dovevano essere probabilmente a travatura lignea. 

La chiesa ha quattro cappelle laterali e due in fondo, a destra e a sinistra del coro. 

Entrando in chiesa e procedendo nella navata destra la prima cosa che si incontra è l'antico fonte battesimale del 1614. E' in marmo scolpito con un coprifonte ottocentesco in legno dipinto ed istoriato di un metro e 80 di altezza.

Alla base un’iscrizione documentaria ci ricorda la data della sua fattura: «MDCXIIII sa[..]entis in vitam aeternam» (1614. La fonte della vita eterna). Il fonte oggi è posto in una rientranza dove un tempo c'era l'ingresso della chiesa di Santa Maria (all'esterno corrisponde alla porta ogivale in pietra calcarea sormontata da un piccolo mascherone).

Segue quindi la prima cappella dedicata a San Biagio. In una nicchia racchiusa da una cornice architettonica con due colonne tortili laterali è posta la statua del Santo, un misto di legno scolpito e dipinto e di cartapesta della seconda metà del XVIII secolo. Appoggiata sulla statua una mitra di vescovo di cotone e seta bianca ricamati in oro filato. San Biagio è compatrono di Bronte ed ogni anno i brontesi gli dedicano una festa portando in processione questa statua lungo le vie del paese. L'ingresso della Cappella è delimitato da una coppia di balaustre con elementi troncopiramidali in marmi policromi scolpiti, intarsiati della prima metà del secolo XIX. L'altare, impreziosito di marmi policromi è del 1770; da notare il bel bassorilievo in marmo bianco, nero e rosso murato sul fronte dell’altare raffigurante San Biagio.

Segue quindi un vano (vi era posto prima il fonte battesimale) dove un recente restauro ha riportato alla luce una parte della rustica parete esterna e una monofora dell'antica chiesa di Santa Maria, poi (dal 1505) inglobata nella Chiesa della SS. Trinità (l'attuale Matrice).

L'ultima cappella della navata destra è quella dedicata alla Madonna Addolorata, con l'omonima statua posta nella nicchia della parete di fondo. In cartapesta modellata e dipinta è della seconda metà del 1700 e misura m. 1,81 di altezza. La statua, molto venerata dai brontesi, ogni anno è portata nella processione del Venerdì Santo dietro le statue del Cristo alla Colonna (proveniente dall'Annunziata), del Crocifisso (dalla chiesa della Madonna del Riparo) e del Cristo morto (dai Cappuccini). L'altare, della fine del 1700 (1,48 m. x 2,18 di larghezza), è in marmi policromi scolpiti e intarsiati. Al centro, in un bassorilievo in marmo bianco su marmo di colore nero, è scolpita l’immagine della Madonna. L'ingresso della cappella è delimitato da una balaustra in marmo degli stessi colori dell'altare composta da colonnine quadrate e troncopiramidali.

La prima cappella della navata sinistra è dedicata al Cuore di Gesù, ricca di piccole opere d'arte. In una nicchia della parete di fondo, è posta la statua del Sacro Cuore, di fine ottocento, in cartapesta modellata e dipinta. Sulla parete in un piccolo dipinto (olio su tavola della seconda metà del 1800) è raffigurato il Sacro cuore, che è anche riproposto con un altorilievo in marmi policromi scolpiti, dipinti e dorati nella parte frontale dell'altare. Ai lati dell'altare sono posti due piccoli mausolei in marmo eretti alla fine del 1700 a due arcipreti che ressero la chiesa: sulla sinistra, quello di Vincenzo Uccellatore e, sulla destra, quello di Placido Dinaro. Nella parete un dipinto della Madonna con Bambino che schiaccia il serpente (150 x 103 cm. di larghezza, di fine 1800) e, a destra, il quadro del Buon Pastore, dipinto ad olio nel 1880 dal pittore brontese Agostino Attinà.

Viene quindi l'ingresso della sagrestia e, dopo, la Cappella degli apostoli Pietro e Paolo. Anche qui una cartella è murata nella chiave dell’arco d'ingresso; porta l’iscrizione «Gloriosi / principes Terrae» (Gloriosi principi della terra). Come in quasi tutte le altre della chiesa, l’ingresso della cappella è delimitato da due graziose balaustre in marmi policromi scolpiti e intarsiati con elementi tronco-piramidali. Sopra l'altare, in una cornice architettonica di stile classico, è appeso un bel dipinto di fine 1700 (olio su tela di cm. 230 x 150 di larghezza) che raffigura i due apostoli. Ad impreziosirlo ancora di più sopra il dipinto è appesa una mantovana, in legno intagliato e dorato, della prima metà del 1800. Sul fronte dell'altare, risalta un bel bassorilievo in marmi policromi scolpiti ed intarsiati con la figura della SS. Trinità.

Lo spazio attuale del transetto è quello che un tempo occupava l'antica chiesa della Trinità, con ingresso dal lato dove oggi c'è l'altare del Crocifisso.

Sulla destra del transetto, guardano l'altare maggiore, si trova la Cappella di Santa Maria della Candelora o della Purificazione. Vi si accede da una artistica coppia di balaustre con elementi in marmo intarsiati e dipinti della prima metà del XVIII secolo. L'altare, della stessa epoca, è costruito con stessi marmi policromi, scolpiti e intarsiati ed al centro presenta un bassorilievo con la figura della Madonna. In una nicchia della parete di fondo, sopra l’altare, è posta la statua della Madonna con Bambino (sec. XVIII). Alta 195 cm., è in cartapesta modellata e dipinta e, probabilmente di scuola gaginiana.

Da ammirare lo sportellino in legno intagliato e intarsiato che chiude il tabernacolo dell'altare; è della metà del 1700.

A sinistra del transetto vi è la Cappella del SS. Sacramento: è una delle più belle e ricche della Matrice. Nelle pareti laterali due affreschi (del XVII secolo) rappresentano il primo un asino digiuno da tre giorni che rifiuta la biada e in atto di adorare il Sacramento portato da S. Antonino ed il secondo il conte Rodolfo degli Asburgo che cede il proprio cavallo ad un sacerdote che porta il viatico ad un infermo. Gli affreschi, in cattivo stato di conservazione sono stati coperti alla fine del 1800 da due dipinti (copie su tela) eseguiti dal pittore brontese Nunziato Petralia.

L'altare, in marmi policromi, è istoriato con decorazioni di cherubini, foglie d'acanto e cartelle raffiguranti un agnello, un pellicano e una fenice.

Sopra l'altare un tronetto a forma di tempio per l'esposizione eucaristica: alto cm. 140, in marmi policromi intarsiati, ha coppie di colonne composite sormontate da trabeazione spezzata, frontone curvo interrotto e baldacchino con volute ed in alto una croce imperiale. Ai lati del tronetto due statue di angeli genuflessi in marmo bianco. Lo sportello del tabernacolo è decorato con un calice con eucaristia e angeli. Appesa nella parete di fondo dell'altare, si nota un'aggraziata mantovana, in legno intagliato, dipinto e dorato, della prima metà del 1800.

Sempre sulla sinistra del transetto, in una nicchia a sinistra della cappella del Sacramento con sopra una mantovana in legno intagliato e dorato della prima metà del 1800, è posta la statua di S. Michele Arcangelo. Proviene da un'antica chiesa che portava il suo nome del Casale di Placa Baiana, e fu trasferita alla Matrice quando il casale si riunì a Bronte nel 1692.

La statua, in legno e cartapesta, richiama tanto l'altro S. Michele dell'Annunziata. Ed a tutte e due le statue si ispira l'arcangelo (impersonato da un bambino) che al monotono ritmo di un tamburo, apre ogni anno la processione del Venerdì Santo.

Nel presbiterio si notano la struttura lignea parietale dell'antico coro con gli imponenti ed austeri scranni dorati e lavorati a intarsi e la maestosa apparecchiatura del maestoso organo meccanico.

Fu costruito nei primi del '900 dalla ditta palermitana Laudani e Giudice e con le sue imponenti misure (metri 4,50 di larghezza per 7 di altezza) copre totalmente la parete di fondo.

Molto bello il coro che circonda la zona del presbiterio. In legno intagliato, scolpito e dipinto, (è della fine del XVII sec.), con una lunghezza di oltre dieci metri si snoda su due file con 32 stalli a sedile ribaltabile, piedi e braccioli a volute vegetali e postergali delimitati da lesene con trabeazione in alto; riccamente cesellato e dipinto con volute, fronde, rosette, vasi con fiori e uccelli entro cornici.

Davanti all’organo un balconcino o palco di cantoria; a corredo dell'altare maggiore sei artistici candelieri e una croce d'altare. Il tutto in legno scolpito, intagliato, dipinto e dorato della prima metà del 1800. 

Appesi alle pareti, alle spalle del coro ligneo, due grandi quadri del pittore brontese Nunziato Petralia: a destra la “Sacra famiglia” (306 per 200 cm., del 1899), a sinistra «la Trinità» (296 per 200 cm., del 1899); in un cartiglio l’iscrizione «Spes nostra salus nostra honor noster o beata Trinitas 1899» (Speranza nostra, salvezza nostra ed onore nostro, o beata Trinità. 1899).

Oltre ai numerosi mausolei di illustri brontesi, distribuiti sulle pareti delle navate laterali e nelle cappelle, anche la Matrice aveva la sua cripta, dove erano sepolti i preti e le persone facoltose.

Si trova sotto il Presbiterio con una scala di accesso posta dietro l'altare. Fino agli anni '50/60 era meta di fedeli durante il giorno dei Morti ma oggi  non è più visitabile. In un coro consimile a quello visibile nel presbiterio sono sepolti numerosi preti con i loro scheletri, vestiti dei paramenti sacri, che portano un cartiglio appuntato ad una manica, con tutti i dati di riconoscimento.

Un restauro ultimato nel Marzo del 2007 ha restituito alla chiesa luminosità e bellezza ed ha fatto anche rinascere diversi elementi architettonici delle due preesistenti chiese di Santa Maria e della SS. Trinità inglobate dal 1505 in poi nella Matrice.

Chiesa di Maria SS. del Soccorso

La Chiesa di Maria SS. del Soccorso, di probabile origine medievale, si trova al centro della parte più antica di Bronte a poche decine di metri dalla principale chiesa di Bronte: la chiesa Madre o Matrice.

La chiesa è dedicata alla Madonna del Soccorso ma è stata messa negli anni sotto la protezione di altri Santi, come San Placido del quale nella chiesa si conservano le reliquie.

Nella tradizione dei fedeli essa viene ancora comunemente indicata come Chiesa del Soccorso o di Santa Lucia. I motivi storici di questa doppia denominazione sono svelati da un Libro dei conti della Chiesa dove in un "Avvertimento" (conservato nell’Archivio del Collegio Capizzi) si sostiene che fu in origine costruita a ridosso di un’antica cappella dedicata al culto di Santa Lucia, che successivi ampliamenti hanno poi nel corso dei secoli inglobato nella struttura originaria.

La chiesa, infatti, in origine era più piccola e semplice; l'attuale stato architettonico è il risultato dei numerosi restauri e rifacimenti subiti.

Un primo intervento, risalente al XV secolo, prima della riunione dei 24 Casali, ha allungato il corpo della chiesa ed inglobato l’attigua Cappella di Santa Lucia accanto alla quale la prima chiesa era stata costruita. A questo periodo si deve pure il rifacimento dell'attuale porta principale (sull'architrave della porta della chiesa è incisa la data del 1569).

Le colonne in pietra arenaria dell’antica porta ogivale di stile preromanico furono usate per la costruzione di un arco all’ingresso dell’inglobata cappella dedicata a Santa Lucia.

Il campanile fu iniziato verso l’anno 1580 (la cam­pana più grande porta la data del 1699) e probabilmente in quel periodo si ha un nuovo allungamento della Chiesa nella parte che oggi costituisce l’abside.

Quest'ultimi nuovi lavori di ampliamento e la costruzione del campanile fecero restare della struttura primitiva ben poche cose: la porta ogivale laterale, le monofore all’altezza del tetto e le nicchie degli altari curvate verso l’esterno. Resero anche necessaria il rifacimento e la risistemazione dell’interno che, nello stesso periodo, fu adornato di quegli affreschi venuti fuori durante un restauro del 1984.         

Ancora una ristrutturazione, tra il 1780 ed il 1788, ridisegnò completamente l’architettura esterna della Chiesa dando nuove forma all’edificio, più pulita e regolare.

L’architettura di stile ottocentesco, dalle forme pulite e lineari, nascondeva, ed in parte ancora nasconde, vistosi rifacimenti che ne hanno cancellato la primitiva antica struttura. Un ultimo intervento, con la sistemazione della facciata sul fianco destro, è stato eseguito dalla Sovrintendenza per i beni culturali ed ambientali nel 1970-1980.

L'interno della chiesa è oggi ad aula rettangolare con coro (sull’ingresso) e volume absidale, articolata lateralmente dai volumi degli altari minori, tutti in ottimo stato di conservazione e di qualità artistica.

All’ingresso un grande arco sostiene la volta del coro. Il pavimento è in marmo bianco-grigio a scacchiera. Sulle pareti laterali le nicchie a fondo piatto degli altari minori si alternano alla partitura delle lesene, che mostrano sopra una doppia cornice d’imposta alla volta lunettata.

A destra entrando vi sono gli altari di S. Placido, di Maria SS. del Soccorso, di S. Francesco di Paola (con una bella statua in legno dello scultore Graziano Cerriti di San Fratello); a sinistra quelli di Santa Lucia, e del Crocifisso.

Sopra l’altare maggiore, il più antico, trovasi il quadro della Visitazione di Maria SS. a Santa Elisabetta d’autore palermitano ignoto (fu donato alla chiesa dal Ven. Ignazio Capizzi).

Nella chiesa è conservato un pregevole organo a canne del 1847.  

Chiesa di San Silvestro ("a Batìa")

La chiesa di San Silvestro (o della Badia) sorge nella piazza principale del paese, Piazza Spedalieri, la zona delle feste e di tutte le manifestazioni pubbliche brontesi, e la caratterizza con la sua originale struttura.

E' menzionata nei riveli del 1573, nei registri matrimoniali del 1591 e nei riveli del 1593. Successivamente a tali date accanto alla cappella sorse un monastero delle benedettine e la chiesa fu incorporata nello stesso monastero e prese il titolo di chiesa di Santa Scolastica alla Badia.

Il monastero fu eretto sulla sinistra della chiesa per opera anche del Comune e di molti cittadini brontesi e ben presto divenne floridissimo. Nel 1714 ospitava quarantacinque monache ed era uno degli enti ecclesiastici più ricchi di Bronte.

Il Monastero di clausura femminile fu parzialmente distrutto dal terremoto del 1818 che fece crollare l’ala a mezzogiorno e poi soppresso in seguito alle leggi del 1866 che sancirono l'alienazione dei beni ecclesiastici (insieme ad esso fu soppresso anche il Monastero Basiliano annesso alla chiesa di San Blandano) ed infine totalmente demolito nella prima metà dello scorso secolo (1935).

La demolizione modificò completamente il prospetto principale della chiesa di San Silvestro. Fu aperto, infatti, un ingresso secondario accanto all’ingresso principale e fu variato anche l’ordine delle finestre nella parte alta.

Tali modifiche ribaltarono il rapporto ambientale fra la chiesa ed il contesto urbano anche se l’edificio, sul cui lato destro negli anni '50 è stato addossato quel poco estetico arco del monumento ai caduti e nel 2009 ancora un'altro arco proveniente dall'antica facciata del Teatro comunale, rimane comunque il principale elemento architettonico caratterizzante la piazza.

Risaltano e caratterizzano l’esterno della chiesa un grosso contrafforte in muratura che presidia il lato destro e, sulla via Garibaldi, una lanterna cilindrica ad aperture cieche, posta sopra la copertura della cappella di S. Benedetto.

La forma e la funzione richiamano alla mente elementi analoghi della architettura bizantina. Semplice e lineare il portale in pietra lavica scolpita ed intagliata con stipiti e cornicioni di gusto rinascimentale. Risale probabilmente alla fine del 1700.

Il recente rifacimento di Piazza Spedalieri, nel portarne su un unico livello la superficie, ha comportato anche l'innalzamento della zona ai piedi della chiesa. Con l'eliminazione di due gradini della porta d'ingresso e del marciapiede il portale ed anche il prospetto della chiesa risultano ora meno slanciati e più tozzi.

L’originario aspetto interno della chiesa subì grosse ristrutturazioni nel 1828: non si ebbe la felice idea di ripulire e restaurare il tetto a travatura e le festose decorazioni in oro zecchino annerite dal tempo e dal fumo dei ceri. Il tetto fu sostituito, quasi per intero, con l’attuale copertura voltata.

A forma rettangolare con abside e navata unica, la chiesa ha sette altari, una cantoria e un antico organo non più funzionante. Al suo interno risaltano le decorazioni a losanghe dorate del soffitto della navata e dell’abside ed il motivo alternato di archi e lesene appena in rilievo che scandiscono la partitura delle piatte pareti laterali. L’arredo marmoreo degli altari (tutti della metà del 1800) è in marmi policromi scolpiti e intarsiati.

Nella parete di fondo dell’abside una cornice architettonica con elementi scultorei della prima metà dell'800, in stucco modellato, dipinto e dorato, racchiude un prezioso Crocifisso in legno scolpito e dipinto o, a seconda del periodo dell'anno, la grande tela della Pentecoste. In alto dell'abside due statue di angelo.

Nell’unica cappella posta nella parete sinistra, da notare uno sportello di tabernacolo raffigurante Gesù Cristo buon pastore, in legno scolpito, intagliato, dorato della seconda metà del 1700.

L’altare racchiudeva un tempo fra due colonne tortili un dipinto di G. Tommasio del 1664 che rappresenta San Benedetto circondato da altri santi (San Placido e Santa Geltrude alla sua sinistra e Santa Scolastica e San Mauro a destra); in basso a sinistra è ritratta la prima superiora del monastero, Suor Anna Vaccaro. Sopra l'altare è posto un crocifisso del III secolo e la tela del Tommasio è posta nella parte destra del presbiterio.

Molte altre opere pittoriche adornano la chiesa.

Il quadro più bello è dedicato ad una santa egiziana, della solitudine e della penitenza, venerata dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e da quella copta. E' posto nella parte sinistra del presbiterio e raffigura la Comunione di Santa Maria Egiziaca il cui originale del Novelli si trova al museo nazionale di Palermo.

Sopra l'altare maggiore, dedicato allo Spirito Santo, quando non vi è posto il Crocifisso, una grande tela raffigura la Pentecoste (la Discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e la Madonna raccolti in preghiera); misura metri 3,43 per 2,33 ed è stata dipinta da G. Patricolo nel 1830.

Nella volta del presbiterio, intradosso, è dipinto un affresco raffigurante l’Assunzione della Vergine del brontese Giuseppe Dinaro come ci ricorda la scritta in basso a destra “Ioseph Dinaro 1828”.

In alto, fra le due grate del coro, è un quadro rappresentante il sacrificio di Noè uscito dall’Arca, attribuito allo stesso Giuseppe Dinaro.

Di buona scuola è anche il quadro della Cena di Gesù posto in una stanzetta laterale della chiesa.  

Il fonte battesimale in marmo bianco con coprifonte in legno intagliato, dipinto e dorato, posto sul lato sinistro della navata, è dell'inizio del 1900.

Resiste ancora qualche frammento dell'imponente catafalco smembrato alcuni decenni fa, utilizzato un tempo dalla Confraternita di Maria SS. della Misericordia per i funerali dei  propri confratelli defunti. Era stato concepito nel 1930 dal noto scultore Simone Ronsisvalle.

Il monastero di Santa Scolastica - La costruzione del piccolo monastero di Santa Scolastica ebbe inizio nel 1608, quando le autorità brontesi scrissero al Re chiedendo aiuti economici atti alla costruzione di un monastero che servisse "ad onore e culto di Dio e per comodità del popolo".

Con gli aiuti della Regia Università di Palermo, che assicurava il mantenimento delle claustrali, l’opera fu iniziata nel 1610 ad opera del chierico Pietro Saitta che fece costruire a sue spese il primo piano e dell'Arcivescovo di Monreale che, pagandone le spese, fece costruire il secondo.

Fu ultimata nel 1616, e lo stesso Arcivescovo ordinò a Suor Anna Vaccaro (o Vattiato) di trasferirsi a Bronte con le abbadesse.  

Chiesa di Maria SS. del Rosario

Dell’esistenza della chiesa di Maria SS. del Rosario, la seconda per importanza dopo la Matrice, si fa già cenno nel 1574 durante una visita pastorale di Mons. Torres, vescovo di Monreale, dalla quale Bronte dipendeva.

A quel tempo la chiesa era affidata ai frati dell’ordine di San Domenico e nei registri matrimoniali è menzionata col titolo di Santa Maria della Resistenza (1590) o dell'Astinenza (1596).

Nel corso dei secoli, oltre al nome, anche l'aspetto e l'interno della chiesa hanno subito numerose trasformazioni e rifacimenti, tanto che oggi poche tracce restano dell'originaria struttura.

Le date 1608-1621, scolpite sulla pietra lavica sotto la cornice del frontone della porta maggiore, più che al compimento dell'opera, debbono ascriversi ad un primo rifacimento di un nuovo prospetto e di quella porta.

Nel 1635 con un lascito del canonico Luigi Mancani, fu costruita nella chiesa una nuova cappella consacrata a Maria SS. dell’Assunzione; la cappella nel corso dei secoli fu destinataria di diversi lasciti testamentari fra i quali quello del 1679 del Barone D. Lorenzo Castiglione Pace, il fondatore del nostro ospedale.

Agli inizi del 1800 donna Basilia Uccellatore restaurò a sue spese la chiesa dalle fondamenta, e la rifece quale essa è ora; certo in questo rifacimento la cappella fu trasformata in sacrestia, e l’altare dell’Assunta fu portato dov’è presentemente.

Con la sua architettura semplice e lineare, la chiesa prospetta sull’omonima Piazza Rosario, domina il Corso Umberto sul quale si affaccia per tutto il fianco destro e dal quale offre una piacevole, graduale vista prospettica.

In virtù dei grandi cambiamenti apportati alla sede stradale intorno alla Chiesa negli anni 1869 e 1870, il Rosario si trova ora in posizione sopraelevata rispetto all’originario piano della costruzione. L’abbassamento della sede stradale e il raddrizzamento del suo asse, con altri inevitabili sventramenti urbani, comportò grosse trasformazioni agli ingressi originari della chiesa e al presidio delle strutture. Ciò giustifica la presenza della lunga piattaforma muraria sul Corso Umberto e le scalinate sul fronte principale e sui due ingressi laterali.

Il prospetto, di semplice ed equilibrata composizione di stile seicentesco con richiami rinascimentali, è scandito da due grandi cornici orizzontali sorrette da coppie sovrapposte di lesene.

Sulla facciata risalta il disegno equilibrato del portale ad altorilievo in pietra lavica, la finestra d’ispirazione manieristica e la scalinata prismatica centrale in pietra lavica. Ben proporzionato il timpano triangolare (con prismi ornamentali e orologio circolare) che chiude in alto il doppio ordine di lesene.

Sul retro spicca la calotta costolonata della cupola con lanterne impostata su un alto tamburo finestrato ed un piccolo campanile (il suono squillante delle sue piccole campane caratterizza da secoli la chiesa).

Il portale in pietra lavica scolpita ha un’altezza di m 6,8 per 4,2 di altezza. Al centro della trabeazione è incisa una data: “1628”. E’ probabile opera dei valenti scalpellini brontesi dell'epoca.

Il prospetto con la grande finestra centrale (m 4,2 x 3,6, in pietra arenaria scolpita) è più recente: del primo quarto del XIX secolo. Sul portale del prospetto laterale destro, anch’esso in pietra lavica è scolpita la data del 1816.

Una piccola curiosità a proposito dell'orologio circolare posto al centro del timpano triangolare: è opera di padre Luigi Minio, un appassionato esperto della misura del tempo, che venne in aiuto del parroco padre Antonino Rubino nel corso dei lavori di restauro del 1956-58.

L'interno ha semplicità di disegno e di visione prospettica che risaltano per la lussureggiante decorazione barocca.

La preziosità geometrica dei fregi, la raffinatezza degli ori, il cesello degli stucchi danno una singolare vivacità sia alle pareti che alle volte da farle apparire damascate. Ciò è anche dovuto ad un altro recente restauro (1956-58) fatto del parroco Antonino Rubino.

La chiesa, a navata unica rettangolare, con due profonde cappelle poste in corrispondenza del transetto che aumentano la vista prospettica della cupola, ha otto altari.

Entrando, a sinistra, il primo è dedicato a S. Casimiro re di Polonia, il secondo all’Assunta, il terzo, un tempo dedicato alla Madonna del Rosario, ora ha il titolo dell’Immacolata; il quarto è dedicato a S. Vincenzo Ferreri.

A destra, nella prima arcata cieca, il primo altare è dedicato a Sant’Onofrio, il secondo alle Anime del Purgatorio, il terzo alla Madonna del Carmelo.

Appena entrati, il Rosario si presenta nella sua interezza e se ne ha subito una visione d'insieme. Gli altari in marmi policromi, i grandi quadri appesi sopra ogni altare con le loro cornici in stucco modellato e dorato, il pulpito, il fonte battesimale, i vivi colori degli affreschi delle volte e la cornice architettonica dell'altare maggiore ne fanno quasi una galleria d'arte.

La chiesa è ricca, infatti, di quadri ed affreschi che rappresentano a volte Santi che oggi la devozione popolare ha totalmente dimenticato (Sant'Onofrio, San Casimiro, S. Simone Stock, ...).

L'olio su tela posto sopra l’altare della prima arcata cieca della parete sinistra, raffigura San Casimiro re di Polonia. Dipinto nel 1900 da Nunziato Petralia, è racchiuso in una cornice ottocentesca in stucco modellato e dipinto e misura  m 3,10 per 1,7 di larghezza. L’altare è della seconda metà del 1700 in marmi policromi scolpiti, intarsiati e dipinti.

Nella stessa parete, seconda arcata cieca, è l’altare con il quadro dell'Assunzione della Madonna (olio su tela di cm. 302 per 176 di larghezza). Dipinto da Nunziato Petralia nel 1900, come tutti gli altri, è racchiuso in una cornice di stucco modellato mentre l’altare, della seconda metà del 1700, è in marmi policromi scolpiti e intarsiati.

Segue, nella terza arcata cieca un bellissimo quadro della Madonna immacolata. Questo dipinto, risalente ai primi anni del 1800, misura 3 metri per 1,76 di larghezza ed è racchiuso in una cornice di stucco modellato, dipinto e dorato. Sconosciuto l’autore anche se è attribuibile a bottega siciliana dell’inizio del XIX secolo. L’altare, in marmi policromi scolpiti e intarsiati, è antecedente, probabilmente della seconda metà del 1700.

Nella prima arcata cieca della parete destra è l’altare con la pala di Sant'Onofrio, anch'esso dipinto da Nunziato Petralia nel 1900. Il quadro, olio su tela di misura m. 2,90 per 1,75, è racchiuso entro la solita cornice ottocentesca. L’altare in marmi policromi scolpiti ed intarsiati è della seconda metà del 1700.

Segue, nella seconda arcata cieca, l’altare con una pala del 1719 raffigurante la Madonna che intercede presso la Trinità per le Anime del Purgatorio. Il quadro (di m. 3,02 per 1,76 di larghezza) è racchiuso nella solita cornice ottocentesca. L'altare, della stessa epoca del quadro, è in marmi policromi scolpiti ed intarsiati. Sul frontale è scolpito un bel bassorilievo in marmo bianco che rappresenta angeli e le anime del Purgatorio.

Il quadro, posto sopra l’altare della terza arcata cieca, raffigura San Simone Stock che riceve dalla Madonna l'abito dei carmelitani. Sulla destra è raffigurata Santa Teresa d'Avila. Anche questo altare, in marmi policromi intarsiati e dipinti, è della seconda metà del 1700. Sul frontale è scolpito un bassorilievo con l’emblema dell'Ordine dei Padri Carmelitani. Da notare sul frontale dell’altare posto nel braccio destro del transetto un altro delizioso bassorilievo rappresentante la Fuga in Egitto; in marmi bianchi su sfondo giallo, misura 60 cm per 45 di larghezza ed è della seconda metà del 1700.

L’altare centrale, inserito entro una cornice architettonica ottocentesca in stucco modellato, dipinto e dorato del primo quarto del XIX secolo (1800 - 1824), è dedicato alla Madonna del Rosario che con San Domenico e Santa Caterina da Siena genuflessi ai suoi piedi è rappresentata in un colorito gruppo scultoreo della metà del 1900, in legno scolpito e dipinto, appoggiato su un ripiano sopra l’altare.

Sulla parete sinistra, estranee al contesto, risaltano le forme gotiche del pulpito ligneo sormontato dal baldacchino a pinnacoli fioriti ed il coretto dell'organo costruito nel 1901 da V. Cuscona da Taormina.

Il pulpito risalente probabilmente ai primi anni del 1900, è murato nel terzo partito della parete sinistra. Di forma poligonale ha elementi scultorei a soggetto sacro, in legno intagliato, scolpito e dipinto e misura 6 metri e 65 di altezza, per una larghezza di 1,85 e 1,40 di profondità.

Gli altorilievi scolpiti sul parapetto raffigurano Gesù benedicente fra due angeli ed i quattro evangelisti, mentre  sul postergale è scolpita la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena.    

Un fonte battesimale, in marmo giallo scolpito con coprifonte ligneo, è murato a pavimento nella prima nicchia della parete sinistra. Risale alla seconda metà del 1800 e misura m 1,5 di altezza per 0,88 di larghezza e profondità.

Sul coprifonte, in legno scolpito, intagliato, dipinto, dorato è riportato un disegno del battesimo di Gesù Cristo.

Arrivati nel transetto è opportuno alzare gli occhi ed ammirare i quattro pennacchi della cupola affrescati con le immagini dei quattro evangelisti. A forma di triangolo rovesciato, furono affrescati da Sebastiano Conti Consoli nel 1956 e misurano m 1,20 per 1,20.  

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