Nel
1117 fu realizzato il primitivo santuario, sotterraneo, nel sito, noto come
chiesa di Santa Maria di Gerusalemme.
La
Palatina fu costruita a partire dal 1129 per
volere di re Ruggero
II di Sicilia, costruita in parrocchia dall'arcivescovo Pietro, elevata
a collegiata, consacrata il 28 aprile 1140 come
cappella privata della famiglia reale dall'arcivescovo Ruggero
Fesca alla presenza di numerosi prelati del Regno. I lavori
furono completati nel 1143 con
l'inaugurazione celebrata il 29 giugno e una elogiante omelia
dell'arcivescovo di Taormina Filagato
da Cerami. Un'iscrizione trilingue (latino, greco-bizantino e arabo)
sull'esterno della cappella commemora la costruzione di un horologium nel
1142.
Il
13 febbraio 1177 Guglielmo
II di Sicilia sposò qui Giovanna
d'Inghilterra, sorella del re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone.
Investita
di concessioni e privilegi, prerogative e possedimenti confermati e
integrati da Guglielmo
I, Guglielmo
II d'Altavilla, Enrico
VI, Federico II di Svevia, e ancora da Manfredi
di Sicilia, Carlo
d'Angiò, Federico
III d'Aragona, Martino
il Giovane, Alfonso
V d'Aragona.
In epoca
rinascimentale, proprio il Magnanimo con
privilegio concesso l'11 gennaio 1438 a Gaeta, ordina al del Real Patrimonio
di destinare ogni anno 20 onze per
la manutenzione ordinaria della Cappella.
Nell'anno 1458 re Giovanni
II d'Aragona commissiona lavori di restauri per la riparazione
del tetto. Grazie ai lavori svolti presso la corte aragonese a Napoli,
collaborazione per l'arco
trionfale del Maschio
Angioino, altre commissioni negli ambienti interni e in alcuni luoghi
di culto, dal 1460 al 1463 sono
documentate le prime attività lavorative di Domenico
Gagini a Palermo, opere consistenti nel recupero, ripristino e
manutenzione di mosaici, arabeschi e intarsi,
dei manufatti marmorei preesistenti, lavori sollecitati dal ciantro della
Cappella di San Pietro. L'attività dell'artista ticinese è
documentata per tre campagne annuali consecutive a partire dal 1460 - 1461, 1461 - 1462 fino
al 1462 - 1463,
che secondo le disposizioni del re, comportarono una retribuzione
complessiva di 60 onze per l'intero triennio.
Gli
interventi si ravvisano in particolar modo nella scena raffigurante la Risurrezione
di Tabita, tra le architetture dell'ambientazione si distingue una porzione
di edificio a pianta ottagonale, con grandi oculi sui
lati sfaccettati del tamburo,
copertura a cupola caratterizzata
da poderosi costoloni e
un accenno di lanternino sommitale.
Dettaglio identificabile con la Cupola
del Brunelleschi, nella fattispecie il particolare richiama con
l'impianto e la forma, quelli della cupola della cattedrale
di Santa Maria del Fiore di Firenze.
Omaggio sincero e riconoscente verso il maestro Filippo
Brunelleschi e testimonianza concreta dei trascorsi fiorentini,
ulteriore suggello alla cronaca fornita da Giorgio
Vasari.
Seguiranno
nel 1482 il
ripristino delle pitture. Nel 1506, regnante Ferdinando
d'Aragona il Cattolico, essendo cantore di Cappella
(ciantro) Giovanni Sanchez, furono realizzati i mosaici sulla parete
meridionale esterna e verosimilmente il rivestimento con marmo
cipollino della superficie inferiore.
Nel
1549 Tommaso
Fazello in Della storia di Sicilia deche due cita
spesso la descrizione della situazione disastrosa in cui versava l'intero
complesso del Castrum superius o Palatium novum al punto
che era possibile scorgere la Cappella Palatina attraverso le rovine. La
situazione migliorò quando i viceré
di Sicilia abbandonando il Palazzo
Chiaramonte-Steri o Hosterium Magnum, elessero a propria
residenza le strutture del Palazzo
dei Normanni operando una sequenza infinita di migliorie. I
rifacimenti interessarono anche la cappella, al punto che nel 1682 si
rese necessaria la ricostruzione di un arco rovinatosi assieme ad una
limitata superficie musiva.
Nel
1714, il neoinsediato re Vittorio
Amedeo II di Savoia dispone attraverso il tribunale del real
patrimonio l'incremento dei fondi destinati alla manutenzione del tempio,
aumento pari all'importo di 423 scudi.
Il re poi fece aumentare le tasse non avendo più monete.
Nel
1716 e 1753 i lavori di restauro proseguirono con il recupero, il
rifacimento e la realizzazione di nuovi mosaici, dell'altare maggiore, e
la realizzazione con posa della statua marmorea raffigurante San
Pietro, opera di Giovanni
Battista Ragusa. Mattia Morett i († 1779),
mosaicista attivo a Roma presso la Reverenda Fabbrica di San Pietro,
chiamato da Carlo
III nel 1753 durante il suo mandato di Re
di Sicilia, a recuperare la preziosa decorazione musiva coadiuvato
dal pittore Gaspare
Serenari con la collaborazione dei periti in pietre dure: il
romano Gaspare Nicoletti e del miniaturista fiorentino Gioacchino La Manna. Esternamente
fu realizzato un nuovo ciclo, allegoria del particolare momento storico,
improntato alle vicende di Davide e Assalonne,
caratterizzato dal medaglione in cui sono riprodotti i profili di Ferdinando
III e Maria
Carolina.
Per
questioni logistiche e di ricettività è luogo deputato ad ospitare eventi
minori, solo la cattedrale
metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta, per
volontà sancita da privilegio, era sede delle celebrazioni per le cerimonie
più importanti: incoronazioni e matrimoni fra reali. Tuttavia nel 1810 la
cappella fu teatro del battesimo del futuro sovrano Ferdinando
II delle Due Sicilie figlio di Francesco I e Maria
Isabella.
Fu
cornice del matrimonio di Maria
Cristina figlia di Ferdinando
III con Carlo
Felice di Savoia, conte di Ginevra e futuro Re
di Sardegna nel 1807; e dello sposalizio fra Maria
Amalia di Borbone-Due Sicilie e Filippo
Luigi Borbone, duca d'Orleans, futuro Re
di Francia nel 1809.
Una
targa in bassorilievo collocata nel portico ricorda la nascita di Ferdinando
a Napoli nel 1800, figlio primogenito di Francesco e Maria
Clementina, morto a pochi mesi, appena prima della madre.
Uno
studio approfondito della Cappella Palatina fu condotto dall'architetto
russo Alexander
Pomerantsev Nikanorovich, la monumentale e dettagliata analisi delle
opere in essa custodite gli valse il titolo di Accademico
di architettura di San
Pietroburgo nel 1887. Il lavoro consisteva nel dettagliare con
disegni e foto le 172 scene mosaicate corredando l'opera con le riproduzioni
grafiche degli intagli e delle incisioni dell'elaborato soffitto ligneo. Fra
i famosi letterati che hanno visitato e decantato le meraviglie della
Cappella durante i grand
tour si annovera Guy
de Maupassant con le citazioni nelle opere "La vita
errante" e "La Sicilia".
Nel
giorno 11 febbraio del 1929 qui si sposò il principe Cristoforo
di Grecia e Danimarca e la principessa francese Francesca
d'Orléans.
Danneggiata
dal terremoto del
settembre 2002 fu
sottoposta a restauri, conclusi nel luglio 2008.
Il progetto dei restauri, redatto dall'architetto Guido Meli dirigente del
"Centro regionale per il restauro" della Regione Siciliana, fu
finanziato dal mecenate tedesco Reinhold Würth per oltre tre milioni di
euro. I lavori furono eseguiti da un gruppo di restauratori di beni
culturali sotto la direzione tecnica dell'architetto Mario Li Castri. I
servizi turistici sono curati dalla Fondazione
Federico II.
La
messa è celebrata ogni domenica alle 10:00. L'ingresso al pubblico
della chiesa e del Palazzo Reale è in Piazza
del Parlamento, dove si trova la biglietteria.
Dal
3 luglio 2015 fa
parte del Patrimonio
dell'umanità (UNESCO)
nell'ambito dell'Itinerario
arabo-normanno di Palermo, Cefalù e Monreale.
ARCHITETTURA - Non
è facile descrivere il senso di vertigine che si prova entrando nella
cappella Palatina, gioiello incastonato nel palazzo dei Normanni di Palermo.
Si possono prendere a prestito le parole di scrittori famosi come Oscar
Wilde o Guy de Maupassant, che ne furono incantati. Oppure specchiarsi nei
visi di coloro che entrano, un po’ ammirati, un po’ increduli, in questa
chiesa piccina ma talmente ricolma di ornamenti che non si sa dove posare lo
sguardo.
Dopo gli interventi di
restauro, la chiesa è tornata al suo fulgore, quasi come dovette ammirarla,
poco meno di 900 anni fa, il sovrano che la fece costruire, Ruggero II. Già
prima dell’incoronazione a re di Sicilia (nel 1130), Ruggero aveva
ordinato l’edificazione di una chiesa nella sua residenza, l’odierno
palazzo dei Normanni. Doveva essere la casa di Dio, ma anche un luogo
celebrativo della potenza del sovrano e delle molteplici radici dei suoi
sudditi. In altre parole, doveva proporre espressioni artistiche
riconducibili a ciascuna delle componenti culturali della Sicilia normanna:
latina, greca e araba.
Originariamente,
l’edificio svettava al di sopra delle costruzioni del palazzo poi, nel
’500, quando vennero sopraelevati i cortili, la cappella fu come
risucchiata nella struttura.
Colori e luce che
comunque sono ancora la principale bellezza della cappella e piovono sui
visitatori dal vasto manto di mosaici che orna tutta la parte superiore
delle pareti e l’abside. Sono capolavori dell’arte bizantina, realizzati
da artisti ignoti. Si caratterizzano per l’eleganza delle figure e per la
brillantezza del fondo, ottenuta incollando una lamina d’oro su tesserine
di vetro. Fra le immagini più belle ci sono quelle del Cristo
Pantocratore nell’abside e nella cupola sopra il presbiterio, ma nel
corso dei secoli i mosaici sono stati integrati e in parte sostituiti: ecco
perché sotto al Pantocratore sfila una serie di figure di gusto
rococò. Tuttavia, gli interventi successivi non hanno scalfito l’eleganza
e la spiritualità dell’insieme.
Qui
si incontrano tutte le culture del Mediterraneo. La latinità è espressa
dalle colonne romane e dai dischi di porfido rosso sulle pareti, usati nei
secoli dagli imperatori romani come simbolo del loro potere.
Il pavimento, con i
suoi capolavori geometrici realizzati con tasselli di marmo pregiato, è
invece testimonianza dell’influenza araba che si esprime, magistralmente,
anche nel soffitto. Se alziamo gli occhi alla volta possiamo infatti
ammirare la rivestitura di legno dipinto, realizzata da artisti maghrebini.
I personaggi lì immortalati sono l’unica testimonianza di figure umane
dipinte da artisti islamici all’interno di un luogo di culto. Secondo
alcuni studiosi raffigurerebbero la vita quotidiana in una corte araba, per
altri, invece, sarebbero una rappresentazione del paradiso islamico.
Le opere marmoree della
cappella si rifanno invece alla tradizione occidentale. Il pavimento a
lastroni di marmo, levigati da secoli di passi, è un capolavoro d’arte
latina, decorato con mosaici di pietre dure a motivi geometrici che salgono
sulle pareti. E lo sono anche il pulpito, egualmente ornato da intarsi a
mosaico di porfido e malachite, con belle sculture a reggere il leggio, e il
candelabro pasquale, un candido, esile fusto alto quattro metri e mezzo
ricoperto di sculture. Opera di autore ignoto, riporta, fra le altre figure,
quella di un uomo dalla testa coronata, verosimilmente lo stesso Ruggero.
Infine l’arte
islamica: agli artisti invitati dalla Persia venne riservata la
realizzazione del soffitto ligneo, per il quale fu scelto lo stile islamico
a muqamas, cioè ad alveoli. Quel che lo rende eccezionale è la
presenza di figure umane, una circostanza rara se si considera la riluttanza
della tradizione islamica all’uso delle raffigurazioni antropomorfe. Il
soffitto è molto alto, ma con un binocolo si distinguono uomini a dorso di
cammello e portatrici d’acqua, gente che beve e mangia, odalische, tutti
circondati da una profusione di motivi geometrici, intricati fogliami,
figure di animali e uccelli, eleganti scritte in caratteri cufici
inneggianti al re.
All'inizio
della navata è collocato l'imponente trono reale rivestito
di mosaici, vicino al santuario sulla destra il ricco ambone mosaicato
e sostenuto da colonne striate, un superbo candelabro pasquale (alto
m. 4.50), intagliato a foglie d'acanto con figure e animali, tutte
opere del XII secolo combinazioni di elementi romanici, arabi e
bizantini. Il soffitto in legno della navata centrale e le
travature delle navi minori sono decorate con intagli e dipinti di stile
arabo. In ogni spicchio sono presenti stelle lignee con rappresentazioni di
animali, danzatori e scene di vita della corte islamica.
La
cupola, le pareti del transetto e le absidi sono interamente
decorate nella parte superiore da mosaici bizantini, tra i più
importanti della Sicilia, raffiguranti il Cristo Pantocratore, gli
evangelisti e scene bibliche varie. I mosaici di datazione più antica sono
quelli della cupola, risalenti alla costruzione originaria del 1143.
Accanto al Cristo Pantocratore sono raffigurati le
gerarchie di angeli ed arcangeli, profeti, santi e gli evangelisti. Sulle
arcate del presbiterio, le raffigurazioni dell'Annunciazione,
della Presentazione al Tempio, nel catino dell'abside il Cristo
benedicente. Di epoca posteriore (1154-66 circa) sono i mosaici recanti
le iscrizioni latine che ornano la navata centrale, rappresentazioni di
episodi tratti dal Vecchio Testamento, più tardi quelli delle
navatelle, con le Storie di San Pietro e San Paolo.
1.
Portico d'ingresso - Precede
l’attuale accesso alla cappella, sulla navata destra. Data
all’inizio del XVI secolo.
2.Soglio
reale - Sulla
parete ovest, rialzato dal pavimento attraverso 5 gradini. Ospitava i
sovrani durante le funzioni.
3.Tre
navate - Le
10 eleganti colonne che le dividono sono di granito egiziano e di
marmo cipollino. I capitelli sono dorati,
4.Soffitto
ligneo - Alveoli
intagliati e stalattiti caratterizzano questo capolavoro della
carpenteria araba. Sul legno è stesa una tela dipinta a tempera da decoratori
persiani.
5.
Candelabro marmoreo – Destinato
a ospitare il
cero pasquale, è alto 4,50 metri. Rappresenta una delle più alte
testimonianze del romanico in Sicilia.
6. Ambone - Di forma quadrangolare, è sorretto da colonne in marmo e
porfido. Uno dei parapetti è decorato con mosaici policromi.
7.Presbiterio - Leggermente sopraelevato, è lungo quanto la navata centrale.
Si conclude con tre absidi. È sovrastato dalla cupola emisferica che
poggia su un tamburo ottagonale.
8. Cripta - Sottostante al presbiterio, è accessibile mediante due scale
poste al termine delle navate minori.
Il
tempio
concepito
come
cappella
privata,
in
aggiunta
al
primitivo
luogo
di
culto
nel
livello
inferiore,
ha una
lunghezza
di 33
metri
e 13
di
larghezza.
Le
absidi,
secondo
i
canoni
bizantini
poste
a
levante,
sono
incastonate
nell'ala
rinascimentale
di Palazzo
dei
Normanni,
il
corpo
ecclesiale
separa
i
maggiori
cortili
interni.
La
parete
della
navata
destra
e la
loggia
adiacente
si
affacciano
sul Cortile
Maqueda.
La
cupola
e il
campanile
originariamente
erano
visibili
dal Piano
di
Palazzo prima
di
essere
inglobate
nell'aggregato
di
edifici
del
Palazzo
Reale,
in
seguito
alle
costruzioni
operate
dai
viceré
in
epoca
spagnola.
Edificio
con
impianto
basilicale
a tre
navate
separate
da
colonne
in granito e marmo
cipollino a capitelli compositi
che
sorreggono
una
struttura
di archi
ad
ogiva.
Completa
la
costruzione
la
cupola,
eretta
sopra
la crociera del santuario - presbiterio,
quest'ultima
area
nella
fattispecie
sopraelevata
e
recintata
rispetto
al
piano
di
calpestio
delle
navate.
La
cupola,
il transetto e
le
absidi
sono
interamente
decorate
nella
parte
superiore
da mosaici
bizantini,
tra i
più
importanti
della
Sicilia,
raffiguranti
scene
bibliche
varie,
gli
evangelisti
e il Cristo
Pantocratore benedicente,
l'immagine
di
maggiore
impatto
della
cappella.
I
cicli
musivi
si
distinguono
in due
epoche,
la
prima
prettamente
normanna
seguita
da
quella
borbonica:
La
fase
normanna
si
articola
con le
commissioni
della
crociera,
cupola,
absidi
operate
da Ruggero
II;
con Guglielmo
I è
eseguito
il
ciclo
della
Genesi
nella
navata
centrale;
con Guglielmo
II è
effettuato
il
ciclo
delle
navate
laterali
comprendenti
la
vita
di San
Pietro
e San
Paolo,
pròdromo
ai
cicli
musivi
della
costruenda cattedrale
di
Santa
Maria
Nuova di Monreale.
La
fase
borbonica
più
recente
è
motivata
da
recuperi,
restauri
e
nuove
realizzazioni
effettuate
nel
1716
(1719 data
di
conclusione
al
tempo
di Filippo
V riportata
sulla
targa
dell'ottagono
sulla
spalliera)
e dal
ciclo
esterno
commissionato
da Ferdinando
III,
quest'ultimo
privo
però
dei
canoni
bizantini,
elementi
caratteristici
della
prima
fase.
Alle
pareti
episodi
tratti
dal Vecchio e Nuovo
Testamento con
i
cicli
che
spaziano
dalla Creazione estrapolati
dalla Genesi fino
alla
vita
nel Giardino
dell'Eden;
episodi
riguardanti
la
vita
di Noè e
il Diluvio
universale;
episodi
su Abramo, Isacco, Giacobbe fino
alla nascita,
vita, miracoli e Passione
di Gesù.
Concludono
la
rassegna
i
cicli
di
scene
su Pietro e Paolo apostoli.
Completano
il
panorama
le
raffigurazioni
delle
schiere
di arcangeli e angeli, profeti ed evangelisti, dottori
della
chiesa e
una
lunga
teoria
di
santi
raffigurati
a
corpo
intero
o solo
ritratti
nei
medaglioni.
Loggia,
narcete
e
ingresso
- La
parete
ospita
un
orologio
in
pietra,
funzionante
ad
acqua,
destinato
a
segnare
le ore
canoniche,
recante
iscrizioni
incise
in
greco,
latino
e
arabo.
Le
decorazioni
a
mosaico,
molte
delle
quali
risalgono
agli
interventi
borbonici
del XVIII
secolo,
narrano
le
vicende
di Davide e Assalonne:
i Guerrieri
di
Davide
attaccano
gli
israeliani
ribelli, Assalonne
aggrovigliato
coi
capelli
nei
rami
dell'albero, Assalonne
ucciso
da
Joab, Davide
piange
la
morte
di
Assalonne,
il Trionfo
di
Davide, Davide
e
Salomone.
Una
scena
estranea
al
ciclo
raffigura
la Consegna
della
bolla
al
Ciantro
di
Cappella
da
parte
di
Ruggero.
Sulla
parete
del vestibolo è
inserito
un
altro
mosaico
raffigurante
il Genio
di
Palermo in
panni
regali
e
sembianze
d'uomo
maturo,
ritratto
con il
cane,
la
serpe,
e
l'aquila
allegorie
rispettivamente
della fedeltà,
dell'invasore
da
schiacciare,
della
libertà
intesa
come
personificazione
della
città
di
Palermo
e del
regno
ad
essa
associato.
Nel
medaglione
sono
riprodotti
i
volti
di Ferdinando
III e Maria
Carolina.
Tutti
i
mosaici
delle
pareti
esterne
riflettono
sotto
forma
di
allegorie,
la
drammatica
storia
dei
regni
napoletano
e
siciliano
nel
tardo
XVIII
secolo,
ovvero:
l'invasione
delle
armate
rivoluzionarie
francesi,
la
fuga
della
famiglia
reale
da
Napoli
a
Palermo,
l'istituzione
della
Repubblica
napoletana
nella
città
partenopea,
la
guerra
tra il
governo
repubblicano
e
sanfedisti,
la
successiva
restaurazione
dei
Borboni.
Nell'ambiente
del nartece a
sinistra
è
collocato
il fonte
battesimale ove
furono
battezzati
sovrani
e
componenti
dei
Borboni
durante
la
forzata
fuga
riparatoria
a
Palermo.
Controfacciata
- Sulla
parete
occidentale
o controfacciata si
riscontrano
sovrapposizioni
di
manufatti
e
restauri
eseguiti
in
epoche
differenti.
Al
mosaico
della
prima
epoca
normanna
si
accosta
il
trono
assemblato
in
epoca
aragonese,
intervento
datato 1460
regnante Giovanni
II
d'Aragona.
Lo
spazio
centrale
totalmente
occupato
dal
trono
reale
in
stile romanico,
elevato
rispetto
al
piano
di
calpestio,
fronteggia
il
santuario
altrettanto
sopraelevalto.
Pavimenti,
scale,
spalliera
e
braccioli
presentano
una
ricca
decorazione
con
intarsi
in
marmo
e
mosaici
ove
predomina
lo
stile
cosmatesco in
armoniosa
sintonia
con
motivi
geometrici
e
floreali
di
matrice
araba.
Il
potere
temporale
del
monarca
è
suggellato
dallo
stemma
recante
le
insegne
della Casa
d'Aragona e
del Regno
di
Sicilia delimitato
da due
leoni
in
posizione
simmetrica
e
speculare.
Sulla
parete
superiore
del
trono
è
raffigurata
la Maestà
di
Cristo
fra
gli
Apostoli
Pietro
e
Paolo ovvero
un
terzo Cristo
Pantocratore con
aureola
a
croce
greca,
abbigliamento
regale,
in
atto
benedicente
con la
mano
destra
mentre
la
sinistra
tiene
chiuso
il
Vangelo,
ritratto
fra San
Pietro e San
Paolo apostoli
e gli
arcangeli Michele e Gabriele.
Il
posizionamento
dell'immagine
del
Cristo
Pantocratore
in
differenti
ambienti
non si
riscontra
in
nessun
altro
tempio
siciliano.
È qui
che si
incarna
con la
massima
potenza
l'idea
di una
relazione
speciale
tra
Dio e
il
monarca,
tra re
e il
Re dei
re.
Cupola
- Al
centro
della
cupola
il Cristo
Pantocratore,
raffigurato
in
atto
benedicente
con la
mano
destra,
con la
sinistra
tiene
il
libro
dei
Vangeli
chiuso,
è con
l'equivalente
immagine
absidale
tra i
mosaici
di
datazione
più
antica
risalenti
alla
costruzione
originaria.
L'aureola
a
croce
greca,
le
vesti
ricordano
gli
abiti
cerimoniali
degli
imperatori
bizantini.
Cristo
è
posto
al
centro
del
cerchio
circondato
dai
otto
arcangeli Michele, Gabriele, Uriele, Raffaele, Barachiel, Jeudiel, Sealtiel,
a loro
volta
abbigliati
in
abiti
regali,
con lo
scettro
nella
mano
destra,
simbolo
di
potenza,
molti
di
essi
recano
il globo
crucigero nella
sinistra,
in
atteggiamento
orante
in
atto
di
riverenza.
Lo
splendore
e la
magnificenza
della
gloria
celeste
è
ancor
più
esaltata
dalla
luce
delle
otto
finestre
poste
alla
base
dell'emisfero.
Alle
pareti
del
corpo
che
sostiene
il tamburo sono
raffigurati
quattro
profeti: Giovanni
Battista, Salomone, Zaccaria e Davide.
Appena
sopra
fanno
capolino
le
teste
di
altri
otto
profeti Isaia, Geremia, Ezechiele, Giona, Daniele, Mosè, Elia ed Eliseo,
che
recano
pergamene
con
citazioni
greche,
indicanti
la
venuta
di
Cristo.
Nelle
nicchie
d'angolo
con
doppia
strombatura
sono
raffigurati
i quattro
evangelisti,
Giovanni, Luca, Marco, Matteo,
nei cartigli gli incipit in
latino
dei
rispettivi Vangeli.
L'insieme
evoca
il Salmo 11,4 :"Il
Signore
nel
tempio
santo,
il
Signore
ha il
trono
nei
cieli".
Absidi
- Absidiola
destra: Cappella
di San
Paolo.
Nell'ordine
sono
presenti
i
mosaici
raffiguranti Sant'Anna
e
Maria
bambina,
l'Apostolo
Paolo,
scene
della Natività
di Gesù,
un
quarto Cristo
Pantocratore con
mano
benedicente
al
petto.
Alla
base
è
collocata
la
statua
marmorea
raffigurante San
Pietro
Apostolo,
opera
di Giovanni
Battista
Ragusa realizzata
nel 1726.
Absidiola
sinistra: Cappella
di San
Pietro.
Nell'ordine
sono
presenti
i
mosaici
raffiguranti San
Giuseppe
e Gesù
fanciullo,
l'Apostolo
Pietro,
la Vergine
Odigitria, Sant'Andrea
Apostolo.
Sull'arco
absidale,
tratta
dalla
tradizione
bizantina
è
rappresentata
la
scena
dell'Annunciazione con
l'Arcangelo
Annunciante a
sinistra
e la Vergine
Annunciata a
destra,
mosaico
eseguito
dalle
maestranze
al
servizio
di
Ruggero.
Pareti
e
volta
con
Santi
(San
Gregorio
Magno, San
Silvestro
Papa),
Arcangeli
(Michele, Gabriele),
nella
parte
sommitale
è
raffigurata
la
colomba
dello Spirito
Santo e
alcuni Simboli
della
Passione:
l'Etimasia
del
trono.
Il Cristo
Pantocratore della calotta dell'abside tiene
nella
mano
sinistra
il
Vangelo
aperto
al
versetto:
"Io
sono
la
luce
del
mondo,
chi
segue
me non
cammina
nelle
tenebre,
ma avrà
la
luce
della
vita",
scritto
in
greco
sulla
pagina
sinistra
e in
latino
sulla
destra.
Nel
registro
inferiore
o catino
absidale,
l'iconostasi presenta
la Vergine
in
Trono,
a
sinistra Pietro
Apostolo e Maria
Maddalena,
sulla
destra Giovanni
il
Battista e Giacomo
Apostolo.
Queste
ultime
figure
sono
aggiunte
effettuate
nel
tardo XVIII
secolo,
pertanto
non
rispettano
i
canoni
bizantini.
Soffitto
- Oltre
ai
mosaici
bizantini,
pavimenti
cosmateschi,
la
Cappella
Palatina
è
celebre
per i
soffitti
intagliati,
realizzati
dai
maestri
di scuola
fatimide,
espressione
artistica
tipica
degli
edifici
arabi
del Maghreb e
dell'Egitto.
Le muqarnas dei
cassoni
lignei,
dipinte
con
immagini
rare e iscrizioni
cufiche,
presentano
ornamenti
fitoformi
e
zoomorfi,
uccelli,
animali
fantastici
e
mitologici,
tra
cui
figure
umane,
quest'ultime
espressamente
vietate
dalla
tradizione
musulmana
immortalati
in:
scene
di
caccia,
di
guerra
e
d'amore,
suonatori,
danzatori
e
danzatrici
del
ventre,
giocatori
di
scacchi.
Le
espressioni
palatine
costituiscono
una
rarissima
eccezione,
unico
caso
presente
in
Sicilia
d'arte
islamica
permeata
dal
gusto
e
dalle
concezioni
nordiche:
tra le
rosette
in
legno
pitture
con le
raffigurazioni
dello
stesso
sovrano
committente
o
eminenti
dignitari
o
rappresentanti
in
vesti
orientali,
spesso
seduti
a
gambe
incrociate
nell'atto
di
suonare
chitarre
e
altri
strumenti.
Quasi
a
conciliare
la
loro
musica
astratta
e
silenziosa
con i
cori
dei
canti
bizantini
e
latini.
Chiesa
ipogea
e
cripta
-
È
impropriamente
chiamata
«Cripta»
della
Cappella
Palatina
il
complesso
di Santa
Maria
delle
Grazie,
costituito
da una
chiesetta,
preceduta
da nartece,
dall'antistante sacello e
dagli
ambulacri. Nel 1117 primitivo
santuario
sotterraneo,
definito
da Tommaso
Fazello: Specum
subterraneum
religiosissimum, altrimenti
noto
come
primitiva
chiesa
di
Santa
Maria
di
Gerusalemme.
Il
nartece
ospitava
il sacello,
camera
sepolcrale
di re Guglielmo
I di
Sicilia,
il cui
sarcofago
dopo
la rivolta
dei
baroni fu
trasferito
nella cattedrale
di
Santa
Maria
Nuova di Monreale.
Due
scale
simmetriche
comunicano
con la
chiesa
ubicata
a
livello
superiore,
ingresso
mutato
più
volte
nei
secoli,
circostanza
che ha
generato
l'equivoco
della
cripta.
Antesignano
fra i
luoghi
di
culto
cristiani
del
recinto
palatino,
è
verosimilmente
posteriore
ad una
preesistente
moschea.
Uno
degli
ambienti
custodisce
il Tesoro
della
Cappella
Palatina.
Manufatti
documentati:
Abside
con
altare
della
Madonna
della
Grazia: l'ambiente
custodisce
un'icona
in
foglia
oro
raffigurante
la Vergine
col
Bambino,
d'epoca
seicentesca,
rimaneggiata
nel XIX
secolo,
verosimilmente
espressione
di una
immagine
più
antica.
Altare
del
Santissimo
Crocifisso:
custodisce
un Crocifisso proveniente
dalla Cappella
delle
Confessioni del tribunale
dell'Inquisizione
allo
Steri;
Croce
con
iscrizione
bizantina
"IC
XC NI
KA":
"Gesù
Cristo
Vince";
Immagini
antiche
imitanti
il
mosaico: San
Vincenzo e Santa
Niceta;
Tra
l'abside centrale
e la pròtesi era
affrescata
la Madonna
Odigitria.
Il
dipinto
riportato
su
tela
fu
collocato
nel pronao della
chiesa
superiore
fino
al 1995 e
trasferito
nel
tempio
inferiore
nel 1996.
Sepolture
o
inumazioni
di
viceré:
1624, Emanuele
Filiberto
di
Savoia, Viceré
di
Sicilia, nipote
di Filippo
II di
Spagna e
di Elisabetta
di
Valois;
1624, Pedro
Téllez-Girón,
III
duca
di
Osuna, Viceré
di
Sicilia;
1677, Aniello
Guzman,
marchese
di
Castel
Roderigo, Viceré
di
Sicilia;
1757,
Teresa
Aliponzoni
Fogliani
de
Aragona
moglie
di Giovanni
Fogliani
Sforza
d'Aragona, Viceré
di
Sicilia.
Sono
presenti Sepulcrum
Canonicorum, Sepulcrum
Beneficiatorum,
sepolture
di
coronati,
notabili
e
prelati.
MOSAICI
DELLA CAPPELLA PALATINA
Ricostruzione
dei mosaici della Cappella
Palatina di Palermo per localizzazione, tema, ciclo sulla base
delle descrizioni dell'architetto Alexander
Pomerantsev Nikanorovich integrate dai dettagli di Cesare Pasca, dai
riscontri fotografici e dai sopralluoghi.
Loggia
e Vestibolo - Nel 1506, regnante Ferdinando
d'Aragona il Cattolico, essendo cantore di Cappella
(ciantro) Giovanni Sanchez, furono realizzati i mosaici sulla parete
meridionale esterna e verosimilmente il rivestimento con marmo
cipollino della superficie inferiore.
Alcune
scene sono realizzate su cartoni preparatori di Valerio
Villareale, la Consegna della Bolla su disegno di Vincenzo
Riolo, la Madonna in Trono del catino absidale su bozzetto
di Gaspare
Serenari, artista sostituito da Gioacchino
Martorana.
Iscrizione
latina
Immagine
1
I
guerrieri di Davide attaccano gli israeliani ribelli
2
Assalonne
aggrovigliato coi capelli nei rami dell'albero
3
Assalonne
ucciso da Joab
4
Davide
piange la morte di Assalonne
5
Trionfo
di Davide
6
Davide
e Salomone
7
Genio
di Palermo con i ritratti dei Sovrani borboni
Cappella
di San Pietro Apostolo o Cappella del Santissimo Sacramento
Cappella
di San Paolo Apostolo o ex Cappella di
San Pietro Apostolo
Cappella
di San Paolo Apostolo
- Ciclo di San Paolo
Iscrizione
latina
Immagine
1
Saulo
perseguita i cristiani
2
Conversione
di Saulo sulla via di Damasco
3
PRÆCEPTO
CHRISTI BAPTIZATUR PAULUS AB ANANIA
Anania
battezza Saulo
4
Paolo
predica nelle sinagoghe di Damasco
5
La
fuga di Paolo da Damasco
Cappella
di San Pietro Apostolo - Ciclo di San Pietro (Cappella di San
Pietro Apostolo già documentata come Cappella del
Santissimo Sacramento.
Iscrizione
latina
Immagine
1
Pietro
nelle carceri
2
PRÆCIPIT
ANGELUS PETRO UT CITO SURGAT & VELOCITER E CARCERE EXEAT
L'angelo
libera Pietro
3
La
guarigione dinanzi ai Tempio
4
Guarigione
di Enea paralitico
5
La
risurrezione di Tabita
6
L'incontro
con San Paolo alle porte di Roma
7
La
disputa con Simon Mago
8
La
caduta di Simon Mago
Transetto
(Crociera e Cupola)
Crociera
-
Nel tamburo sono raffigurati quattro profeti: Giovanni
Battista, Salomone, Zaccaria e Davide.
Appena sopra fanno capolino le teste di altri otto profeti Isaia, Geremia, Ezechiele, Giona, Daniele, Mosè, Elia ed Eliseo,
che recano pergamene con citazioni greche, indicanti la venuta di Cristo.
Nelle nicchie d'angolo con doppia strombatura sono raffigurati i quattro
evangelisti, Giovanni, Marco, Luca, Matteo, nei cartigli gli incipit in
latino dei rispettivi Vangeli.
Cupola
-
Cristo Pantocratore è posto al centro del cerchio circondato dai otto
arcangeli Michele, Gabriele, Uriele, Raffaele, Barachiel, Jeudiel,Sealtiel, ?,
a loro volta abbigliati in abiti regali, con lo scettro nella mano destra,
simbolo di potenza, molti di essi recano il globo crucigero nella
sinistra, in atteggiamento orante in atto di riverenza.
Ciclo
Vecchio Testamento - Illustrazione
degli episodi tratti dal Vecchio Testamento riguardanti il ciclo
della Creazione, ciclo del Paradiso Terrestre, ciclo dei
Progenitori, ciclo di Noè, ciclo di Abramo, ciclo di
Giacobbe, mediante 34 scene principali e dettagli minori riprodotte in senso
orario sull'ordine delle monofore di entrambi i lati, a partire dalla quinta
campata sovrastante il pulpito sulla navata destra, per proseguire sui
pennacchi del livello inferiore.
CICLO
DELLA CREAZIONE
Iscrizione
latina
Immagine
1
Creazione
del cielo il primo giorno
2
Creazione
della terra
3
Creazione
della luce
4
Creazione
del firmamento
5
Divisione
delle acque
6
Creazione
della terraferma
7
Creazione
delle piante
8
Creazione
delle stelle
9
Creazione
di pesci e uccelli
10
Creazione
degli animali terrestri
11
Creazione
dell'uomo
12
Dio
riposa il settimo giorno
CICLO
DEL PARADISO TERRESTRE
1
Creazione
di Adamo
2
Creazione
di Eva
3
Dio
proibisce ad Adamo di mangiare il frutto dell'albero della
conoscenza
4
Adamo
ed Eva cadono in Tentazione mangiando
i frutti dell'albero della conoscenza soggiogati dal serpente
5
Dio
richiama Adamo ed Eva e rivela loro il peccato originale
6
Cacciata
dal Paradiso
CICLO
DEI PROGENITORI
1
Adamo
ed Eva lavorano la terra col sudore della loro fronte
2
Le
offerte sacrificali di Caino e di Abele
3
Caino
uccide Abele e viene punito
4
Lamech
racconta alle mogli l'uccisione di Caino
5
Rapimento
di Enoch da parte degli angeli
6
Enoch
nel cielo al cospetto di Dio
CICLO
DI NOE'
1
Noè
e la sua famiglia
2
Alleanza
tra Dio è Noè
3
La
costruzione dell'Arca
4
Arca
di Noè
5
Noè
imbarca gli animali nell'Arca
6
Noè
libera la colomba dall'Arca
7
Il
sole dopo l'asciutto
8
Lo
sbarco dall'Arca
9
Ebbrezza
di Noè
10
Costruzione
della Torre di Babele
CICLO
DI ABRAMO
1
Abramo
adora i tre angeli presso la quercia di Mamre
2
Abramo
offre rifugio ai tre angeli in un ospizio
3
Distruzione
di Sodoma
4
Lot
con due angeli
5
Isacco
protegge gli angeli dall'attacco dei sodomiti
6
Rebecca
al pozzo disseta i cammelli di Abramo
7
Rebecca
condotta dai servi in sposa da Abramo
8
Dio
comanda Abramo di sacrificare suo figlio
9
Sacrificio
di Isacco
10
L'angelo
ferma la mano di Abramo
CICLO
DI GIACOBBE
1
Isacco
benedice Giacobbe
2
Sogno
di Giacobbe
3
La
lotta di Giacobbe con l'angelo
4
La
scala nel sogno di Giacobbe
5
Distruzione
di Sodoma
6
Altare
a Betel
Nuovo
Testamento- Illustrazione
degli episodi tratti dal Nuovo Testamento riguardanti il ciclo
della Vita di Gesù, ciclo di San Paolo Apostolo, ciclo di San
Pietro Apostolo mediante rispettivamente cinque scene relative Gesù e
distribuite sulla parete della Cappella di San Paolo Apostolo e
sulla parete del braccio meridionale del transetto. Le vite dei due apostoli
sono distribuite su entrambe le pareti esterne delle navate laterali e nelle
rispettive absidiole.
I
mosaici superiori del transetto settentrionale non sono sopravvissuti, è
pertanto verosimile che il ciclo evangelico continuasse probabilmente con
gli eventi della Passione, Risurrezione e Ascensione
di Gesù. Oggi la parete mostra la Predica di Giovanni Battista e
una scena di vegetazione popolata d'animali, al centro una riproposizione
del primitivo palco reale collegato con il resto del Palazzo Regio.
CICLO
DELLA VITA DI GESU' - La Natività di Gesù è
distribuita sulla parete che sovrasta la Cappella di San Paolo
Apostolo con contorni che sconfinano sul braccio del
transetto. Le restanti scene occupano i vari ordini dell'intera
superficie.
Iscrizione
latina
Immagine
1
Natività
di Gesù. Il sogno di Giuseppe, La
grotta con la mangiatoia, la scia della stella cometa su
Betlemme, La mansuetudine dell'asino e del bue, Arrivo
e adorazione dei Magi, Adorazione dei Pastori, Osanna
dei cori angelici al canto del "Gloria a Dio
nell'alto dei cieli", Epifania.
Tra
i più
interessanti
esemplari
dell’arte
siculo-normanna,
la
Chiesa
di San
Giovanni
degli
Eremiti
è
considerata
uno
dei
monumenti
simbolo
di
Palermo;
uno
degli
edifici
ecclesiastici
più
affascinanti
e
singolari
della
città.
Confinante
con
l’antica
cinta
muraria
medievale
sudoccidentale
della
città,
il
complesso
di S.
Giovanni
degli
Eremiti
è
situato
nei
pressi
di
Palazzo
dei
Normanni
nel
tratto
un
tempo
lambito
dalle
acque
del
fiume
del
Maltempo
(Kemonia),
uno
dei
due
fiumi
che un
tempo
attraversavano
la
città
(oggi
interrato).
Chiesa
e
convento
di S.
Giovanni
degli
Eremiti,
secondo
le
cronache,
furono
edificati
per
volere
del
primo
re di
Sicilia
Ruggero
II,
sovrano
illuminato
e
colto,
tra il
1132 e
il
1148
su più
antiche
preesistenze
di
epoche
diverse
e
affidati
ai
padri
benedettini
di
Montevergine.
Lo
storico
Rocco
Pirri
nel
suo
“Sicilia
Sacra”,
mette
in
relazione
il
sito
con
uno
dei
monasteri
benedettini
fondati
nel VI
secolo
da San
Gregorio
Magno
nei
possedimenti
siciliani
della
propria
madre,
quello
di S.
Ermete
( da
qui
l’etimo
“Eremiti”).
Nei
secoli
sembra
che
questo
luogo
abbia
mantenuto
sempre
una
destinazione
religiosa,
infatti,
durante
il
dominio
musulmano
dell’isola,
vi
sorgeva
presumibilmente,
una
moschea
araba.
La
vicinanza
del
monastero
con la
residenza
regia
ne
fece
subito
luogo
privilegiato,
destinato
anche
alla
sepoltura
degli
alti
dignitari
della
corte
normanna:
il suo
abate,
che
era
anche
il
confessore
privato
del
re,
godeva
del
titolo
di
primo
cappellano
della
cappella
reale
e di
numerosi
privilegi.
Dopo
un
lungo
periodo
di
abbandono,
nel
1464
il
complesso
monastico
(ormai
privo
di
religiosi)
fu
assegnato
da
papa
Paolo
II, su
suggerimento
del
cardinale
Giovan
Nicolò
Ursino,
ai
monaci
benedettini
di San
Martino
delle
Scale
e poi,
nel
1524
per
volontà
dell’imperatore
Carlo
V, fu
concesso
come
“Gancìa”
(ospizio)
ai
monaci
benedettini
di
Monreale
e
all’arcivescovo
di
quella
diocesi
per la
propria
abitazione
(in
questa
occasione
l’intero
complesso
venne
profondamente
trasformato).
Le
costruzioni
normanne
(chiesa
e
monastero),
sono
state
edificate
(come
altre
costruzioni
del
periodo),
secondo
modelli
architettonici
marcatamente
islamici
(architetti
e
maestranze
erano
di
origini
musulmane),
frutto
di una
mediazione
tra
culture
artistiche
diverse,
quella
orientale
e
quella
cristiana,
che
permise
l’evolversi
di
un’arte
e di
un’architettura
davvero
unica
nel
suo
genere.
La
chiesa
di S.
Giovanni
degli
Eremiti,
che
nel
corso
dei
secoli
ha
subito
varie
modifiche
e
trasformazioni,
ha una
struttura
a
forma
di
parallelepipedo,
con
proporzioni
armoniose
e non
troppo
grandi.
La
sua
architettura,
è
fondata
essenzialmente
sul
rigore
geometrico,
i
paramenti
murari
sono
costituiti
da
strati
di
piccoli
conci
di
calcarenite
a
faccia
vista,
visibili
sia
all’esterno
che
all’interno,
perfettamente
squadrati
e
allineati.
La
chiesa,
caratterizzata
all'esterno
dalle
cupole
di
colore
rosso,
appoggiata
con un
fianco
ad un
corpo
quadrato
anteriore,
è
realizzata
a
croce
latina
divisa
in
campate
quadrate
su
ciascuna
delle
quali
poggia
una
semisfera.
Il presbiterio,
terminante
in nicchia,
è
sormontato
da una cupola,
come
quella
dei
due
corpi
quadrangolari
che la
fiancheggiano
e di
cui
quello
di
sinistra
si
eleva
a
campanile.
Il chiostro,
abbellito
da un
lussureggiante
giardino,
è la
parte
meglio
conservata
del primitivo
monastero;
spiccano
per
bellezza
e
leggerezza
le
colonnine
binate
con capitelli a foglie
d'acanto che
reggono archi ogivali
a
doppia ghiera.
Vi si
trova
inoltre
una
cisterna araba
Un
ruolo
determinante
è
rivestito
dalla
luce
che
penetra
all’interno
della
chiesa,
infatti
per la
sua
particolare
conformazione
riesce
a
calibrare
effetti
di
luce e
ombre
senza
ricorrere
ad
espedienti
scultorei
o
pittorici,
o
decorazioni
musive,
affidandosi
soprattutto
ad un
uso
sapiente
delle
aperture
ogivali,
che
originariamente
erano
coperte
da
transenne
preziosamente
traforate
in
gesso,
che un
tempo
schermavano
le
finestre.
Quello
che
resta
oggi
dell’antico
monastero
benedettino
è
l’elegante
“chiostro”,
costruito
successivamente,
in una
data
imprecisata,
ma che
per
caratteristiche
costruttive
e
stilistiche
sembra
probabilmente
essere
stato
costruito
intorno
alla
fine
del
XIII
secolo.
Di
forma
rettangolare
oggi
è
ridotto
quasi
allo
stato
di
rudere,
vi si
possono
ancora
ammirare
i
resti
di
mura
perimetrali
e
un’agile
fuga
di
colonnine
binate
(simili
a
quelle
del
chiostro
di
Monreale)
con
arcate
gotiche
a
sesto
acuto.
Vi
si
accede
attraverso
un
lussureggiante
giardino
ottocentesco
di
tipo
mediterraneo
(una
piccola
oasi
di
pace)
connotato
da una
rigogliosa
flora
in
prevalenza
fatta
da
piante
esotiche,
composta
da
varie
tipologie
di
palme,
agrumi
di
vari
generi,
allori,
ulivi,
nespoli,
agavi;
tutta
questa
vegetazione
e gli
scorci
della
chiesa,
inquadrati
dagli
archetti
gotici,
conferiscono
al
luogo
un
fascino
particolare.
Alla
fine
del
XIX
secolo
l’architetto
Giuseppe
Patricolo
nell’ambito
di un
programma
di
recupero
di
diversi
monumenti
siciliani,
intraprese
una
radicale
campagna
di
restauri
dell’intero
complesso
mirata
a
restituire
il
presunto
aspetto
originario
al
magnifico
monumento.
Gli
interventi
del
Patricolo
hanno
liberato
la
costruzione
dai
volumi
aggiunti
e
dalle
graduali
trasformazioni
portando
alla
luce
resti
di
strutture
di età
islamica
e
altre
testimonianze
risalenti
ad
epoche
successive.
A
tali
restauri
collaborò
l’architetto
Francesco
Valenti
futuro
famoso
sovrintendente
ai
monumenti
siciliani.