- Chiesa
della
SS.
Trinità
(Chiesa
Madre)
Anche
se
non
si
può
dire
con
certezza
che
la
chiesa
della
SS.
Trinità
(comunemente
detta
“La
Matrice”)
sia
la
più
antica
chiesa
di
Bronte,
certamente
però
è
la
più
grande
e
quella
più
importante
e
significativa
dal
punto
di
vista
architettonico
ma
soprattutto
storico
e
documentale.
Certamente
non
ha
molto
di
eccezionale
dal
punto
di
vista
artistico
ma
le
innumerevoli
tracce,
i
monumenti,
i
documenti,
gli
arredi
e
le
testimonianze
che
trovansi
in
questo
luogo
ne
fanno
una
miniera
di
notizie
che
rimandano
alla
storia
ed
alle
tradizioni
brontesi.
Singola
e
isolata,
la
Matrice
è
ubicata
tra
le
vie
Matrice,
Santi
e
S.
Giuseppe,
in
leggero
pendio
su
rocce
laviche
affioranti.
Non
ha
caratteri
architettonici
e
decorativi
tali
da
potere
attribuire
definizioni
stilistiche
assolute
ma
sulle
superfici
intonacate
risaltano
ancora
alcuni
elementi
che,
senza
ombra
di
dubbio,
la
definiscono
come
una
delle
fabbriche
di
maggiore
vetustà
presenti
a
Bronte.
Fu
edificata
nella
forma
attuale
nella
prima
metà
del
cinquecento
(dal
1505
al
1579)
con
la fusione
di
due
chiese:
la
chiesa
maggiore
di
Santa
Maria
e
la
vicina
chiesa
della
SS.
Trinità.
Santa
Maria,
la
più
grande
e
la
più
antica,
probabilmente
di
origine
normanna,
era
a
tre
navate
com'è
tuttora,
sostenuta
da
dodici
colonne
in
pietra
arenaria
con
capitelli
corinzi
e
foglie
d'acanto
e
tetto
a
travature
simile
a
quello
dell'Annunziata.
L'altra,
la
chiesa
della
SS.
Trinità,
più
piccola,
occupava
lo
spazio
dell'attuale
transetto
con
ingresso
dal
lato
dove
oggi
c'è
l'altare
barocco
del
Crocifisso.
Sono
ancora
ben
visibili
le
tracce
dei
due
antichi
edifici
prima
della
loro
fusione:
- sulla
parete
nord,
spiccano
lo
spigolo
dell’antica
chiesa
di
Santa
Maria
e
l'ingresso
con
una
porta
ogivale,
composta
da
conci
di
pietra
calcarea
e
sormontata
da
un
piccolo
mascherone
rappresentante
un
volto
umano;
- è
chiaramente
delineato
il
contrafforte
del
muro,
a
lato
nord;
- all'interno
sono
state
portate
alla
luce
un
ampio
arco,
che
un
tempo
immetteva
nel
presbiterio
dell’antica
chiesa
di
Santa
Maria
ed
oggi
sovrasta
l'ingresso,
e
sul
lato
destro
e
sinistro
entrando
dalla
porta
maggiore,
alcune
colonne,
il
pavimento
ed
altri
elementi
architettonici
in
pietra
calcarea,
riferibili
all'antica
chiesa
di
Santa
Maria;
- nel
corso
di
un recente
restauro sono
state
ripristinate
e
rese
visibili,
in
un
vano
accanto
alla
cappella
dell’Addolorata,
una
rustica
parete
esterna
ed
una
piccola
monofora
della
chiesa
di
Santa
Maria,
nascoste
dagli
intonaci;
- sulla
parete
sud,
sono
presenti
una
porta
con
architrave
e
semicolonne
di
pietra
verdognola,
già
tutta
sfaldata
dal
tempo
e
alcune
finestrine
ogivali
a
spiraglio,
in
pietra
arenaria,
simili
a
quelle
visibili
nell’Abbazia
Benedettina di
Maniace.
La
riunione
delle
due
chiese non
fu
completata
in
un
breve
periodo:
- il
pronao
con
il
quartierino
del
predicatore,
le
colonne
e
l’architrave
della
porta
maggiore
portano
la
data
del 1575,
pochi
anni
dopo
l'obbligata riunione
dei
casali in
Bronte,
ordinata
da
Carlo
V
(1535);
- il
campanile
fu
iniziato
nel
1579,
- le
volte
nel
secolo
XVIII,
- i
due
stupendi
altari
barocchi
del
Crocifisso
e
del
Purgatorio
nel
1655.

La
costruzione
del
campanile
inizia
verso
il 1579,
ma
i
lavori
andavano
a
rilento.
Restaurato
nel
1780
ha
una
propria
autonomia
stilistica
e
volumetrica
e
con
le
sue
proporzioni
massicce
dà
slancio
all’insieme.
Ha
una
possente
struttura,
evidenziata
dalle
paraste
d’angolo
in
bozze
squadrate
di
pietra
lavica,
dal
coronamento
merlato
e
dalla
cuspide
a
base
ottagonale.
Tre
marcadavanzali
lapidei
in
aggetto
suddividono
il
fondo
intonacato
dei
quattro
prospetti
ed
evidenziano
l’imposta
delle
monofore
voltate
a
tutto
sesto.
Una
merlatura
ghibellina
con
una
cuspide
piramidale
a
base
ottagonale
conclude
la
copertura
del
campanile
con
un
coronamento
tipico
di
tutte
le
torri
brontesi.
L’interno
della
chiesa
della
SS.
Trinità
manca
di
un
preciso
stile
architettonico
ed
è
estremamente
semplice
ma
non
per
questo
meno
interessante.
Ha
pianta
longitudinale a
croce
latina,
con
due
navate
laterali
ed
una
centrale,
quattro
cappelle
laterali
e
due
in
fondo,
coro
absidale
e
un
coro
parietale
ligneo
con
scranni
lavorati
ad
intarsi
sovrastati
da
un
imponente
organo.
La navata
centrale è
sostenuta
da
dodici
colonne
di
pietra
arenaria
con
capitelli,
ingrossate
successivamente
con
muratura
di
consolidamento
quando
del
1818
due
di
esse
crollarono
per
un
terremoto.
E'
possibile
vedere
come
dovevano
essere
originariamente
entrando
nella
chiesa
dalla
porta
maggiore.
Qui,
infatti,
e
nel
primo
pilastro
a
sinistra,
sono
state
portate
alla
luce
tre
colonne,
il
pavimento,
un
arco
ed
altri
elementi
architettonici
in
pietra
calcarea
dell'antica
chiesa
di
Santa
Maria.
Si
notano
le
tre
navate
appartenenti
all'originaria
costruzione,
il
transetto,
la
cappella
maggiore
e
le
due
laterali
e
l’area
prima
occupata
dalla
vecchia
chiesa
della
SS.
Trinità.
Il
transetto è
racchiuso
nei
lati
corti
da due
stupendi
altari barocchi del
Purgatorio
e
del
Crocifisso,
restaurati
nel
1892.
Le
volte
sostituiscono
quelle
originarie
che
dovevano
essere
probabilmente
a
travatura
lignea.

La
chiesa
ha
quattro
cappelle
laterali
e
due
in
fondo,
a
destra
e
a
sinistra
del
coro.
Entrando
in
chiesa
e
procedendo
nella
navata
destra
la
prima
cosa
che
si
incontra
è
l'antico fonte
battesimale del
1614.
E'
in
marmo
scolpito
con
un
coprifonte
ottocentesco
in
legno
dipinto
ed
istoriato
di
un
metro
e
80
di
altezza.
Alla
base un’iscrizione
documentaria
ci
ricorda
la
data
della
sua
fattura:
«MDCXIIII
sa[..]entis
in
vitam
aeternam»
(1614.
La
fonte
della
vita
eterna).
Il
fonte
oggi
è
posto
in
una
rientranza
dove
un
tempo
c'era
l'ingresso
della
chiesa
di
Santa
Maria
(all'esterno
corrisponde
alla
porta
ogivale
in
pietra
calcarea
sormontata
da
un
piccolo
mascherone).
Segue
quindi
la
prima
cappella
dedicata
a San
Biagio.
In
una
nicchia
racchiusa
da
una
cornice
architettonica
con
due
colonne
tortili
laterali
è
posta
la
statua
del
Santo,
un
misto
di
legno
scolpito
e
dipinto
e
di
cartapesta
della
seconda
metà
del
XVIII
secolo.
Appoggiata
sulla
statua
una
mitra
di
vescovo
di
cotone
e
seta
bianca
ricamati
in
oro
filato.
San
Biagio
è
compatrono
di
Bronte
ed
ogni
anno
i
brontesi
gli
dedicano
una
festa
portando
in
processione
questa
statua
lungo
le
vie
del
paese.
L'ingresso
della
Cappella
è
delimitato
da
una
coppia
di
balaustre
con
elementi
troncopiramidali
in
marmi
policromi
scolpiti,
intarsiati
della
prima
metà
del
secolo
XIX.
L'altare,
impreziosito
di
marmi
policromi
è
del
1770;
da
notare
il
bel
bassorilievo
in
marmo
bianco,
nero
e
rosso
murato
sul
fronte
dell’altare
raffigurante
San
Biagio.
Segue
quindi
un
vano
(vi
era
posto
prima
il
fonte
battesimale)
dove
un recente
restauro ha
riportato
alla
luce
una
parte
della
rustica
parete
esterna
e
una
monofora
dell'antica
chiesa
di
Santa
Maria,
poi
(dal
1505)
inglobata
nella
Chiesa
della
SS.
Trinità
(l'attuale
Matrice).
L'ultima
cappella
della
navata
destra
è
quella
dedicata
alla Madonna
Addolorata,
con
l'omonima
statua
posta
nella
nicchia
della
parete
di
fondo.
In
cartapesta
modellata
e
dipinta
è
della
seconda
metà
del
1700
e
misura
m.
1,81
di
altezza.
La
statua,
molto
venerata
dai
brontesi,
ogni
anno
è
portata
nella
processione
del Venerdì
Santo dietro
le
statue
del
Cristo
alla
Colonna
(proveniente
dall'Annunziata),
del
Crocifisso
(dalla
chiesa
della
Madonna
del
Riparo)
e
del
Cristo
morto
(dai
Cappuccini).
L'altare,
della
fine
del
1700
(1,48
m.
x
2,18
di
larghezza),
è
in
marmi
policromi
scolpiti
e
intarsiati.
Al
centro,
in
un
bassorilievo
in
marmo
bianco
su
marmo
di
colore
nero,
è
scolpita
l’immagine
della
Madonna.
L'ingresso
della
cappella
è
delimitato
da
una
balaustra
in
marmo
degli
stessi
colori
dell'altare
composta
da
colonnine
quadrate
e
troncopiramidali.

La
prima
cappella
della
navata
sinistra è
dedicata
al Cuore
di
Gesù, ricca
di
piccole
opere
d'arte.
In
una
nicchia
della
parete
di
fondo,
è
posta
la
statua
del
Sacro
Cuore,
di
fine
ottocento,
in
cartapesta
modellata
e
dipinta.
Sulla
parete
in
un
piccolo
dipinto
(olio
su
tavola
della
seconda
metà
del
1800)
è
raffigurato
il
Sacro
cuore,
che
è
anche
riproposto
con
un
altorilievo
in
marmi
policromi
scolpiti,
dipinti
e
dorati
nella
parte
frontale
dell'altare.
Ai
lati
dell'altare
sono
posti due
piccoli
mausolei in
marmo
eretti
alla
fine
del
1700
a
due
arcipreti
che
ressero
la
chiesa:
sulla
sinistra,
quello
di
Vincenzo
Uccellatore
e,
sulla
destra,
quello
di
Placido
Dinaro.
Nella
parete
un
dipinto
della
Madonna
con
Bambino
che
schiaccia
il
serpente
(150
x
103
cm.
di
larghezza,
di
fine
1800) e,
a
destra,
il
quadro
del
Buon
Pastore,
dipinto
ad
olio
nel
1880
dal
pittore
brontese Agostino
Attinà.
Viene
quindi
l'ingresso
della
sagrestia
e,
dopo,
la Cappella
degli
apostoli
Pietro
e
Paolo.
Anche
qui
una
cartella
è
murata
nella
chiave
dell’arco
d'ingresso;
porta
l’iscrizione
«Gloriosi
/
principes
Terrae» (Gloriosi
principi
della
terra).
Come
in
quasi
tutte
le
altre
della
chiesa,
l’ingresso
della
cappella
è
delimitato
da
due
graziose
balaustre
in
marmi
policromi
scolpiti
e
intarsiati
con
elementi
tronco-piramidali.
Sopra
l'altare,
in
una
cornice
architettonica
di
stile
classico,
è
appeso
un
bel
dipinto
di
fine
1700
(olio
su
tela
di
cm.
230
x
150
di
larghezza)
che
raffigura
i
due
apostoli.
Ad
impreziosirlo
ancora
di
più
sopra
il
dipinto
è
appesa
una
mantovana,
in
legno
intagliato
e
dorato,
della
prima
metà
del
1800.
Sul
fronte
dell'altare,
risalta
un
bel
bassorilievo
in
marmi
policromi
scolpiti
ed
intarsiati
con
la
figura
della
SS.
Trinità.
Lo
spazio
attuale
del
transetto
è
quello
che
un
tempo
occupava
l'antica
chiesa
della
Trinità,
con
ingresso
dal
lato
dove
oggi
c'è
l'altare
del
Crocifisso.
Sulla
destra
del
transetto,
guardano
l'altare
maggiore,
si
trova
la Cappella
di
Santa
Maria
della
Candelora
o
della
Purificazione.
Vi
si
accede
da
una
artistica
coppia
di
balaustre
con
elementi
in
marmo
intarsiati
e
dipinti
della
prima
metà
del
XVIII
secolo.
L'altare,
della
stessa
epoca,
è
costruito
con
stessi
marmi
policromi,
scolpiti
e
intarsiati
ed
al
centro
presenta
un
bassorilievo
con
la
figura
della
Madonna.
In
una
nicchia
della
parete
di
fondo,
sopra
l’altare,
è
posta
la
statua
della
Madonna
con
Bambino
(sec.
XVIII).
Alta
195
cm.,
è
in
cartapesta
modellata
e
dipinta
e,
probabilmente
di
scuola
gaginiana.
Da
ammirare
lo
sportellino
in
legno
intagliato
e
intarsiato
che
chiude
il
tabernacolo
dell'altare;
è
della
metà
del
1700.
A
sinistra
del
transetto
vi
è
la Cappella
del
SS.
Sacramento:
è
una
delle
più
belle
e
ricche
della
Matrice.
Nelle
pareti
laterali
due
affreschi
(del
XVII
secolo)
rappresentano
il
primo
un
asino
digiuno
da
tre
giorni
che
rifiuta
la
biada
e
in
atto
di
adorare
il
Sacramento
portato
da
S.
Antonino
ed
il
secondo
il
conte
Rodolfo
degli
Asburgo
che
cede
il
proprio
cavallo
ad
un
sacerdote
che
porta
il
viatico
ad
un
infermo.
Gli
affreschi,
in
cattivo
stato
di
conservazione
sono
stati
coperti
alla
fine
del
1800
da
due
dipinti
(copie
su
tela)
eseguiti
dal
pittore
brontese
Nunziato
Petralia.

L'altare,
in
marmi
policromi,
è
istoriato
con
decorazioni
di
cherubini,
foglie
d'acanto
e
cartelle
raffiguranti
un
agnello,
un
pellicano
e
una
fenice.
Sopra
l'altare
un
tronetto
a
forma
di
tempio
per
l'esposizione
eucaristica:
alto
cm.
140,
in
marmi
policromi
intarsiati,
ha
coppie
di
colonne
composite
sormontate
da
trabeazione
spezzata,
frontone
curvo
interrotto
e
baldacchino
con
volute
ed
in
alto
una
croce
imperiale.
Ai
lati
del
tronetto
due
statue
di
angeli
genuflessi
in
marmo
bianco.
Lo
sportello
del
tabernacolo
è
decorato
con
un
calice
con
eucaristia
e
angeli.
Appesa
nella
parete
di
fondo
dell'altare,
si
nota
un'aggraziata
mantovana,
in
legno
intagliato,
dipinto
e
dorato,
della
prima
metà
del
1800.
Sempre
sulla
sinistra
del
transetto,
in
una
nicchia
a
sinistra
della
cappella
del
Sacramento
con
sopra
una
mantovana
in
legno
intagliato
e
dorato
della
prima
metà
del
1800,
è
posta
la
statua
di
S.
Michele
Arcangelo.
Proviene
da
un'antica
chiesa
che
portava
il
suo
nome
del Casale
di
Placa
Baiana,
e
fu
trasferita
alla
Matrice
quando
il
casale
si
riunì
a
Bronte
nel
1692.
La
statua,
in
legno
e
cartapesta,
richiama
tanto l'altro
S.
Michele
dell'Annunziata.
Ed
a
tutte
e
due
le
statue
si
ispira
l'arcangelo
(impersonato
da
un
bambino)
che
al
monotono
ritmo
di
un
tamburo,
apre
ogni
anno
la
processione
del Venerdì
Santo.
Nel
presbiterio
si
notano
la
struttura
lignea
parietale
dell'antico coro con
gli
imponenti
ed
austeri
scranni
dorati
e
lavorati
a
intarsi
e
la
maestosa
apparecchiatura
del
maestoso organo meccanico.
Fu
costruito
nei
primi
del
'900
dalla
ditta
palermitana
Laudani
e
Giudice
e
con
le
sue
imponenti
misure
(metri
4,50
di
larghezza
per
7
di
altezza)
copre
totalmente
la
parete
di
fondo.
Molto
bello
il
coro
che
circonda
la
zona
del
presbiterio.
In
legno
intagliato,
scolpito
e
dipinto,
(è
della
fine
del
XVII
sec.),
con
una
lunghezza
di
oltre
dieci
metri
si
snoda
su
due
file
con
32
stalli
a
sedile
ribaltabile,
piedi
e
braccioli
a
volute
vegetali
e
postergali
delimitati
da
lesene
con
trabeazione
in
alto;
riccamente
cesellato
e
dipinto
con
volute,
fronde,
rosette,
vasi
con
fiori
e
uccelli
entro
cornici.

Davanti
all’organo
un
balconcino
o
palco
di
cantoria;
a
corredo
dell'altare
maggiore
sei
artistici
candelieri
e
una
croce
d'altare.
Il
tutto
in
legno
scolpito,
intagliato,
dipinto
e
dorato
della
prima
metà
del
1800.
Appesi
alle
pareti,
alle
spalle
del
coro
ligneo,
due
grandi
quadri
del
pittore
brontese Nunziato
Petralia:
a
destra
la
“Sacra
famiglia”
(306
per
200
cm.,
del
1899),
a
sinistra
«la
Trinità»
(296
per
200
cm.,
del
1899);
in
un
cartiglio
l’iscrizione
«Spes
nostra
salus
nostra
honor
noster
o
beata
Trinitas
1899»
(Speranza
nostra,
salvezza
nostra
ed
onore
nostro,
o
beata
Trinità.
1899).
Oltre
ai
numerosi mausolei
di
illustri
brontesi,
distribuiti
sulle
pareti
delle
navate
laterali
e
nelle
cappelle,
anche
la
Matrice
aveva
la
sua
cripta,
dove
erano
sepolti
i
preti
e
le
persone
facoltose.
Si
trova
sotto
il
Presbiterio
con
una
scala
di
accesso
posta
dietro
l'altare.
Fino
agli
anni
'50/60
era
meta
di
fedeli
durante
il
giorno
dei
Morti
ma
oggi
non
è
più
visitabile.
In
un
coro
consimile
a
quello
visibile
nel
presbiterio
sono
sepolti
numerosi
preti
con
i
loro
scheletri,
vestiti
dei
paramenti
sacri,
che
portano
un
cartiglio
appuntato
ad
una
manica,
con
tutti
i
dati
di
riconoscimento.
Un
restauro ultimato
nel
Marzo
del
2007 ha
restituito
alla
chiesa
luminosità
e
bellezza
ed
ha
fatto
anche
rinascere
diversi
elementi
architettonici
delle
due
preesistenti
chiese
di
Santa
Maria
e
della
SS.
Trinità
inglobate
dal
1505
in
poi
nella
Matrice.
Chiesa
di
Maria
SS.
del
Soccorso
La Chiesa
di
Maria
SS.
del
Soccorso,
di probabile
origine
medievale,
si
trova
al
centro
della
parte
più
antica
di
Bronte
a
poche
decine
di
metri
dalla
principale
chiesa
di
Bronte:
la
chiesa
Madre
o
Matrice.
La
chiesa
è
dedicata
alla
Madonna
del
Soccorso
ma
è
stata
messa
negli
anni
sotto
la
protezione
di
altri
Santi,
come
San
Placido
del
quale
nella
chiesa
si
conservano
le
reliquie.
Nella
tradizione
dei
fedeli
essa
viene
ancora
comunemente
indicata
come
Chiesa
del
Soccorso
o
di
Santa
Lucia.
I
motivi
storici
di
questa
doppia
denominazione
sono
svelati
da
un
Libro
dei
conti
della
Chiesa
dove
in
un
"Avvertimento"
(conservato
nell’Archivio
del
Collegio
Capizzi)
si
sostiene
che
fu
in
origine
costruita
a
ridosso
di
un’antica
cappella
dedicata
al
culto
di
Santa
Lucia,
che
successivi
ampliamenti
hanno
poi
nel
corso
dei
secoli
inglobato
nella
struttura
originaria.
La
chiesa,
infatti,
in
origine
era
più
piccola
e
semplice;
l'attuale
stato
architettonico
è
il
risultato
dei
numerosi
restauri
e
rifacimenti
subiti.
Un primo
intervento,
risalente
al
XV
secolo,
prima
della
riunione
dei
24
Casali, ha
allungato
il
corpo
della
chiesa
ed
inglobato
l’attigua
Cappella
di
Santa
Lucia accanto
alla
quale
la
prima
chiesa
era
stata
costruita.
A
questo
periodo
si
deve
pure
il
rifacimento
dell'attuale
porta
principale
(sull'architrave
della
porta
della
chiesa
è
incisa
la
data
del 1569).
Le
colonne
in
pietra
arenaria
dell’antica
porta
ogivale
di
stile
preromanico
furono
usate
per
la
costruzione
di
un
arco
all’ingresso
dell’inglobata
cappella
dedicata
a
Santa
Lucia.
Il campanile
fu
iniziato
verso
l’anno
1580 (la
campana
più
grande
porta
la
data
del 1699)
e
probabilmente
in
quel
periodo
si
ha
un
nuovo
allungamento
della
Chiesa
nella
parte
che
oggi
costituisce
l’abside.
Quest'ultimi
nuovi
lavori
di
ampliamento
e
la
costruzione
del
campanile
fecero
restare
della
struttura
primitiva
ben
poche
cose:
la
porta
ogivale
laterale,
le
monofore
all’altezza
del
tetto
e
le
nicchie
degli
altari
curvate
verso
l’esterno.
Resero
anche
necessaria
il
rifacimento
e
la
risistemazione
dell’interno
che,
nello
stesso
periodo,
fu
adornato
di
quegli
affreschi
venuti
fuori
durante
un
restauro
del
1984.
Ancora una
ristrutturazione,
tra
il 1780 ed
il
1788,
ridisegnò
completamente
l’architettura
esterna
della
Chiesa
dando
nuove
forma
all’edificio,
più
pulita
e
regolare.
L’architettura
di
stile
ottocentesco,
dalle
forme
pulite
e
lineari,
nascondeva,
ed
in
parte
ancora
nasconde,
vistosi
rifacimenti
che
ne
hanno
cancellato
la
primitiva
antica
struttura. Un
ultimo
intervento,
con
la
sistemazione
della
facciata
sul
fianco
destro,
è
stato
eseguito
dalla
Sovrintendenza
per
i
beni
culturali
ed
ambientali
nel
1970-1980.
L'interno
della
chiesa è
oggi
ad
aula
rettangolare
con
coro
(sull’ingresso)
e
volume
absidale,
articolata
lateralmente
dai
volumi
degli
altari
minori,
tutti
in
ottimo
stato
di
conservazione
e
di
qualità
artistica.
All’ingresso
un
grande
arco
sostiene
la
volta
del
coro.
Il
pavimento
è
in
marmo
bianco-grigio
a
scacchiera.
Sulle
pareti
laterali
le
nicchie
a
fondo
piatto
degli
altari
minori
si
alternano
alla
partitura
delle
lesene,
che
mostrano
sopra
una
doppia
cornice
d’imposta
alla
volta
lunettata.
A
destra
entrando
vi
sono
gli
altari
di
S.
Placido,
di
Maria
SS.
del
Soccorso,
di
S.
Francesco
di
Paola
(con
una
bella
statua
in
legno
dello
scultore
Graziano
Cerriti
di
San
Fratello);
a
sinistra
quelli
di
Santa
Lucia,
e
del
Crocifisso.
Sopra
l’altare
maggiore,
il
più
antico,
trovasi
il
quadro
della
Visitazione
di
Maria
SS.
a
Santa
Elisabetta
d’autore
palermitano
ignoto
(fu
donato
alla
chiesa
dal
Ven. Ignazio
Capizzi).
Nella
chiesa
è
conservato
un
pregevole
organo
a
canne
del
1847.
Chiesa
di
San
Silvestro ("a
Batìa")
La
chiesa
di
San
Silvestro
(o
della Badia)
sorge
nella
piazza
principale
del
paese, Piazza
Spedalieri, la
zona
delle
feste
e
di
tutte
le
manifestazioni
pubbliche
brontesi,
e
la
caratterizza
con
la
sua
originale
struttura.
E'
menzionata
nei
riveli
del 1573,
nei
registri
matrimoniali
del
1591
e
nei
riveli
del
1593.
Successivamente
a
tali
date
accanto
alla
cappella
sorse
un
monastero
delle
benedettine
e
la
chiesa
fu
incorporata
nello
stesso
monastero
e
prese
il
titolo
di chiesa
di
Santa
Scolastica
alla
Badia.
Il monastero fu
eretto
sulla
sinistra
della
chiesa
per
opera
anche
del
Comune
e
di
molti
cittadini
brontesi
e
ben
presto
divenne
floridissimo.
Nel
1714
ospitava
quarantacinque
monache
ed
era
uno
degli
enti
ecclesiastici
più
ricchi
di
Bronte.
Il
Monastero
di
clausura
femminile
fu
parzialmente
distrutto
dal
terremoto
del 1818 che
fece
crollare
l’ala
a
mezzogiorno
e
poi
soppresso
in
seguito
alle
leggi
del 1866 che
sancirono
l'alienazione
dei
beni
ecclesiastici
(insieme
ad
esso
fu
soppresso
anche
il
Monastero
Basiliano
annesso
alla
chiesa
di San
Blandano)
ed
infine
totalmente
demolito
nella
prima
metà
dello
scorso
secolo
(1935).
La
demolizione
modificò
completamente
il
prospetto
principale
della
chiesa
di
San
Silvestro.
Fu
aperto,
infatti,
un
ingresso
secondario
accanto
all’ingresso
principale
e
fu
variato
anche
l’ordine
delle
finestre
nella
parte
alta.
Tali
modifiche
ribaltarono
il
rapporto
ambientale
fra
la
chiesa
ed
il
contesto
urbano
anche
se
l’edificio,
sul
cui
lato
destro
negli
anni
'50
è
stato
addossato
quel
poco
estetico
arco
del monumento
ai
caduti e nel
2009
ancora
un'altro
arco
proveniente
dall'antica
facciata
del Teatro
comunale,
rimane
comunque
il
principale
elemento
architettonico
caratterizzante
la
piazza.
Risaltano
e
caratterizzano
l’esterno
della
chiesa
un
grosso
contrafforte
in
muratura
che
presidia
il
lato
destro
e,
sulla
via
Garibaldi,
una
lanterna
cilindrica
ad
aperture
cieche,
posta
sopra
la
copertura
della
cappella
di
S.
Benedetto.
La
forma
e
la
funzione
richiamano
alla
mente
elementi
analoghi
della
architettura
bizantina.
Semplice
e
lineare
il
portale
in
pietra
lavica
scolpita
ed
intagliata
con
stipiti
e
cornicioni
di
gusto
rinascimentale.
Risale
probabilmente
alla
fine
del
1700.
Il recente
rifacimento
di
Piazza
Spedalieri,
nel
portarne
su
un
unico
livello
la
superficie,
ha
comportato
anche
l'innalzamento
della
zona
ai
piedi
della
chiesa.
Con
l'eliminazione
di
due
gradini
della
porta
d'ingresso
e
del
marciapiede
il
portale
ed
anche
il
prospetto
della
chiesa
risultano
ora
meno
slanciati
e
più
tozzi.

L’originario
aspetto
interno
della
chiesa
subì
grosse
ristrutturazioni
nel 1828:
non
si
ebbe
la
felice
idea
di
ripulire
e
restaurare
il
tetto
a
travatura
e
le
festose
decorazioni
in
oro
zecchino
annerite
dal
tempo
e
dal
fumo
dei
ceri.
Il
tetto
fu
sostituito,
quasi
per
intero,
con
l’attuale
copertura
voltata.
A
forma
rettangolare
con
abside
e
navata
unica,
la
chiesa
ha sette
altari,
una
cantoria
e
un
antico
organo
non
più
funzionante.
Al
suo interno
risaltano
le
decorazioni
a
losanghe
dorate
del
soffitto
della
navata
e
dell’abside
ed
il
motivo
alternato
di
archi
e
lesene
appena
in
rilievo
che
scandiscono
la
partitura
delle
piatte
pareti
laterali.
L’arredo
marmoreo
degli
altari
(tutti
della
metà
del
1800)
è
in
marmi
policromi
scolpiti
e
intarsiati.
Nella
parete
di
fondo
dell’abside
una
cornice
architettonica
con
elementi
scultorei
della
prima
metà
dell'800,
in
stucco
modellato,
dipinto
e
dorato,
racchiude
un
prezioso
Crocifisso
in
legno
scolpito
e
dipinto
o,
a
seconda
del
periodo
dell'anno,
la
grande
tela
della
Pentecoste.
In
alto
dell'abside
due
statue
di
angelo.
Nell’unica
cappella
posta
nella
parete
sinistra,
da
notare
uno
sportello
di
tabernacolo
raffigurante
Gesù
Cristo
buon
pastore,
in
legno
scolpito,
intagliato,
dorato
della
seconda
metà
del
1700.
L’altare
racchiudeva
un
tempo
fra
due
colonne
tortili
un
dipinto
di G.
Tommasio del
1664
che
rappresenta
San
Benedetto
circondato
da
altri
santi
(San
Placido
e
Santa
Geltrude
alla
sua
sinistra
e
Santa
Scolastica
e
San
Mauro
a
destra);
in
basso
a
sinistra
è
ritratta
la
prima
superiora
del
monastero,
Suor
Anna
Vaccaro.
Sopra
l'altare
è
posto
un
crocifisso
del
III
secolo
e
la
tela
del
Tommasio
è
posta
nella
parte
destra
del
presbiterio.
Molte altre
opere
pittoriche adornano
la
chiesa.
Il
quadro
più
bello
è
dedicato
ad
una
santa
egiziana,
della
solitudine
e
della
penitenza,
venerata
dalla
Chiesa
cattolica,
da
quella
ortodossa
e
da
quella
copta.
E'
posto
nella
parte
sinistra
del
presbiterio
e
raffigura
la Comunione
di
Santa
Maria
Egiziaca il
cui
originale
del
Novelli
si
trova
al
museo
nazionale
di
Palermo.
Sopra
l'altare
maggiore,
dedicato
allo
Spirito
Santo,
quando
non
vi
è
posto
il
Crocifisso,
una
grande
tela
raffigura
la
Pentecoste
(la
Discesa
dello
Spirito
Santo sugli
apostoli
e
la
Madonna
raccolti
in
preghiera);
misura
metri
3,43
per
2,33
ed
è
stata
dipinta
da
G.
Patricolo
nel
1830.
Nella
volta
del
presbiterio,
intradosso,
è
dipinto
un
affresco
raffigurante
l’Assunzione
della
Vergine
del
brontese Giuseppe
Dinaro
come
ci
ricorda
la
scritta
in
basso
a
destra “Ioseph
Dinaro
1828”.
In
alto,
fra
le
due
grate
del
coro,
è
un
quadro
rappresentante
il
sacrificio
di
Noè
uscito
dall’Arca,
attribuito
allo
stesso
Giuseppe
Dinaro.
Di
buona
scuola
è
anche
il
quadro
della
Cena
di
Gesù
posto
in
una
stanzetta
laterale
della
chiesa.
Il fonte
battesimale in
marmo
bianco
con
coprifonte
in
legno
intagliato,
dipinto
e
dorato,
posto
sul
lato
sinistro
della
navata,
è
dell'inizio
del
1900.
Resiste
ancora
qualche
frammento dell'imponente catafalco smembrato
alcuni
decenni
fa,
utilizzato
un
tempo
dalla
Confraternita
di Maria
SS.
della
Misericordia per
i
funerali
dei
propri
confratelli
defunti.
Era
stato
concepito
nel
1930
dal
noto
scultore Simone
Ronsisvalle.
Il
monastero
di
Santa
Scolastica
-
La
costruzione
del
piccolo
monastero
di
Santa
Scolastica
ebbe
inizio
nel 1608,
quando
le
autorità
brontesi
scrissero
al
Re
chiedendo
aiuti
economici
atti
alla
costruzione
di
un
monastero
che
servisse
"ad
onore
e
culto
di
Dio
e
per
comodità
del
popolo".
Con
gli
aiuti
della
Regia
Università
di
Palermo,
che
assicurava
il
mantenimento
delle
claustrali,
l’opera
fu
iniziata
nel
1610
ad
opera
del
chierico
Pietro
Saitta
che
fece
costruire
a
sue
spese
il
primo
piano
e
dell'Arcivescovo
di
Monreale
che,
pagandone
le
spese,
fece
costruire
il
secondo.
Fu
ultimata
nel 1616,
e
lo
stesso
Arcivescovo
ordinò
a
Suor
Anna
Vaccaro
(o
Vattiato)
di
trasferirsi
a
Bronte
con
le
abbadesse.
Chiesa
di
Maria
SS.
del
Rosario
Dell’esistenza
della
chiesa
di Maria
SS.
del
Rosario,
la
seconda
per
importanza
dopo
la
Matrice,
si
fa
già
cenno
nel 1574 durante
una
visita
pastorale
di
Mons.
Torres,
vescovo
di
Monreale,
dalla
quale
Bronte
dipendeva.
A
quel
tempo
la
chiesa
era
affidata
ai
frati
dell’ordine
di
San
Domenico
e
nei
registri
matrimoniali
è
menzionata
col
titolo
di
Santa
Maria
della
Resistenza
(1590)
o
dell'Astinenza
(1596).
Nel
corso
dei
secoli,
oltre
al
nome,
anche
l'aspetto
e
l'interno
della
chiesa
hanno
subito
numerose
trasformazioni
e
rifacimenti,
tanto
che
oggi
poche
tracce
restano
dell'originaria
struttura.
Le
date 1608-1621,
scolpite
sulla
pietra
lavica
sotto
la
cornice
del
frontone
della
porta
maggiore,
più
che
al
compimento
dell'opera,
debbono
ascriversi
ad
un
primo
rifacimento
di
un
nuovo
prospetto
e
di
quella
porta.
Nel 1635 con
un
lascito
del
canonico
Luigi
Mancani,
fu
costruita
nella
chiesa
una
nuova
cappella
consacrata
a
Maria
SS.
dell’Assunzione;
la
cappella
nel
corso
dei
secoli
fu
destinataria
di
diversi
lasciti
testamentari
fra
i
quali
quello
del 1679 del
Barone
D. Lorenzo
Castiglione
Pace,
il
fondatore
del
nostro
ospedale.
Agli
inizi
del 1800 donna
Basilia
Uccellatore
restaurò
a
sue
spese
la
chiesa
dalle
fondamenta,
e
la
rifece
quale
essa
è
ora;
certo
in
questo
rifacimento
la
cappella
fu
trasformata
in
sacrestia,
e
l’altare
dell’Assunta
fu
portato
dov’è
presentemente.

Con
la
sua
architettura
semplice
e
lineare,
la
chiesa
prospetta
sull’omonima
Piazza
Rosario,
domina
il
Corso
Umberto
sul
quale
si
affaccia
per
tutto
il
fianco
destro
e
dal
quale
offre
una
piacevole,
graduale
vista
prospettica.
In
virtù
dei
grandi
cambiamenti
apportati
alla
sede
stradale
intorno
alla
Chiesa
negli
anni 1869 e 1870,
il
Rosario
si
trova
ora
in
posizione
sopraelevata
rispetto
all’originario
piano
della
costruzione.
L’abbassamento
della
sede
stradale
e
il
raddrizzamento
del
suo
asse,
con
altri
inevitabili
sventramenti
urbani,
comportò
grosse
trasformazioni
agli
ingressi
originari
della
chiesa
e
al
presidio
delle
strutture.
Ciò
giustifica
la
presenza
della
lunga
piattaforma
muraria
sul
Corso
Umberto
e
le
scalinate
sul
fronte
principale
e
sui
due
ingressi
laterali.
Il
prospetto,
di
semplice
ed
equilibrata
composizione
di
stile
seicentesco
con
richiami
rinascimentali,
è
scandito
da
due
grandi
cornici
orizzontali
sorrette
da
coppie
sovrapposte
di
lesene.
Sulla facciata risalta
il
disegno
equilibrato
del
portale
ad
altorilievo
in
pietra
lavica,
la
finestra
d’ispirazione
manieristica
e
la
scalinata
prismatica
centrale
in
pietra
lavica.
Ben
proporzionato
il
timpano
triangolare
(con
prismi
ornamentali
e
orologio
circolare)
che
chiude
in
alto
il
doppio
ordine
di
lesene.
Sul retro spicca
la
calotta
costolonata
della
cupola
con
lanterne
impostata
su
un
alto
tamburo
finestrato
ed
un
piccolo
campanile
(il
suono
squillante
delle
sue
piccole
campane
caratterizza
da
secoli
la
chiesa).
Il portale in
pietra
lavica
scolpita
ha
un’altezza
di
m
6,8
per
4,2
di
altezza.
Al
centro
della
trabeazione
è
incisa
una
data:
“1628”.
E’
probabile
opera
dei
valenti
scalpellini
brontesi
dell'epoca.
Il
prospetto
con
la
grande
finestra
centrale
(m
4,2
x
3,6,
in
pietra
arenaria
scolpita)
è
più
recente:
del
primo
quarto
del
XIX
secolo.
Sul
portale
del
prospetto
laterale
destro,
anch’esso
in
pietra
lavica
è
scolpita
la
data
del
1816.
Una
piccola
curiosità
a
proposito
dell'orologio
circolare
posto
al
centro
del
timpano
triangolare:
è
opera
di
padre Luigi
Minio,
un
appassionato
esperto
della
misura
del
tempo,
che
venne
in
aiuto
del
parroco
padre
Antonino
Rubino
nel
corso
dei
lavori
di
restauro
del
1956-58.
L'interno
ha
semplicità
di
disegno
e
di
visione
prospettica
che
risaltano
per
la
lussureggiante
decorazione
barocca.
La
preziosità
geometrica
dei
fregi,
la
raffinatezza
degli
ori,
il
cesello
degli
stucchi
danno
una
singolare
vivacità
sia
alle
pareti
che
alle
volte
da
farle
apparire
damascate.
Ciò
è
anche
dovuto
ad
un
altro
recente
restauro
(1956-58)
fatto
del
parroco
Antonino
Rubino.
La
chiesa,
a
navata
unica
rettangolare,
con
due
profonde
cappelle
poste
in
corrispondenza
del
transetto
che
aumentano
la
vista
prospettica
della
cupola,
ha
otto
altari.
Entrando,
a
sinistra,
il
primo
è
dedicato
a
S.
Casimiro
re
di
Polonia,
il
secondo
all’Assunta,
il
terzo,
un
tempo
dedicato
alla
Madonna
del
Rosario,
ora
ha
il
titolo
dell’Immacolata;
il
quarto
è
dedicato
a
S.
Vincenzo
Ferreri.
A
destra,
nella
prima
arcata
cieca,
il
primo
altare
è
dedicato
a
Sant’Onofrio,
il
secondo
alle
Anime
del
Purgatorio,
il
terzo
alla
Madonna
del
Carmelo.

Appena
entrati,
il
Rosario
si
presenta
nella
sua
interezza
e
se
ne
ha
subito
una
visione
d'insieme.
Gli
altari
in
marmi
policromi,
i
grandi
quadri
appesi
sopra
ogni
altare
con
le
loro
cornici
in
stucco
modellato
e
dorato,
il
pulpito,
il
fonte
battesimale,
i
vivi
colori
degli
affreschi
delle
volte
e
la
cornice
architettonica
dell'altare
maggiore
ne
fanno
quasi
una
galleria
d'arte.
La
chiesa
è
ricca,
infatti,
di
quadri
ed
affreschi
che
rappresentano
a
volte
Santi
che
oggi
la
devozione
popolare
ha
totalmente
dimenticato
(Sant'Onofrio,
San
Casimiro,
S.
Simone
Stock,
...).
L'olio
su
tela
posto
sopra
l’altare
della
prima
arcata
cieca
della
parete
sinistra,
raffigura San
Casimiro re
di
Polonia.
Dipinto
nel
1900
da
Nunziato
Petralia,
è
racchiuso
in
una
cornice
ottocentesca
in
stucco
modellato
e
dipinto
e
misura
m
3,10
per
1,7
di
larghezza.
L’altare
è
della
seconda
metà
del
1700
in
marmi
policromi
scolpiti,
intarsiati
e
dipinti.
Nella
stessa
parete,
seconda
arcata
cieca,
è
l’altare
con
il
quadro
dell'Assunzione
della
Madonna (olio
su
tela
di
cm.
302
per
176
di
larghezza).
Dipinto
da
Nunziato
Petralia
nel
1900,
come
tutti
gli
altri,
è
racchiuso
in
una
cornice
di
stucco
modellato
mentre
l’altare,
della
seconda
metà
del
1700,
è
in
marmi
policromi
scolpiti
e
intarsiati.
Segue,
nella
terza
arcata
cieca
un
bellissimo
quadro
della Madonna
immacolata.
Questo
dipinto,
risalente
ai
primi
anni
del
1800,
misura
3
metri
per
1,76
di
larghezza
ed
è
racchiuso
in
una
cornice
di
stucco
modellato,
dipinto
e
dorato.
Sconosciuto
l’autore
anche
se
è
attribuibile
a
bottega
siciliana
dell’inizio
del
XIX
secolo.
L’altare,
in
marmi
policromi
scolpiti
e
intarsiati,
è
antecedente,
probabilmente
della
seconda
metà
del
1700.
Nella
prima
arcata
cieca
della
parete
destra
è
l’altare
con
la
pala
di Sant'Onofrio,
anch'esso dipinto
da
Nunziato
Petralia
nel
1900.
Il
quadro,
olio
su
tela
di
misura
m.
2,90
per
1,75,
è
racchiuso
entro
la
solita
cornice
ottocentesca.
L’altare
in
marmi
policromi
scolpiti
ed
intarsiati
è
della
seconda
metà
del
1700.
Segue,
nella
seconda
arcata
cieca,
l’altare
con
una
pala
del
1719
raffigurante
la
Madonna
che
intercede
presso
la
Trinità
per
le Anime
del
Purgatorio.
Il
quadro
(di
m.
3,02
per
1,76
di
larghezza)
è
racchiuso
nella
solita
cornice
ottocentesca.
L'altare,
della
stessa
epoca
del
quadro,
è
in
marmi
policromi
scolpiti
ed
intarsiati.
Sul
frontale
è
scolpito
un
bel
bassorilievo
in
marmo
bianco
che
rappresenta
angeli
e
le
anime
del
Purgatorio.
Il
quadro,
posto
sopra
l’altare
della
terza
arcata
cieca,
raffigura San
Simone
Stock che
riceve
dalla
Madonna
l'abito
dei
carmelitani.
Sulla
destra
è
raffigurata
Santa
Teresa
d'Avila.
Anche
questo
altare,
in
marmi
policromi
intarsiati
e
dipinti,
è
della
seconda
metà
del
1700.
Sul
frontale
è
scolpito
un
bassorilievo
con
l’emblema
dell'Ordine
dei
Padri
Carmelitani. Da
notare
sul
frontale
dell’altare
posto
nel
braccio
destro
del
transetto
un
altro
delizioso
bassorilievo
rappresentante
la Fuga
in
Egitto;
in
marmi
bianchi
su
sfondo
giallo,
misura
60
cm
per
45
di
larghezza
ed
è
della
seconda
metà
del
1700.
L’altare
centrale,
inserito
entro
una
cornice
architettonica
ottocentesca
in
stucco
modellato,
dipinto
e
dorato
del
primo
quarto
del
XIX
secolo
(1800
-
1824),
è
dedicato
alla
Madonna
del
Rosario
che
con
San
Domenico
e
Santa
Caterina
da
Siena
genuflessi
ai
suoi
piedi
è
rappresentata
in
un
colorito
gruppo
scultoreo
della
metà
del
1900,
in
legno
scolpito
e
dipinto,
appoggiato
su
un
ripiano
sopra
l’altare.
Sulla
parete
sinistra,
estranee
al
contesto,
risaltano
le
forme
gotiche
del pulpito
ligneo sormontato
dal
baldacchino
a
pinnacoli
fioriti
ed
il
coretto
dell'organo
costruito
nel
1901
da
V.
Cuscona
da
Taormina.
Il
pulpito
risalente
probabilmente
ai
primi
anni
del
1900,
è
murato
nel
terzo
partito
della
parete
sinistra.
Di
forma
poligonale
ha
elementi
scultorei
a
soggetto
sacro,
in
legno
intagliato,
scolpito
e
dipinto
e
misura
6
metri
e
65
di
altezza,
per
una
larghezza
di
1,85
e
1,40
di
profondità.
Gli
altorilievi
scolpiti
sul
parapetto
raffigurano
Gesù
benedicente
fra
due
angeli
ed
i
quattro
evangelisti,
mentre
sul
postergale
è
scolpita
la
Madonna
del
Rosario
con
San
Domenico
e
Santa
Caterina
da
Siena.
Un fonte
battesimale,
in
marmo
giallo
scolpito
con
coprifonte
ligneo,
è
murato
a
pavimento
nella
prima
nicchia
della
parete
sinistra.
Risale
alla
seconda
metà
del
1800
e
misura
m
1,5
di
altezza
per
0,88
di
larghezza
e
profondità.
Sul
coprifonte,
in
legno
scolpito,
intagliato,
dipinto,
dorato
è
riportato
un
disegno
del
battesimo
di
Gesù
Cristo.
Arrivati
nel
transetto
è
opportuno
alzare
gli
occhi
ed
ammirare
i
quattro
pennacchi
della
cupola
affrescati
con
le
immagini
dei
quattro
evangelisti.
A
forma
di
triangolo
rovesciato,
furono
affrescati
da
Sebastiano
Conti
Consoli
nel
1956
e
misurano
m
1,20
per
1,20.
Pag.
4
Pag.
6
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