“Mons
albus”(monte bianco): così venne definito Montalbano Elicona dai latini.
Il borgo, che si aggiudicò nel 2015 il primato tra i borghi più belli
d’Italia, è sormontato da un’altura sulla quale si erge imponente
l’antico castello, icona della cittadina. Dolcemente incastonato sui monti
Nebrodi, vi permetterà di estasiarvi con le immagini fiabesche di pascoli,
boschi e altipiani, il tutto immersi in un’aria vivamente medievale che
ancora impregna ogni singolo angolo della borgata.
Montalbano
Elicona è una città montana evidentemente medievale. Le sue strade e i
viottoli sono stati costruiti in maniera tale da adattarsi alla
conformazione del promontorio roccioso su cui è sorta. Una sfilza di
piccole case di pietra arenaria affastellate le une sulle altre offre senza
dubbio uno scenario che avvince e seduce; tutte le abitazioni e i sentieri
sono costruiti su un percorso in salita che porta dritto all’altura dove
è sito il castello, alle pendici del quale l’intero sobborgo prende vita.
Il
Duomo
è
la Chiesa madre del borgo, dedicata al patrono del paese, ovvero San Nicola.
Difatti il nome completo sarebbe Basilica di Santa Maria Assunta e San Nicolò
Vescovo. Risalente al XII secolo, fu adibita al culto da Federico II e
godette dell’aggiunta del campanile solo in seguito, nel 1645. Negli anni
‘90 venne consacrata in onore della Vergine Assunta (da qui il primo nome)
e elevata al titolo di Basilica minore da Papa Giovanni Paolo II. Di
meritata attenzione è il dipinto raffigurante l’Ultima Cena.
Il
castello si erge maestoso su un’altura al centro del borgo. Venne
edificato, così come oggi lo vediamo, nel 1300 circa, a 900 metri di
altezza, con scopi puramente difensivo-militari e rientra all’interno del
progetto di Federico II di dare alla Sicilia dei punti di difesa del
territorio circostante. Il castello di Montalbano, infatti, dominava
sull’intera vallata. Negli oltre otto secoli di storia il castello si è
visto dimora di sovrani normanni, aragonesi e spagnoli.
Percorrendo
con attenzione le contrade del borgo, è possibile notare alcune costruzioni
piccole e semplici simili ad igloo e caratterizzati dalla presenza di muri a
secco, cupola e nicchie. Questi edifici circolari, un tempo adibiti al
ristoro dei pastori, prendono il nome di “tholos” (dal greco
“cupola”) in quanto costituite da un ambiente unico concluso a cupola.
Di origine sicuramente antichissime, si pensa possano essere state anche
delle costruzioni di tipo funebre.
Altopiano
dell'Argimusco
L'area
dell'Argimusco si estende su un vasto altipiano compreso tra i 1165 ed i
1230 metri s.l.m., proprio al centro del territorio abacenino, laddove
l'asprezza dei Peloritani lascia spazio alla dolcezza del Nebrodi.
Ci
troviamo nell'antica Val Demona, in provincia di Messina. Situate nei pressi
del borgo di Montalbano Elicona e della Riserva Naturale del Bosco di
Malabotta, le Rocche dell’Argimusco rappresentano uno dei più
interessanti complessi rupestri dell’intera Italia meridionale.
L'altopiano
è molto panoramico in quanto si possono ammirare da vicino l'Etna,
le isole
Eolie, le curiose montagne Rocca
Salvatesta e Montagna
di Vernà, capo Tindari,
capo Calavà e capo Milazzo.
Esso è parte della Riserva
naturale orientata Bosco di Malabotta.
In
questo sito naturalistico regnano incontrastate pietre millenarie avvolte da
un silenzio che è spezzato solo dai suoni degli armenti e dall’ululato
del vento.
Ed
è proprio l’azione degli agenti atmosferici, principalmente il vento e
l’acqua, che ha modellato le enormi rocce, creando pietre dalle
particolari figure antropomorfe e zoomorfe.
In
seguito l’uomo scoprì questo luogo senza tempo, iniziando a frequentarlo,
a contemplarlo ed a utilizzarlo. Tra gli svariati motivi di utilizzo uno tra
tutti acquisì ben presto primaria importanza: l’osservazione del cielo.
Così
le grandi rocce e l’intero paesaggio furono scelti per praticare
l’astronomia, per decifrare i movimenti degli astri, giungendo a scoprire
l’alternarsi delle stagioni e fissare le basi per un pratico e utile
calendario. Ciò è accaduto migliaia di anni fa in diversi luoghi della
Terra.
E
sembra che ciò avvenisse proprio all’Argimusco, un pianoro dove si
svolgevano riti sacri, dove la terra si unisce al cielo formando il
paesaggio sacro per eccellenza.
Questo
luogo atavico ben presto diventò un osservatorio astronomico naturale, e
molte delle pietre in esso presenti furono lavorate per fini precisi. Questo
sito naturalistico ed archeologico da molti è stato già definito come la
‘Stonehenge siciliana’, ma questa dicitura è errata, in quanto
all'Argimusco non si trovano megaliti ma pietre naturali, alcune delle quali
lavorate.
Se
si volesse fare un parallelismo sarebbe quindi più corretto parlare di
'Marcahuasi siciliana'.
Un luogo veramente magico, unico, dove gli amanti della natura potranno
dedicare ben più che una visita, ma una giornata intera. Io stesso mi sono
ripromesso di tornarci, con un clima più mite, per poter camminare lungo
tutto il percorso di Trekking di quasi 3 km.
Tra questi
monoliti i più singolari sono sicuramente il Sacerdote, la Grande Rupe dai
profili umani. L’Aquila e il Mammut, e il Menhir della Virilità;
quest’ultimo trattasi di due menhir che raffigurano le forme genitali
maschili e femminili.
Ma quello che mi ha più colpito di più, è la faccia di un essere umano
frontalmente, che si nota da tutte le direzioni, imperdibile.
Argimusco
Megaliti - Unico esempio di sito megalitico in Sicilia, l’Argimusco evoca
quindi, epoche remote nelle quali luoghi alti e ben orientati si prestavano
all’osservazione del cielo. Luoghi fonte di ispirazione mistico-rituale.
Questi megaliti quindi si osservano secondo un itinerario tracciato
sull’altopiano. Tra questi citiamo solo i più caratteristici, quelli
dalle forme più bizzarre.
-
Menhir della Virilità due monoliti che evocherebbero un
legame simbolico con la fertilità e la nascita. Il Mammut per
la forma evocante il preistorico pachiderma. Fra i suoi anfratti crescono
bellissimi esemplari di Agrifoglio.
-
L’Aquila uno dei più suggestivi di tutti i megaliti perché
richiama allo sguardo e alla mente il nobile rapace. Nelle antiche credenze,
oltre ad essere simbolo reale, compariva rappresentato con funzioni di
animale psicopompo. Termine che significa “scorta alle anime dei defunti
nel loro viaggio verso l’aldilà”.
-
Il volto il megalite che più mi ha colpito. Questa non è
l’unica roccia a ricondurre a profili umani, ma si fa notare per la grande
verosimiglianza.
E ancora:
la Grande Rupe, un altro imponente megalite che sembra
delineare un gigantesco volto. La roccia detta il
Santuario, che presenta frontalmente strane incisioni parallele che
sembrerebbero destinate alla raccolta dell’acqua piovana. Acqua che poi
sarebbe convogliata in alcune concavità scavate nella roccia.
Un altro
megalite assolutamente fantastico è quello denominato dell’Orante.
Si tratta di un verosimile profilo di donna in atteggiamento di preghiera,
delineato nella sagoma della roccia. L’effetto ottico crea la sagoma di
una figura a mani giunte che sembra pregare. L’effetto di questa figura
sarà molto ben visibile al tramonto, quando il sole sarà dietro la roccia.
il megalite
del Teatraedro, una roccia orientata verso nord
considerata con buona probabilità opera dell’uomo. E le Rocche
Incavalcate che sembrerebbero ciò che resta di alcuni dolmen
crollati.
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