Palermo

 

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La lunga storia della città e il succedersi di numerose civiltà e popoli le hanno regalato un notevole patrimonio artistico e architettonico. Il sito seriale Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, di cui fanno parte più beni monumentali situati in città, nel 2015 è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Numerosi edifici, tra chiese e palazzi, sono riconosciuti monumenti nazionali italiani.  

La città di Palermo ha cambiato spesso nome nel corso delle epoche:

Zyz (che in fenicio significa il fiore): il nome non è accertato, ma molte monete provenienti da Palermo di periodo punico portavano la dicitura Zyz e visto che Palermo era una delle tre città puniche della Sicilia molto probabilmente aveva una propria zecca. Il nome sembrerebbe derivare dalla conformazione della città che tagliata da due fiumi ricordava il profilo di un fiore.

Panormos (dal Greco tutto-porto): i Greci chiamavano Palermo così perché i due fiumi che la circondavano (il Kemonia e il Papireto) creavano un enorme approdo naturale. Questo nome andò diffondendosi grazie al rafforzamento dell'influenza greca sull'isola.

Panormus: i Romani mantennero, con una lieve modifica di pronuncia, la denominazione greca con la quale avevano conosciuto la città.

Balarm: il nome arabo della città è un semplice cambiamento di pronuncia del nome precedente.

Balermus: evoluzione del precedente nome sotto il periodo normanno.

Palermo: il nome definitivo della città che viene acquisito in età moderna.

La presenza umana a Palermo è attestata sin dall'epoca preistorica come una delle più antiche di tutta la Sicilia, con interessanti graffiti e pitture rupestri, ritrovati nelle grotte dell'Addaura nel 1953 dall'archeologa Jole Bovio Marconi: figure danzanti in un rito magico propiziatorio, forse “sciamani” di un popolo che abitò l'isola.  

Palermo fu fondata dai Fenici con il nome Zyz. Fino a quel momento l'area era stata un emporio commerciale e base d'appoggio per la Sicilia nord-occidentale. Zyz: il nome non è ancora accertato, ma molte monete provenienti da Palermo di periodo punico portavano la dicitura Zyz e visto che Palermo era una delle tre città puniche della Sicilia molto probabilmente aveva una propria zecca. Il nome sembrerebbe derivare dalla conformazione della città che tagliata da due fiumi ricordava il profilo di un fiore.

Acquisita una certa importanza commerciale grazie alla sua posizione ma soprattutto ai due fiumi (il Kemonia ed il Papireto), si trovò a combattere in diverse occasioni contro i Greci di Sicilia, in quanto rappresentava un'importante alleata di Cartagine nelle guerre greco-puniche.

Panormos, così i Greci chiamavano Palermo, così perché i due fiumi che la circondavano (il Kemonia e il Papireto) creavano un enorme approdo naturale. Questo nome andò diffondendosi grazie al rafforzamento dell'influenza greca sull'isola.  

La città rimase sotto il controllo fenicio fino alla Prima guerra punica (264-241 a.C.), a seguito della quale la Sicilia venne conquistata dai Romani. In particolare Palermo fu al centro di uno dei principali scontri fra Cartaginesi e Romani, finché nel 254 a.C. la flotta romana assediò la città, costringendola alla resa e rendendo schiava la popolazione che venne costretta al tributo di guerra per riscattare la libertà. Asdrubale tentò di recuperare la città ma venne sconfitto da Metello, il console romano. 

Un ennesimo tentativo per recuperarla venne fatto da Amilcare nel 247 a.C. che col suo esercito si insediò alle pendici del Monte Pellegrino (all'epoca chiamato Erecta) tentando in più occasioni di riprenderne il comando, ma la città era ormai fedele a Roma dalla quale aveva ottenuto il titolo di Pretura, l'Aquila d'oro e il diritto di battere moneta, restando una delle cinque città libere dell'isola; per questo motivo i cartaginesi rimasti dovettero abbandonare definitivamente il territorio palermitano.

Il periodo romano è stato di tranquillità e la città faceva parte della provincia di Siracusa; con la successiva divisione dell'Impero la Sicilia, e con essa Palermo, furono attribuite all'Impero Romano d'Occidente.  

Testimonianza dell'agiatezza e dello splendore della romana “Panormus” sono edifici dell'epoca della zona di Piazza Vittoria fra cui il teatro esistente fino al tempo dei Normanni e mosaici scoperti nel 1868 in Piazza della Vittoria. In epoca imperiale fu colonia romana, come ci narra Strabone, ed era ancora il granaio di Roma, ma risentì della decadenza dopo Vespasiano, subendo le invasioni barbariche dal 445, con Genserico, re dei Vandali che mise a ferro e fuoco la città, fino al dominio di Odoacre, Teodorico capo degli Ostrogoti.

Nel 535 Belisario espugnò con la sua flotta navale Palermo, sottraendola agli Ostrogoti; iniziava così il periodo bizantino che si protrasse fino all'830 quando gli Arabi, sbarcati a Marsala quattro anni prima, ne fecero la capitale del loro regno in Sicilia.  

Nel IX secolo i musulmani dal Nordafrica invasero la Sicilia, iniziarono la conquista dell'isola nell'827, conquistarono Palermo nell'831 e l'intera isola nel 965. E furono proprio i governatori musulmani a spostare la capitale della Sicilia a Palermo, città nella quale è rimasta da allora. La città a quel punto dovette essere dotata di tutte le strutture burocratiche e quelle destinate ai servizi che spettavano ad una capitale. Nel periodo musulmano Palermo divenne una città importante nei commerci e nella cultura, secondo il geografo e viaggiatore Ibn Hawqal la città era famosa perché al suo interno erano presenti più di 300 moschee; era conosciuta in tutto il mondo arabo. Fu un periodo di prosperità e tolleranza: i cristiani e gli ebrei vivevano in armonia con i musulmani.

Gli anni della dominazione araba sancirono la definitiva ascesa della città e la sua superiorità sugli altri centri della Sicilia. Sede di un potente emirato che, grazie alla capacità amministrativa dei Kaglebiti divenne una terra ricca e florida dai costumi tipicamente musulmani con influenze nella lingua e nella toponomastica, nelle culture e nelle costruzioni architettoniche. Le tracce di essa sopravvivono anche nei monumenti che costituiscono il centro della città antica.

Il monaco Teodosio che ci ha fornito queste notizie sosteneva anche che circa trecento moschee si ergevano nel territorio palermitano e l'istruzione era affidata a trecento maestri per una popolazione di oltre trecentomila persone.

Divisa la Sicilia in tre valli (Val di MazaraVal DemoneVal di Noto), il territorio veniva controllato con una specie di signorie affidate ai “Kaid”. Gli Arabi dapprima perseguitarono i Cristiani, ma poi lasciarono libertà di culto facendo loro pagare la "gìzia”, un tributo annuo per mantenere fiorenti i commerci grazie alla pacificazione.

La potenza musulmana fu però corrosa dalle lotte intestine all'emirato che aprirono la via della Sicilia allo straniero finché nel 1072, dopo quattro anni d'assedio, il conte Roberto il Guiscardo ed il conte Ruggero d'Altavilla, entrambi normanni, espugnavano la città di Palermo.

Di rilievo i lavori per migliorare la rete idrica cittadina, con la creazione di svariati Qanat, canali sotterranei che attraversavano tutta la città ma che sono stati ritrovati anche nella Conca d'Oro e nella zona di Partanna Mondello, molto distante rispetto al centro abitato arabo.

Gli arabi iniziarono anche un'imponente opera di sfruttamento agricolo del territorio palermitano, attraverso la costruzione di opere architettoniche migliorarono e riqualificarono ampi terreni rendendoli coltivabili, in particolare si occuparono della coltura di agrumi, del papiro, e del cotone.

Forte sviluppo acquisterà la città anche dal punto di vista commerciale, divenendo meta fissa dei principali traffici merci del mediterraneo, per questo motivo verrà anche potenziato il porto cittadino.

I conquistatori musulmani trasformarono la città nella sede di un emirato e di conseguenza dotarono la città di molti nuovi edifici pubblici e difensivi. La paleopoli venne chiamata Halqah e al suo interno edificarono un nuovo e grandioso castello ed un'enorme moschea che poteva ospitare fino a 7.000 persone, la moschea risiedeva al posto dell'attuale cattedrale. La città venne suddivisa in cinque quartieri: il Kasr nella punta della Paleopolis; il quartiere della grande Moschea; la Kalsa (ossia Eletta) sede degli emiri nella riva del mare; la zona degli Schiavoni, attraversata dal fiume Papireto; e infine a ponente il Moascher, il quartiere dei soldati antica sede degli emiri. Il porto venne ingrandito ed ammodernato con la costruzione di nuovi magazzini e di un arsenale. Sorsero nuovi quartieri per far fronte ad un forte aumento demografico causato soprattutto da una forte immigrazione dal resto della sicilia e da tutto il Mediterraneo. I nuovi quartieri che sorsero furono quello degli Schiavoni a Nord, a Sud invece sorsero i quartieri dei Lattarini (zona ricca di botteghe) e della Moschita (abitato dagli ebrei), a Sud-Est sorse il quartiere Nuovo ed infine vicino al mare venne costruita la cittadella dell'emiro denominata Kalsa.

Nell'XI secolo nuove mura vennero costruite più esterne per abbracciare anche i nuovi quartieri periferici come il popoloso Rabad (o borgo). Sempre contemporaneo il primo nucleo del Castelloamare.  

Il periodo di massimo splendore di Palermo continuò con i Normanni (in particolare con Ruggero II e con lo svevo Federico II), i quali seppero raccogliere e utilizzare l'eredità culturale araba, greca e romana. Sotto il patrocinio di Federico II di Svevia Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, a Palermo, a partire dal terzo decennio del XIII secolo, si forma un ambiente di intensa attività culturale che va sotto il nome di Scuola siciliana (così definita da Dante nel suo “De vulgari Eloquentia”). Queste condizioni crearono i presupposti per il primo tentativo organizzato di una produzione poetica in un volgare romanzo, il siciliano. Alla morte di Federico II fa seguito un lungo periodo di instabilità culminata con la rivolta antifrancese del Vespro (1282). Palermo si separa da Napoli e offre la corona di Sicilia a Federico III d'Aragona.

Normanni ripristinarono il culto cristiano, dichiarando la città capitale dell'isola e nel 1130 Ruggero II d'Altavilla cingeva la corona di Re di Sicilia. Cominciava così un regno caratterizzato dalla convivenza di varie etnie e diverse fedi religiose, una specie di stato federale con un primo parlamento, creato nel 1129, e l'organizzazione del catasto secondo una moderna concezione. Gli edifici più importanti della città ancora oggi ne dimostrano la civiltà, come la chiesa della Martorana e la Cappella Palatina, e il geografo arabo Edrisi, nel libro dedicato a re Ruggero, ci ha lasciato la testimonianza di questo magnifico periodo di fasti e ricchezza.

Ai due Ruggero successero Guglielmo I (detto il Malo) e Guglielmo II (detto il Buono), i quali tentarono d'opporsi alle mire dell'imperatore Federico Barbarossa, deciso ad annientare il Regno dei Normanni in Sicilia.

Un matrimonio di stato fra Enrico VI, figlio dell'imperatore tedesco, e Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II, nel 1185, tentò un accordo pacifico, ma aprì solo la strada alla conquista Sveva e nel 1194 Palermo veniva conquistata dal sovrano tedesco. Aveva così inizio la nuova dinastia degli Svevi in Sicilia che con Federico II, figlio di Costanza I raggiunse il massimo dello splendore. Palermo, assieme a Castel del Monte in Puglia, divenne un centro in cui il sovrano amava passare lunghi periodi. 

A Palermo nacque la "Scuola poetica siciliana" con la prima poesia italiana; e politicamente il sovrano chiamato "Stupor mundi" (meraviglia del mondo) anticipò, come scrive Santi Correnti, "la figura del principe rinascimentale", anche con le cosiddette Costituzioni Melfitane (1231). Il suo regno fu tuttavia caratterizzato dalle lotte contro il Papato e i Comuni italiani, nelle quali riportò vittorie o cedette a compromessi, organizzando la quarta crociata e dotando l'isola e il meridione di castelli e fortificazioni. Volle essere sepolto nella cattedrale di Palermo, quando nel 1250 si concluse improvvisamente la sua vita, conseguentemente scatenando le lotte di successione in cui Manfredi, figlio naturale di Federico II, venne sconfitto a Benevento nel 1266 da Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia.

Carlo d'Angiò dava inizio alla dominazione angioina che sarebbe durata fino al 1282. Carlo e i suoi funzionari cercarono di sfruttare con tasse e tributi la Sicilia, mentre frattanto la capitale veniva spostata a Napoli. Il malcontento dei Siciliani culminò nella rivolta del Vespro, il 31 marzo 1282, quando dinanzi alla chiesa del Santo Spirito – si dice – esplose la reazione popolare in seguito all'offesa fatta da un certo Drouet ad una donna palermitana. Tale avvenimento fu l'occasione per cacciare gli odiati Angioini, mentre veniva inviato ad assumere la corona del Regno Pietro III d'Aragona. Cominciò una guerra che sarebbe durata novant'anni in tre fasi distinte concluse rispettivamente con la pace di Caltabellotta nel 1302, la pace di Catania nel 1347 ed infine con il Trattato di Avignone 1372.  

Palermo passò da un sovrano all'altro della dinastia aragonese: Giacomo IIFederico III di Aragona e l'isola fu lacerata dalle rivalità fra le famiglie nobili come i Ventimiglia, gli Alagona e i Chiaramonte, i quali si contendevano il potere nelle terre occidentali della Sicilia. Tracce artistiche del periodo aragonese troviamo in Palermo in alcuni palazzi sontuosi come lo Steri e Palazzo Sclafani di stile chiaramontano, mentre i commerci con la Repubblica di Genova e con la Spagna fiorirono con lo scambio di materie prime e prodotti artigianali.  

Nel 1494, alla morte di re Martino, la Sicilia venne annessa alla Spagna e Palermo diventava sede dei Viceré, i governatori a cui veniva affidato il potere nell'isola da condividere con i baroni. Furono espulsi gli ebrei, istituito il Sant'Uffizio, e crebbero i privilegi nobiliari. Tuttavia la città vide rilanciare l'attività artistica e la costruzione di sontuosi edifici pubblici come la chiesa di San Giuseppe, la chiesa di Santa Maria dello Spasimo e il nuovo assetto scenografico di Porta Nuova, pur frutto di pesanti tasse. Dopo Ferdinando d'Aragona la corona di Sicilia passò a Carlo V, della dinastia degli Asburgo, e, alla sua morte, al ramo principale degli Asburgo, quello di Spagna, con Filippo II suo figlio, che esercitò il potere da lontano mediante dei viceré, spalleggiati dalla nobiltà locale, poderosa e, non di rado, prepotente. La città s'arricchì però, ad uso soprattutto delle classi nobiliari, dell'apertura di via Maqueda, della scenografia dei Quattro Canti, con statue innalzate ai sovrani come quella a Carlo V in Piazza Bologni, di mura robuste e bastioni per la difesa del territorio.  

Coinvolta nelle guerre europee tra FranciaAustria e Spagna, nel 1713 col trattato di Utrecht la Sicilia passava a Vittorio Amedeo II di Savoia per breve tempo, finché dal 1734 ritornavano i Borbone con Carlo III che scelse Palermo per la sua incoronazione come re di Sicilia e re di Napoli. Sotto questo monarca la città vide crescere e sviluppare l'edilizia, l'industria, il commercio in modo fiorente.

A lui successe il figlio Ferdinando, non molto gradito dai palermitani, ma nel 1798 gli eventi della Rivoluzione francese costrinsero il sovrano a rifugiarsi a Palermo. Nel 1816 cancella il parlamento palermitano ed il Regno di Sicilia, dando vita all'originale Regno delle Due Sicilie.

Negli anni seguenti a causa di questo torto dal 1820 al 1848 la Sicilia venne coinvolta nei moti rivoluzionari che videro nel 12 gennaio del 1848 un'insurrezione popolare capeggiata da Giuseppe La Masa che proclamava la riapertura del soppresso parlamento e la monarchia costituzionale con comitati presieduti da Ruggero Settimo che fu il presidente del nuovo regno che durò sedici mesi. Ma i Borboni ripresero il potere bombardando le città siciliane (re Ferdinando IV fu detto perciò “Re Bomba”) che avrebbero mantenuto fino allo sbarco di Garibaldi.

Costui nel 1860, con la Spedizione dei Mille preparata dalla rivolta della Gancia del 4 aprile di Francesco Riso, entrava trionfante a Palermo da via porta Termini il 27 maggio, dopo aver assunto la dittatura dell'isola col proclama di Salemi, chiamato a liberare la Sicilia dai Borboni da Rosolino Pilo. Dopo le battaglie vittoriose nell'isola col prebiscito del 1860, la Sicilia sceglieva l'annessione all'Italia, che si sarebbe costituita in regno nel 1861.  

Nel 1866 si ha una rivolta a carattere anti-unitario, la cosiddetta rivolta del sette e mezzo, contro il nuovo Regno d'Italia da parte di ex garibaldini delusi, reduci dell'esercito meridionale, partigiani borbonici e repubblicani, con il conseguente bombardamento da parte della flotta, che distrusse non poche strutture architettoniche.

Dopo l'Unità d'Italia, il comune di Palermo intraprese la costruzione di alcune importanti opere architettoniche: il taglio di via Roma e la costruzione dei due teatri più rappresentativi della città, il Massimo e il Politeama e dal 1891 al 1892 ospitò la IV Esposizione Nazionale.

Nel primo ventennio del XX secolo Palermo attraversò un'epoca florida, con un breve ma intenso periodo liberty e, grazie ad un gruppo di imprenditori illuminati (Florio, Ingham, Withaker), Palermo visse una stagione di grande crescita economica e culturale. Successivamente, lo scoppio della Grande guerra prima e il fascismo dopo relegheranno la città ad un ruolo marginale nello scenario italiano.    

Palermo subì notevoli distruzioni a causa dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, sin dai primissimi giorni del conflitto, operati dall'aviazione francese e da quella inglese, prevalentemente su obiettivi militari. Con l'intervento degli Stati Unit, i bombardamenti si fecero disastrosi e indiscriminati in prossimità dello sbarco alleato, distruggendo interi quartieri, causando complessivamente oltre tremila morti e circa trentamila mutilati e feriti, in gran parte vecchi, donne e bambini, ed infliggendo gravissimi danni al patrimonio artistico della città. Per questo motivo fu concessa alla città la Medaglia d'oro al valor militare nel 1964. Fu poi occupata il 22 luglio 1943 dalle truppe alleate del generale statunitense George Smith Patton. Ciò provocò l'intensa rappresaglia aerea della Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe, che avevano per obiettivo anche i movimenti alleati nel porto di Palermo; l'ultimo bombardamento avvenne il 23 agosto. In quei mesi la città fu anche sede del governo militare alleato.  

Dopo la lotta separatista nel biennio 1944/45 del Movimento Indipendentista Siciliano, dal 1946 Palermo è stata proclamata capitale della Regione a Statuto speciale. La sede del Parlamento siciliano venne posta dal 1947 a Palazzo dei Normanni.

Ripresasi dalle distruzioni del secondo conflitto mondiale, Palermo è oggi - anche in virtù del ruolo di capitale della Regione autonoma della Sicilia - una città a forte prevalenza di attività terziaria e caratterizzata da una vivace vita culturale.

Oggi il capoluogo siciliano deve la sua rivitalizzazione economica - oltre alle citate attività del settore terziario - ad una buona ripresa del flusso turistico, favorito dal clima particolarmente mite di cui la città gode e dal ricco patrimonio artistico presente sul territorio. Ciò malgrado, la criminalità organizzata continua ad avere un forte impatto sulla città, che continua ad essere afflitta da seri problemi economici e sociali.

Palermo ha vissuto il peso del dominio mafioso per decenni, caratterizzati dalla speculazione edilizia, dal cosiddetto “Sacco di Palermo”. Nella lotta alla mafia nel secondo Novecento sono stati colpiti uomini dello Stato, come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo, e il presidente della Regione Piersanti Mattarella, esponenti della forze dell'ordine come il commissario Boris Giuliano e il capitano dei Carabineri Mario D'Aleo, i magistrati Giovanni FalconePaolo BorsellinoGaetano Costa e Rocco Chinnici, giornalisti come Mauro De Mauro e Mario Francese e anche il parroco del quartiere di Brancacciodon Pino Puglisi.

Oggi Palermo, che s'affaccia su uno dei più bei golfi del Mar Mediterraneo fra Monte Pellegrino e il Capo Zafferano, circondata da quello che resta della Conca d'Oro, conta 700.000 abitanti ed è una città desiderosa di riscatto e di ritrovare l'antico splendore. Essa è il centro degli affari e dei commerci più importanti non solo dell'isola, ma con l'Africa e gli altri Paesi che s'affacciano sul Mar Mediterraneo, sede di un'Università d'antiche tradizioni, aperta a molti studenti dei paesi islamici con i quali ha mantenuto antichi legami, forte delle sue origini. La sua espansione urbana è stata notevole, favorita nei collegamenti dall'autostrada che la unisce al resto dell'isola, dall'aeroporto Falcone-Borsellino e dalle linee marittime recentemente incrementate, aspirando ad essere il centro di collegamento fra il Nord Europa e il continente africano.

Palermo e la setta dei Beati Paoli

Le prime testimonianze scritte sull’esistenza della setta appaiono nei primi del ‘700. Da queste, una delle supposizioni più accreditata è che le origini storiche dei Beati Paoli stiano in un’altra associazione segreta, quella dei Vendicosi, attiva già nel XII secolo e formata da cittadini di ceto sociale basso che facevano giustizia, con lo scopo di difendere i palermitani dai soprusi dei nobili. 

Quanto alle origini etimologiche, invece, diverse sono le ipotesi, ma la più celebre vorrebbe il nome della setta derivi dalla devozione a San Francesco Di Paola e al fatto che i Beati Paoli si aggirassero per la città e per le chiese di Palermo, vestiti di un saio monacale. Nella notte invece, questi uomini giravano con il volto coperto da un cappuccio nero. Una delle fonti più attendibili, grazie alla quale oggi sappiamo qualcosa in più sui Beati Paoli, sta negli scritti del Marchese di Villabianca, che riportò i racconti della tradizione orale, a lui tramandati sin da bambino, nei suoi “Opuscoli Palermitani”. 

I tre Beati Paoli - Il Marchese, fu il primo a fare i nomi di almeno tre supposti Beati Paoli e a collocare storicamente l’operato della setta tra inizio del ‘600 e fine del ‘700. Villabianca la descrive come la setta degli scellerati, dispensatrice di giustizia sommaria ai danni dei potenti, che legittimava contro questi ultimi, delitti ed atroci torture al fine di proteggere il bene pubblico.

Del primo uomo, Giuseppe Amatore, si sa solo che era un fabbricante di fucili, detto “u Russu” e che fu impiccato a Palermo il 17 dicembre 1704, all’età di 27 anni. Il secondo uomo misterioso, Girolamo Ammirata, era un contabile di professione e fu impiccato al piano del Carmine nel 1723 per avere ucciso un uomo con un colpo di fucile.

Villabianca racconta che da bambino, ebbe l'occasione di incontrare il terzo uomo della setta. Era un famoso conducente di carrozze a cavalli di Palermo, Vito Vituzzu. Quest'uomo scampato alla morte, sciolta la setta, diventò il sacrestano della chiesa di San Matteo al Cassaro.

I luoghi nascosti dei Beati Paoli - Secondo il Marchese di Villabianca, i Beati Paoli erano soliti riunirsi nei vicoli sotterranei della città, dopo la mezzanotte, al lume di candele e incappucciati di nero. Questo luogo di ritrovo era un vero e proprio tribunale dove i membri della setta decidevano della vita o della morte dei loro rivali. La rete di vie e grotte sotterranee dove i Beati Paoli si riunivano, apparteneva ad un'antica necropoli punica che si pensa fosse localizzata sotto il mercato del Capo di Palermo.  

Questa rete di cunicoli era situata tra la Chiesa di Santa Maria di Gesù (conosciuta come Chiesa Santa Maruzza dei Canceddi) e la Grotta di Vicolo degli Orfani. La Santa Maruzza, che si trova nell'odierna Piazza dei Beati Paoli, ha una cripta sotterranea che si pensa fosse un ingresso alternativo al tribunale della setta. All'interno della cripta, un passaggio segreto portava al tribunale. 

L’ingresso originario, era da palazzo Baldi – Blandano, su quella che oggi è via Beati Paoli, dove sul muro è visibile una targa gialla con scritto “Antica sede dei Beati Paoli.” Oggi, al presunto luogo di aggregazione, si accede da una porticina che si apre nel Vicolo degli Orfani, una stradina dietro la chiesa.

Beati Paoli e Mafia: leggenda o realtà? - Gli scopi e il modo di operare della setta, hanno fatto sì che, nei primi del ‘900, si diffondesse la teoria di un legame tra Mafia e Beati Paoli. In particolare, quando il tenente di polizia di New York Giuseppe Petrosino, nemico della criminalità italiana trapiantata negli Stati Uniti, fu assassinato a Palermo in Piazza Marina il 12 marzo 1909, l'inchiesta rivelò che la mafia, facendo suo il mito dei Beati Paoli, aveva cominciato a tenere incontri segreti nello stesso sotterraneo della setta.

Settant'anni dopo Tommaso Buscetta, noto boss di Cosa Nostra, affermò: "La mafia [...] viene dal passato. Prima c'erano i Beati Paoli […]: abbiamo lo stesso giuramento, gli stessi doveri". Il pentito Totuccio Contorno invece, si faceva chiamare “Coriolano della Floresta”, come il protagonista del noto romanzo di Luigi Natoli “ i Beati Paoli”. Di fatto, però, secondo gli storici, il collegamento tra i due fenomeni non è mai stato provato. Infatti lo studioso palermitano Rosario La Duca afferma: “La mafia ha un’origine agraria connessa al disintegrarsi della struttura feudale dell’Isola, avvenuta all’inizio del XIX secolo quando ormai la setta dei Beati Paoli era da tempo scomparsa”.   

Il mistero irrisolto dei Beati Paoli - Ad oggi non abbiamo una risposta sicura perchè non ci sono fonti certe che attestino l'esistenza della setta. Tuttavia, data la notorietà della confraternita e le documentazioni esistenti al riguardo, non possiamo escludere che ci sia del vero dietro i racconti sulla sua esistenza.

Oltre al Marchese di Villabianca anche il famoso scrittore Luigi Natoli nel 1909, ha raccontato della setta nel suo romanzo a puntate “ I Beati Paoli”. La storia fu pubblicata sul Giornale di Sicilia in 239 puntate e divenne un patrimonio comune dei siciliani, poveri e borghesi. In particolare per gli abitanti del Capo, quartiere dove si pensa si riunisse la setta, il romanzo diventò quasi un testo sacro, letto in famiglia. Secondo lo storico De Luca, “ In Sicilia, i Beati Paoli è ancora oggi l’unico libro che molta gente del popolo abbia letto nel corso della sua vita”.

Leggenda o realtà, i Beati Paoli sono entrati anche nel linguaggio comune. Spesso a Palermo e dintorni, per dire che una persona è buona solo in apparenza ma pericolosa nei fatti, si usa il detto: “pari nu Biatu Paulu“ cioè “ sembri un Beato Paolo”!

Palermo arabo-normanna

Le residenze arabo-normanne, la cattedrale e altre chiese, insieme al duomo di Monreale e a quello di Cefalù, sono state inserite nella lista dei patrimoni dell'umanità dall'Unesco il 3 luglio del 2015 nel sito seriale "Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale".

I sette complessi monumentali palermitani che hanno tale riconoscimento sono:

- Il Palazzo dei Normanni con la Cappella Palatina

- La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti

- La Chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio o della Martorana

- La Chiesa di San Cataldo

- La Cattedrale

- La Zisa

- Il Ponte dell'Ammiraglio

La Regione ha chiesto che il sito possa ampliarsi ricomprendendo anche il Castello a Mare, la Cuba, la Cubula, il Castello di Maredolce con il Parco della Favara, la Chiesa di Santa Maria Maddalena e la Chiesa della Magione.

A questi si aggiungono altri complessi architettonici con caratteristiche e tracce arabo normanne, che tuttavia non rientrano formalmente nel sito seriale UNESCO, non rispondendo interamente ai suoi criteri: la Cuba Soprana, inglobata dalla settecentesca Villa di Napoli, la Cappella di S.Maria l’Incoronata, San Giovanni dei Lebbrosi, la Chiesa dei Vespri, la Chiesa di Santa Cristina la Vetere, il Palazzo dell'Uscibene, i Qanat e i Bagni di Cefalà Diana.

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Agosto 2018