Catania

 

Cuore di un agglomerato urbano di circa 700 000 residenti esteso alle pendici sud orientali del Monte Etna, è il centro dell'area metropolitana più densamente popolata della Sicilia, e di una più ampia conurbazione nota come Sistema lineare della Sicilia orientale, che conta circa 1.700.000 abitanti su una superficie di 2.400 chilometri quadrati. La città è inoltre il fulcro economico ed infrastrutturale del Distretto del Sud-Est Sicilia, istituito il 26 febbraio 2014 alla presenza dell'allora presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. È il decimo comune d'Italia per popolazione ed il più popoloso che non sia capoluogo di regione. Principale polo industrialelogistico e commerciale della Sicilia, è sede dell'Aeroporto Vincenzo Bellini.

Fondata nel 729 a.C. dai Calcidesi della vicina Naxos, la città vanta una storia millenaria caratterizzata da svariate dominazioni i cui resti ne arricchiscono il patrimonio artistico, architettonico e culturale. Sotto la dinastia aragonese fu capitale del Regno di Sicilia, e dal 1434 per volere di re Alfonso V è sede della più antica Università dell'isola. Nel corso della sua storia è stata più volte interessata da eruzioni vulcaniche (la più imponente, in epoca storica, è quella del 1669) e da terremoti (i più catastrofici ricordati sono stati quelli del 1169 e del 1693).

Catania è stata patria, nativa o adottiva, di alcuni tra i più celebri artisti e letterati d'Italia, tra i quali i compositori Vincenzo Bellini e Giovanni Pacini e gli scrittori Giovanni VergaLuigi CapuanaFederico De RobertoNino MartoglioVitaliano Brancati. Il barocco del suo centro storico è stato dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'umanità, assieme a quello di sette comuni del Val di Noto (CaltagironeMilitello in Val di CataniaModicaNotoPalazzolo AcreideRagusa e Scicli), nel 2002.  

Secondo lo storico greco Plutarco, il suo nome deriva dal siculo katane (cioè grattugia, parola di origine indoeuropea), per l'associazione con le asperità del territorio lavico su cui sorge, od anche dal latino catinum (catino, bacinella) per la conformazione naturale a conca delle colline intorno alla città o come riferimento al bacino della Piana. L'etimologia resta comunque oscura: secondo altre interpretazioni, il nome deriverebbe dall'apposizione del prefisso greco katà- al nome del vulcano Etna (Aitnè, dal greco) (in modo che ne risulti "nei pressi di" o "appoggiata" all'Etna).

Lo stemma della Città di Catania è costituito da uno scudo con lo sfondo azzurro, cimato dalla corona reale aragonese e, nella parte inferiore, la legenda che riporta la sigla “S.P.Q.C.”, (sulla falsariga di SPQR) che in lingua latina significa Senatus Populusque Catanensium, mentre tradotto in italiano: Il Senato e il Popolo Catanese. Al centro è presente un elefante posto di profilo di colore rosso porpora con le zanne rivolte a sinistra (destra araldica), sopra di esso è presente una lettera “A” maiuscola anch'essa di colore rosso, che sta per Agata, il nome della santa patrona.

La collina di Monte Vergine occupa una posizione strategica fra il mare, l'Etna e la maggiore pianura di Sicilia. Su di essa si sviluppò un vasto abitato preistorico, intercettato in più punti ed in particolare nell'area dell'ex Monastero dei Benedettini di San Nicolò l'Arena ed in quella di via Teatro Greco. Nel monastero benedettino sono stati rinvenuti reperti che coprono il periodo compreso tra il Neolitico e la fine dell'età del Rame; agli inizi dell'Eneolitico si data una tomba a fossa polisoma rinvenuta sempre all'interno del monastero. In via Teatro Greco sono state individuate due fasi preistoriche. La prima, datata al radiocarbonio alla seconda metà del VI millennio a.C., è relativa alla probabile frequentazione di uno o più ripari sotto roccia, dagli inizi del Neolitico medio fino a quello tardo. La seconda fase, datata al radiocarbonio alla fine del V millennio a.C., appartiene ad una abitato con capanne degli inizi dell'Eneolitico, cui verosimilmente spetta la tomba dei Benedettini.

Sebbene si conoscano rinvenimenti sporadici dell'età del Bronzo e di quella del Ferro, l'area era probabilmente disabitata quando, nel 729-728 a.C.coloni greci provenienti da Naxos, a sua volta fondata da Calcide in Eubea, guidati dall'ecista Evarco vi fondarono Kατάvη. La città greca, conobbe la sua stagione migliore nel corso del V secolo a.C.. Nel 476 a.C. Gerone I di Siracusa ne fece la propria sede, sostituendo gli abitanti e mutandone il nome in Áitna. Di questo episodio, durato un quindicennio, cantato da Pindaro e forse al centro di una perduta tragedia di Eschilo, rimangono monete d'argento tra le più raffinate dell'antichità. Riacquisiti l'antico nome e gli originari abitanti, alla fine del secolo, durante la Guerra del Peloponneso, la città parteggiò per Atene contro Siracusa. Conquistata dai siracusani nel 403 a.C., dispersi i suoi abitanti e ripopolata con mercenari campani, per la città ebbe inizio un declino che si concluse solo con la conquista romana di Manio Valerio Massimo Messalla nel 263 a.C.

Càtina (o Càtana) divenne colonia augustea nel 21 a.C.. Da quel momento la città si dotò di grandi edifici pubblici che la trasformeranno in uno dei più ragguardevoli centri dell'impero e che nei secoli successivi, fino ad oggi, condizioneranno il suo sviluppo urbano. La città fu sede di una precoce comunità cristiana e dal IV secolo, se non da prima, di una cattedra vescovile. Al cristianesimo si legano le trasformazioni di alcuni edifici e il lento processo di sviluppo da città antica a città medievale.

Alla caduta dell'Impero Romano la Sicilia venne conquistata nel VI secolo dagli Ostrogoti di re Teodorico il Grande che si occupò della ricostruzione delle mura della città, utilizzando le pietre che costituivano l'anfiteatro romano. Venne in seguito conquistata dai Bizantini, e nella prima metà del IX secolo dai musulmani. Nel 1071 viene conquistata dai Normanni che provvidero a ridarle la sede vescovile, con l'approvazione del papa Urbano II (bolla pontificia del 9 marzo 1092); la città sarà elevata solo nel 1859 a sede arcivescovile. Fu poi governata dagli Svevi, periodo in cui si eresse il Castello Ursino e si crearono le figure amministrative che perdurarono fino al 1817 circa. La città fu una delle sedi della corte di Federico II di Svevia e da qui furono emanati editti e leggi di grande importanza. Alla fine del casato Hohenstaufen furono gli Angioini a prendere possesso della città, occupandola militarmente abusando spesso della popolazione locale.

Nel 1282, passò al ramo cadetto della Corona d'Aragona (in quanto la moglie di Pietro IIICostanza di Svevia era figlia del re Manfredi) che fino a Martino I fecero di Catania la capitale del regno di Trinacria. Dopo l'annessione del regno all'Aragona, la Sicilia perse l'indipendenza e passò sotto il dominio spagnolo, poi sabaudo e infine dei Borbone.  

Nel 1622Emanuele Filiberto di Savoiaviceré di Sicilia, con lettera ratificata da Filippo IV, aveva assegnato al Senato catanese funzioni pari a quelli di Palermo e Messina, concedendole una certa autonomia.

Le due gravissime catastrofi naturali di fine XVII secolo (l'eruzione dell'Etna del 1669 e il terremoto del Val di Noto del 1693) segnano "il transito verso la modernità". La ricostruzione post-terremoto si contraddistinse per lo stile Barocco; uno tra i pochissimi grandi monumenti che mantenne la sua forma integra e originale fu il Castello Ursino. Di contro, antichi edifici furono rinnovati e riedificati con i nuovi stili settecenteschi: grandi esempi sono la cattedrale (della precedente rimasero integre solo le absidi normanne), il Palazzo degli Elefanti, il Monastero di San Nicolò l'Arena o nei vari monasteri siti in Via dei Crociferi. Il lavoro del grande architetto Giovanni Battista Vaccarini fu cruciale sia per i progetti che interessarono questi particolari monumenti ma anche per il piano urbanistico che egli stesso disegnò.

Tra il 1816 e il 1818 acquisì lo status di Comune, lasciando quello di Urbs, in modo da essere governata da un Intendente, coadiuvato dal Segretario generale e dal Consiglio di Intendenza. Sempre nel 1818 - il 20 febbraio - si verificò un terremoto con epicentro ad Aci Catena o Aci Sant'Antonio - diversi sono i pareri sul punto esatto - a causa del quale Catania soffrì moltissimo: il Castello Ursino fu reso inabitabile e vennero danneggiati i Conventi dei Minoriti (con l'annessa Chiesa di San Michele Arcangelo), dei Francescani, dei Crociferi, di Sant'Agostino, di Sant'Agata la Vetere e dei Benedettini, gli edifici dell'Università, il Collegio Cutelli, il Seminario dei Chierici e gli Ospedali di Santa Marta e di San Marco. Ma a differenza della provincia, che ne risentì notevolmente anche dal punto di vista demografico, Catania questa volta non registrò alcuna vittima.

Nel 1849, durante la riconquista borbonica della Sicilia, la città subì pesanti distruzioni e i suoi abitanti stupri, saccheggi e uccisioni fino a che il 7 aprile, dopo aspri combattimenti, fu occupata dalle truppe di Ferdinando II sotto il comando di Carlo Filangieri, principe di Satriano. Nel 1898 la città fu insignita della medaglia d'oro al valor militare per le sue azioni eroiche di quei giorni.

Nel 1860 Catania entrò a far parte del Regno d'Italia. Oggi è uno dei principali comuni italiani, capoluogo della sua città metropolitana.

Città antica

A Catania del periodo greco non rimangono molte tracce, a causa di vari fattori sia naturali (terremoti e colate laviche che hanno rovinato la città) che antropici, come le ricostruzioni che spesso hanno ricoperto le precedenti architetture. Inoltre, non sono mai state eseguite grandi campagne di scavi e studi archeologici se non in casi sporadici della sua storia recente. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, gli zoccoli di alcune costruzioni pubbliche e private tuttora esistenti sono da attribuire al fiorente periodo della colonizzazione greca.

Gli scavi archeologici all'interno dell'ex Monastero dei Benedettini nel 1978 (quando, cioè, il complesso è stato acquistato e ristrutturato dal Comune) hanno confermato un'imponente e stratificata urbanizzazione dell'area fin dall'epoca eneolitica: sono state rinvenute strutture di edifici del VI e del IV secolo a.C. appartenenti alla fase più antica della colonia calcidese.

Miglior fortuna hanno avuto i monumenti di epoca romana che hanno resistito fino ad oggi testimoniando l'importanza della città nei tempi antichi, inoltre numerosissimi reperti provengono dagli scavi occasionali della città (la gran parte di questi – tra cui mosaici, statue e persino il frammento di una colonna istoriata – sono esposti al Museo civico al Castello Ursino).  

Il Teatro romano (del II secolo), l'Odeon (III secolo), l'Anfiteatro romano (II secolo), le Terme dell'Indirizzo (in piazza Currò), le Terme della Rotonda, le Terme Achilliane (nei pressi della cattedrale odierna in Piazza del Duomo), varie altre strutture termali (Terme di Sant'Antonio Abate nella Piazza omonima, Terme dell'Itria in Piazza Santa Maria dell'Itria, Terme dell'Acropoli in Piazza Dante Alighieri e nel cortile del Monastero dei Benedettini), i resti di un acquedotto presso via Grassi e alcuni sepolcri romani (fra cui la Tomba romana del Carmine del II secolo), il Foro romano (probabilmente dove oggi è il Cortile San Pantaleone), una Domus romana con i mosaici tardo-repubblicana (tra gli esempi più significativi dell'attività edilizia romana in Sicilia nel corso del II secolo d.C. sita nell'Emeroteca sotterranea del Dipartimento di Scienze Umanistiche), le colonne di Piazza Giuseppe Mazzini, quella che sostiene la statua di Sant'Agata in Piazza dei Martiri, tre assi viari (due si incrociano ortogonalmente al Monastero dei Benedettini dove sono stati trovati ancora basolati, oggi allo scoperto), una strada che conduceva in antico dal Teatro all'Anfiteatro corrispondente all'attuale via dei Crociferi, sono i maggiori resti attualmente visibili della "Catana"/"Catina" romana. Molti di questi monumenti fanno parte dal 2008 del Parco archeologico greco-romano di Catania (istituito dalla Regione Siciliana) e alcuni di essi come il Teatro romano, le Terme della Rotonda e altri monumenti minori sono stati restaurati e resi visitabili. Anche i resti dell'Anfiteatro sono visibili dal 1903-1907 (anni in cui sono durati gli scavi per riportarli alla luce) dall'ingresso di Piazza Stesicoro e dal cortiletto di vico Anfiteatro, traversa di via Alessandro Manzoni, che finisce a sua volta proprio in piazza Stesicoro.

Probabilmente anche 'u liotru, il simbolo della città situato attualmente al centro di piazza del Duomo, è stato scolpito in epoca romana se non prima. È un manufatto in pietra lavica porosa, che raffigura un elefante. Il nome deriva probabilmente dalla storpiatura del nome di Eliodoro, mago semi-leggendario accusato di negromanzia e grande avversario del vescovo Leone il Taumaturgo, il quale lo fece bruciare al rogo. L'elefante è sormontato da un obelisco egittizzante di cronologia incerta con figure probabilmente legate al culto isideo.

Del periodo tardo-antico rimangono i resti delle sepolture cristiane a nord e ad est del centro storico, come il Mausoleo circolare di Villa Modica (sito in Viale Regina Margherita), l'Ipogèo quadrato (sito in via Gaetano Sanfilippo, traversa di via Ipogèo, a sua volta traversa del succitato Viale Regina Margherita), e come pure numerosi frammenti, lapidi (tra cui l'epigrafe di Iulia Florentina, esposta al Museo del Louvre), o il cippo Carcaci, esposto sempre nel Museo civico al Castello Ursino. Sono invece di epoca paleocristiana le cripte di Sant'Euplio, di Santa Maria di Betlemme, della "Cappella dell'Albergo dei Poveri" (dedicata a "Santa Maria della Mecca", oggi nell'Ospedale Giuseppe Garibaldi-Centro), e del Santo Spirito, nonché gli ambienti fra il cosiddetto Sacro Carcere e l'ex Cattedrale di Sant'Agata la Vetere, prima chiesa al mondo dedicata alla Santa, dal 1933 gestita da un ente morale.

Città medioevale

Un monumento di età bizantina (VI-IX secolo) è la Cappella Bonajuto (dal nome della famiglia nobiliare che l'aveva tenuta come sacrario di famiglia nonché come cappella privata): si tratta di una "trichora" bizantina (cioè un edificio con tre absidi); prima del suo restauro se ne aveva conoscenza grazie ai disegni di Jean-Pierre Houël.

Del periodo arabo (IX-XI secolo) alcune chiese vengono trasformate in moschee, altre abbandonate, altre ancora demolite.

Del periodo normanno (XII secolo) si conservano principalmente le strutture come le absidi della Cattedrale di Sant'Agata, tesa a farla diventare "Ecclesia Munita" ("chiesa fortificata", per via delle scorrerie dei Saraceni), che poi sarebbero state ristrutturate dopo il terremoto del Val di Noto del 1693. Oggi, vicino alla cattedrale si conservano la Vara, ovvero il Fercolo, il busto-reliquiario e la cassa-reliquiaria di Sant'Agata, realizzati nel 1376 dall'orafo e scultore senese Giovanni di Bartolo. Del periodo normanno (XII secolo) è il portale della Chiesa di Sant'Agata al Carcere che era il portale principale della cattedrale normanna.

Del periodo svevo (XIII secolo) è il famoso Castello Ursino, federiciano (sede del Museo civico, formato principalmente dalle raccolte Biscari e dei benedettini, dal 1927) e coevo dell'altrettanto famoso castello di Castel del Monte ad Andria e del siracusano Castello Maniace.

Del periodo Aragonese (XIII-XV secolo) si ricordano, invece, il portale della scomparsa Chiesa di San Giovanni de' Fleres, demolita alla fine del XIX secolo e di cui oggi rimane solo l'arco, e il balcone del palazzo Platamone, donato in seguito ai religiosi che lo trasformarono nel Monastero di San Placido, che quando fu danneggiato dal suddetto terremoto fecero rimanere le testimonianze più salienti di quando questo edificio fu nobile.  

Città rinascimentale  

Del periodo tardo aragonese rimangono poche tracce, tra cui la chiesa di Santa Maria di Gesù situata nella piazza omonima e costruita nel 1498 è forse l'esempio in migliori condizioni. La chiesa fu ristrutturata nel Settecento, mentre il portale è del Cinquecento e solo la Cappella Paternò mantiene l'originale struttura gotica.

Nel 1558, fu iniziata la costruzione del Monastero dei Benedettini, a cui sarebbe poi stata affiancata la Chiesa di San Nicolò l'Arena. Distrutto dalla colata lavica del 1669 e dal terremoto del 1693, nel 1703 se ne avviò la ricostruzione che tuttavia non è stata mai più portata a termine. Di detto edificio permangono tutt'oggi le antiche cucine, il chiostro occidentale, nonché la traccia dell'antico archeggiato del corridoio di meridione.

Le cosiddette Mura di Carlo V, che racchiudono il centro storico, furono erette nel XVI secolo, tra il 1550 e il 1555 su un progetto iniziale di Antonio Ferramolino. Il progetto non riuscì ad essere portato a termine, neanche dopo l'apporto di Tiburzio Spannocchi il quale progettò l'ampliamento delle fortificazioni verso sud-ovest e verso nord a scapito delle vecchie mura di epoca medioevale (tra cui l'antica Torre del Vescovo del 1302).

Venne eretta nel 1612, sotto il re di Spagna e di Sicilia Filippo III, la fontana dei Sette Canali. E nel 1621 sorsero la fontana di Sant'Agata e, su consiglio dell'incaricato dal luogotenente del re, ingegnere Raffaele Lucadello, quella detta «di Gammazita», di cui oggi resta soltanto il «pozzo» nei pressi dell'attuale via San Calogero.

La colata dell'eruzione del 1669 inghiottì parte del sistema difensivo a sud e a sud-ovest della città che, rimasta sguarnita da questo lato, riedificò in parte sulle lave ancora calde una cortina muraria, detta popolarmente fortino, su cui ancora si apre la porta d'accesso (Porta del Fortino Vecchio in via Sacchero, un tempo dedicata al duca di Ligne che qui vi passò nel 1672) e di cui rimangono ancora sparute tracce. Su tali mura venne ricavata la porta Ferdinandea, ancora oggi erroneamente detta u futtinu ("il fortino").

Con il terremoto del 1693 e la seguente ricostruzione si volle dare alla città un aspetto più aperto e libero dai fortilizi (i resti furono infatti inglobati nello sviluppo della città), anche perché ormai non esisteva più il pericolo delle incursioni piratesche che secoli prima diedero l'impulso alla fortificazione del Regnum.  

Città barocca 

Catania è stata ampiamente trasformata dalle conseguenze dei terremoti che hanno imperversato su questa parte della Sicilia. Il suo territorio circostante è stato più volte coperto da colate laviche che hanno raggiunto il mare. Ma i catanesi caparbiamente l'hanno ricostruita sulle sue stesse macerie. La leggenda vuole che la città sia stata distrutta sette volte durante la sua storia, ma in realtà tali eventi disastrosi si possono sicuramente riferire a pochi ma terribili eventi. Anche le distruzioni del centro urbano in tempi recenti a causa delle colate laviche sono frutto di una storiografia fantasiosa. In epoca storica Catania venne danneggiata dai prodotti piroclastici dell'Etna nel 122 a.C.; le fonti antiche riferiscono di tetti crollati per il peso eccessivo delle ceneri e di raccolti distrutti. È testimoniata tuttavia anche dal punto di vista archeologico la presenza di colate che giunsero a colpire parte della città antica.

La calamità che avrebbe poi reso Catania la perla del tardo barocco siciliano è senza dubbio il terremoto che si registrò tra le giornate del 9 e dell'11 gennaio 1693, quando tutto il Val di Noto fu distrutto da potenti scosse. Nella città etnea si contarono numerose vittime, dovute soprattutto alla scarsa larghezza delle strade principali, che non permise ai cittadini di potervisi riversare. Durante la ricostruzione l'idea di risolvere questo problema fu di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, progettando larghe vie principali, quali le centralissime Via Etnea, Via Vittorio Emanuele II (che all'epoca si chiamava "Corso reale"), Via Plebiscito e Via Giuseppe Garibaldi (all'epoca conosciuta come via San Filippo). Tutti i monumenti antichi furono inseriti nel tessuto urbano della città ricostruita grazie a tanti artisti, anche di fama nazionale, tra cui di certo spicca l'opera dell'architetto Giovanni Battista Vaccarini, che hanno dato alla città una chiara impronta barocca. Tra gli altri che hanno aiutato la rinascita della città si ricordano Francesco Battaglia, Stefano Ittar, Alonzo di Benedetto e Girolamo Palazzotto.  

Città ottocentesca

Come monumenti dell'Ottocento sono da segnalare teatri e fontane: per quello che riguarda i primi, nel 1821 venne costruito il Teatro Pietro Antonio Coppola, primo teatro comunale a Catania, sito nel quartiere Civita, che fu adibito principalmente alla rappresentazione di opere liriche. Il teatro venne poi chiuso nel 1887 quando fu inaugurato il teatro Massimo Vincenzo Bellini nel 1890, seguendo lo stile dell'Opéra national de Paris, in piazza Vincenzo Bellini, nel quartiere Agnonella.

Per quello che riguarda le seconde, a Catania non c'è più traccia di quella che aveva al centro un obelisco e che i catanesi avevano innalzato nel 1862, in un primo tempo nell'attuale piazza Duca di Genova, per ricordare la visita compiuta in quell'anno alla città dai tre figli del primo re d'Italia Vittorio Emanuele II (Umberto, Amedeo e Oddone), poi ricollocata nella zona di piazza Mario Cutelli, sempre alla Civita.

Nel biennio 1863-1865, il Comune provvide a dotare la città di fontanelle, nel quartiere Fortino, in piazza Crocifisso della Buona Morte (poi "piazza Alfredo Cappellini", dal 1907, e oggi "piazza Giovanni Falcone"), nel Largo dei Miracoli, nel Largo delle "Chianche Mortizze", nella piazza Monserrato, in quella della Guardia, nonché nel rione della Consolazione, ormai tutte scomparse.  

Città novecentesca

Come monumenti del Novecento a Catania sono da segnalare fontane e palazzi: tra le prime, la Fontana di Proserpina, che risale al 1904 ed è sita in piazza Stazione Centrale (oggi "piazza Papa Giovanni XXIII"), è stata costruita 'di getto' in pochi mesi, ed è la penultima scultura di Giulio Moschetti.

Per quello che riguarda i secondi, nel 1922 comincia la costruzione del Palazzo delle poste centrali, con un progetto risalente a quattro anni prima per opera dell'architetto Francesco Fichera, ultimato nel 1929 e inaugurato l'anno seguente.

Nel 1933 è stato inaugurato il Palazzo della Borsa, costruito su progetto dell'architetto Vincenzo Patanè coadiuvato da Giovanni Aiello in uno stile tra il classico e il barocco. Nel 1937 inizia invece la costruzione del Palazzo di Giustizia, che termina solo nel 1953, e in seguito della fontana de I Malavoglia in piazza dell'Esposizione, l'attuale piazza Giovanni Verga.

Nello stesso periodo sorge il Palazzo Generali, primo grattacielo della città, che ha 19 piani.

Sotto il sindaco Domenico Magrì, agli inizi degli anni cinquanta, sorgono tre nuove fontane: la prima è la fontana delle Conchiglie, in piazza Mario Cutelli ed è stata realizzata su disegno di Domenico Cannizzaro; un'altra, al largo Giovanni Paisiello, è un'opera modernissima di Dino Caruso, in ceramica e pietra lavica; e infine viene ricollocata la fontana dei Delfini, in piazza Vincenzo Bellini, opera di Giovanni Battista Vaccarini, proveniente dal chiostro della Badia Sant'Agata.

Il Piano Regolatore Generale di Luigi Piccinato diede avvio nel 1961 anche ai lavori di costruzione del complesso della Cittadella Universitaria sulla collina di Santa Sofia, previsto già da un precedente PRG degli anni trenta, che oggi è uno dei maggiori poli di ricerca dell'Ateneo.

La storia di Catania è arricchita da molte leggende di cui quattro sono state rappresentate nei rispettivi lampioni di Piazza dell'Università realizzati da Mimì Maria Lazzaro e Domenico Tudisco agli inizi del Novecento: Colapesce, i Fratelli Pii, Gammazita e Uzeta.

Una delle leggende di Colapesce narra che egli era un giovane (Nicola il pesce) che poteva stare sott'acqua per molto tempo; non appena Federico II ne venne a conoscenza, lo sfidò a recuperare una coppa d'oro. Colapesce lo fece ed ottenne in premio la coppa. Il re, allora, gli chiese di vedere cosa c'era sotto la Sicilia. Riemerso, Colapesce informò il re del fatto che la Sicilia poggiava su tre colonne e che una di esse era consumata dal fuoco. Federico II gli chiese di portargli il fuoco ma Colapesce, tuffatosi nuovamente in mare, non riemerse mai più. Secondo la leggenda è ancora in fondo al mare e continua a reggere la colonna che stava per crollare.

I fratelli Pii (Anfinomo ed Anapia) cercarono di salvare gli anziani genitori portandoli sulle proprie spalle durante un'eruzione dell'Etna; mentre stavano per essere travolti il fiume di lava si divise per volere degli dei e tutti si salvarono.

Gammazita era una giovane virtuosa; di lei si invaghì un soldato francese, che fu rifiutato; un giorno Gammazita, recatasi da sola ad un pozzo, venne raggiunta dall'innamorato e, per non cedere alle sue richieste, si uccise gettandosi dentro la cavità.

Uzeta è protagonista di una leggenda inventata agli inizi del Novecento: questo ragazzo di umili origini diventò cavaliere per la sua bravura e riuscì a sconfiggere gli Ursini, giganti saraceni che avrebbero dato il nome al Castello.

Altre leggende occupano invece la memoria dei luoghi di Catania – così alla divinità fluviale Ongia si dovrebbe il nome del borgo marinaro di Ognina (secondo alcuni studiosi piuttosto dal nome del fiume che lo bagnava, il Longane, secondo altri dal celebre castello del re Italo a ΛογγονLongon) – o dell'Etna, dove una tradizione attribuita a Gervasio di Tilbury (che era ospite della corte normanna) vuole che essa fosse l'ultima dimora di Re Artù, e che quest'ultimo abbia donato Excalibur al re Tancredi. Legata a questa leggenda il mito del cavallo del vescovo, attribuita piuttosto ad eventi di epoca sveva. La nascita dell'Etna sarebbe a sua volta legata ad un evento mitologico: la sconfitta di Tifeo da parte di Zeus che, con un grosso macigno che è oggi la stessa Etna, lo seppellì e quando il gigante si dovesse muovere sarebbe egli la causa dei terremoti e delle eruzioni etnee.

Inoltre pure molte leggende, sempre legate alle forze della natura, hanno circondato gli eventi del sisma del 1693, come la storia di don Arcaloro, e quella del vescovo Francesco Carafa.  

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