- Villa
del Casale
La
villa
romana
del
Casale
è
una
scoperta
relativamente
recente:
è
situata
a
cinque
chilometri
a
sud
della
città
di
Piazza
Armerina,
in
Sicilia,
nella
provincia
di
Enna.
Conosciuta
e
utilizzata
(con
finalità
disparate)
fino
al
1160
d.C.,
fu
devastata
da
un
incendio
e
scomparve
sotto
una
frana.
La
scoperta
della
villa
si
deve
a Gino
Vinicio
Gentili,
che
nel 1950 ne
intraprese
l'esplorazione
in
seguito
alle
segnalazioni
degli
abitanti
del
posto.
Basandosi
principalmente
sullo
stile
dei
mosaici,
lo
scopritore
datò
in
un
primo
momento
l'impianto
della
sontuosa
abitazione
–
sorta
su
una
più
antica
fattoria
–
non
prima
della
metà
del IV
secolo;
successivamente
lo
stesso
studioso
assegnò
la
villa
all'età
tetrarchica (285-305).
Secondo Ranuccio
Bianchi
Bandinelli la
villa
va
datata
al
primo
venticinquennio
del
IV
secolo.
Gli
esami
sulle
murature
hanno
datato
la
villa
e
i
mosaici
stessi
a
una
successione
di
tempi
che
va
all'incirca
dal 320 al 370,
come
testimoniato
anche
dalla
stessa
tecnica
di
costruzione
delle
volte
in
tubi
fittili
di
alcuni
ambienti.
CONTESTO
STORICO
-
Durante
i
primi
due
secoli
dell'Impero la Sicilia aveva
attraversato
una
fase
di
depressione,
dovuta
al
sistema
di
produzione
del latifondo,
basato
sul
lavoro
degli
schiavi:
la
vita
urbana
aveva
subito
un
declino,
la
campagna
era
deserta
e
i
ricchi
proprietari
non
vi
risiedevano,
come
la
mancanza
di
resti
abitativi
di
un
certo
livello
sembrerebbe
indicare.
La
Sicilia
rurale
entrò
in
nuovo
periodo
di
prosperità
agli
inizi
del IV
secolo,
con
gli
insediamenti
commerciali
e
i
villaggi
agricoli
che
sembrano
raggiungere
l'apice
della
loro
espansione
e
della
loro
attività.
Tracce
di
attività
costruttive
restano
nelle
località
di
Filosofiana, Sciacca, Punta
Secca, Naxos e
altrove.
Un
evidente
segnale
di
trasformazione
è
costituito
dal
nuovo
titolo
assegnato
al
governatore
dell'isola,
da corrector a consularis.
Le
motivazioni
sembrano
essere
duplici:
anzitutto
la
rinnovata
importanza
delle province dell'Africa
proconsolare e
della
Tripolitania
per
i
rifornimenti
di
grano
verso
l'Italia,
mentre
la
produzione egiziana,
che
aveva
fino
ad
allora
sopperito
alle
necessità
di Roma,
venne
convogliata
a Costantinopoli (dal 330 nuova
capitale
imperiale);
la
Sicilia
assunse
di
conseguenza
un
ruolo
centrale
sulle
nuove
rotte
commerciali
fra
i
due
continenti.
In
secondo
luogo
i
ceti
più
abbienti,
di
rango equestre e senatorio cominciarono
ad
abbandonare
la
vita
urbana
ritirandosi
nei
propri
possedimenti
in
campagna,
a
causa
della
crescente
pressione
fiscale
e
delle
spese
che
erano
obbligati
a
sostenere
per
il
mantenimento
degli
apparati
pubblici
cittadini.
In
tal
modo
inoltre
i
proprietari
si
occupavano
personalmente
delle
proprie
terre,
coltivate
non
più
da
schiavi,
ma
da
coloni.
Considerevoli
somme
di
denaro
furono
spese
per
ingrandire,
abbellire
e
rendere
più
comode
le
residenze
extraurbane,
o ville.
Tra
queste
si
può
citare
oltre
alla
villa
del
Casale,
la villa
del
Tellaro.
IDENTIFICAZIONE
DEL
PROPRIETARIO
DELLA
VILLA
-
L'identificazione
del
proprietario
è
stata
a
lungo
discussa
e
molte
diverse
ipotesi
sono
state
formulate:
quello
dell'identità
del
proprietario
è
un
problema
che
è
strettamente
legato
alla
datazione
della
villa
e
all'esistenza
di
più
fasi
di
costruzione.
Secondo
una
prima
ipotesi il
proprietario
della
villa
sarebbe
stato
il tetrarca Massimiano (285-305),
ritiratosi
qui
dopo
la
sua
abdicazione.
Gli
studi
storici
successivi
hanno
tuttavia
dimostrato
che
Massimiano
trascorse
in
Campania,
e
non
in
Sicilia,
i
suoi
ultimi
anni.
Successivamente il
proprietario
della
villa
era
stato
identificato
con
l'usurpatore Massenzio,
figlio
di
Massimiano
(305-312).
In
realtà,
nulla
lascia
intendere
che
la
villa
di
Piazza
Armerina
fosse
una
residenza
imperiale.
Negli
ultimi
anni,
del
resto,
gli
scavi
hanno
dimostrato
che
il
possesso
di
dimore
sontuose
e
con
marcato
carattere
di
rappresentanza
era
un
fenomeno
molto
diffuso
e
nient'affatto
eccezionale
nell'alta
aristocrazia
romana.
Inoltre
la
lettura
delle
tematiche
dei
mosaici
li
inserisce
nel
quadro
della
società
aristocratica
romana
degli
inizi
del IV
secolo, pagana,
legata
alla
tradizione senatoria,
e
avversa
alla
politica
di Costantino
I.
Il
fenomeno
dell'edilizia
monumentale
applicata
alle
ville
extraurbane
risale
al
II
secolo
dell'Impero
e
tra
gli
esempi
più
spettacolari
vi
è
la villa
dei
Gordiani sulla
via
Prenestina,
già
completata
durante
il
principato
di
Commodo
(180-191);
la
monumentalità
della
villa
del
Casale
quindi
non
deve
sorprendere
per
la
sua
maestosità.
L'ipotesi
attualmente
più
accreditata identifica
il
proprietario
con
una
prestigiosa
figura
dell'età costantiniana, Lucio
Aradio
Valerio
Proculo
Populonio,
governatore
della Sicilia tra
il 327 e
il 331 e console nel 340.
I
giochi
che
aveva
organizzato
a Roma nel 320,
mentre
rivestiva
la
carica
di pretore,
furono
così
fastosi
che
la
loro
fama
durò
per
lungo
tempo,
e
forse
le
raffigurazioni
su
alcuni
mosaici
della
villa
(la
"Grande
Caccia"
nel
corridoio
25
e
i
"Giochi
del
circo"
nella
palestra
delle
terme)
intendono
richiamare
questo
evento.
Altre
ipotesi
di
identificazione
che
sono
state
avanzate
riguardano:
-
Gaio
Ceionio
Rufio
Volusiano prefetto
urbano
e
console
sotto Massenzio e Costantino (306-337),
che
aveva
grandi
proprietà
in
Africa
dalla
quale
era
originario.
Suo
figlio Ceionio
Rufio
Albino,
anche
lui
console
e
prefetto,
che
era
uno
scrittore
polivalente
(scrisse
trattati
di
logica,
storia,
metrica,
musica,
geometria),
in
un'epigrafe
conservatasi
si
definisce
"philosophus";
-
un procurator imperiale, Ceionio
Lampadio,
figlio
di Gaio
Ceionio
Rufio
Volusiano
Lampadio,
prefetto
sotto Costanzo
II (353-359);
-
Memmio
Vitrasio
Orfito, Praefectus
urbi sotto Costanzo
II (353-359),
già
governatore
in Sicilia e
incaricato
del
trasporto
per
nave
degli
animali
provenienti
dalle
province
africane
e
orientali
(porti
di Cartagine e
di Alessandria
d'Egitto).
Secondo
una
notizia
di
Ammiano
Marcellino gli
si
deve
l'erezione
nel Circo
Massimo dell'attuale obelisco
Lateranense,
che
sembrerebbe
raffigurato
nei
mosaici
della
palestra
della
villa;
-
Claudio
Mamertino,
famoso
retore
vissuto
al
tempo
dell'imperatore Giuliano (361-363);
-
Nicomaco
Flaviano
il
Giovane,
un
aristocratico
romano
vissuto
tra
la
fine
del IV e
gli
inizi
del V
secolo,
che
secondo
una
notizia
aveva
emendato
gli Annales di Tito
Livio mentre
soggiornava
in
una
località
siciliana
non
distante
da Enna;
-
Betizio
Perpetuo
Arzigio e Domizio
Latroniano,
governatori
della
Sicilia
sotto
Costantino
I.

Il bikini più famoso della
storia
è
quello
indossato
da
dieci
fanciulle
che,
incuranti
della
loro
(quasi
completa)
nudità,
corrono,
giocano
a
palla
e
si
cimentano
nel
lancio
del
disco.
In
verità,
non
si
tratta
esattamente
di
un
bikini,
bensì
di
una
fascia
pectoralis
e
di
un
subligatur
in
uso
tra
le
giovani
romane
per
l'esercizio
ginnico.
Tuttavia,
il
mosaico
di
una
delle
sale
della
Villa
del
Casale,
che
ha
immortalato
queste
fanciulle
per
l'eternità,
doveva
avere
una
valenza
erotica,
in
un'epoca
in
cui
le
rappresentazioni
di
nudo
avevano
esclusivamente
soggetti
divini.
Ma
quella
nudità
"terrena"
è
solo
uno
degli
elementi
che
fanno
della
lussuosa
villa
una
singolare
testimonianza
delle
modalità
di
vita
e
degli
scambi
culturali
che
hanno
caratterizzato
l'impero
romano
tra
l'apice
della
sua
potenza
e
il
declino.
I
contesti
storico
e
geografico
in
cui
la
Villa
del
Casale
venne
costruita
sono
l'impero,
dilaniato
da
lotte
di
potere,
tra
il
III
e
il
IV
secolo
d.C,
e
la
Sicilia
,
provincia
alla
quale
Giustiniano
aveva
concesso
la
res
suburbicaria.
Questo
privilegio,
che
forniva
all'isola
una
dipendenza
diretta
da
Roma,
ha
avuto
come
conseguenza
una
serie
di
disinvolte
elargizioni
di
terreni,
quei
latifunda
sui
quali
si
sarebbe
basata
l'economia
dell'isola
per
molti
secoli
a
venire.
Ed
è
al
centro
di
un
latifundum
nei
pressi
dell'abitato
di
Piazza
Armerina
che
sorge
la
villa,
giunta
fino
a
noi
in
un
eccezionale
stato
di
conservazione
grazie
a
una
frana
che
la
ricoprì
di
fango
in
epoca
normanna,
proteggendola
dalle
insidie
del
tempo
fino
al
1881,
anno
d'inizio
della
prima
campagna
di
scavo.
Tra
i
resti
della
villa
si
individuano
quattro
nuclei
separati
e
di
diverso
orientamento,
ma
strettamente
connessi
tra
loro:
·
ingresso monumentale a tre arcate con cortile a ferro di cavallo
(ambienti
1-2);
·
corpo centrale della villa, organizzato intorno ad una corte a
peristilio
quadrangolare,
dotata
di
giardino
con
vasca
mistilinea
al
centro
(ambienti
8-39);
·
grande trichora preceduta da un peristilio ovoidale circondato a
sua
volta
da
un
altro
gruppo
di
vani
(ambienti
47-55)
·
complesso
termale,
con
accesso
dall’angolo
nord-occidentale
del
peristilio
quadrangolare
(ambienti
40-46).
Ognuno
dei
quattro
nuclei
della
villa
è
disposto
secondo
un
proprio
asse
direzionale.
Tuttavia
tutti
gli
assi
convergono
al
centro
della
vasca
del
peristilio
quadrangolare.
Nonostante
le
apparenti
asimmetrie
planimetriche,
la
villa
sarebbe
dunque
il
frutto
di
un
progetto
organico
ed
unitario
che,
partendo
dai
modelli
correnti
nell’edilizia
privata
del
tempo
(villa
a
peristilio
con
aula
absidata
e
sala
tricora),
vi
introdusse
una
serie
di
variazioni
in
grado
di
conferire
originalità
e
straordinaria
monumentalità
all’intero
complesso.
L'unità
della
costruzione
è
testimoniata
anche
dalla
funzionalità
dei
percorsi
interni
e
della
suddivisione
tra
parti
pubbliche
e
private.
I
tempi
di
costruzione,
furono
inizialmente
valutati
in
un
periodo
di
cinquanta-ottanta
anni,
e
poi
ridotti
a
circa
cinque-dieci
anni.
Oggi
si
tende
a
credere
ad
una
durata
corta
dei
lavori.
La
funzione
delle
sale
è
quasi
sempre
suggerita
da
allusioni
nei
mosaici
pavimentali.
La
divisione
in
tre
nuclei
distinti,
anche
dal
punto
di
vista
degli
assi,
e
materialmente
divisi
consentiva
usi
separati,
senza
il
rischio
di
confusioni
o
indiscrezioni.
La
grande
funzionalità
era
legata
a
un'esasperata
ricerca
degli
effetti
prospettici
e
delle
planimetrie
con
linee
curve
(soprattutto
nelle
terme
e
nel
triclinio
sud).
La
successione
vestibolo-corte-nartece-aula
absidata,
già
in
uso
durante
l'architettura
aulica
del
basso
Impero
(come
la basilica
Palatina
di
Costantino a Treviri),
con
una
notevole
intercambiabilità
verrà
ripresa
come
impianto
delle
basiliche
cristiane
(antica
basilica
di
San
Pietro
in
Vaticano)
e,
più
tardi,
delle moschee arabe.
La
villa
"a
padiglioni"
o
"a
nuclei"
non
è
una
tipologia
isolata
a
Piazza
Armerina,
ma,
oltre
ad
essere
documentata
in
un'altra
villa siciliana
presso Noto,
ha
precise
corrispondenze
in
ville
africane
e
deve
il
suo
modello
originario
alla villa
Adriana di Tivoli.
Descrizione
degli
ambienti
e
dei
mosaici

La Villa
Romana
del
Casale a Piazza
Armerina (Sicilia)
è
antica
(tardo
3°
-
primo
4°
secolo
DC)
e
probabilmente
usata
come
casino
di
caccia
da Massimiano,
co-imperatore
di
Diocleziano.
I
bei
mosaici
(che
stanza
dopo
stanza
assommano
a
3,500
metri
quadrati)
sono
sopravvissuti
poiché
la
villa
fu
sepolta
da
una
colata
di
fango
nel
12°
secolo.
Ora
è
Sito
Mondiale
sotto
la
protezione
dell'UNESCO.
L'artista
proveniva
probabilmente
dal
Nord
Africa
ed
era
un
maestro
nell'uso
delle
piccole
tessere
policrome,
per
realizzare
le
più
meravigliose
e
vibranti
pitture,
mediante
pietre
e
vetri
quadrati
da
1
cm
x
1
cm. |
1. Ingresso
a
tre
fornici
2. Cortile
a
ferro
di
cavallo
3. Grande
latrina
4.
Edicola
di
Venere
5.
Vestibolo
dei
bagni
6. Fornaci
7. Caldarii
8. Tepidario
9. Stanza
dei
massaggi
10. Frigidario
11. Vestibolo
del
Benvenuto
12. Larario
13. Peristilio
14. Latrina
piccola
15. Palestra
(Aula
a
due
absidi) |
16. Vestibulo
della
Matrona
17. Stanza
col
forno
Normanno
18. Stanza
intermedia
19.
Kitchen
20. Stanza
della
Danza
21. Stanza
del
Mosaico
a
Stella
22.
Stanza
del
mosaico
perduto
23. Stanza
delle
Quattro
Stagioni
24. Stanza
dei
Cupidi
Pescatori
25. Stanza
della
Piccola
Caccia
26. Stanza
del
Mosaico
Ottagonale
27. Stanza
del
Mosaico
Quadrato
28. Ingresso
alla
Stanza
della
Grande
Caccia
29. Vestibolo
della
stanza
delle
Ragazze
in
Bikini
30. Stanza
delle
Ragazze
in
Bikini |
L'edificio
fu
concepito
secondo
il
modello
delle
ville
romane,
ma
con
una
fastosità
e
una
monumentalità
senza
pari,
tali
da
farla
apparire
più
che
una
villa
un
vero
e
proprio
palazzo.
Costruito
su
terrazze
digradanti,
si
sviluppava
su
un'incredibile
estensione:
fino
ad
ora
gli
scavi
hanno
portato
alla
luce
una
superficie
pari
a
circa
4000
metri
quadrati
.
Il
complesso
appare
articolato
in
tre
grandi
raggruppamenti
collegati
tra
loro
in
modo
omogeneo:
l'ingresso
principale
con
il
quartiere
termale,
caratterizzato
dalla
presenza
di
una
palestra,
del
frigidarium,
del
tepidarium
e
del
calidarium,
nonché
di
alcuni
ambienti
accessori
come
la
piscina
o
la
saletta
per
i
massaggi;
il
grande
peristilio,
con
al
centro
una
vasca,
sul
quale
si
aprono
le
camere
di
soggiorno
e
la
foresteria
e
dal
quale
si
accede,
tramite
il
grande
Corridoio
della
Caccia,
all'aula
basilicale
e
agli
ambienti
privati;
infine
il
triclinio
con
il
cortile
ellittico
colonnato,
luogo
destinato
a
ospitare
i
banchetti
di
rappresentanza.
La
funzione
delle
sale,
oltre
che
dalla
loro
disposizione
e
articolazione
architettonica,
è
evidenziata
quasi
sempre
dalle
chiare
allusioni
dei
soggetti
rappresentati
negli
splendidi
mosaici
pavimentali.
Ingresso
monumentale
e
vestibolo
-
L'accesso
alla
residenza
avveniva
attraverso
un
passaggio
a
tre
archi,
decorato
da
fontane
e
da
pitture
di
carattere
militare,
che
richiama
da
vicino
un
arco
trionfale.
Il
cortile
a
ferro
di
cavallo
è
circondato
da
colonne
in
marmo
con
capitelli
ionici,
al
centro
sono
i
resti
di
una
fontana
quadrata.
Dell’originaria
pavimentazione
si
conserva
lungo
il
lato
nord
del
cortile
un
lacerto
di
mosaico
bicromo
con
decorazione
a
squame.
Dall’ingresso
alcuni
gradini
conducono
al
vestibolo:
al
centro
di
un
pavimento
geometrico
è
inserita
una
scena
parzialmente
conservata
di
Adventus
(arrivo)
su
due
registri.
Nel
registro
superiore
un
uomo
con
corona
di
foglie
sul
capo
e
candelabro
nella
mano
destra,
fiancheggiato
da
due
giovani
con
ramoscelli
in
mano,
sembra
attendere
l’arrivo
di
un
ospite
importante.
Nel
registro
inferiore
alcuni
giovanetti
recitano
o
cantano
con
dittici
aperti
nelle
mani.
Gli
studiosi
vi
hanno
visto
una
scena
religiosa
oppure
un
solenne
benvenuto
per
l’ingresso
del
proprietario
–
di
certo
una
personalità
di
rilievo
–
nella
sua
casa.
Peristilio
quadrangolare
-
Dal
vestibolo
si
accede
al
peristilio:
il
mosaico
presenta
qui
una
serie
di
ghirlande
d’alloro
includenti
teste
di
animali
di
molte
specie
diverse
(felini,
antilopi,
tori,
capri
selvatici,
cavalli,
onagri,
cervi,
arieti,
un
elefante
ed
uno
struzzo).
L’orientamento
delle
teste
cambia
in
due
punti:
in
corrispondenza
dell’ingresso
dal
vestibolo,
e
ai
piedi
della
scala
d’accesso
al
complesso
della
sala
absidata
sul
lato
orientale.
Questo
cambiamento
aveva
probabilmente
la
funzione
di
enfatizzare
i
due
itinerari
percorribili
all’interno
dell’edificio:
quello
privato,
a
sinistra
dell’entrata,
che
conduceva
alle
stanze
del
lato
settentrionale,
e
quello
pubblico,
verso
la
sala
absidata
sul
lato
est
ed
il
nucleo
del
triclinio
con
peristilio
ovoidale
.
In
asse
col
il
vestibolo,
appena
oltre
il
porticato
del
peristilio,
si
trova
un
piccolo
vano
absidato,
il
"Sacello
dei
Lari",
inquadrato
da
due
colonne
del
peristilio
e
con
pavimento
a
mosaico
geometrico.
Il
motivo
presenta
due
quadrati
intersecati,
ornati
da
una
treccia
semplice,
che
formano
una
losanga
con
foglia
di
edera
al
centro.
La
foglia
di
edera,
simbolo
dionisiaco
e
motivo
decorativo
d’ascendenza
sassanide,
ricorre
frequentemente
in
numerosi
pavimenti
della
villa.
Ambienti
sul
lato
nord
del
grande
peristilio
-
Lungo
il
lato
settentrionale
del
peristilio
si
aprono
ambienti
di
varia
destinazione.
Tre
vani
iniziali,
ambienti
di
servizio
in
funzione
della
cucina,
e
altri
due
in
fondo,
a
servizio
del
vicino
appartamento
padronale,
hanno
pavimenti
a
mosaico
con
motivi
geometrici.
Gli
schemi
decorativi
presenti
si
ritrovano
nel
repertorio
dei
mosaici
nordafricani:
le
ipotesi
sono
che
i
motivi
adottati
nella
villa
siano
stati
elaborati
a
Roma
o
in
Italia,
e
siano
quindi
passati
successivamente
in
Africa,
oppure
che
fossero
già
stati
rielaborati
nell'ambiente
artistico
nordafricano
tra
la
fine
del
II
e
gli
inizi
del
III
secolo.
I
due
ambienti
successivi
che
si
aprono
su
questo
braccio
del
peristilio
sono
probabilmente
camere
da
letto
(cubicula),
preceduti
da
anticamere
e
con
pareti
decorate
da
pitture.

In
uno
dei
vani
sul
pavimento
a
mosaico
sono
raffigurate
sei
coppie
di
personaggi,
disposte
su
due
registri.
L’interpretazione
è
controversa:
alcuni
vi
hanno
visto
episodi
di
ratto,
forse
il
ratto
delle
Sabine,
mentre
altri,
per
la
mancanza
di
atteggiamenti
di
violenza
o
sopraffazione
nelle
figure
maschili,
ipotizzano
piuttosto
che
si
tratti
di
danze
campestri
nelle
feste
primaverili
in
onore
di
Cerere.
Teste,
abbigliamento,
gioielli
sono
ricchi
di
particolari,
secondo
modalità
tipiche
dell'arte
tardo-antica,
e
le
scene
sono
statiche
e
frontali,
con
il
senso
di
movimento
suggerito
soltanto
dallo
svolazzare
dei
mantelli.
La
linea
su
cui
poggiano
le
figure
del
registro
superiore
presenta
le
ombre
portate.
La
seconda
camera
da
letto
presenta
un
mosaico
pavimentale
con
Eroti
pescatori,
con
ricca
decorazione
sulle
barche
e
negli
abiti.
Gli
Erotii
portano
sulla
fronte
un
segno
a
V,
di
incerta
interpretazione,
che
ritroviamo
anche
nei
mosaici
nordafricani
del
IV
secolo.
Il
tema
degli
Eroti
si
ripete
più
volte
nelle
sale
della
villa
e
si
ripetono
anche
gli
stessi
motivi,
come
le
ville
marittime
nel
paesaggio
dello
sfondo,
l'Erote
che
rovescia
il
cesto
con
i
pesci
o
l'altro
che
sta
per
colpire
una
preda
con
il
tridente.
La
successiva
sala
che
si
apre
sul
lato
settentrionale
del
peristilio,
forse
una
sala
da
pranzo
(coenatio)
invernale,
di
maggiori
dimensioni
delle
altre
e
con
l'ingresso
preceduto
da
due
colonne,
conserva
il
mosaico
pavimentale
della
"Piccola
caccia".
Sono
raffigurate
dodici
scene
disposte
su
quattro
registri:
·
nel
primo
registro
dall'alto,
un
cacciatore
e
i
suoi
cani
all’inseguimento
di
una
volpe;
·
nel secondo registro, un sacrificio a Diana, tra due uomini che
portano
sulle
spalle
un
cinghiale
legato
e
un
terzo
che
porta
una
lepre;
·
nel terzo registro, due uomini che spiano alcuni volatili sulle
foglie
di
un
albero,
una
vasta
scena
con
il
banchetto
del
proprietario
con
i
suoi
attendenti
nel
bosco,
un
cacciatore
in
atto
di
colpire
una
lepre
col
venabulum;
·
nel
quarto
registro
la
cattura
di
tre
cervi
con
una
rete
e
il
drammatico
abbattimento
di
un
cinghiale
che
ha
ferito
un
uomo
in
una
palude.
Sono
degne
di
nota
le
figure
dei
due
servi
nascosti
dietro
la
roccia:
uno
prova
a
colpire
la
bestia
con
un
sasso,
l’altro
si
tocca
la
fronte
impaurito.
Quelle
rappresentate
sono
vere
e
proprie
scene
di
caccia
(venatio),
che
dovevano
far
parte
della
vita
quotidiana
del
padrone
della
villa.
Il
sacrificio
a
Diana,
propiziatorio
del
buon
esito
della
caccia,
richiama
da
vicino
il
tondo
adrianeo
dell’arco
di
Costantino
col
medesimo
soggetto.
I
moduli
compositivi
sono
però
a
Piazza
Armerina
tipici
della
tarda
antichità:
il
sacrificante
e
gli
assistenti
sono
in
posizione
frontale,
i
rami
degli
alberi
si
dispongono
simmetricamente
ai
lati
della
scena
e
la
tenda
(velarium)
crea
uno
spazio
di
rispetto
per
il
personaggio
principale,
con
funzione
analoga
a
quella
del
ciborio
delle
chiese
paleocristiane.
Le
scene
di
caccia
derivano
dal
repertorio
tipico
di
tutta
l’area
dell’Occidente
Mediterraneo,
e
si
dispongono
intorno
ai
due
episodi
centrali
del
sacrificio
e
del
banchetto
con
ordine
e
simmetria.
Lo
schema
compositivo
sembra
derivare
dal
repertorio
nordafricano
e
richiamano
per
lo
stile
i
mosaici
nella
"Casa
dei
Cavalli"
di
Cartagine
e,
per
le
caratteristiche
compositivo-iconografiche,
quelli
in
una
villa
di
Ippona:
è
possibile
che
le
maestranze
provenissero
dall'Africa
Proconsolare
e
in
particolare
dalla
stessa
Cartagine.
Il
corridoio
della
"Grande
Caccia"
-
Al
lato
di
fondo
orientale
del
peristilio
si
accede
al
corridoio
della
"Grande
Caccia"
(65,93
m
di
lunghezza
e
5
m
di
larghezza),
con
le
estremità
absidate.
Su
questo
corridoio,
elemento
di
raccordo
e
separazione
tra
parte
pubblica
e
privata,
si
aprivano
la
grande
sala
absidata
di
rappresentanza
e
gli
appartamenti
padronali.
L'importanza
era
sottolineata
dal
portico
che
si
apre
nella
sua
parte
centrale
verso
il
peristilio
e
dalla
leggera
sopraelevazione:
vi
accedevano
due
scale
dai
bracci
nord
e
sud
del
peristilio,
e
una
terza
centrale,
di
fronte
all'ingresso
della
grande
sala
absidata.
A
dispetto
del
nome
con
cui
è
conosciuto,
il
soggetto
del
mosaico
pavimentale
rappresenta
una
grande
battuta
di
cattura
di
bestie
selvatiche
per
i
giochi
dell’anfiteatro
a
Roma:
nessun
animale
viene
infatti
abbattuto
ed
i
cacciatori
usano
le
armi
solo
per
difendersi.
Le
caratteristiche
tecniche,
unite
all’analisi
delle
cesure
evidenti
sullo
sfondo
del
mosaico,
hanno
consentito
di
individuare
7
scene,
eseguite
da
due
gruppi
distinti
di
mosaicisti.
-
Le
prime
tre
scene
sono
realizzate
con
tessere
quadrate
di
piccole
dimensioni
(5-6
mm),
di
forma
molto
regolare,
e
con
una
certa
quantità
di
“faience”;
sono
impiegate
poche
scaglie
di
pietra,
e
ci
sono
circa
venticinque
colori
diversi.
-
Le
scene
restanti,
nella
metà
sud
del
corridoio,
sono
realizzate
con
tessere
un
po’
grandi
(6-8
mm.),
scaglie
di
pietra
più
frequenti
e
minor
precisione
nei
dettagli;
sono
presenti
quindici
colori.
La
differenza
stilistica
fra
le
due
parti
del
corridoio
è
assai
evidente.
Mentre
nella
metà
sud
le
figure
sono
secche,
schematiche
e
prive
di
volume,
quelle
della
metà
nord
spiccano
per
la
resa
plastica
e
naturalistica
dei
corpi
delle
belve
e
per
i
volumi
dei
panneggi
in
libero
movimento.
È
possibile
che
la
parte
meridionale
del
corridoio
sia
opera
di
maestranze
più
conservatrici,
fedeli
ai
canoni
stilistici
del
III
secolo
e
ai
modelli
del
linguaggio
figurativo
occidentale,
mentre
nella
parte
settentrionale
avrebbero
lavorato
mosaicisti
più
innovatori
e
più
vicini
alla
cultura
figurativa
del
IV
secolo,
che
avevano
assorbito
modelli
elaborati
in
Grecia
o
in
Asia
Minore
e
ancora
vicini
alla
tradizione
ellenistica.
·
La
prima
scena
raffigura
catture
di
diversi
animali,
ognuna
delle
quali
sembra
essere
ambientata
in
una
diversa
provincia
dell’Africa,
ad
eccezione
della
Tripolitania:
la
cattura
della
pantera
in
Mauritania,
secondo
la
tecnica
descritta
nell''Historia
Augusta,
attuata
da
soldati
con
l’aiuto
di
un’esca
e
di
una
trappola;
la
cattura
dell’antilope
in
Numidia,
dove
i
cavalieri
non
fanno
uso
di
sella;
la
cattura
del
cinghiale
selvatico
in
Bizacena,
presso
una
palude
forse
identificabile
con
il
Lacus
Tritonis,
a
sud
di
Hadrumetum.
·
Nella
seconda
scena,
in
una
località
portuale
con
un
lussuoso
edificio
sullo
sfondo,
un
cavaliere
sorveglia
il
trasporto
di
un
pesante
carico.
Quattro
uomini
trasportano
sulle
spalle
alcune
bestie
legate
o
chiuse
all’interno
di
casse,
un
ufficiale
frusta
uno
schiavo
e
altri
servi
trascinano
su
una
nave
struzzi
e
antilopi.
Gli
studiosi
concordano
nel
riconoscervi
la
rappresentazione
del
porto
di
Cartagine,
nel
cui
foro
marittimo
in
età
antonina
esistevano
un
edificio
ottagonale
ed
un
tempio
con
portico
semicircolare,
simili
alle
architetture
rappresentate
sullo
sfondo
di
questa
scena.
·
Nella
terza
scena,
che
si
trova
di
fronte
all’ingresso
dell'aula
absidata,
viene
raffigurato
un
tratto
di
terra
situato
fra
i
due
mari.
Al
centro,
un
gruppo
di
tre
personaggi
osserva
lo
sbarco
degli
animali
da
due
navi
provenienti
dai
due
lati.
Per
la
sua
posizione
preminente,
in
questo
gruppo
si
è
voluta
vedere
la
rappresentazione
dei
tetrarchi,
oppure
di
Massenzio
(figlio
del
tetrarca
Massimiano)
con
due
alti
ufficiali,
o
ancora
di
un
procurator
ad
elephantos
(funzionario
imperiale
addetto
alle
bestie
per
i
giochi)
con
due
addetti.
La
terra
fra
i
due
mari
è
con
ogni
probabilità
l’Italia,
e
forse
è
qui
rappresentato
il
porto
della
stessa
Roma.
Lo
sbarco
contemporaneo
delle
due
navi
costituisce
un
esempio
di
narrazione
compendiarla,
tipica
dell'arte
tardo-antica.
·
Nella
quarta
scena
abbiamo
l’imbarco
degli
animali
in
un
porto
orientale,
come
lascerebbero
pensare
la
presenza
di
un
elefante,
di
una
tigre
e
di
un
dromedario.
I
cacciatori
indossano
calzoni
di
tipo
orientale.
·
La quinta scena raffigura la cattura di rinoceronti in un
paesaggio
nilotico
con
palude,
fiori
rossi
e
caratteristici
edifici
a
pagoda.
·
Nella
sesta
scena
abbiamo
nella
parte
superiore
una
lotta
fra
bestie
selvatiche
e
un
leone
che
attacca
un
uomo
e
per
questo
viene
ferito.
Inferiormente
un
personaggio
di
età
matura,
dall’aspetto
solenne
ed
autorevole,
affiancato
da
due
soldati
con
scudo,
attende
l’arrivo
di
una
misteriosa
cassa
che
potrebbe
contenere
il
grifone
che
appare
all’estremità
del
corridoio.
·
Nella
settima
scena
abbiamo
la
cattura
di
una
tigre
in
India
con
l’aiuto
di
uno
stratagemma
descritto
da
Sant’Ambrogio
e
da
Claudiano.
Una
sfera
di
cristallo
viene
lanciata
verso
la
tigre.
L’animale,
vedendo
la
propria
immagine
riflessa
nella
sfera,
crede
di
vedere
uno
dei
suoi
piccoli
e
distrae
la
sua
attenzione
dai
cacciatori,
che
così
possono
più
facilmente
catturarla.
L’ultimo
episodio,
che
ha
spesso
destato
l’attenzione
degli
studiosi
per
la
sua
singolarità,
mostra
la
cattura
di
un
grifone
con
un’esca
umana.
·
Absidi
-
Nelle
absidi
alle
estremità
nord
e
sud
del
corridoio
abbiamo
due
figure
femminili.
Quella
a
nord,
molto
lacunosa,
tiene
nella
mano
destra
una
lancia
e
ha
ai
lati
un
leone
e
un
leopardo.
Si
tratta
forse
della
personificazione
della
Mauritania
o,
più
genericamente,
dell’Africa.
L’altra
figura
femminile
dalla
pelle
olivastra,
per
la
presenza
dell’elefante
dalle
orecchie
piccole,
della
tigre
e
della
fenice,
rappresenterebbe
l’India,
come
sembrerebbe
provare
la
presenza
delle
formidines
pedendenti
dai
rami,
nastri
rossi
usati
dai
cacciatori
indiani
per
catturare
le
tigri.

La
rappresentazione
di
una
caccia
o
di
una
cattura
di
bestie
è
un
soggetto
abbastanza
ovvio
per
una
villa
di
campagna
e,
in
generale,
fa
parte
del
tipico
repertorio
iconografico
dell’esaltazione
aristocratica
o
regale.
Tuttavia,
ciò
che
rende
unica
la
caccia
di
Piazza
Armerina
è
la
rappresentazione
delle
terre
conosciute
dall’Occidente
all’Oriente,
con
personificazioni
e
specie
d’animali
caratteristiche
d’ogni
regione.
Tutto
ciò
fa
sì
che
questo
mosaico
debba
essere
visto
come
una
sorta
di
carta
geografica,
dono
degno
di
un
imperatore:
si
credeva
che
il
possesso
di
una
rappresentazione
cartografica
potesse
in
qualche
modo
accrescere
magicamente
il
potere
del
sovrano
su
quelle
terre.
Inoltre,
uno
dei
temi
ricorrenti
dei
panegirici
imperiali
era
la
diffusione
della
fama
e
della
gloria
imperiali
fino
agli
estremi
confini
del
mondo.
E
proprio
questo
è
il
significato
degli
animali
fantastici
quali
il
grifone
e
la
fenice,
simboli
dei
paesi
più
remoti
e
misteriosi.
Solo
con
l’identificazione
certa
del
proprietario
della
villa
potrebbe
chiarire
le
motivazioni
di
questa
scelta,
ma
questo
è
un
problema
ancora
aperto.
Per
quanto
riguarda
lo
stile,
il
mosaico
della
"Grande
Caccia"
si
inquadra
perfettamente
nel
clima
artistico
di
IV
secolo.
Vi
ritroviamo,
infatti,
una
serie
di
moduli
espressivi
che
ricorrono
sull’arco
di
Costantino
a
Roma,
come
le
teste
rotonde
pettinate
a
calotta
con
ciocche
che
scendono
sul
cranio
senza
sopraffarlo,
la
disposizione
delle
scene
su
registri
sovrapposti,
la
frontalità,
la
bidimensionalità
e
le
proporzioni
gerarchiche,
per
cui
la
narrazione
prevarica
le
dimensioni
degli
elementi
del
paesaggio,
che
sono
ridotti
al
minimo.
Il
decorativismo
molto
curato,
l’attenzione
al
dettaglio,
il
vivo
cromatismo
(nelle
vesti
di
inservienti,
cacciatori
e
funzionari,
nelle
penne
degli
struzzi)
anticipano
l’arte
bizantina,
dove
i
broccati
e
i
gioielli
cancelleranno
i
volumi
della
figura
umana.
Sotto
questa
ricchezza
decorativa
si
cela
infatti
già
una
sostanziale
perdita
del
senso
dell’organicità
naturalistica.,
come
rivelano
anche
le
ombre
portate
utilizzate
a
caso
e
certe
incomprensioni
dei
modelli
originari,
come
nelle
zampe
dei
buoi
che
trainano
il
carro
al
centro
del
mosaico).

La
"basilica"
-
Sul
lato
di
fondo
del
corridoio
della
Grande
Caccia,
al
centro,
sopraelevata
con
quattro
gradini,
si
apre
un'ampia
sala
absidata,
con
un
ingresso
scompartito
da
due
colonne
che
ne
segnala
l'importanza.
La
funzione
pubblica
dell’aula,
dove
probabilmente
il
proprietario
concedeva
udienza
e
riceveva
i
visitatori,
è
resa
inoltre
evidente
dalla
originaria
pavimentazione
in
prezioso
opus
sectile
in
lastre
di
marmi
colorati
e
porfido.
La
sala
si
trova
al
termine
di
un
percorso
che
si
sviluppa
in
senso
ascensionale
a
partire
dall’ingresso
monumentale.
L'antistante
corridoio
della
"Grande
Caccia”
viene
a
costituire
una
conduplicatio
enfatica,
ossia
un
“di
più”,
una
ripetizione,
del
peristilio
ad
una
quota
più
elevata.
Sulla
base
dei
confronti
con
gli
esempi
analoghi
–
anche
se
meno
monumentali
–
della
"villa
di
Portus
Magnus"
in
Algeria
(III
secolo
d.C.),
del
"palazzo
di
Fishbourne"
nel
Sussex,
del
"Pretorio"
di
Lambaesis
e
dell’"Aula
palatina"
di
Treviri,
sembra
di
poter
indicare
per
questo
corridoio
apparentemente
superfluo
una
funzione
di
"sala
di
attesa".
Una
simile
soluzione
sarà
adottata
nei
secoli
successivi
dal
nartece
delle
chiese
cristiane,
in
particolare
in
diversi
edifici
di
culto
dell’area
greco-egea,
databili
tra
la
fine
del
IV
ed
il
V
secolo
(basilica
di
Epidauro,
basilica
A
di
Nicopoli
in
Epiro,
basilica
di
Afendelli
a
Lesbo),
nei
quali
il
nartece,
attaccato
al
braccio
orientale
dell’atrio,
lo
raddoppia
in
lunghezza,
proprio
come
avviene
nella
villa
del
Casale
per
il
corridoio
della
"Grande
Caccia"
e
il
peristilio.
Queste
somiglianze
hanno
indotto
ad
ipotizzare
per
il
complesso
della
sala
basilicale
una
funzione
addirittura
"liturgica",
in
relazione
al
cerimoniale
delle
udienze
nella
corte
imperiale
di
epoca
tardo-antica.

Gli
appartamenti
padronali
sul
lato
orientale
-
Ai
lati
della
basilica
si
aprono
sul
corridoio
della
"Grande
Caccia"
i
due
appartamenti
padronali:
quello
più
a
nord,
più
prossimo
agli
ambienti
di
servizio
e
di
dimensioni
inferiori
era
probabilmente
riservato
alla
famiglia
(la
padrona
di
casa
o
il
figlio
del
proprietario)
e
l'altro
più
importante
e
con
decorazione
musiva
più
ricca
e
articolata
era
probabilmente
quello
del
proprietario.
Appartamento
settentrionale
·
Un
primo
ambiente
funge
da
anticamera;
il
pavimento
è
decorato
con
l’episodio
di
Ulisse
che
vince
Polifemo
per
mezzo
dell’astuzia,
porgendogli
il
kantharos
del
vino.
Pitture
con
il
medesimo
soggetto
si
trovavano
sul
Palatino
potrebbero
farne
ipotizzare
la
derivazione
da
un
originale
pittorico.
Si
tratta
in
ogni
caso,
di
una
testimonianza
della
cultura
del
proprietario
e
della
sua
dimestichezza
con
l’ambiente
romano.
·
Una sala absidata che si apre sull'anticamera, forse
identificabile
con
una
sala
da
pranzo
(triclinio),
oppure
con
una
stanza
da
letto
(cubicolo)
con
rientranza
per
il
letto
(alcova)
nell'abside.
La
sala
presenta
pitture
parietali
di
Eroti
e
sul
pavimento
un
mosaico
geometrico
in
cui
sono
inseriti
tondi
con
le
Stagioni
e
ceste
di
frutta,
mentre
nell'abside
si
trova
un
motivo
a
squame
con
elementi
naturalistici
molto
raffinati.
·
Un secondo ambiente ugualmente aperto sull'anticamera è un altro
cubicolo
con
alcova.
Il
pavimento
è
un
tappeto
geometrico
con
schemi
poligonali,
stelle
stilizzate
e
Stagioni
nei
tondi,
che
circondano
un
medaglione
con
coppia
di
amanti.
Il
passaggio
all'alcova,
la
rientranza
occupata
dal
letto,
mostra
scene
di
fanciulli
che
giocano,
mentre
l'alcova
stessa
presenta
una
decorazione
geometrica.
Appartamento
meridionale
·
L'appartamento
si
apriva
sul
corridoio
della
"Grande
Caccia"
con
un
imponente
ingresso
costituito
da
un
peristilio
a
ferro
di
cavallo
con
quattro
colonne
ioniche
e
una
fontana
al
centro.
Il
peristilio
era
pavimentato
con
un
mosaico
raffigurante
la
veduta
di
un
intero
porto,
che
gira
intorno
alla
composizione
ed
Eroti
pescatori,
con
tematiche
simili
a
quelle
presenti
in
uno
dei
cubicoli
del
lato
nord.
In
quest’ambiente
esiste
una
differenza
stilistica
fra
la
metà
nord
e
sud
della
composizione.
Infatti,
nella
metà
sud
degli
alberi
sono
meno
numerosi,
il
mare
è
disegnato
da
poche
linee
a
zig-zag
e
da
molte
linee
dritte,
gli
edifici
sullo
sfondo
sono
visti
di
fronte
e
non
sono
collegati
fra
loro.
Tutto
ciò
evidentemente
rivela
l’utilizzo
di
diversi
modelli.
·
Un
aula
absidata
si
apre
sul
lato
di
fondo
del
peristilio
e
costituiva
forse
la
biblioteca
privata
del
proprietario.
Il
pavimento
a
mosaico
presenta
la
scena
mitologica
del
poeta
Arione,
al
centro,
che
incanta
gli
animali
marini,
tritoni,
Nereidi
e
cavalli
marini
con
la
musica
e
la
poesia.
Nell’abside
si
trova
una
grande
testa
di
Oceano
circondata
da
varie
specie
di
pesci.
Le
acconciature
ad
elmo
delle
Nereidi
hanno
fornito
importanti
dati
cronologici
sulla
base
dei
ritratti
numismatici
delle
imperatrici
della
dinastia
costantiniana.
La
disposizione
della
scena
e
il
suo
significato
sono
molto
simili
a
quelle
del
mosaico
con
Orfeo
nella
sala
absidata
che
si
apre
sul
lato
sud
del
grande
peristilio
quadrangolare.
·
Sul lato sinistro del peristilio a ferro di cavallo si dispone
una
coppia
di
ambienti,
corrispondenti
ad
un
cubicolo
con
alcova
rettilinea
preceduto
da
un'anticamera.
Nell'anticamera
troviamo
il
mosaico
con
il
combattimento
di
Eros
e
Pan,
a
cui
assistono
fanciulli
e
giovani
donne,
forse
i
familiari
del
proprietario.
Gli
oggetti
sul
tavolo
di
fondo
sono
delle
corone,
il
premio
per
il
vincitore.
Trattasi
di
un
episodio
mitologico
poco
famoso,
ma
che
faceva
parte
della
cultura
del
padrone
di
casa.
Troviamo
lo
stesso
tema
nella
basilica
paleocristiana
di
Aquileia,
edificata
in
un
periodo
molto
vicino
a
quello
della
villa
del
Casale,
e
nella
quale
la
tartaruga
simboleggia
il
male,
il
gallo
il
bene
e
la
luce.
Nel
cubicolo
è
presente
il
mosaico
dei
Bambini
Cacciatori:
su
vari
registri
si
susseguono
le
scene,
di
grande
effetto
ornamentale
per
via
del
riempitivo
di
rami
con
foglie
e
frutti
e
di
volatili
che
occupa
tutto
lo
sfondo.
Non
mancano
episodi
umoristici,
come
quello
del
fanciullo
caduto
che
è
morso
al
polpaccio
da
un
grosso
topo,
o
dell’altro
che
fugge
davanti
ad
un
gallo
(quest’ultima
scena
passerà
nell’iconografia
moralistica
medievale
come
raffigurazione
dell’Accidia).
·
Sul
lato
opposto
del
peristilio
a
ferro
di
cavallo,
si
dispone
una
simile
coppia
di
ambienti,
anticamera
e
cubicolo
con
alcova
absidata.
L'anticamera
presenta
il
mosaico
del
cosiddetto
Circo
dei
bambini.
Nell’arena
gareggiano
quattro
bighe,
trainate
da
volatili
e
guidate
da
aurighi
bambini;
un
fanciullo
incaricato
della
premiazione
reca
in
mano
la
palma
per
il
vincitore.
La
critica
più
recente
vede
in
questa
scena
un’allegoria
delle
Stagioni,
un
richiamo
allo
scorrere
del
tempo
avente
lo
stesso
significato
simbolico
dei
tondi
con
carri
del
Sole
e
della
Luna
nell’arco
di
Costantino.
Il
cubicolo
è
decorato
con
l'Agone
musicale:
su
tre
registri
si
trovano
fanciulli
intenti
alla
recitazione
e
al
canto.
Anche
qui,
come
nel
mosaico
di
Eros
e
Pan,
ricorre
il
tavolo
con
le
corone
della
vittoria
sullo
sfondo.
Le
due
fanciulle
che
nell’abside
di
fondo
sono
intente
ad
intrecciare
ghirlande
di
fiori
e
foglie
potrebbero
riferirsi
ai
momenti
delle
feste
primaverili
in
onore
di
Cerere.
Nei
mosaici
di
questo
appartamento
meridionale
troviamo
una
sintesi
di
tutto
il
programma
iconografico
della
villa:
l’astuzia
e
la
poesia
(Eros,
Arione)
che
vincono
la
forza
bruta
(Pan,
le
bestie
marine);
il
tema
della
caccia
(bambini
cacciatori);
il
circo
(bambini
sulle
bighe);
la
poesia
e
la
musica
(Agone
musicale,
che
si
richiama
sia
alla
lotta
di
Eros
e
Pan,
sia
alle
scene
di
Arione
ed
Orfeo).

Ambienti
sul
lato
sud
del
grande
peristilio
-
Immediatamente
contigui
alle
scale
che
portano
al
corridoio
della
"Grande
Caccia"
si
aprono
sul
portico
meridionale
del
grande
peristilio
due
ambienti
di
servizio,
in
origine
pavimentati
con
motivi
geometrici.
In
un
più
tardo
rifacimento
l'ambiente
più
interno
fu
decorato
con
un
mosaico
noto
come
quello
delle
Fanciulle
in
bikini,
in
cui
su
due
registri
si
dispongono
dieci
franciulle
impegnate
in
esercizi
atletici.
La
disposizione
degli
elementi
nella
sala
di
Arione,
all'interno
dell'appartamento
padronale
settentrionale,
è
identica
a
quella
del
mosaico
di
Orfeo
nella
sala
absidata
che
si
apre
al
centro
del
porticato,
la
cui
importanza
è
sottolineata
dall'ingresso
a
due
colonne
e
dalla
presenza
di
una
fontana
centrale.
Si
trattava
forse
di
una
sala
per
musica
o
di
una
biblioteca.
Qui,
al
centro
del
mosaico
si
trova
il
poeta,
circondato
da
più
di
cinquanta
specie
diverse
di
animali,
fra
i
quali
compare
anche
la
mitica
Fenice.
Fra
le
scene
di
Arione
ed
Orfeo
esiste
uno
stretto
legame
concettuale:
entrambe
presentano
il
dominio
delle
forze
brute
(le
bestie
marine,
le
fiere
terrestri)
per
mezzo
delle
arti
della
poesia
e
del
canto,
cioè
delle
attività
che
elevano
lo
spirito,
tematica
ripresa
anche
nel
mito
di
Ulisse
che
vince
con
l'astuzia
Polifemo
nel
vestibolo
dell'appartamento
settentrionale.
Poiché
nella
mentalità
del
tempo
la
sapienza
musicale
era
assimilata
alla
sapienza
in
genere,
e
le
bestie
selvagge
erano
frequente
metafora
delle
passioni
umane
(per
esempio
in
Lattanzio),
Il
parallelismo
fra
Orfeo
e
le
venationes
ricorre
in
Marrone,
e
i
due
temi
sono
significativamente
accoppiati
nella
pisside
eburnea
di
Bobbio.

Il
complesso
della
trichora
con
peristilio
ovoidale
-
Sia
dal
corridoio
della
'"Grande
Caccia"
e
dall'appartamento
padronale,
sia
dall'angolo
sud-occidentale
del
grande
peristilio
quadrangolare
si
accedeva
ad
un
complesso
unitario,
costituito
da
un
peristilio
a
pilastri
a
pianta
ovale
tagliato
ad
una
estremità
da
una
sala
con
tre
absidi
(trichora)
Sui
due
lati
del
peristilio
si
affacciano
gruppi
tre
ambienti,
con
quelli
laterali
accessibili
dal
vano
centrale,
mentre
sul
lato
opposto
alla
sala
con
tre
absidi,
è
presente
un
ninfeo
(fontana)
absidato.
Il
portico
del
peristilio
era
pavimentato
con
un
mosaico
di
girali
d'acanto
animate
con
busti
di
animali.
Gli
ambienti
sui
lati
del
peristilio
sono
decorati
con
un
mosaico
di
Eroti,
nuovamente
impegnati
in
attività
di
pesca
(Eroti
pescatori)
nei
vani
meridionali,
mentre
in
quelli
settentrionali
sono,
invece,
impegnati
nella
vendemmia
(Eroti
vendemmiatori):
davanti
ad
una
villa
rurale,
due
Eroti
portano
ceste
piene
di
grappoli
ai
loro
compagni
intenti
alla
pigiatura
dell’uva.
Il
pavimento
del
contiguo
ambiente
laterale
è
interamente
ricoperto
da
girali
di
tralci,
grappoli
e
figurine
di
Eroti;
al
centro
si
trova
un
medaglione
con
busto
di
figura
maschile
(forse
personificazione
dell’Autunno).
Il
mosaico
di
questo
vano
ricorda
molto
da
vicino
quello
con
lo
stesso
soggetto
della
volta
del
corridoio
anulare
del
mausoleo
di
Costantina
a
Roma
(attuale
chiesa
di
Santa
Costanza),
eseguito
pochi
anni
più
tardi.
Lo
schema,
che
ornava
anche
lo
stesso
sarcofago
porfiretico
della
principessa
figlia
di
Costantino,
è
molto
diffuso
nelle
regioni
del
Mar
Mediterraneo
orientale,
dove
permane
fino
all’avanzato
VI
secolo
nei
pavimenti
delle
chiese
giordane.
La
sala
con
tre
absidi,
una
sala
da
pranzo
(coenatio)
invernale
per
i
banchetti,
era
accessibile
dal
peristilio
mediante
quattro
gradini,
tramite
un
ingresso
con
colonne
in
granito.
Il
mosaico
del
vano
centrale,
non
interamente
conservato,
raffigura
gli
avversari
vinti
da
Ercole.
Nell'abside
settentrionale
(a
sinistra)
è
raffigurato
il
trionfo
di
Ercole
accolto
nell'Olimpo,
in
quella
meridionale
(a
destra)
il
mito
della
nascita
della
vite
con
Licurgo
e
Ambrosia,
e
in
quella
di
fondo,
ad
est,
una
lotta
di
Ercole
e
dei
Giganti.
I
passaggi
verso
le
absidi
ospitavano
scene
delle
metamorfosi,
di
cui
rimangono
quelle
di
Dafne
in
alloro,
di
Ciparisso
in
cipresso,
di
Esione
o
di
Andromeda
e
di
Endimione
in
stelle.
Il
complesso
delle
figurazioni
si
riferisce
all'apoteosi
eroica
del
semidio,
che
viene
trasformato
in
dio
in
seguito
alle
sue
imprese,
un
motivo
spesso
ripreso
nella
propaganda
imperiale
come
allusione
alla
divinizzazione
dell'imperatore.

Le
terme
-
Naturalmente,
come
in
tutte
le
ville
che
si
rispettino,
soprattutto
in
quelle
che
potevano
essere
considerate
di
dignità
consolare
o
imperiale,
anche
la
Villa
del
Casale
aveva
l’area
termale.
Gli
ambienti
venivano
riforniti
da
un
acquedotto
e
riscaldati
dal
sistema
dell’ipocausto,
cioè
tramite
un
grande
forno
situato
sotto
il
pavimento
della
camera,
in
modo
da
garantire
una
temperatura
di
circa
trenta
gradi.
Il
visitatore
iniziava
il
suo
percorso
passando
per
un
vestibolo
con
il
mosaico
raffigurante
la
padrona
di
casa
(non
ne
sappiamo
il
nome)
e
le
sue
ancelle,
per
arrivare
a
un
grande
atrio
con
una
impressionante
scena
gladiatoria.
Alcuni
storici
l’hanno
identificato
come
palestra
o
spogliatoio:
ha
forma
ellittica,
come
un
ippodromo
e,
non
a
caso,
raffigura
le
gare
del
Circo
Massimo,
con
quattro
quadrighe
che
si
sfidano
sul
circuito.
Appartengono
alle
quattro
fazioni
del
periodo
imperiale:
la
Russata
(rossa),
la
Veneta
(azzurra),
la
Albata
(bianca)
e
la
Prasina
(verde).
È
quest’ultima
a
tagliare
per
prima
il
traguardo,
pronta
a
cogliere
la
palma
del
vincitore
che
la
sta
aspettando.
Un
resoconto
vivido
di
una
gara
che
doveva
apparire
leggendaria
agli
ospiti
di
passaggio
per
la
villa
siciliana
nella
tarda
età
imperiale.
Da
questo
spazio
si
passava
nel
calidarium,
una
stanza
dotata
di
un
ipocausto
nel
seminterrato
e
aria
riscaldata
da
un
camino,
e
poi
nella
zona
a
temperatura
media
o
tepidarium.
Quest’area
si
apriva
sulla
sala
dell’Unguento
(unctuarium),
dove
si
facevano
i
massaggi:
un
mosaico
raffigura
questa
pratica
di
origine
greca,
è
ben
visibile
lo
striglie
(una
sottile
lamina
di
metallo
utile
a
rimuovere
dalla
pelle
gli
oli
e
le
polveri
usati
per
i
bagni).
Quindi
si
entrava
nel
frigidarium,
una
sala
ottagonale
con
sei
nicchie
absidate
sulle
pareti,
due
delle
quali
utilizzate
per
gli
ingressi.
A
sud
un
piccolo
vano
quadrangolare
con
tre
piccole
absidi
e
a
nord
una
piscina
(natatio)
absidata.
Il
mosaico
del
vano
centrale
raffigura
ancora
una
scena
di
Eroti
pescatori
con
figure
di
Nereidi,
Tritoni
e
cavalli
marini,
la
cui
composizione
si
adegua
alla
forma
ottagonale
dell'ambiente.
Nelle
nicchie
absidate,
utilizzate
forse
come
spogliatoi,
sono
raffigurati
personaggi
che
si
svestono
o
rivestono,
aiutati
da
schiavi.
Le
pareti
erano
rivestite
di
marmo.

I
due
maestri
del
mosaico
Caratteristica
singolare
di
questa
villa,
costituita
da
più
di
cinquanta
stanze,
è
la
presenza
in
oltre
quaranta
di
esse
di
straordinari
pavimenti
a
mosaico,
che
ricoprono
una
superficie
di
ben
3500
metri
quadrati
e
che
risalgono
al
periodo
più
avanzato
dell'arte
musiva
romana.
A
giudicare
dalla
qualità
della
fattura
e
dalle
scene
rappresentate,
dovrebbero
essere
opera
di
artisti
provenienti
dall'Africa
settentrionale.
Nei
mosaici
si
possono
osservare
due
stili
molto
diversi.
Ciò
ha
fatto
pensare
alla
mano
di
due
distinti
maestri
impegnati
contemporaneamente
nel
lavorare
ai
pavimenti
della
villa:
il
primo
utilizzò
uno
stile
classico,
consacrato
soprattutto
alle
scene
mitologiche,
mentre
il
secondo
raffigurò
quadretti
più
realistici
basati
sulla
vita
quotidiana
dell'epoca.
I
temi
affrontati
sono
molto
vari.
Si
spazia
dalle
tradizionali
scene
mitologiche
e
di
caccia,
comuni
a
molte
altre
ville
romane,
ai
mosaici
che
illustrano
la
vita
domestica
o
che
riproducono
con
grande
fedeltà
specie
animali
e
vegetali.
Fra
i
soggetti
più
interessanti
vi
è
la
cosiddetta
Grande
Caccia,
raffigurante
la
cattura
di
animali
feroci
e
selvatici,
destinati
ai
giochi
circensi,
rappresentati
in
maniera
particolarmente
realistica.

Pag.
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- Fonte
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