Forza D'Angrò (Borgo)
(Messina)
  
 

 

Forza d'Agrò fa parte del comprensorio della Valle d'Agrò e all'Unione dei comuni delle Valli joniche dei Peloritani. Il primo insediamento risale al X secolo, con il nome di Vicum Agrillae, mentre l'attuale denominazione risale al XIV secolo.  

Numerosi ritrovamenti archeologici, effettuati negli anni scorsi, nei pressi del castello della Forza testimoniano che il sito era frequentato sia in età protostorica (dai Sicani e dai Siculi) che in epoche successive come il periodo greco-siceliota, ellenistico e romano. Il sito di Forza d'Agrò sorgeva infatti sulla linea di confine tra la sfera di giurisdizione della polis siceliota di Messana e quella di Naxos.

Durante l'epoca dell'Emirato di Sicilia e per tutti i secoli XII e XIII, il villaggio era ubicato in contrada Casale, nella parte occidentale del monte Calvario. Distrutto da una frana, venne riedificato attorno al 1300 nel sito ove oggi noi lo ammiriamo. Dell'antico centro abitato rimangono i resti della chiesa di San Michele Arcangelo, probabilmente di epoca bizantina.

Nel 1116, il villaggio era denominato Agrilla e il re di Sicilia Ruggero II Altavilla lo proclamò terra inalienabile donandolo all'abate del monastero dei Santi Pietro e Paolo d'Agrò che vi esercitò per secoli il mero e misto imperio. L'amministrazione del villaggio era affidata ai Due Giurati che duravano in carica un anno e venivano sorteggiati estraendo i nomi da una lista di persone gradite all'abate. 

Tra le cariche esistenti all'epoca si ricordino: il Iudice, che amministrava la giustizia nel villaggio, il capitano giustiziere che amministrava l'ordine pubblico, il baglivo che aveva poteri di polizia campestre ed infine la commissione dei Deputati che aveva una miriade di poteri tra cui la manutenzione e la cura del castello. Gli abitanti di Forza d'Agrò erano obbligati a coltivare i campi dell'abate e a donare ai monaci del convento, nei giorni di Natale e Pasqua due galline e una capra.

Nel 1282, durante la guerra del Vespro, re Pietro I di Sicilia ordinò ai forzesi di inviare trenta arcieri nella vicina Taormina agli ordini di Giovanni Chelamidi. Nel 1302, passa sotto la giurisdizione dello Strategoto Messinese ed è inclusa nella comarca di Taormina. Nel XV secolo, Forza d'Agrò conosce un periodo di grande espansione edilizia, vengono costruiti il duomo della Santissima Annunziata e la chiesa della Triade.

Nel 1433 Forza d'Agrò è citata in alcuni capitoli che la città di Messina presentava al re di Sicilia Alfonso I per la provvigione dei frumenti. Nel 1468 venne inglobata nella minuscola diocesi Archimandritale di Savoca. Verso il 1595 il castello venne restaurato ad opera dei deputati del paese. Nel 1540, nel paese di Forza d'Agrò ci sono 302 case e vivono 1 138 abitanti. 

Nei primi mesi del 1649 il paese venne danneggiato da un sisma che provocò tra l'altro il crollo della quattrocentesca chiesa Madre della Santissima Annunziata, la quale venne subito riedificata. È nel 1654 che il paese raggiunge il suo più alto picco demografico: contando 1 947 abitanti e 499 case. 

In occasione della rivolta antispagnola di Messina del 1674-1678, Forza d'Agrò rimase fedele al re Carlo II e per questo, nel 1676, venne occupata dai francesi che la privarono dei numerosi privilegi attribuiti nel XII secolo da Ruggero II di Sicilia e la fecero passare sotto la dipendenza militare di Savoca. Domata la rivolta, nel 1678, venne ripristinata la situazione politica antecedente al 1676.

Il terremoto del 1693 cagionò danni in tutto il villaggio e lesionò la chiesa madre che era stata appena riedificata. Tra il '600 ed il '700 Forza d'Agrò conobbe un secondo periodo di sviluppo edilizio e demografico: vennero, in questo periodo, edificati alcuni palazzi signorili appartenenti alle famiglie più facoltose del paese. Sono tuttora visibili il Palazzo Mauro, il Palazzo Miano, il Palazzo Garufi.

La Costituzione siciliana del 1812 abolì il feudalesimo nel Regno di Sicilia; nel 1817 il comune di Forza d'Agrò fu inserito nel Circondario di Savoca, facente parte del distretto di Castroreale. Nel 1860, con l'Unità d'Italia, soppressi i distretti ed i circondari borbonici, la municipalità forzese fu inserita nel mandamento di Santa Teresa di Riva. Nel 1948 la frazione rivierasca di Sant'Alessio si staccò dal comune di Forza d'Agrò diventando comune autonomo col nome di Sant'Alessio Siculo.

Nella seconda metà del XX secolo Forza d'Agrò ha scoperto le sue potenzialità turistiche; è stata scelta come set di svariati film di successo, sono stati edificati svariati alberghi e ristoranti ed è diventata una delle mete turistiche più rinomate in Sicilia, essendo dotata di alcuni punti panoramici di grande suggestione.

Visitare il borgo

Sospeso tra il mare e i monti Peloritani, che qui corrono vicinissimi alla costa, Forza d'Agrò è un balcone naturale sullo Ionio. Dalle rovine del castello normanno, a oltre quattrocento metri di quota, si apre un panorama vastissimo che abbraccia l'Etna e lo Stretto di Messina, la Calabria e la riviera ionica siciliana, dal vicino castello di Sant'Alessio, edificato sullo sperone roccioso a picco sul mare che i greci chiamavano Argennon Akron, a Taormina.

Ci troviamo nella cuspide nord-orientale della Sicilia, nella provincia di Messina, dove i paesaggi marini si alternano suggestivamente ai paesaggi montani. Nello spazio di pochi chilometri si passa dalle spiagge di Letojanni e di Fondaco Parrino ai mille metri del santuario della Madonna dell'Aiuto e di monte Scuderi, la montagna delle "travature" (tesori nascosti), a ribadire i diversi volti di un'isola plurale.

Taormina è a un passo, così come Letojanni e le fresche gole dell'Alcantara, ma anche Savoca e Motta Camastra, i due paesi che insieme a Forza d'Agrò colpirono l'immaginazione del regista Francis Ford Coppola, al punto che vi girò alcune scene della saga de II padrino tra il 1972 e il 1990.  

Oggi Forza d'Agrò è il regno della quiete, anche se soprattutto d'estate diventa meta di molti turisti in cerca di frescura e ristoro. Basta però inoltrarsi per le viuzze strette e tortuose o salire le ripide scalinate che formano la trama urbana del borgo, abitato da poco meno di mille abitanti, per ritrovare un silenzio antico.

Non sono pochi i nuovi residenti che hanno scelto di vivere qui per questo, tra cui molti stranieri e alcuni architetti e musicisti in cerca di un luogo dove trovare pace e bellezza.

Un set ideale per filmare la Sicilia più autentica. La passeggiata nel centro storico può cominciare dalla chiesa dell'Annunziata, davanti alla quale in una scena de II padrino - Parte III Michael Corleone (Al Pacino) e la moglie Kay (Diane Keaton) assistono a un matrimonio. Il luogo è meta di un pellegrinaggio ininterrotto di cinefili e semplici turisti, e in paese le immagini dei tre film sono dappertutto. La chiesa vanta un'imponente facciata barocca e tre navate ricche di opere d'arte; domina la grande tela dell'Annunciazione di Stefano Giordano (1565) dietro l'altare maggiore, che necessiterebbe di un tempestivo restauro. Di grande pregio anche il coro ligneo con scene della vita di Gesù e della Madonna e il monumentale organo, affacciato sulla navata principale, mentre ripide scalette conducono nella cripta.

Si prosegue per via Annunziata, lungo la quale si aprono all'improvviso dei sottopassaggi che sono finestre sulla costa ionica, riccamente ornata la sera delle luci dei paesi rivieraschi: Sant'Alessio, Santa Teresa di Riva, Furci e Roccalumera. E come camminare sospesi in aria. La sensazione si acuisce una volta raggiunto il belvedere sulla valle d'Agrò e sui paesi abbarbicati alle colline circostanti, come Savoca e Casalvecchio. Case antiche, spesso ruderi, si alternano ad abitazioni restaurate di recente e a palazzi nobiliari ormai abbandonati, mentre in alto torreggia su tutto l'abitato e sul territorio circostante il castello normanno, utilizzato per più un secolo come cimitero, del quale resta solo la doppia cinta muraria. 

Sulla spianata sono ancora visibili i resti della chiesa del Santissimo Crocifisso e gli alloggi dei soldati. Di grande suggestione scenografica, all'ingresso del paese, la via Sant'Agostino, con i suoi balconi straripanti di fiori; in fondo si trova la scalinata semicircolare su cui si staglia il bellissimo Arco Durazzesco di matrice catalana, che introduce al sagrato della chiesa della Triade o della Santissima Trinità, a navata unica. Prima che venissero trafugate conservava due opere straordinarie, entrambe riconducibili ad Antonello da Messina o alla sua bottega: un gonfalone ligneo, rubato nel 1972, e l'Apparizione dei tre angeli ad Àbramo, sottratto quattro anni più tardi e oggi sostituito da una copia. Annesso alla chiesa è il convento agostiniano, realizzato nel '500, che ha tutto l'aspetto di una piccola fortezza. Oltre al portico e alla cripta, con il suo altare sepolcrale e i colatoi, a lasciare senza parole è un bellissimo mobile in sacrestia, datato 1776. Durante il restauro del convento, accanto a questo è stato rinvenuto un affresco di una Crocifissione di pregevole fattura.

Spingendosi poco fuori dal paese si ammirano i tanti palmenti scavati nella pietra arenaria, testimonianza dell'epoca in cui veniva prodotto uno dei vini siciliani più famosi, il Mamertino. Del territorio di Forza d'Agrò fanno parte anche le frazioni di Scifì e Fondaco Parrino. La prima è un pugno di case sulla sponda destra del torrente Agro, proprio dirimpetto alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Negli anni 90 scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di quella che sembra una stazione di sosta di epoca romana. Fondaco Parrino è invece una delle spiagge più frequentate della ri­viera ionica messinese, al confine con Letojanni, il paese dove la divina Creta Garbo trascorreva le sue vacanze estive. Anche lei ammaliata dal fascino di una terra tra le più belle e autentiche di Sicilia.

Chiesa della Santissima Annunziata

Edificata agli inizi del Quattrocento e distrutta da un terremoto nei primi mesi del 1649, la chiesa venne interamente ricostruita cambiandone l'orientamento, che risulta essere trasversale al primitivo tempio del quale rimane l'antica abside, oggi inglobata nell'edificio della canonica. La chiesa non ancora completata venne nuovamente danneggiata dal terremoto del 1693 che devastò il Val di Noto. A causa di tale evento fu necessario rifare il tetto e la facciata così come oggi li vediamo. Il nuovo tempio fu completato, grazie alle elemosine del popolo, nel 1707 dai maestri M. Antonino e S. Villarà.

L'esterno della chiesa presenta una larga facciata con membrature di massi calcari marmosi scolpiti, coronata da pennacchi e volute e, aperta da tre eleganti portali quattrocenteschi che appartennero alla vecchia chiesa crollata nel terremoto del 1649.

L'interno è a base abbaziale, sul consueto schema a tre navate su colonne e pilastri, il tetto è a capriate in legno. L'abside centrale è corredata da un coro in noce del XVII secolo intagliato, diviso in 24 stalli recanti in altrettanti riquadri diverse scene inerenti alla vita della Vergine Maria e del Bambin Gesù.

L'altare maggiore è rialzato rispetto alla nave, ed è fiancheggiato da due absidiole e da 10 cappelle collocate nelle rispettive navate laterali con altrettanti altari intarsiati in marmo policromo e stucchi di delicata fattura. Al suo interno è custodita inoltre una grande pala d'altare raffigurante l'Annunciazione ed eseguita nel 1565 dal pittore messinese Stefano Giordano. Un bel quadro del XVII secolo di Giovanni Simone Comandè raffigurante la Madonna del Rosario tra i Santi Domenico e Caterina. Una tela raffigurante la Sacra Famiglia dipinta nel 1740 da Paolo Filocamo ed infine un quadro del XVII secolo dipinto da Placido Celi, riproducente San Gaetano e la Vergine.

Tra tutte le opere della spicca, infine, il trecentesco Crocifisso dipinto su tavola ed attribuito a scuola siciliana con influssi di Giotto, che rimase miracolosamente illeso dal crollo della chiesa nel terremoto del 1649. Il pavimento attuale venne realizzato nel 1905.

All'esterno svetta il campanile del XVII secolo che, danneggiato dal terremoto del 1908, venne ristrutturato nel 1920.

La chiesa è facilmente riconoscibile in vari film girati a Forza d'Agrò; ricordiamo Il padrinoIl padrino - Parte II e Il padrino - Parte III.

Chiesa della Santissima Trinità

Chiesa della Santissima Trinità: è detta anche di Sant'Agostino, in quanto attigua all'antico convento Agostiniano. Risale al XV secolo e venne restaurata nel 1576. È situata nella parte est del paese in una posizione sopraelevata rispetto alla strada. Si accede tramite una scenografica scalinata che attraversa un artistico arco detto Porta Durazzesca. La facciata della chiesa presenta ancora la struttura quattrocentesca; pregevole è il campanile con la caratteristica cuspide a forma di piramide.

L'interno è a navata unica, il pavimento è a mattonelle di cotto esagonale. Pregevole risulta il tetto ligneo a capriate, che, anticamente, era riccamente affrescato. Le pareti sono bianche e prive di affreschi. Sono visibili quattro altari, oltre al maggiore, di cui due lignei e dipinti con colore blu oltremare. Degno di nota il bel pulpito ligneo settecentesco aggettante dalla parete destra del tempio.

Tra le opere pittoriche di pregio si ammirano: una Madonna col Bambino di autore ignoto, un grande quadro che raffigura La Madonna che appare a Sant'Agostino ed a Santa Monica, anch'esso di ignoto autore. Un altro quadro raffigura La Morte di Sant'Alessio, dono delle sorelle Paguni. Di particolare interesse è La Visita dei Tre Angeli ad Abramo, copia fedele del XX secolo di un antico quadro quattrocentesco, trafugato nel 1971. L'originale quadro trafugato era stato attribuito al pittore Antonino Giuffrè.

Convento Agostiniano

Il Convento Agostiniano venne edificato tra il 1559 ed il 1591, su iniziativa di Agostino Risini di Forza d'Agrò. Si trova proprio accanto alla chiesa della Santissima Trinità

Appena superato il pregevole arco d'ingresso, ci si imbatte nella Sala di Santu Nicola, oggi adibita a Museo, che ospita, altresì, una cripta in cui venivano seppelliti i monaci di minore importanza. Sempre dalla sala di Santu Nicola, si accede alla cripta del convento, ove, invece, trovavano sepoltura gli abati ed i monaci più importanti; sono ancora visibili i sedili in pietra sui quali venivano seduti i cadaveri per la mummificazione.

Pregevole è il chiostro, caratterizzato da grossi pilastri quadrati, sormontati da archi a pieno centro; in corrispondenza di ogni arco è presente una finestra, nei sottoportici si possono ammirare le volte a crociera. Sempre al piano terra, si trova la sagrestia della chiesa della S.S. Trinità, ove è visibile un antico affresco del XV sec., scoperto, durante i recenti restauri, sotto 5 centimetri di intonaco. 

Il primo piano dell'edificio è caratterizzato dalla presenza delle celle dei frati e di due grandi sale, una delle quali era adibita a refettorio. Una lapide, presente dentro il convento, ricorda Agostino Risini, che lo edificò, il nipote di questo, Agostino Cacopardo, che provvide a restaurarlo e, infine, Giuseppe Lombardo, che il 26 aprile 1760, nel convento celebrò il Capitolo. 

Si apprende altresì, che la chiesa della S.S. Trinità era di proprietà dell'omonima confraternita; tuttavia monaci e confrati erano sottoposti all'autorità dell'Archimandrita di Messinabarone della vicina Savoca. Nel 1866, il convento venne espropriato, ospitò fino a pochi decenni fa il municipio di Forza d'Agò. Nel 2001 è stato pregevolmente restaurato, ad oggi ospita conferenze ed eventi vari.

Chiesa di San Francesco o di Santa Caterina

La Chiesa di San Francesco o di Santa Caterina è ubicata nell'attuale piazza Municipio. Venne edificata nel XV secolo ad opera dei Frati Minori Francescani, che di fianco ad essa avevano il loro convento, oggi destinato a civile abitazione. Ha una struttura ad unica navata, piuttosto semplice, spicca, nella facciata, il bel portale decorato, in pietra arenaria.

L'interno, ad unica navata, è caratterizzato da uno stile semplice e dal alcuni pregevoli altari. Pregevole la nicchia destinata ad ospitare la statua di Santa Caterina, oggi conservata nel duomo dell'Annunziata, realizzata nel 1682 per iniziativa del notabile forzese Francesco Pacuni - Procuratore. Degna di nota la lapide che ricorda il nobile forzese Giuseppe Antonio Miano (1721-1757), morto prematuramente. L'edificio sacro è stato restaurato nel 1991.

Chiesa di Sant'Antonio Abate

La Chiesa di Sant'Antonio Abate risale alla fine del XVI secolo. È ubicata nell'omonimo quartiere ed è sopraelevata rispetto al piano strada. La facciata presenta una struttura semplice, irrobustita ai lati con lesene, sulla sommità della quale si erge la piccola e semplice torre campanaria; pregevole è il portale architravato in pietra arenaria con fantasiosi motivi in rilievo.

L'interno, ad unica navata, è particolarmente semplice e luminoso, è dotato di sette altari, tre sul lato destro e tre sul sinistro, più l'altare maggiore. La chiesa venne chiusa al culto verso il 1950, verso il 1970, una tempesta di vento fece crollare il tetto. Nel 1999 è stata restaurata e si è proceduto al rifacimento del tetto, sì da renderla fruibile.

Chiesa di San Sebastiano

La Chiesa di San Sebastiano è di antica origine, risale forse al XIV secolo, si trova nel quartiere di Magghia. Venne presumibilmente edificata in occasione di una delle tante pestilenze che colpirono il territorio tra il XII ed il XVI secolo

Oggi purtroppo è allo stato di rudere. È ancora in piedi parte dell'abside ove è visibile un affresco raffigurante Dio Onnipotente, totalmente deteriorato; pregevoli risultano le testate angolari dell'edificio, in pietra arenaria. 

Scomparsi risultano il tetto ed il pavimento; è semplicemente visibile una botola che conduce ad una cripta che ospitava le sepolture degli abitanti del quartiere. Il 14 febbraio 2024 un imponente crollo ha interessato la chiesa della quale ormai è rimasto solo l'abside.

Chiesa di San Michele Arcangelo

La Chiesa di San Michele Arcangelo si presenta allo stato di rudere; è ubicata fuori dal centro abitato, in contrada Casale, proprio nel sito in cui sorgeva il vecchio abitato di Forza d'Agrò, distrutto da una frana verso il 1300. Probabilmente era la chiesa del vecchio centro abitato. Ha origini remote, anteriori all'anno 1000, presenta un'architettura paleocristiana-bizantina.

Dell'edificio rimangono solo le mura perimetrali e i resti dell'abside, è costruita con materiali molto poveri. Il tetto, doveva essere a doppia falda, con travi in legno visibili, ma di questo non vi sono più tracce, come anche per gli intonaci. Nei pressi della chiesa si notano alcuni miseri ruderi, secondo la tradizione popolare, sono i resti di un antichissimo convento, forse Basiliano. Secondo un'antica leggenda, la chiesa conteneva una statua di San Michele Arcangelo, che, verso il XV sec., venne rubata ai forzesi dagli abitanti di Savoca.

Architetture civili

Palazzo Mauro: antico caseggiato, residenza principale dei Marchesi Mauro, risale anch'esso al XVII secolo. Degne di nota sono le finestre architravate del piano superiore; al piano terra si eleva un robusto porticato, con due grandi arcate ad angolo, provvisto superiormente di terrazza. Abitato fino alla fine del XIX secolo, divenne, in seguito, magazzino di mezzi agricoli e stalla. Interessato da uno smottamento, nell'inverno 1995/96, crollò parzialmente.

Palazzo Miano: l'antico edificio signorile, in stile spagnoleggiante, sorge sul corso principale del paese. Edificato verso l'inizio del XVII secolo, presenta una facciata semplice, arricchita, però, da un ampio balcone sostenuto da quattro grandi ed eleganti mensole, in pietra arenaria, sulle quali sono riprodotti motivi floreali e geometrici.

Molto bello risulta anche il grande portale d'ingresso, costruito con blocchi di pietra arenaria sovrapposti, anche qui sono riproposti i motivi geometrici e floreali visibili nelle mensole. Degne di nota, altresì, le grandi finestre, chiuse da pregevoli inferriate lavorate, che danno all'edificio una certa magnificenza. Il palazzo venne costruito alla nobile famiglia locale dei Miano ai primi del Seicento; verso il XIX secolo divenne residenza dei Marchesi Mauro, sempre nel XIX sec. ospitò gli uffici della sotto pretura.

Palazzo Garufi: era la residenza della famiglia più facoltosa del paese, i Garufi. Presenta una grande mole con pregevoli balconi e portali. Venne edificato nel XVII secolo e subì un restauro nel 1771. Al piano terra ospitava i magazzini per la conservazione del vino, dell'olio e di tutti i prodotti provenienti dal feudo dei Garufi. Il piano superiore, adibito ad abitazione, è caratterizzato per la presenza di pregevoli dipinti e affreschi di grande valore che adornano le pareti e l'artistico soffitto. Il pregevole edificio è stato acquistato dalla famiglia Schipilliti nel XX secolo.

Palazzo Bondì: ubicato in via Portello, è caratterizzato da un balconcino sorretto da quattro mensole finemente lavorate e delimitato da un'elegante ringhiera bombata in ferro battuto; sempre al piano nobile, pregevoli risultano le finestre architravate. Al piano terra sono visibili alcuni ingressi, tra i quali spicca l'arco del portone principale in arenaria. Il manufatto, edificato nel 1600 dalla facoltosa famiglia Bondì, presenta, anch'esso, uno stile spagnoleggiante.

Castello Argano

Il paesaggio dell'Italia meridionale Normanna fu caratterizzato dalla presenza di un numero elevato di castelli. Si trattava di vecchie fortificazioni che i Normanni avevano conquistato e reso funzionali. Anche il castello di Forza d'Agrò, chiamato castello Argano, appartiene al periodo Normanno.

Simbolo della cittadina forzese, si attribuisce la sua costruzione al conte Ruggero il Normanno, tra XI e il XII secolo, che gli diede il nome di Fortilicium D'Agrò. Si deve infatti, a questo appellativo, il nome del nostro incantevole paese. Sono trascorsi tantissimi anni da quando il conte Ruggero lo edificò, ma il castello, maestoso, dall'alto della sua rupe a 450 metri sul livello del mare sembra voler ancora proteggerre il paese, quasi a sfidare i secoli, le intemperie e gli eventi.

L'attribuzione di castello risulterebbe non veritiero, se si considera che era una fortezza e che non è mai stata residenza di famiglie nobili; infatti era un luogo di difesa e di rifugio. In uno dei terrazzamenti poggiavano gli alloggiamenti, una torre e la Chiesa del SS. Crocifisso, che dopo l'occupazione degli inglesi del 1810 fu abbandonata e di conseguenza crollò. 

Una leggenda narra che il Crocifisso rimase illeso al crollo, considerato miracoloso, fu trasferito nella cattedrale per essere meglio venerato. Nell'imbrunire della sera, quando le luci del sole al tramonto diventano soffuse, i ricordi del passato prendono il sopravvento e la fortezza sembra rivivere le gesta del passato.

L'ingresso del castello è costituito da blocchi di pietra coronati dal ballatoio, con sull'architrave una scritta che ricorda la ristrutturazione del 1595 ad opera dei deputati e giurati forzesi:

FU : REDIFICATO IN
LI: 1595;PER Pho(Filippo) DI OLIVERI: SI
MONI RANERI: BERNARDO CRISAFULLI:IU
RATI: DNCO (Domenico) DI MASCALI:
DNCO GARUFI: LIXAND
RO MANO: ET MATHEO PAGANO DEPUTATI

Tra le cinta sorgono le feritoie, gli alloggiamenti per i soldati ed i resti della chiesa del Crocifisso, dalla quale svetta la torre campanaria. In uno spazio sopraelevato, vicino la chiesa, con una forma simile ad una grotta, sorge la polveriera.

Una tradizione popolare asserisce che nel castello sia stata realizzata una fitta rete di passaggi segreti che potrebbero trovare conferma nelle numerose grotte presenti ai fianchi della rupe ed un tempo usate come rifugio dagli eremiti. 

Nel 1876 il castello perse i suoi connotati di fortezza poer essere adibito a cimitero. Infatti in questo luogo, le tombe, disposte in modo casuale, rendono l'ambiente surreale. A poca distanza dal Castello, si erge la guardiola, che svetta con la sua sagoma su un promontorio da cui lo sguardo può spaziare illimitato tra le bellezze paesaggistiche naturali, dal centro storico al mar Ionio, dall'Etna a tutta la vallata d'Agrò.

Arco Durazzesco

Secondo lo storico dell'arte Stefano Bottari, questo antico monumento risale al XV secolo. L'arco é situato nella zona Est del paese, in luogo sopraelevato, ed é raggiungibile dalla Piazza Cammareri grazie ad una scalinata semicircolare, in pietra arenaria, dal pittoresco aspetto scenografico.

L’antico Portone Durazzesco, immette nel "Largo della Triade" e dell’ex-Convento Agostiniano, piazzetta adornata da piante di palma da cui é possibile ammirare il "vetusto" abitato della cittadina, tutta stretta attorno al "suo" castello quasi a cercare protezione. Da qui le case appaiono addossate l’una sull’altra e solo qualcuna mantiene il tetto di tegole.

Il materiale costruttivo del portone é quello classico di tante abitazioni forzesi; anche la strutturazione architettonica, a tre archi di cerchio a sesto ribassato, é piuttosto semplice; é manifesta comunque la ricerca di conferire un carattere all’edificio nell’utilizzazione di modanature sulla facciata, cioè rilievi in pietra arenaria rotondeggianti, nonché alcune "cuspidi" di malta nella zona soprastante l’arco.

La letteratura competente e le guide turistiche definiscono durazzesca questa grande porta, dal nome della città albanese di Durazzo, di cui si era insignorita la famiglia degli Angiò.

Ai piedi della caratteristica scalinata che conduce alla Chiesa della SS. Trinità, è un altro arco antico, semplice nella forma e nel solito materiale edilizio adoperato, costituito da conci di pietra e terra. Nella parte superiore della struttura si evidenziano forme, volute e disegni, abbozzati sull'intonaco e nascosti da un profumato gelsomino.

Fonte
https://it.wikipedia.org