Forza
d'Agrò fa parte
del comprensorio della Valle
d'Agrò e all'Unione
dei comuni delle Valli joniche dei Peloritani. Il primo insediamento
risale al X
secolo, con il nome di Vicum Agrillae, mentre l'attuale
denominazione risale al XIV
secolo.
Numerosi
ritrovamenti archeologici, effettuati negli anni scorsi, nei pressi del castello
della Forza testimoniano che il sito era frequentato sia in età
protostorica (dai Sicani e
dai Siculi)
che in epoche successive come il periodo greco-siceliota, ellenistico e
romano. Il sito di Forza d'Agrò sorgeva infatti sulla linea di confine tra
la sfera di giurisdizione della polis siceliota di Messana e
quella di Naxos.
Durante
l'epoca dell'Emirato
di Sicilia e per tutti i secoli XII e XIII,
il villaggio era ubicato in contrada Casale, nella parte occidentale
del monte Calvario. Distrutto da una frana, venne riedificato attorno al 1300 nel
sito ove oggi noi lo ammiriamo. Dell'antico centro abitato rimangono i resti
della chiesa di San
Michele Arcangelo, probabilmente di epoca
bizantina.
Nel 1116,
il villaggio era denominato Agrilla e il re
di Sicilia Ruggero
II Altavilla lo proclamò terra inalienabile donandolo all'abate
del monastero dei
Santi Pietro e Paolo d'Agrò che vi esercitò per secoli il mero
e misto imperio. L'amministrazione del villaggio era affidata ai Due
Giurati che duravano in carica un anno e venivano sorteggiati estraendo
i nomi da una lista di persone gradite all'abate.
Tra
le cariche esistenti all'epoca si ricordino: il Iudice, che
amministrava la giustizia nel villaggio, il capitano
giustiziere che amministrava l'ordine pubblico, il baglivo che
aveva poteri di polizia campestre ed infine la commissione dei Deputati che
aveva una miriade di poteri tra cui la manutenzione e la cura
del castello. Gli abitanti di Forza d'Agrò erano obbligati a
coltivare i campi dell'abate e a donare ai monaci del convento, nei giorni
di Natale e Pasqua due
galline e una capra.
Nel 1282,
durante la guerra
del Vespro, re Pietro
I di Sicilia ordinò ai forzesi di inviare trenta arcieri nella
vicina Taormina agli
ordini di Giovanni
Chelamidi. Nel 1302,
passa sotto la giurisdizione dello Strategoto
Messinese ed è inclusa nella comarca di Taormina.
Nel XV secolo,
Forza d'Agrò conosce un periodo di grande espansione edilizia, vengono
costruiti il duomo
della Santissima Annunziata e la chiesa della Triade.
Nel 1433 Forza
d'Agrò è citata in alcuni capitoli che la città di Messina presentava
al re di
Sicilia Alfonso
I per la provvigione dei frumenti. Nel 1468 venne
inglobata nella minuscola diocesi
Archimandritale di Savoca. Verso il 1595 il castello venne
restaurato ad opera dei deputati del paese. Nel 1540,
nel paese di Forza d'Agrò ci sono 302 case e vivono 1 138
abitanti.
Nei
primi mesi del 1649 il
paese venne danneggiato da un sisma che
provocò tra l'altro il crollo della quattrocentesca chiesa
Madre della Santissima Annunziata, la quale venne subito riedificata.
È nel 1654 che
il paese raggiunge il suo più alto picco demografico: contando 1 947
abitanti e 499 case.
In
occasione della rivolta
antispagnola di Messina del 1674-1678,
Forza d'Agrò rimase fedele al re Carlo
II e per questo, nel 1676,
venne occupata dai francesi che la privarono dei numerosi privilegi
attribuiti nel XII
secolo da Ruggero
II di Sicilia e la fecero passare sotto la dipendenza militare
di Savoca.
Domata la rivolta, nel 1678,
venne ripristinata la situazione politica antecedente al 1676.
Il terremoto
del 1693 cagionò danni in tutto il villaggio e lesionò la
chiesa madre che era stata appena riedificata. Tra il '600 ed il '700 Forza
d'Agrò conobbe un secondo periodo di sviluppo edilizio e demografico:
vennero, in questo periodo, edificati alcuni palazzi signorili appartenenti
alle famiglie più facoltose del paese. Sono tuttora visibili il Palazzo
Mauro, il Palazzo Miano, il Palazzo Garufi.
La Costituzione
siciliana del 1812 abolì il feudalesimo nel Regno
di Sicilia; nel 1817 il
comune di Forza d'Agrò fu inserito nel Circondario
di Savoca, facente parte del distretto
di Castroreale. Nel 1860,
con l'Unità
d'Italia, soppressi i distretti ed i circondari borbonici, la
municipalità forzese fu inserita nel mandamento di Santa
Teresa di Riva. Nel 1948 la
frazione rivierasca di Sant'Alessio si staccò dal comune di Forza d'Agrò
diventando comune autonomo col nome di Sant'Alessio
Siculo.
Nella
seconda metà del XX
secolo Forza d'Agrò ha scoperto le sue potenzialità
turistiche; è stata scelta come set di svariati film di successo, sono
stati edificati svariati alberghi e ristoranti ed è diventata una delle
mete turistiche più rinomate in Sicilia, essendo dotata di alcuni punti
panoramici di grande suggestione.
Visitare
il borgo

Sospeso
tra il mare e i monti Peloritani, che qui corrono vicinissimi alla costa,
Forza d'Agrò è un balcone naturale sullo Ionio. Dalle rovine del castello
normanno, a oltre quattrocento metri di quota, si apre un panorama
vastissimo che abbraccia l'Etna e lo Stretto di Messina, la Calabria e la
riviera ionica siciliana, dal vicino castello di Sant'Alessio, edificato
sullo sperone roccioso a picco sul mare che i greci chiamavano Argennon
Akron, a
Taormina.
Ci
troviamo nella cuspide nord-orientale della Sicilia, nella provincia di
Messina, dove i paesaggi marini si alternano suggestivamente ai paesaggi
montani. Nello spazio di pochi chilometri si passa dalle spiagge di
Letojanni e di Fondaco Parrino ai mille metri del santuario della Madonna
dell'Aiuto e di monte Scuderi, la montagna delle "travature"
(tesori nascosti), a ribadire i diversi volti di un'isola plurale.
Taormina
è a un passo, così come Letojanni e le fresche gole dell'Alcantara, ma
anche Savoca e Motta Camastra, i due paesi che insieme a Forza d'Agrò
colpirono l'immaginazione del regista Francis Ford Coppola, al punto che vi
girò alcune scene della saga de II padrino tra il 1972 e il 1990.
Oggi
Forza d'Agrò è il regno della quiete, anche se soprattutto d'estate
diventa meta di molti turisti in cerca di frescura e ristoro. Basta però
inoltrarsi per le viuzze strette e tortuose o salire le ripide scalinate che
formano la trama urbana del borgo, abitato da poco meno di mille abitanti,
per ritrovare un silenzio antico.
Non
sono pochi i nuovi residenti che hanno scelto di vivere qui per questo, tra
cui molti stranieri e alcuni architetti e musicisti in cerca di un luogo
dove trovare pace e bellezza.

Un
set ideale per filmare la Sicilia più autentica. La passeggiata nel centro
storico può cominciare dalla chiesa dell'Annunziata, davanti alla
quale in una scena de II padrino - Parte III Michael Corleone (Al Pacino) e
la moglie Kay (Diane Keaton) assistono a un matrimonio. Il luogo è meta di
un pellegrinaggio ininterrotto di cinefili e semplici turisti, e in paese le
immagini dei tre film sono dappertutto. La chiesa vanta un'imponente
facciata barocca e tre navate ricche di opere d'arte; domina la grande tela
dell'Annunciazione di Stefano Giordano (1565) dietro l'altare maggiore, che
necessiterebbe di un tempestivo restauro. Di grande pregio anche il coro
ligneo con scene della vita di Gesù e della Madonna e il monumentale
organo, affacciato sulla navata principale, mentre ripide scalette conducono
nella cripta.
Si
prosegue per via Annunziata, lungo la quale si aprono all'improvviso
dei sottopassaggi che sono finestre sulla costa ionica, riccamente ornata la
sera delle luci dei paesi rivieraschi: Sant'Alessio, Santa Teresa di Riva,
Furci e Roccalumera. E come camminare sospesi in aria. La sensazione si
acuisce una volta raggiunto il belvedere sulla valle d'Agrò e sui paesi
abbarbicati alle colline circostanti, come Savoca e Casalvecchio. Case
antiche, spesso ruderi, si alternano ad abitazioni restaurate di recente e a
palazzi nobiliari ormai abbandonati, mentre in alto torreggia su tutto
l'abitato e sul territorio circostante il castello normanno,
utilizzato per più un secolo come cimitero, del quale resta solo la doppia
cinta muraria.

Sulla
spianata sono ancora visibili i resti della chiesa del Santissimo
Crocifisso e gli alloggi dei soldati. Di grande suggestione
scenografica, all'ingresso del paese, la via Sant'Agostino, con i
suoi balconi straripanti di fiori; in fondo si trova la scalinata
semicircolare su cui si staglia il bellissimo Arco Durazzesco di
matrice catalana, che introduce al sagrato della chiesa della Triade o
della Santissima Trinità, a navata unica. Prima che venissero trafugate
conservava due opere straordinarie, entrambe riconducibili ad Antonello da
Messina o alla sua bottega: un gonfalone ligneo, rubato nel 1972, e
l'Apparizione dei tre angeli ad Àbramo, sottratto quattro anni più tardi e
oggi sostituito da una copia. Annesso alla chiesa è il convento
agostiniano, realizzato nel '500, che ha tutto l'aspetto di una piccola
fortezza. Oltre al portico e alla cripta, con il suo altare sepolcrale e i
colatoi, a lasciare senza parole è un bellissimo mobile in sacrestia,
datato 1776. Durante il restauro del convento, accanto a questo è stato
rinvenuto un affresco di una Crocifissione di pregevole fattura.
Spingendosi
poco fuori dal paese si ammirano i tanti palmenti scavati nella pietra
arenaria, testimonianza dell'epoca in cui veniva prodotto uno dei vini
siciliani più famosi, il Mamertino. Del territorio di Forza d'Agrò fanno
parte anche le frazioni di Scifì e Fondaco Parrino. La prima è un pugno di
case sulla sponda destra del torrente Agro, proprio dirimpetto alla chiesa
dei Santi Pietro e Paolo. Negli anni 90 scavi archeologici hanno portato
alla luce i resti di quella che sembra una stazione di sosta di epoca
romana. Fondaco Parrino è invece una delle spiagge più frequentate della
riviera ionica messinese, al confine con Letojanni, il paese dove la
divina Creta Garbo trascorreva le sue vacanze estive. Anche lei ammaliata
dal fascino di una terra tra le più belle e autentiche di Sicilia.
Chiesa
della Santissima Annunziata
Edificata
agli inizi del Quattrocento e
distrutta da un terremoto nei
primi mesi del 1649,
la chiesa venne interamente ricostruita cambiandone l'orientamento, che
risulta essere trasversale al primitivo tempio del quale rimane l'antica
abside, oggi inglobata nell'edificio della canonica. La chiesa non ancora
completata venne nuovamente danneggiata dal terremoto
del 1693 che devastò il Val
di Noto. A causa di tale evento fu necessario rifare il tetto e la
facciata così come oggi li vediamo. Il nuovo tempio fu completato, grazie
alle elemosine del popolo, nel 1707 dai
maestri M. Antonino e S. Villarà.
L'esterno
della chiesa presenta una larga facciata con membrature di massi calcari
marmosi scolpiti, coronata da pennacchi e volute e, aperta da tre eleganti
portali quattrocenteschi che appartennero alla vecchia chiesa crollata nel
terremoto del 1649.
L'interno
è a base abbaziale, sul consueto schema a tre navate su colonne e pilastri,
il tetto è a capriate in legno. L'abside centrale è corredata da un coro
in noce del XVII
secolo intagliato, diviso in 24 stalli recanti in altrettanti
riquadri diverse scene inerenti alla vita della Vergine Maria e del Bambin
Gesù.
L'altare
maggiore è rialzato rispetto alla nave, ed è fiancheggiato da due
absidiole e da 10 cappelle collocate nelle rispettive navate laterali con
altrettanti altari intarsiati in marmo policromo e stucchi di delicata
fattura. Al suo interno è custodita inoltre una grande pala d'altare
raffigurante l'Annunciazione ed
eseguita nel 1565 dal
pittore messinese Stefano
Giordano. Un bel quadro del XVII
secolo di Giovanni
Simone Comandè raffigurante la Madonna
del Rosario tra i Santi Domenico e Caterina. Una tela
raffigurante la Sacra
Famiglia dipinta nel 1740 da Paolo
Filocamo ed infine un quadro del XVII
secolo dipinto da Placido
Celi, riproducente San Gaetano e la Vergine.
Tra
tutte le opere della spicca, infine, il trecentesco Crocifisso
dipinto su tavola ed attribuito a scuola siciliana con influssi di Giotto,
che rimase miracolosamente illeso dal crollo della chiesa nel terremoto
del 1649.
Il pavimento attuale venne realizzato nel 1905.
All'esterno
svetta il campanile del XVII
secolo che, danneggiato dal terremoto
del 1908, venne ristrutturato nel 1920.
La
chiesa è facilmente riconoscibile in vari film girati a Forza
d'Agrò; ricordiamo Il
padrino, Il
padrino - Parte II e Il
padrino - Parte III.
Chiesa
della Santissima Trinità

Chiesa
della Santissima Trinità: è detta anche di Sant'Agostino,
in quanto attigua all'antico convento Agostiniano.
Risale al XV
secolo e venne restaurata nel 1576.
È situata nella parte est del paese in una posizione sopraelevata rispetto
alla strada. Si accede tramite una scenografica scalinata che attraversa un
artistico arco detto Porta Durazzesca. La facciata della chiesa
presenta ancora la struttura quattrocentesca; pregevole è il campanile con
la caratteristica cuspide a forma di piramide.
L'interno
è a navata unica, il pavimento è a mattonelle di cotto esagonale.
Pregevole risulta il tetto ligneo a capriate, che, anticamente, era
riccamente affrescato. Le pareti sono bianche e prive di affreschi. Sono
visibili quattro altari, oltre al maggiore, di cui due lignei e dipinti con
colore blu oltremare. Degno di nota il bel pulpito ligneo settecentesco
aggettante dalla parete destra del tempio.
Tra
le opere pittoriche di pregio si ammirano: una Madonna col Bambino di
autore ignoto, un grande quadro che raffigura La Madonna che appare a
Sant'Agostino ed a Santa Monica, anch'esso di ignoto autore. Un altro quadro
raffigura La Morte di Sant'Alessio, dono delle sorelle Paguni. Di
particolare interesse è La Visita dei Tre Angeli ad Abramo, copia
fedele del XX
secolo di un antico quadro quattrocentesco, trafugato nel 1971.
L'originale quadro trafugato era stato attribuito al pittore Antonino
Giuffrè.
Convento
Agostiniano
Il
Convento Agostiniano venne edificato tra il 1559 ed
il 1591,
su iniziativa di Agostino Risini di Forza d'Agrò. Si trova
proprio accanto alla chiesa della Santissima
Trinità.
Appena
superato il pregevole arco d'ingresso, ci si imbatte nella Sala di
Santu Nicola, oggi adibita a Museo, che ospita, altresì, una cripta in
cui venivano seppelliti i monaci di minore importanza. Sempre dalla sala
di Santu Nicola, si accede alla cripta del convento, ove, invece, trovavano
sepoltura gli abati ed i monaci più importanti; sono ancora visibili i
sedili in pietra sui quali venivano seduti i cadaveri per la mummificazione.
Pregevole
è il chiostro,
caratterizzato da grossi pilastri quadrati, sormontati da archi a pieno
centro; in corrispondenza di ogni arco è presente una finestra, nei
sottoportici si possono ammirare le volte a crociera. Sempre al piano terra,
si trova la sagrestia della chiesa della S.S. Trinità, ove è visibile un
antico affresco del XV sec., scoperto, durante i recenti restauri, sotto 5
centimetri di intonaco.
Il
primo piano dell'edificio è caratterizzato dalla presenza delle celle dei
frati e di due grandi sale, una delle quali era adibita a refettorio. Una
lapide, presente dentro il convento, ricorda Agostino Risini, che lo
edificò, il nipote di questo, Agostino Cacopardo, che provvide a
restaurarlo e, infine, Giuseppe Lombardo, che il 26 aprile 1760,
nel convento celebrò il Capitolo.
Si
apprende altresì, che la chiesa della S.S. Trinità era di proprietà
dell'omonima confraternita; tuttavia monaci e confrati erano sottoposti
all'autorità dell'Archimandrita
di Messina, barone della
vicina Savoca.
Nel 1866,
il convento venne espropriato, ospitò fino a pochi decenni fa il municipio
di Forza d'Agò. Nel 2001 è
stato pregevolmente restaurato, ad oggi ospita conferenze ed eventi vari.
Chiesa di
San Francesco o di Santa Caterina
La
Chiesa di San Francesco o di Santa Caterina è ubicata nell'attuale piazza
Municipio. Venne edificata nel XV secolo ad opera dei Frati
Minori Francescani, che di fianco ad essa avevano il loro convento,
oggi destinato a civile abitazione. Ha una struttura ad unica navata,
piuttosto semplice, spicca, nella facciata, il bel portale decorato, in
pietra arenaria.
L'interno,
ad unica navata, è caratterizzato da uno stile semplice e dal alcuni
pregevoli altari. Pregevole la nicchia destinata ad ospitare la statua di Santa
Caterina, oggi conservata nel duomo
dell'Annunziata, realizzata nel 1682 per
iniziativa del notabile forzese Francesco Pacuni - Procuratore. Degna
di nota la lapide che ricorda il nobile forzese Giuseppe Antonio Miano (1721-1757),
morto prematuramente. L'edificio sacro è stato restaurato nel 1991.

Chiesa
di Sant'Antonio Abate
La
Chiesa di Sant'Antonio Abate risale alla fine del XVI
secolo. È ubicata nell'omonimo quartiere ed è sopraelevata rispetto
al piano strada. La facciata presenta una struttura semplice, irrobustita ai
lati con lesene, sulla sommità della quale si erge la piccola e semplice
torre campanaria; pregevole è il portale architravato in pietra arenaria
con fantasiosi motivi in rilievo.
L'interno,
ad unica navata, è particolarmente semplice e luminoso, è dotato di sette
altari, tre sul lato destro e tre sul sinistro, più l'altare maggiore. La
chiesa venne chiusa al culto verso il 1950,
verso il 1970,
una tempesta di vento fece crollare il tetto. Nel 1999 è
stata restaurata e si è proceduto al rifacimento del tetto, sì da renderla
fruibile.
Chiesa
di San Sebastiano
La
Chiesa di San Sebastiano è di antica origine, risale forse al XIV
secolo, si trova nel quartiere di Magghia. Venne presumibilmente
edificata in occasione di una delle tante pestilenze che
colpirono il territorio tra il XII ed
il XVI secolo.
Oggi
purtroppo è allo stato di rudere. È ancora in piedi parte dell'abside ove
è visibile un affresco raffigurante Dio Onnipotente, totalmente
deteriorato; pregevoli risultano le testate angolari dell'edificio, in
pietra arenaria.
Scomparsi
risultano il tetto ed il pavimento; è semplicemente visibile una botola che
conduce ad una cripta che
ospitava le sepolture degli abitanti del quartiere. Il 14 febbraio 2024 un
imponente crollo ha interessato la chiesa della quale ormai è rimasto solo
l'abside.

Chiesa
di San Michele Arcangelo
La
Chiesa di San Michele Arcangelo si presenta allo stato di rudere; è ubicata
fuori dal centro abitato, in contrada Casale, proprio nel sito in cui
sorgeva il vecchio abitato di Forza d'Agrò, distrutto da una frana verso il 1300.
Probabilmente era la chiesa del vecchio centro abitato. Ha origini remote,
anteriori all'anno 1000,
presenta un'architettura
paleocristiana-bizantina.
Dell'edificio
rimangono solo le mura perimetrali e i resti dell'abside,
è costruita con materiali molto poveri. Il tetto, doveva essere a doppia
falda, con travi in legno visibili, ma di questo non vi sono più tracce,
come anche per gli intonaci. Nei pressi della chiesa si notano alcuni miseri
ruderi, secondo la tradizione popolare, sono i resti di un antichissimo
convento, forse Basiliano.
Secondo un'antica leggenda, la chiesa conteneva una statua di San
Michele Arcangelo, che, verso il XV sec., venne rubata ai forzesi
dagli abitanti di Savoca.
Architetture
civili
Palazzo
Mauro: antico caseggiato, residenza principale dei Marchesi Mauro,
risale anch'esso al XVII
secolo. Degne di nota sono le finestre architravate del piano
superiore; al piano terra si eleva un robusto porticato, con due grandi
arcate ad angolo, provvisto superiormente di terrazza. Abitato fino alla
fine del XIX secolo, divenne, in seguito, magazzino di mezzi agricoli e
stalla. Interessato da uno smottamento, nell'inverno 1995/96,
crollò parzialmente.
Palazzo
Miano: l'antico edificio signorile, in stile spagnoleggiante, sorge sul
corso principale del paese. Edificato verso l'inizio del XVII
secolo, presenta una facciata semplice, arricchita, però, da un
ampio balcone sostenuto da quattro grandi ed eleganti mensole, in pietra
arenaria, sulle quali sono riprodotti motivi floreali e geometrici.
Molto
bello risulta anche il grande portale d'ingresso, costruito con blocchi di
pietra arenaria sovrapposti, anche qui sono riproposti i motivi geometrici e
floreali visibili nelle mensole. Degne di nota, altresì, le grandi
finestre, chiuse da pregevoli inferriate lavorate, che danno all'edificio
una certa magnificenza. Il palazzo venne costruito alla nobile famiglia
locale dei Miano ai primi del Seicento; verso il XIX
secolo divenne residenza dei Marchesi Mauro, sempre nel XIX sec.
ospitò gli uffici della sotto
pretura.
Palazzo
Garufi: era la residenza della famiglia più facoltosa del paese, i
Garufi. Presenta una grande mole con pregevoli balconi e portali. Venne
edificato nel XVII
secolo e subì un restauro nel 1771.
Al piano terra ospitava i magazzini per la conservazione del vino, dell'olio
e di tutti i prodotti provenienti dal feudo dei Garufi. Il piano superiore,
adibito ad abitazione, è caratterizzato per la presenza di pregevoli
dipinti e affreschi di grande valore che adornano le pareti e l'artistico
soffitto. Il pregevole edificio è stato acquistato dalla famiglia
Schipilliti nel XX secolo.
Palazzo
Bondì: ubicato in via Portello, è caratterizzato da un balconcino
sorretto da quattro mensole finemente lavorate e delimitato da un'elegante
ringhiera bombata in ferro battuto; sempre al piano nobile, pregevoli
risultano le finestre architravate. Al piano terra sono visibili alcuni
ingressi, tra i quali spicca l'arco del portone principale in arenaria. Il
manufatto, edificato nel 1600 dalla facoltosa famiglia Bondì, presenta,
anch'esso, uno stile spagnoleggiante.
Castello
Argano
Il
paesaggio dell'Italia meridionale Normanna fu caratterizzato dalla presenza
di un numero elevato di castelli. Si trattava di vecchie fortificazioni che
i Normanni avevano conquistato e reso funzionali. Anche il castello di Forza
d'Agrò, chiamato castello Argano, appartiene al periodo Normanno.
Simbolo
della cittadina forzese, si attribuisce la sua costruzione al
conte Ruggero il Normanno, tra XI e il XII secolo, che gli diede il
nome di Fortilicium D'Agrò. Si deve infatti, a questo
appellativo, il nome del nostro incantevole paese. Sono trascorsi tantissimi
anni da quando il conte Ruggero lo edificò, ma il castello, maestoso,
dall'alto della sua rupe a 450 metri sul livello del mare sembra voler
ancora proteggerre il paese, quasi a sfidare i secoli, le intemperie e gli
eventi.
L'attribuzione
di castello risulterebbe non veritiero, se si considera che era una fortezza
e che non è mai stata residenza di famiglie nobili; infatti era un luogo di
difesa e di rifugio. In uno dei terrazzamenti poggiavano gli
alloggiamenti, una torre e la Chiesa del SS. Crocifisso, che dopo
l'occupazione degli inglesi del 1810 fu abbandonata e di conseguenza
crollò.
Una
leggenda narra che il Crocifisso rimase illeso al crollo, considerato
miracoloso, fu trasferito nella cattedrale per essere meglio venerato.
Nell'imbrunire della sera, quando le luci del sole al tramonto diventano
soffuse, i ricordi del passato prendono il sopravvento e la fortezza sembra
rivivere le gesta del passato.
L'ingresso
del castello è costituito da blocchi di pietra coronati dal ballatoio, con
sull'architrave una scritta che ricorda la ristrutturazione del 1595 ad
opera dei deputati e giurati forzesi:
FU
: REDIFICATO IN
LI: 1595;PER Pho(Filippo) DI OLIVERI: SI
MONI RANERI: BERNARDO CRISAFULLI:IU
RATI: DNCO (Domenico) DI MASCALI:
DNCO GARUFI: LIXAND
RO MANO: ET MATHEO PAGANO DEPUTATI
Tra
le cinta sorgono le feritoie, gli alloggiamenti per i soldati ed i resti
della chiesa del Crocifisso, dalla quale svetta la torre campanaria. In uno
spazio sopraelevato, vicino la chiesa, con una forma simile ad una grotta,
sorge la polveriera.
Una
tradizione popolare asserisce che nel castello sia stata realizzata una
fitta rete di passaggi segreti che potrebbero trovare conferma nelle
numerose grotte presenti ai fianchi della rupe ed un tempo usate come
rifugio dagli eremiti.
Nel
1876 il castello perse i suoi connotati di fortezza poer essere adibito a
cimitero. Infatti in questo luogo, le tombe, disposte in modo casuale,
rendono l'ambiente surreale. A poca distanza dal Castello, si erge
la guardiola, che svetta con la sua sagoma su un promontorio da cui lo
sguardo può spaziare illimitato tra le bellezze paesaggistiche naturali,
dal centro storico al mar Ionio, dall'Etna a tutta la vallata d'Agrò.
Arco
Durazzesco
Secondo
lo storico dell'arte Stefano
Bottari, questo antico monumento risale al XV
secolo. L'arco
é situato nella zona Est del paese, in luogo sopraelevato, ed é
raggiungibile dalla Piazza Cammareri grazie ad una scalinata semicircolare,
in pietra arenaria, dal pittoresco aspetto scenografico.
L’antico
Portone Durazzesco, immette nel "Largo della Triade" e
dell’ex-Convento Agostiniano, piazzetta adornata da piante di palma da cui
é possibile ammirare il "vetusto" abitato della cittadina,
tutta stretta attorno al "suo" castello quasi a cercare
protezione. Da qui le case appaiono addossate l’una sull’altra e solo
qualcuna mantiene il tetto di tegole.
Il
materiale costruttivo del portone é quello classico di tante abitazioni
forzesi; anche la strutturazione architettonica, a tre archi di cerchio a
sesto ribassato, é piuttosto semplice; é manifesta comunque la ricerca di
conferire un carattere all’edificio nell’utilizzazione di modanature
sulla facciata, cioè rilievi in pietra arenaria rotondeggianti, nonché
alcune "cuspidi" di malta nella zona soprastante l’arco.
La
letteratura competente e le guide turistiche
definiscono durazzesca questa grande porta, dal nome della città
albanese di Durazzo, di cui si era insignorita la famiglia degli Angiò.
Ai
piedi della caratteristica scalinata che conduce alla Chiesa della SS.
Trinità, è un altro arco
antico, semplice nella forma e nel solito materiale edilizio
adoperato, costituito da conci di pietra e terra. Nella parte superiore
della struttura si evidenziano forme, volute e disegni, abbozzati
sull'intonaco e nascosti da un profumato gelsomino.

- Fonte
- https://it.wikipedia.org
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