Zafferana Etnea (Borgo)
(Catania)

 

Zafferana Etnea sorge a 574 m. s.l.m., alle pendici orientali dell'Etna. Si estende fino alla vetta sommitale del vulcano, includendo nel proprio territorio paesaggi di inestimabile bellezza naturalistica, dai fitti boschi alle distese di deserto lavico.

È uno dei comuni del Parco regionale dell'Etna e nel suo territorio rientrano le tre grandi valli che secondo accreditate ipotesi rappresentano la testimonianza della sequenza della genesi del vulcano: Valle del BoveVal Calanna e Valle San Giacomo.

Zafferana rappresenta una delle porte d'accesso al vulcano, grazie alla strada provinciale dell'Etna che la collega alla stazione turistica di Rifugio Sapienza (Nicolosi) da un lato, e a quella di Piano Provenzana (Linguaglossa) dall'altro.  

Diverse sono le ipotesi sull'origine del nome; alcuni studiosi ritengono che la parola derivi dall'arabo Zaufanah, che significa “giallo”, per l'abbondanza dei giunchi e delle ginestre che si trovano nei boschi del territorio; altri pensano che il nome provenga da parole arabe col significato di “contrada ricchissima d'acqua” oppure “fischio del vento”.

L'ipotesi più attendibile la si trova nell'Enciclopedia italiana di Gerolamo Boccardo, in cui facendo accenno alla coltivazione dello zafferano egli scrive che questa coltivazione «era industria principale nel moderno comunello di Zafferana Etnea; che da detta cultura prese il nome». Questa supposizione è avvalorata dal quadro della Madonna della Provvidenza (1838) di Giuseppe Rapisardi, in cui è dipinto un vaso con fiori di zafferano.  

Il territorio di Zafferana Etnea era attraversato, fin dal tempo dell'occupazione romana, da un importante asse viario che collegava la città di Tauromenium a quella di Katane, costituendo un percorso alternativo alla via Consolare Pompeia che costeggiava il litorale jonico. Questa strada pedemontana consentiva lo spostamento dei soldati romani al riparo dagli attacchi nemici e permetteva di raggiungere e attraversare l'imponente Bosco d'Aci, la cui legna veniva utilizzata per la costruzione delle navi.

A tal proposito, il celebre antropologo palermitano Giuseppe Pitrè, nella sua Biblioteca delle tradizioni popolari, cita Zafferana come luogo di passaggio dei tre santi Alfio, Filadelfo e Cirino, condotti dal preside Tertullo da Tauromenium a Leontini per esservi martirizzati il 10 maggio 253. Secondo alcune fonti in quel caso un'eruzione dell'Etna aveva reso impraticabile la strada costiera (via Pompeia), costringendo la legione e i condannati a servirsi della strada etnea.

Una piccola parte di questa antica strada lastricata, in seguito riadattata a mulattiera e utilizzata fino agli inizi del secolo scorso, è ancora visibile presso la contrada Dagalone. Altra testimonianza della presenza dei romani nel territorio è rappresentata dal ritrovamento di alcune monete romane.

A causa delle eruzioni dell'Etna e dei terremoti che più volte devastarono la zona, non si hanno altri reperti storici anteriori al sisma del Val di Noto del 1693.

La storia dell'abitato attuale ha origine con la fondazione del Priorato di San Giacomo, un monastero benedettino costruito nel Medioevo e di cui si hanno notizie certe a partire dal 1387 in un documento firmato dal Vescovo di Catania Simone del Pozzo. Da una bolla papale firmata da Papa Eugenio IV nel 1443 si apprende dell'esistenza di un'annessa chiesa dedicata a san Giacomo, sacramentale e parrocchiale, il che fa presumere che fosse frequentata da un primo nucleo di abitanti sorto attorno al monastero, oltre che dai numerosi pellegrini che accorrevano nel giorno della festa del santo, il 25 luglio. La vita monastica nel Priorato finì nel 1464, ma la chiesa rimase aperta al culto fino almeno al 1677, venendo poi probabilmente distrutta, insieme all'intero complesso, dal terribile terremoto del 1693. Il Priorato si trovava all'inizio della svasatura della Valle San Giacomo, a monte dell'odierno abitato.

Alcuni studiosi agiografi sostengono che un primo piccolo monastero in territorio zafferanese fosse stato istituito da san Sabino (m. 15 ottobre 760), vescovo di Catania, che lasciò la gestione della diocesi per ritirarsi in un luogo pacifico insieme ai suoi discepoli. Questo fatto non è sostenuto da fonti certe, ed è azzardato ipotizzare che il Priorato di san Giacomo sia sorto in seguito sull'originario Monastero di san Sabino.

Il primo toponimo che si riscontra nella storia di Zafferana è “Cella”, che indicava lo stesso territorio di San Giacomo, dove era ubicato il priorato. In un documento del 1694, invece, compare per la prima volta il toponimo “Zafarana” che darà poi il nome al paese. Le terre della contrada Zafarana dipesero amministrativamente dai comuni di TrecastagniViagrande ed Aci Sant'Antonio fino al 1826, mentre dal punto di vista religioso la chiesa del borgo (chiesa della Madonna della Provvidenza), costruita agli inizi del Settecento, fu vincolata all'Arcipretura Parrocchiale "S. Nicola di Bari" di Trecastagni fino alla costituzione della parrocchia (1753).

Il 21 settembre 1826 un decreto di Francesco I, dispose che i quartieri Zafarana Etnea, Sarro, Rocca d'Api, Bongiardo e Pisano formassero, distaccandosi dai comuni di TrecastagniViagrande ed Aci SS. Antonio e Filippo, un nuovo comune col nome di Zafarana Etnea, poi Zafferana Etnea. A questo nuovo Comune si unirono in seguito le altre frazioni di Fleri (1851) e Petrulli (1951), mentre la frazione Bongiardo passò, nel 1934, al neo-costituito comune di Santa Venerina.  

Cronologia degli eventi sismici

- 11 gennaio 1693terremoto del Val di Noto - il Priorato di san Giacomo e l'annessa chiesetta vengono rasi al suolo.  

- 20 febbraio 1818, tardo pomeriggio - 34 vittime, 29 delle quali all'interno della Chiesa Madre.  

- 30 settembre 1911, ore 00.40 (magnitudine macrosismica 3.4) - epicentro a Zafferana Etnea.  

- 19 marzo 1952, ore 08.13 (magnitudine macrosismica 3.9) - epicentro a Santa Venerina - Distruzione del cimitero comunale di Zafferana Etnea.  

- 19 ottobre 1984, ore 18.43 (magnitudine macrosismica 3.7) - Epicentro a Zafferana Etnea - Il terribile evento sismico creò il panico tra gli abitanti di Zafferana e dei borghi limitrofi: si contò una vittima colpita da un calcinaccio durante la fuga; ingenti i danni alle abitazioni, agli edifici civili e amministrativi, a quelli sacri.

La Chiesa Madre fu interessata dal crollo della volta della navata centrale che cadde rovinosamente sul pulpito distruggendolo, da crepe sugli stucchi e da profonde fratture lungo i pavimenti e le pareti; i danni la resero inagibile alle sacre funzioni e fu sostituita da una tensostruttura realizzata nella vicina Piazza della Regione Siciliana, che ospitò i fedeli per ben quattordici anni. Anche il Palazzo Municipale divenne impraticabile per i pericoli di crollo.

Gli abitanti, privati delle loro case, furono ospitati per mesi in tende messe a disposizione dalla Croce Rossa Italiana e dall'Esercito Italiano, chiamati sul posto per far fronte alle necessità dei senza tetto.

Una replica importante si ebbe sei giorni dopo, il 25 ottobre 1984, con epicentro nella frazione Fleri. Anche questo terremoto causò danni ingenti agli edifici civili e sacri nella frazione stessa e in quella limitrofa di Pisano Etneo.  

- 25 ottobre 1984, ore 01.11 (magnitudine macrosismica 3.0) - Epicentro a Zafferana Etnea, danni ingenti ad edifici civili e sacri nelle frazioni di Fleri e Pisano Etneo.  

- 9 gennaio 2001, ore 02.51 (magnitudine macrosismica 3.4) - Epicentro a Zafferana Etnea.  

- 29 ottobre 2002, ore 10.02 (magnitudine macrosismica 4.1), terremoto di Santa Venerina - Epicentro a Santa Venerina.  

- 29 ottobre 2002, ore 17.14 (magnitudine macrosismica 3.7) - Epicentro a Milo.  

- 26 dicembre 2018, ore 03.19 (magnitudine macrosismica 4.8), terremoto di Viagrande - epicentro a Viagrande, danni ingenti ad edifici civili e sacri nella frazione di Fleri.  

Cronologia degli eventi eruttivi

- 1792 - A seguito degli eventi eruttivi cominciati nel marzo 1792, il primo di giugno si aprì un cratere sul lato est dell'Etna, preannunciato da terremoti. Il fuoco del vulcano divorò fertili terreni lasciando dietro di sé una lingua nera di lava.

I primi di agosto la colata lavica si affacciò dalle colline che vanno dall'Airone alla Valle San Giacomo, seminando il panico nel piccolo borgo. Ormai privi di speranza per la salvezza delle proprie case, gli zafferanesi raccolsero le loro cose e si prepararono a lasciare le loro proprietà.

«La montagna conica dell'Arcimisa restò in gran parte seppellita da questa copiosa ed alta corrente di lava, la quale empì la profondissima valle del signor Gioacchino a segno di non lasciarne il menomo vestigio. Da qui il torrente focoso diviso in cinque braccia proseguì il suo corso nelle contrade di Cassone, distruggendo e snaturando tutte quelle fertili campagne, che incontrò nel suo passaggio ed andò finalmente a devastare le vigne in faccia della Zafarana. Gli abitanti del paese colti dallo spavento erano già in istato di abbandonare le loro case in preda del torrente infocato; ma la lava divisa in tante ramificazioni, si arrestò in quella scoscesa collina tutta vestita di vigneti, che è a poca distanza dalla Zafarana» (Giuseppe RecuperoStoria naturale e generale dell'Etna Catania 1815)

Dai zafferanesi, che in un impeto di fede avevano portato in processione dalla chiesa la statua della Madonna della Provvidenza, l'improvviso cessare dell'eruzione alle porte dell'abitato venne inteso come una grazia straordinaria. Il popolo tutto gridò al miracolo e fece voto di recarsi in quel luogo in pellegrinaggio ogni anno. Sul posto nel 1861 venne edificato un monumentale altarino e, ancor oggi, la cittadinanza scioglie il voto dei padri recandovisi ogni anno durante i festeggiamenti patronali.  

- 1852 - La lava lambisce l'abitato distruggendo boschi e fertili terreni.  

- 1992 - La lava si arresta a meno di un chilometro dal centro abitato, in contrada Piano dell'Acqua. Cominciata il 14 dicembre 1991 e terminata il 30 marzo del 1993, fu l'eruzione etnea di più lunga durata tra quelle recenti. La lava fuoriuscì da un sistema di fratture localizzate lungo la base del cratere di sud-est, in direzione nord-sud, che si estese nel giro di alcuni giorni da quota 3.100 a quota 2.200 s.l.m.

Chiesa di Santa Maria della Provvidenza

La chiesa di Santa Maria della Provvidenza è la chiesa madre di Zafferana Etnea. Svettante su di un'ampia e scenografica scalinata in pietra lavica, in netto contrasto con la bianca facciata, la Chiesa Madre, intitolata alla Patrona, è il monumento più importante della città.  

La sua costruzione, iniziata nel 1731 per volere di don Francesco Gagliano, decano della Basilica Collegiata di Catania, si protrasse per lungo tempo, più volte ripresa a causa dei numerosi eventi sismici che la resero inagibile. Nei secoli la sua struttura fu rimaneggiata e ampliata. La chiesa originaria, infatti, era molto più piccola, disposta perpendicolarmente a quella attuale; il 20 febbraio 1818 un terribile terremoto distrusse l'edificio causando ventinove vittime tra i fedeli presenti alle sacre funzioni.

I lavori di ricostruzione, cominciati nel 1832 e conclusi nel 1837, valsero alla chiesa la possibilità di essere dichiarata "Chiesa Matrice" dall'allora vescovo di Catania, mons. Orlando. Nel 1882 un nuovo intervento di ampliamento portò all'allungamento delle navate.

L'ultimo intervento di recupero e di restauro risale agli anni precedenti al 1997, quando la chiesa venne riaperta al culto dopo quattordici anni, essendo stata resa inagibile dal terremoto del 1984, che causò il crollo della volta della navata centrale e innumerevoli altri danni strutturali.  

L'esterno è caratterizzato da un'imponente facciata in pietra bianca di Siracusa, realizzata dal 1897 al 1928 in stile eclettico, con elementi che vanno dal barocco siciliano al liberty su progetto dell'architetto Carmelo Sciuto Patti. Il prospetto è formato da un corpo centrale lievemente arretrato rispetto ai due campanili gemelli.

A seguito della riapertura della Chiesa, avvenuta il 30 ottobre 1997, le porte sono state decorate con pannelli bronzei in rilievo. Nella porta centrale troviamo rappresentate la processione durante l'eruzione del 1792 (in basso a sinistra), una scena di vita monastica del Priorato di San Giacomo (in basso a destra) e in alto scene tratte dal Nuovo Testamento in cui è presente la Madonna. Le porte laterali, invece, sono arricchite da pannelli che raffigurano scene della vita di Cristo.

Sul portale maggiore, a ridosso di una cornice curvilinea, si trova un grande Cristo Pantocratore che, con le braccia aperte, accoglie i fedeli e li invita ad entrare. Sul livello superiore, al centro di un trittico, è posta una statua di pregevole fattura raffigurante la Titolare della chiesa e Patrona della città, Maria Santissima della Provvidenza. Su di essa, nel frontone, si erge lo stemma mariano.

Delle due torri campanarie, d'impronta prettamente barocca, solo quella di destra ospita cinque campane.

Dei due ingressi sui prospetti laterali, il più interessante è quello di destra, rivolto ad oriente. È in pietra lavica scolpita, e sulla sua soglia è incisa la data del 1730, l'anno in cui furono iniziati i lavori di costruzione della chiesa. Pare certo che questo fosse, nel progetto iniziale, l'ingresso principale della chiesa, allora molto più piccola, e rivolta quindi ad oriente perpendicolarmente alla chiesa attuale.

La cupola, di forma ottagonale, è artisticamente rivestita da tessere in maiolica blu, caratteristica comune a molte delle cupole e delle guglie delle chiese etnee.

L'interno, elengante e sobrio nel suo insieme, è a croce latina e a tre navate. All'incrocio del transetto con la navata centrale si innalza la cupola. Nonostante gli eventi sismici remoti e recenti l'abbiano spogliata di molte delle finiture e degli affreschi originari, la chiesa conserva interessanti opere artistiche.

All'ingresso, sulla destra, è collocato il fonte battesimale in marmo, sormontato dall'Agnello e circondato da una ringhiera in ferro battuto.

L'abside presenta un altare maggiore di pregevole fattura, al di sopra del quale si erge maestoso un grande quadro della Madonna della Provvidenza, opera novecentesca del pittore Raffaele Stramondo; dello stesso autore, sempre nell'abside, troviamo a destra Il sacrificio di Melchisedech e a sinistra La Cena di Emmaus.

Ai lati dell'altare maggiore due splendide porte in legno scolpito, recanti i rispettivi simboli iconografici, conservano le statue di San Giuseppe (a destra) e della Madonna della Provvidenza (a sinistra), mentre dietro l'altare, al centro, si trova una simile porta che custodiva un tempo la statua di Sant'Antonio abate.

In fondo alla navata destra si trova la cappella della Madonna della Provvidenza, uno splendido altare in marmo policromo in cui è incastonato il venerato quadro della Madonna, dipinto nel 1838 da Giuseppe Rapisarda.

In fondo alla navata sinistra, invece, si trova la cappella del Santissimo Sacramento; sull'altare, fiancheggiato da due statue raffiguranti Santa Margherita Maria Alacoque e Santa Giuliana Falconieri, è posto il simulacro del Sacro Cuore di Gesù.

Lungo il transetto troviamo invece a destra l'altare di San Giuseppe, con una grande pala dipinta dal pittore zafferanese Giuseppe Sciuti nel 1854 a soli vent'anni; a sinistra, l'altare del Santissimo Crocifisso, con un monumentale Crocifisso ligneo ottocentesco alla base del quale è posto un quadro dell'Addolorata.

Due statue si fronteggiano, poste nelle navate laterali: a destra troviamo quella di Sant'Antonio di Padova, a sinistra quella di Sant'Antonio abate, compatrono della città.

Altri interessanti simulacri sono conservati nella Matrice, ma esposti solo nei giorni delle rispettive feste; tra questi ricordiamo: il Cristo Morto col suo cataletto (portantina), di fattura settecentesca; la Madonna della Provvidenza, scolpita intorno alla metà del secolo XIX; l'Addolorata e San Giovanni ApostoloSanta Rita da CasciaSan Giuseppe; la Madonna di Lourdes; il piccolo simulacro di Maria Santissima Bambina; Sant'AgataSanta Lucia; il Cristo Risorto.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie

La costruzione originale era in legno su una proprietà privata, e venne iniziata dopo il terremoto del 1818, che aveva reso inagibile la chiesa madre Santa Maria della Provvidenza

In seguito cominciarono i lavori definitivi, che non furono però ultimati, lasciando così la chiesa incompleta. Un recente intervento di completamento e restauro ha permesso di aprirla al culto, consacrata l'8 dicembre 1995 dall'arcivescovo emerito di Catania Luigi Bommarito.

Nella facciata, in stile liberty, si trova una nicchia che ospita una statua in pietra bianca della Madonna delle Grazie.

Al di sopra del portale, all'interno di una cornice semicircolare, si trova un altorilievo raffigurante due angeli che sostengono la "M" di Maria.

La facciata è suddivisa in tre parti, separate tra di loro da paraste con inserti liberty; la porzione centrale presenta il portale d'ingresso e culmina nella croce, quelle laterali si elevano per finire a destra nella torretta dell'orologio, e a sinistra nella torre campanaria.

Quest'ultima possiede una particolarità: le due campane suonano a slancio, ovvero è tutta la campana ad oscillare e non solo il batacchio, come invece avviene di norma.

L'interno si sviluppa in un'unica navata a copertura lignea.

L'altare maggiore ospita, su una mensola marmorea, la statua lignea della Madonna delle Grazie.

Nella parete destra si trovano un dipinto che raffigura la Visitazione di Maria a santa Elisabetta e la statua del Sacro Cuore di Gesù; nella parete sinistra, invece, un dipinto raffigurante l'Annunciazione e una statua di san Mauro abate.

Capitelli votivi

Capitello della Madonna della Provvidenza - In centro storico. Fu costruito nel 1861 ad opera dei fedeli nello stesso luogo in cui nel 1792 avvenne un miracolo attribuito all'intercessione della Vergine: il fronte lavico dell'eruzione dell'Etna, ormai incombente sull'abitato, prodigiosamente si arrestò nel medesimo punto in cui il simulacro della Madonna fu portato in processione. 

Proprio a ricordo di quell'evento sul timpano che sormonta l'altare è scritto: "TU SALUS NOSTRA", cioè "Tu nostra salvezza". Ancor oggi l'Altare contiene l'originario simulacro della Vergine, bella opera settecentesca in gesso dipinto. Questo Altarino rappresenta una testimonianza della devozione alla Madonna e ogni anno, in memoria del miracolo del 1792, il popolo scioglie l'antico voto pronunciato dagli avi, raggiungendolo in processione il sabato che precede la seconda domenica di agosto. 

Una lapide marmorea, collocata ai piedi del simulacro della Madonna, così recita: "A piè di questo simulacro dell'Augusta Vergine della Provvidenza, la lava etnea del 1972 prodigiosamente qui ristette. I fedeli questo monumento vi eressero nel 1861".  

Capitello della Madonna delle Grazie - In centro storico. Il primo altarino dedicato alla Madonna delle Grazie venne costruito quando ancora la strada non esisteva, nel torrente sottostante. 

Qui si trovava la piccola abitazione di un mendicante che, per guadagnarsi da vivere, vendeva l'acqua alle famiglie, non essendovi ancora una rete idrica. Un giorno, durante una piena, il mendicante venne trascinato dalle acque; impaurito, pregò la Madonna e improvvisamente si sentì afferrato dai capelli e trascinato verso un masso dove credette di scorgere il profilo della Madonna. 

Con la costruzione della strada attuale, la famiglia Marano, allora proprietaria del parco comunale (Villa Anna), offrì lo spazio per costruire questo nuovo altarino, all'interno del quale è stata riportata la pietra che salvò il mendicante.  

Capitello votivo della Madonna della Provvidenza - Nella contrada Piano dell'Acqua. Il capitello a forma di stele raffigura la Madonna della Provvidenza, voluta dai cittadini zafferanesi a memoria del prodigioso arresto della colata lavica che nel 1992 incombeva sull'abitato. Allora, in processione, il popolo dei fedeli raggiunse il fronte lavico, chiedendo la grazia della salvezza della loro città. E così fu: la lava si fermò poco tempo dopo nel punto in cui il simulacro della Madonna era stato portato. 

La stele col simulacro della Madonna venne inaugurata il 13 novembre 1994 dal cardinale Salvatore Pappalardo e fu fatto voto di raggiungere questo luogo in processione ogni primo sabato di giugno. 

Ai piedi della stele, una targa commemorativa, così recita: "Tu fosti, o Madre della Divina Provvidenza, difesa e baluardo della nostra città che a Te deve salvezza dal fuoco ormai incombente dell'eruzione 1991-'92. Il popolo grato questa stele eresse il 13 novembre 1994 ".  

Capitello votivo della Madonna della Provvidenza, quartiere Cancelliere.

Capitello votivo della Madonna della Provvidenza, contrada Dagalone.

Capitello votivo di San Vito martire.

Capitello votivo del Santissimo Redentore, frazione Fleri.

Capitello votivo della Madonna delle Grazie, quartiere Fortino.

Palazzo Municipale

L'elegante costruzione fine ottocentesca, posta sullo stesso livello urbanistico della chiesa madre, si affaccia sulla centralissima piazza Umberto I.

Il palazzo è un gradevole esempio di stile Liberty, con cornicione merlato, inserti floreali sul prospetto principale e, al centro, sopra il balcone d'onore, uno stucco riprende lo stemma comunale, con l'aquila che tiene tra gli artigli due grappoli d'uva, posta sopra un medaglione su cui è dipinta l'Etna in eruzione.

L'edificio, reso inagibile dal terremoto del 19 ottobre 1984, dopo un lungo restauro, è stato inaugurato il 30 maggio 2009 alla presenza delle istituzioni comunali, del presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e dell'arcivescovo metropolita di Catania Salvatore Gristina.

Al suo interno si conservano due importanti opere del pittore locale Giuseppe SciutiIl Benessere e le Arti ed un autoritratto. Per raggiungere il municipio dalla piazza si percorre una coreografica scalinata curvilinea a doppia rampa, con lampioni anch'essi Liberty; al centro della scalinata è collocato un busto del pittore Giuseppe Sciuti, in memoria dell'artista cui Zafferana diede i natali.  

Villa Manganelli

Villa Manganelli è un edificio monumentale di Zafferana Etnea, appartenuto alla nobile famiglia catanese dei Principi Paternò - Manganelli. La sua costruzione avvenne tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, in contrada Sarro.

Vi si accede attraverso un monumentale ingresso sulla SP9, in prossimità dell'antica chiesa di san Vincenzo Ferreri, in contrada Sarro, percorrendo un viale alberato immerso in un florido parco. La villa si trova più in alto rispetto al piano stradale, e la si può vedere da più parti dominare sul territorio circostante.

Lo stile utilizzato rispecchia quello della Secessione viennese, movimento artistico che si diffuse a partire dalla fine del 1800 in tutta Europa e negli Stati Uniti ed anche lo stile "Neoclassico" come quello "Georgiano" è presente, il che rende villa Manganelli probabilmente l'unico edificio del Sud Italia con stile inglese-americano coloniale del 1700. L'edificio si innalza su tre piani, e il prospetto principale, rivolto ad est, è caratterizzato da un corpo centrale avanzato, nel cui piano intermedio, al di sopra del portale d'ingresso, si trova un balconcino d'onore provvisto di balaustra a colonnine. Il prospetto posteriore, ad ovest, presenta di contro un corpo centrale incassato, formando così una sorta di corte dalla quale si accede alla villa provenendo dal parco retrostante.

Gli interni, nonostante l'incuria degli anni passati, a seguito di un recente restauro conservativo, hanno ritrovato il loro splendore. I pavimenti sono in stile liberty, ed i soffitti affrescati con motivi a festoni e ghirlande intervallati da motivi geometrici, opera magistrale dell'architetto Joseph Maria Olbrich.

Attorno alla villa si trova uno splendido parco composto di sciare e castagneti, e di alberi di vario genere, comunemente chiamato il feudo dagli abitanti locali.

Attualmente la Villa Manganelli è di proprietà dell'Ente Parco dell'Etna, in attesa di una prossima destinazione d'uso. Tra le varie proposte, quella di utilizzare la villa come sede di una futura facoltà di Scienze Forestali, oppure di adibirla ad ospitare un museo dedicato all'Etna.  

Parco Comunale

Il Parco Comunale è il più grande giardino pubblico del comune, situato in pieno centro, sul lato nord del torrente Salaro in prossimità della Chiesa della Madonna delle Grazie e vi si accede da un piazzale intitolato a papa Giovanni Paolo II.

Il giardino è di notevole interesse sia dal punto di vista naturalistico che culturale. Un intricato percorso di tortuosi vialetti conduce il visitatore attraverso grandi aiuole da cui si slanciano verso l'alto pini e magnolie secolari e in cui sono coltivate pregiate varietà di rose, di ortensie e di camelie.  

Villa Marano. In mezzo alla flora rigogliosa si erge, nel punto più elevato del parco, una bella palazzina aristocratica in stile liberty (ex Villa Anna), appartenuta al commendatore Marano, oggi sede della biblioteca comunale "Francesco Guglielmino" e scenario di vari spettacoli culturali. Nei pressi della palazzina, al termine del Viale degli uomini illustri (vi si trovano i busti dei personaggi che hanno fatto la storia della città), si trova una bella voliera, anch'essa in stile Liberty.  

Anfiteatro comunale

Adiacente a questo settore che possiamo definire il più antico, si trova quello più moderno, in cui è possibile ammirare nelle aiuole a prato inglese delle opere d'arte contemporanea in ferro battuto, un grande stagno con anatre e il capiente anfiteatro comunale “Falcone e Borsellino”. Quest'ultima struttura è sede dell'annuale calendario di spettacoli “Etna in Scena” e può accogliere diverse centinaia di spettatori.

Tradizioni e folclore

- Festa patronale della Madonna della Provvidenza È la festa più importante della cittadina e si svolge ogni anno nei giorni a cavallo della seconda domenica di agosto; comprende una serie di momenti religiosi e folkloristici molto partecipati, in cui la cittadinanza si riunisce per rendere omaggio alla propria patrona.  

- Festa di sant'Antonio abate Il Compatrono di Zafferana si ricorda il 17 gennaio di ogni anno, con una santa messa solenne e un insieme di manifestazioni collaterali che ne arricchiscono il programma. Il culto e la festa di sant'Antonio abate sono stati ripristinati nel 2006, in occasione del 1650º anniversario della morte. Con l'accrescere del culto nei confronti della Patrona Maria Santissima della Provvidenza, l'attenzione religiosa nei confronti del grande santo anacoreta è andata via via scemando, fino a quando, nel 1950 circa, le celebrazioni religiose e folkloristiche in suo onore (benedizione degli animali, accensione del fuoco, processioni) vennero sospese. Ad oggi è stata ripristinata la memoria solenne del santo e l'antichissima tradizione dei “cuddureddi” (ciambelline di pane) che vengono benedetti e distribuiti ai fedeli. Il simulacro di sant'Antonio abate si conserva in Chiesa Madre, su un altare della navata sinistra; è una statua lignea di autore ignoto risalente alla metà del XIX secolo che raffigura l'abate con gli abiti pontificali, mitria e pastorale.  

- Corpus Domini Dopo la Messa della sera, esce dalla Chiesa Madre il Santissimo Sacramento dell'Altare contenuto in un artistico ostensorio dorato, e coperto da un baldacchino. La processione è preceduta dal corpo bandistico "Città di Zafferana Etnea" e seguita da un grande numero di fedeli. Lungo le strade, principali e di quartiere, l'eucaristia viene accolto da un tappeto di fiori sparsi sul percorso dagli abitanti della zona attraversata: questa tradizione è secolare, e ancora oggi viene praticata con molta devozione in segno di decoro e rispetto a Gesù Sacramentato. I fedeli, inoltre, allestiscono con grande cura, lungo le strade, degli altari per la reposizione e l'adorazione del Santissimo Sacramento. 

Molti di questi altari, detti comunemente "altarini", risalgono all'Ottocento, tramandandoci un'antica quanto attuale devozione popolare; antichi ricami, preziosi doselli, piccole cappelline in legno decorato, artistici candelieri, rimangono testimonianza di una fede che si rinnova ogni anno in questa festa, molto sentita e partecipata.  

- Venerdì Santo La drammatizzazione della passione e morte di Gesù Cristo si ripete a Zafferana Etnea da secoli, associando alla liturgia propria del giorno, riti che giovano ai fedeli per contemplare il mistero della Morte di Cristo, anche con gli occhi oltre che col cuore. 

Il Cristo Crocifisso, "svelato" durante le celebrazioni del venerdì santo, sovrasta l'altare maggiore della Chiesa Madre, insieme all'Addolorata e all'apostolo Giovanni. 

Al termine della liturgia, esso viene avvolto da un lenzuolo bianco, calato dalla Croce e deposto sul "cataletto", urna utilizzata per portare in processione il Cristo Morto. Il corteo funebre, molto partecipato e sentito, procede lentamente lungo le strade della cittadina, preceduto dal Cristo Morto, dalla Madre Addolorata e da San Giovanni apostolo.  

- Il Natale La notte tra il 24 ed il 25 dicembre, durante la cosiddetta "Messa di Mezzanotte", nella Chiesa Madre gremita di fedeli, si partecipa alla Santa Messa e si assiste, con grande partecipazione ed emozione, alla svelata del Presepe. La scena che si presenta agli occhi dei fedeli presenti è quella tradizionale della nascita di Gesù e dell'adorazione dei pastori, realizzata sull'altare maggiore con grandi statue ad altezza naturale. 

Ogni anno un numeroso gruppo di volenterosi si impegnano nella preparazione di questo monumentale Presepe, sempre diverso e sempre carico di sfumature artistiche ed allegoriche che emozionano ed aiutano a raccogliersi in preghiera dinanzi alla scena della Natività. Fuori, sulla piazza Umberto I, brucia per tutta la notte il grande falò, tradizionalmente chiamato zuccu.