Zanzibar, un nome che risveglia
pensieri
nostalgici,
che
ricorda
terre
esotiche,
le
avventure
di
Simbad
il
marinaio,
storie
che
narrano
di
ricchezze
incommensurabili,
traffici
commerciali,
sfarzo
di
sultani,
ribellioni
e
intrighi.
Il
nome
Zanzibar
deriva
probabilmente
dal
persiano
zandj
barr
(terra
dei
neri),
nome
con
il
quale
i
mercanti
arabi
indicavano
tutta
la
costa
orientale
africana
da
loro
conosciuta
e
visitata
per
i
traffici
commerciali.
L'arcipelago
di
Zanzibar
è
nell'Oceano
Indiano
al
largo
della
Tanzania,
di
cui
fa
politicamente
parte.
L'arcipelago
è
composto
da
due
isole
principali,
Unguja
(comunemente
detta
Zanzibar
Island)
e
Pemba,
e
da
un
insieme
d'isole
minori
che
si
trovano
nelle
acque
territoriali
delle
due
isole
principali,
tra
cui
ricordiamo
Tumbatu,
Mnemba,
Uzi,
Mesali,
Latham.
Si
pensa
che
i
primi
residenti
dell’Arcipelago
di
Zanzibar
fossero
delle
popolazioni
che
parlavano
la
lingua
bantu
e
che
giunsero
qui
dalla
Tanzania
più
di
2000
anni
fa.
La
storia
di
Zanzibar
è
stata
determinata
dalla
sua
posizione
geografica:
esattamente
nel
mezzo
delle
rotte
commerciali
dell’Oceano
Indiano,
e
raggiungibile
sia
dai
commercianti
sia
dai
coloni.
I
rapporti
commerciali
con
l’Arabia
e
con
varie
zone
della
costa
dell’Africa
orientale
furono
avviati
sin
dal
700
a.C.
Nei
primi
secoli
d.C.,
furono
fondati
degli
insediamenti
stabili
e
i
commercianti
iniziarono
a
mescolarsi
con
la
popolazione
indigena
di
lingua
bantu.
Fu
proprio
questa
integrazione
che
gradualmente
diede
origine
allo
sviluppo
della
lingua
e
della
cultura
swahili
nella
regione.
I
rapporti
commerciali
tra
l’arcipelago,
l’Arabia
e
il
Golfo
Persico
raggiunsero
il
loro
massimo
livello
tra
il
XII
e
il
XV
secolo.
Zanzibar
diventò
una
potente
città-stato,
rifornendo
intere
parti
del
mondo
di
schiavi,
oro,
avorio
e
legno.
Con
i
commerci
con
l’Oriente
si
diffuse
anche
l’islam,
che
si
radicò
in
modo
stabile
entro
la
fine
del
XI
secolo.
L’arrivo
dei
portoghesi
all’inizio
del
XVI
secolo
preannunciò
la
fine
di
questa
età
dell’oro
e
l’inizio
della
lotta
per
il
controllo
dell’arcipelago.
Nel
dicembre
1840,
una
flotta
intera
si
avvicina
a
Zanzibar,
navi
colme
di
suppellettili
domestiche
e
di
ogni
altra
cosa
abbia
bisogno
una
corte
sfarzosa.
Il
sultano
Sayyid
Majid
bin
Said
Al-Busaid
trasloca
dal
suo
palazzo
in
Oman
in
una
nuova
residenza
scelta
da
lui
stesso
ad
oltre
2000
miglia
marine
più
a
nord:
Zanzibar.
E'
attratto
dai
colossali
guadagni
del
centro
commerciale
e
vuole
controllare
anche
le
zone
della
costa
orientale
africana
e
le
vie
commerciali
dell'entroterra.
Sotto
il
sultano
Sayyid,
Zanzibar
si
trasforma
nel
mercato
più
impressionante
dell'Oceano
indiano
e
la
città
vecchia
di
Stone
Town
cambia
il
suo
volto.
Gli
edifici
di
pietra
si
sostituiscono
alle
capanne
di
argilla
con
i
tetti
di
paglia.
Nell'ampia
baia
attraccano
imbarcazioni
arabe
e
africane,
clipper
inglesi,
navi
francesi
e
americane
e
grandi
velieri
provenienti
dall'India.
Le
imbarcazioni
riempiono
le
loro
stive
di
avorio
e
di
spezie
oppure
di
schiavi
provenienti
dall'entroterra
africano
e
portano
stoffe,
riso,
polvere
da
sparo
e
altro
ancora
nel
crocevia
dell'Africa
orientale.
Quando
il
sultano
Sayyid
trasferisce
la
sua
residenza
a
Zanzibar,
vivono
qui
già
5000
arabi,
soprattutto
commercianti.
Molti
a
Zanzibar
si
definiscono
swahili,
gli
originari
abitanti
dell'isola,
che
da
secoli
ormai
hanno
subito
gli
influssi
di
persiani,
africani
e
arabi.
Per
la
maggior
parte
sono
musulmani,
perciò
si
trovano
in
città
48
moschee
con
altrettanti
minareti.
Anche
i
cristiani
e
gli
induisti
hanno
trovato
le
loro
chiese:
stupa
e
templi.
Questa
incredibile
mescolanza
di
colori,
di
culture
e
di
religioni
da'
vita
al
fascino
si
Zanzibar.
Gli
antichi
caravan
serragli,
che
un
tempo
ospitavano
i
commercianti
di
tutto
il
mondo,
all'esterno
non
sono
appariscenti.
La
vita
è
tutta
proiettata
all'interno,
per
tutta
la
lunghezza
della
casa
si
estende
un
grande
balcone
coperto,
che
si
affaccia
sul
cortile
interno.
Soltanto
i
portoni
delle
case
arabe
sono
sfarzosi,
questo
per
dimostrare
che
all'interno
non
abita
una
persona
povera.
Le
porte
degli
arabi
benestanti
sono
decorate
da
elaborate
incisioni,
come
quelle
degli
swahili
e
degli
indiani.
Rappresentano
uno
status
symbol,
come
in
tutte
le
altre
culture
in
diverse
espressioni
stilistiche.
Si
conservano
ancora
560
porte
intagliate,
la
più
antica
risale
al
XVII
secolo.
Porte
particolarmente
sfarzose
decorano
le
antiche
dimore
della
famiglia
del
sultano
e
il
palazzo.

Il
sultano
Sayyid
fa
costruire
il
suo
palazzo
in
una
posizione
ottimale,
direttamente
sulla
passeggiata
marina.
Qui
si
trasferisce
nel
1840
con
tutta
la
sua
corte:
3
mogli,
75
concubine
e
numerosi
figli.
Il
sultano
Sayyid
è
un
vero
guerriero
e
scende
in
campo
in
ogni
battaglia.
Zoppica
leggermente,
a
causa
di
una
pallottola
che
lo
ha
colpito
da
giovane
ad
un'anca.
Ha
una
mentalità
aperta;
parla
arabo,
swahili,
persiano
e
indi.
Nella
sala
delle
udienza
del
suo
palazzo,
il
sovrano
parla
quasi
con
tutti
da
pari
a
pari,
perfino
schiavi
che
hanno
riacquistato
la
libertà
possono
accedere
ad
alte
cariche.
Lo
stile
di
vita
nel
palazzo
è
comunque
dispendioso,
il
sultano
Sayyid
ha
una
corte
tipicamente
orientale,
i
magazzini
sono
sempre
ben
riforniti
di
merci
e
di
scorte,
così
come
pure
il
suo
harem,
un
edificio
a
sé
stante
nel
mezzo
del
giardino.
Il
sultano
Sayyid
concede
agli
induisti
gli
stessi
privilegi
dei
musulmani
e
la
libertà
di
professare
la
fede
religiosa,
facendo
costruire
un
tempio
nel
centro
di
Stone
Town.
Gli
indiani
sono
ancora
presenti
con
le
loro
bancarelle
al
mercato
si
Zanzibar
e
con
negozi
nelle
strade
del
centro
storico.
All'inizio
del
XIX
secolo
controllano
gran
parte
del
mercato
con
il
lontano
oriente,
in
particolare
la
domanda
è
insaziabile
di
avorio
e
di
spezie
dall'Europa,
così
l'America
e
l'india
li
ricompensa
con
affari
strabilianti.
Per
questo
motivo
molti
indiani
sono
attratti
a
Zanzibar,
ai
grossisti
seguono
i
piccoli
commercianti
e
gli
artigiani.
Nel
1870
sono
già
una
comunità
di
3000
persone.
Inizialmente
vivono
nel
paese
straniero
piuttosto
modestamente,
in
seguito
iniziano
a
costruire
palazzi,
che
si
distinguono
molto
dalle
costruzioni
arabe:
i
balconi
infatti
sono
rivolti
all'esterno
e
si
affacciano
sulla
strada
e
sulle
piazze.
I
grossisti
indiani
finanziano
il
dispendioso
stile
di
vita
del
sovrano
musulmano,
la
sua
flotta
e
le
sue
compagne
militari.
In
compenso
il
sultano
trasmette
ai
suoi
sudditi
indiani
i
diritti
doganali
del
porto
di
Zanzibar,
che
manterranno
per
quasi
tutto
il
XIX
secolo.
Un
affare
lucrativo
per
ambo
le
parti,
perché
le
entrate
doganali
aumentano
sempre
di
più.
Una
merce
si
rivela
particolarmente
proficua
per
il
sultano
Sayyid:
il
commercio
degli
schiavi
dall'entroterra
africano.
I
discendenti
degli
schiavi
si
trovano
ancora
oggi
fra
i
lavoratori
del
porto
e
fra
gli
abitanti
di
Stone
Town.
Nel
XVIII
secolo
sono
soprattutto
i
francesi
a
comprare
schiavi
per
le
loro
piantagioni
nelle
colonie.
Nel
XIX
secolo
restano
sempre
più
schiavi
a
Zanzibar
nelle
nuove
piantagioni
di
spezie
e
di
caffè.
I
fiori
di
garofano
garantiscono
in
breve
tempo,
un
ottimo
affare.
Il
sultano
Sayyid
da
solo
possiede
fino
al
1856,
anno
della
sua
morte
oltre
45
piantagioni
e
12.000
schiavi.
La
tratta
degli
schiavi,
il
capitolo
oscuro
della
storia
di
Zanzibar.
Ai
margini
di
Stone
Town
si
trova
il
grande
mercato
degli
schiavi,
luogo
di
maggior
attrazione
dell'Africa
orientale.
Ogni
anno
si
mettono
in
mostra
migliaia
di
schiavi,
esposti,
osservati
e
venduti.
Il
duro
lavoro
nelle
piantagioni
succhia
la
vita
di
molti
schiavi
e
pretende
il
rimpiazzo
di
nuova
merce.
Gli
inglesi,
la
maggior
potenza
sull'Oceano
Indiano,
per
primi
costringono
nel
1873,
la
chiusura
del
mercato
degli
schiavi.
Dove
un
tempo
si
mercanteggiava
la
merce
umana,
gli
inglesi
erigono
una
chiesa
anglicana.
L'Impero
britannico
gradualmente
assunse
il
controllo
della
regione
e
la
posizione
tra
Zanzibar
e
l'impero
stesso
venne
formalizzata
nel
1890
dal
Trattato
di
Heligoland-Zanzibar
nel
quale
la
Germania
si
impegnò
a
non
interferire
con
gli
interessi
inglesi
nell'isola
di
Zanzibar,
che
divenne
un
protettorato
dell'Impero
quello
stesso
anno.
Un
timido
tentativo
da
parte
dei
tedeschi
di
intervenire
nel
controllo
dell'isola
in
modo
indiretto
si
concluse
con
il
brevissimo
conflitto
della
guerra
anglo-zanzibariana,
nel
1896.
All'inizio
gli
inglesi
nominarono
dei
vicari
(visir)
dal
1890
fino
al
1913,
e
poi
dei
cosiddetti
Residenti
inglesi
dal
1913
al
1963.
Nel
1896
si
scatenò
la
breve
guerra
anglo-zanzibariana
per
la
successione
del
Sultano
Hamad
bin
Thuwaini
e
terminò
con
l'ascesa
del
sultano
Hamoud
bin
Mohammed.
Acconsentendo
alle
richieste
inglesi,
il
sultano
pose
fine
al
ruolo
di
centro
per
il
commercio
di
schiavi
dell'isola
iniziato
sotto
l'occupazione
dell'
Oman
nel
XVII
secolo
proibendo
la
schiavitù
e
liberando
gli
schiavi
nel
Paese.
La
chiusura
del
mercato
degli
schiavi
avviene
al
tempo
del
sultano
Bargash,
un
figlio
di
Sayyd.
Il
nuovo
sultano
si
getta
in
un
progetto
edilizio
dopo
l'altro,
fa
ampliare
la
struttura
già
esistente
con
un
nuovo
edificio
destinato
alle
grandi
cerimonie;
il
portone
d'ingresso
è
così
grande
che
il
sultano
vi
può
accedere
a
cavallo
di
un
elefante.
Bargash
vuole
un
palazzo
delle
meraviglie,
quindi
lo
fa
corredare
da
tutte
le
raffinatezze
tecniche
esistenti
a
quel
tempo.
Il
palazzo
è
sormontato
da
una
cupola
autoportante;
i
pilastri
che
sorreggono
il
peso
sono
importati
dall'Inghilterra
e
provengono
dalle
fonderie
di
Sheffield.
Il
palazzo
è
il
primo
a
sud
del
Sahara
a
disporre
nel
1833
di
luce
elettrica
e
acqua
corrente.
Bargash
provvede
a
portare
l'elettricità
e
l'acqua
in
tutta
la
città
e
apporta
migliorie
anche
nel
porto.
Eppure
il
declino
è
già
segnato,
l'abolizione
della
schiavitù
colpisce
pesantemente
Zanzibar.
Alla
morte
del
sultano,
gli
inglesi
dichiarano
Zanzibar
loro
protettorato.
Nel
1896
navi
da
guerra
inglesi,
bombardano
il
palazzo
e
la
passeggiata
marina
per
scacciare
un
fastidioso
reggente.
L'attacco
dura
45
minuti,
la
guerra
più
breve
nella
storia
mondiale.
Da
quel
momento
regnano
soltanto
sultani
devoti
all'Inghilterra.
Il
19
dicembre
1963
Zanzibar
ricevette
la
sua
indipendenza
dal
Regno
Unito
come
monarchia
costituzionale
sotto
il
sultano.
Questa
situazione
durò
poco,
il
sultano
fu
rovesciato
il
12
gennaio
1964,
e
il
26
aprile
Zanzibar
si
unì
con
lo
stato
del
Tanganika
per
formare
la
Tanzania,
della
quale
fa
parte
ancora
oggi.
La
rivolta
che
seguì
l’indipendenza
segnò
il
rovesciamento
della
classe
dirigente
araba,
al
potere
da
lungo
tempo,
da
parte
degli
africani,
che
costituivano
la
maggioranza
della
popolazione.
Le
rivalità
tra
gli
abitanti
dell’isola
principe,
Zanzibar,
e
la
più
piccola
Isola
di
Pemba,
e
il
conflitto
tra
i
sostenitori
e
gli
oppositori
dell’unità
con
la
terraferma,
continuarono
a
proliferare.
Così
come
sulla
terraferma,
i
due
partiti
più
importanti
dell’arcipelago
sono
il
Chama
Cha
Mapinduzi
(CCM)
e
la
parte
avversa,
il
Civic
United
Front
(CUF),
che
ha
la
sua
roccaforte
a
Pemba.
Le
tensioni
tra
i
due
partiti
raggiunsero
l’apice
con
le
elezioni
del
1995
con
i
residenti
di
Pemba
che
si
sentivano
sempre
più
messi
da
parte
e
amareggiati.
La
violenza
etnica
contro
gli
abitanti
di
Pemba
divampata
alla
vigilia
delle
elezioni
del
1995,
aveva
inasprito
ancora
di
più
gli
animi.
Il
fragile
periodo
di
calma
che
seguì
fu
di
nuovo
sconquassato
dalle
elezioni
del
2000
e
dalla
conseguente
violenza
scoppiata
a
Pemba
nel
gennaio
del
2001.
Da
allora,
rinnovati
sforzi
al
dialogo
tra
il
CCM
e
il
CUF
hanno
ripristinato
un
tenue
periodo
di
pace,
anche
se
pochi
progressi
sono
stati
fatti
per
risolvere
i
problemi
esistenti.
Il
permanere
delle
tensioni
ha
portato
ad
occasionali
atti
di
violenza,
con
attentati
a
personaggi
di
rilievo
e
ad
un
hotel
frequentato
da
turisti
agli
inizi
del
2004.

Stone
Town
Stone
Town
(città
di
pietra),
chiamata
Mji
Mkongwe
in
Swahili,
è
la
parte
vecchia
della
capitale
dell'isola
di
Zanzibar,
in
Tanzania.
La
città
sorge
su
una
penisola
triangolare
sulla
costa
occidentale
dell'isola,
ed
è
caratterizzata
da
un
labirinto
di
vicoli
ricchi
di
case,
negozi,
bazar
e
moschee.
Ci
si
sposta
a
piedi,
in
bicicletta
o
in
moto;
le
automobili
sono
inutilizzabili
nella
maggior
parte
delle
vie
interne,
troppo
strette.
L'architettura
di
Stone
Town
è
un
mix
unico
di
stili:
dal
moresco
e
l'arabo
al
persiano,
all'indiano,
all'europeo
coloniale.
Le
case
moresche
e
arabe
sono
particolarmente
notevoli,
caratterizzate
da
grande
porte
di
legno
finemente
intagliate
e
ornate
a
bassorilievo
e
da
grandi
verande
chiuse
da
pannelli
di
legno
intagliato.
La
zona
occupata
da
Stone
Town
è
stata
abitata
almeno
per
tre
secoli,
ma
le
case
di
pietra
hanno
iniziato
ad
apparire
solo
dagli
anni
1830.
La
città
è
stata
a
lungo
il
più
importante
centro
commerciale
nell'Africa
orientale;
in
seguito
alla
colonizzazione
della
terraferma
nel
1800,
questo
ruolo
è
gradualmente
passato
a
Mombasa
e
Dar
es
Salaam.
Il
principale
genere
di
esportazione
erano
le
spezie,
in
particolare
chiodi
di
garofano
(Zanzibar
era
un
punto
cruciale
della
via
delle
spezie
che
univa
Europa
e
Africa
all'Asia).
Stone
Town
svolgeva
anche
un
ruolo
fondamentale
nel
commercio
di
schiavi
tratti
dal
continente
e
inviati
in
Medio
Oriente.
Ancora
oggi
si
possono
visitare
nella
zona
alcune
delle
prigioni
in
cui
gli
schiavi
venivano
reclusi,
sia
a
Stone
Town
che
nella
vicina
Prison
Island.
A
partire
dal
1800,
Stone
Town
fu
anche
scelta
come
base
da
molti
esploratori
europei
(per
esempio
portoghesi)
e
da
molti
coloni.
Vi
vivevano
comunità
di
immigrati
provenienti
da
Oman,
Persia
e
India,
in
genere
dediti
al
commercio
(gli
omaniti
erano
però
i
padroni
dell'isola
e
dei
territori
da
essa
dipendenti;
vedi
la
storia
di
Zanzibar).
E’
il
regno
della
poesia,
del
sogno
ovattato
che
profuma
di
incenso
e
di
cannella.
È
gioia
pura
da
assaporare
lentamente,
destarsi
presto
al
mattino
al
canto
del
muezzin,
rendendosi
conto
che
ci
si
trova
in
un
luogo
non
immaginario,
non
frutto
della
fantasia
ne
creatura
della
nostalgia,
perché
non
c'è
nessun
altro
posto
al
mondo
che
racchiuda
in
se
tanto
carisma,
esotismo,
fascino
sottile
della
decadenza,
come
Stone
Town.
Gli
uomini
dalle
lunghe
e
candide
vesti,
le
donne
velate
di
nero
dalle
mani
e
piedi
decorati
con
l'henné
alla
maniera
araba,
le
grida
dei
bambini
che
giocano
felici
nelle
strette
vie
della
città
vecchia,
rappresentano
solo
una
piccola
parte
di
questa
umanità
vera
e
sincera
che
a
Zanzibar
fortunatamente
abbonda.
In
tale
miscuglio
etnico
troviamo
veri
ed
incredibili
controsensi,
quali
gli
uomini
neri
musulmani
che
parlano
"swahili",
ma
portano
l'abito
tradizionale
chiamato
"kanzu",
le
donne
che
paiono
arabe,
ma
portano
sul
capo
ceste
varie
e
brocche
d'ottone
all'africana.
Perdersi
nel
centro
storico
è
facile
ma
indispensabile
tra
i
microscopici
negozi
bui
ricchi
di
profumi
e
fascino.
La
meraviglia
di
questa
città
dichiarata
patrimonio
dell'umanità
e
tutelata
dalla
Fondazione
Karim
Agha
Khan
come
memoria
culturale
dei
musulmani
ismaeliti
è
soprattutto
costituita
dagli
antichi
portoni
di
legno
intagliato,
circa
cinquecento,
dai
vecchi
palazzi
che
la
compongono,
di
solito
disposti
su
tre
piani,
con
bellissimi
cortili
interni
e
con
l'immancabile
elemento
architettonico
e
sociale:
la
"baraza",
una
tradizionale
panca
in
muratura
che
si
trova
al
lato
dell'ingresso
di
tutte
le
case
arabe
o
swahili.
Indispensabile
una
visita
al
palazzo
del
vecchio
dispensario,
edificio
costruito
con
la
pietra
corallina
madreporica,
caratterizzato
da
splendide
balconate
riccamente
lavorate
ed
intarsiate.
Era
un
antico
centro
di
consultazione
per
i
mercanti
di
spezie,
avorio
e
schiavi.
Sono
da
visitare
anche
gli
antichi
Bagni
Persiani,
nel
cuore
della
città,
piombati
nel
silenzio
dell'abbandono,
ma
in
ottimo
stato
di
conservazione,
il
Forte
Portoghese,
possente,
il
Palazzo
delle
Meraviglie
(House
of
Wonders)
con
i
suoi
tre
piani
di
colonnati
metallici
importati
dalla
Scozia
per
volere
del
Sultano
Bargash,
che
vi
conduceva
una
vita
divenuta
leggenda
per
gli
occidentali
a
causa
delle
sue
cento
concubine,
amate
cinque
alla
volta
ogni
notte.
È
la
costruzione
più
imponente
dell'isola
e
venne
bombardata
dagli
inglesi
che
punirono
il
sultano,
reo
di
non
rispettare
gli
accordi
sull'abolizione
della
schiavitù.
Stone
Town
rimane
impressa
nella
nostra
anima
come
nelle
nostre
pellicole.
Ovunque
vi
è
qualcosa
da
fotografare,
sia
in
alto,
come
gli
splendidi
balconi
decorati,
sia
ad
altezza
d'uomo,
per
la
varietà
di
etnie
che
vi
abitano.
Il
tramonto
è
un
attimo
in
cui
diviene
indispensabile
raggiungere
il
vicino
lungomare
per
ammirare
le
barche
locali,
i
"dhow",
dirigersi
a
vela
spiegata
verso
la
riva,
in
un
rosseggiare
di
colori
che
cambiano
di
attimo
in
attimo.
Dai
tempi
degli
antichi
esploratori,
quali
Burton,
Livingstone
e
Stanley,
che
ne
fecero
il
loro
punto
di
riferimento
per
scoprire
poi
l'interno
dell'Africa,
non
molto
è
cambiato.
Le
auto
non
sono
poi
così
numerose
e
fortunatamente
non
riescono
ad
entrare
nelle
strette
vie
della
"medina",
lasciandola
così
al
suo
naturale
ed
ovattato
silenzio.
In
pieno
centro,
nei
pressi
del
mare,
lungo
la
cosiddetta
"Via
dei
Suicidi",
è
situata
la
casa
di
Tippu
Tip,
uno
spietato
trafficante
di
schiavi
che
trovò
la
sua
fortuna
proprio
a
Zanzibar.
È
un
edificio
elegante
che
presenta
una
caratteristica
botola
sita
nei
pressi
del
portone
principale
e
che,
tramite
un
cunicolo
sotterraneo,
metteva
direttamente
in
comunicazione
la
casa
del
negriero,
dove
sarebbero
poi
stati
smistatii
gli
schiavi,
con
un
attracco
vicino
alla
spiaggia,
su
cui
sbarcavano
le
navi
cariche
di
merce
umana.
Egli
è
stato
sepolto
non
distante
dalla
sua
abitazione
in
una
tomba
araba,
tuttora
visibile,
sita
in
un
giardino
incolto.
La
vendita
degli
schiavi
avveniva
nel
quartiere
di
Mkunazini
e
nel
luogo
esatto
dove
sorgeva
il
palo
della
fustigazione
è
stato
eretto
un
altare,
nel
1873,
a
ricordo
del
sacrificio
di
migliaia
di
africani
morti.
Nel
luogo
sul
quale
ora
sorge
la
chiesa
anglicana,
è
possibile
visitare
le
celle
dove
essi
venivano
rinchiusi
prima
di
essere
venduti
all'asta.
JAMITURI
GARDENS - Situati nei pressi del Palazzo delle Meraviglie, furono realizzati
nel
1936
per
celebrare
i
25
anni
di
regno
del
sultano
Khalifa
(1911-1960)
ed
hanno
mantenuto
il
nome
di
"Giardini
del
Giubileo"
fino
alla
rivoluzione
del
1964.
Sono
molti
frequentati
e
di
sera
ci
sono
numerosi
chioschi
che
vendono
snack
e
bibite.
In
prossimità
del
mare
sopravvive
ancora
un
arco
arabescato
in
cemento
armato,
costruito
nel
1956
per
la
visita
della
principessa
Margaret
d’Inghilterra.
IL
VECCHIO
MERCATO
DEGLI
SCHIAVI
E
LA
CATTEDRALE
UMCA
-
La
cattedrale
anglicana,
completata
nel
1877
dalle
United
Missions
to
Central
Africa
(UMCA),
fu
la
prima,
per
questa
confessione
religiosa,
ad
essere
edificata
nell’Africa
orientale.
Essa
sorge
nel
luogo
in
cui
si
teneva,
nel
XVIII
e
XIX
secolo,
il
mercato
degli
schiavi,
all’incrocio
di
New
Mkunazini
Road
e
Creek
Road,
nella zona orientale di Stone Town.
Alcuni
missionari
dell’UMCA
si
erano
recati
in
Africa
Orientale
nel
1861
per
diffondere
la
religione
cristiana
ed
opporsi
all’inumano
commercio
di
schiavi,
finendo
con
lo
stabilirsi,
nel
1864,
a
Zanzibar.
Quando,
nel
1973,
il
sultano
Bargash
chiuse
il
mercato
degli
schiavi,
i
missionari
lo
acquistarono
ed
iniziarono
la
costruzione
della
cattedrale,
usufruendo
anche
di
un
terreno
adiacente
che
fu
donato
loro
da
un
mercante
indiano,
Jairam
Senji.
La
prima
funzione
fu
officiata
il
giorno
di
Natale
del
1877,
quando
il
tetto
non
era
stato
ancora
completato.
Secondo
la
tradizione,
l’altare
sorge
nel
punto
esatto
in
cui
gli
schiavi
erano
legati
al
palo
per
essere
frustati.
Di
questo
mercato
umano,
oggi,
non
sopravvive
più
nulla,
benché
si
dica
che
la
cantina
della
St.
Monica’s
Guesthouse
sia
il
pozzo
in
cui
gli
schiavi
erano
tenuti
prima
di
essere
venduti.
La
realizzazione
della
cattedrale
fu
resa
possibile
soprattutto
dall’opera
entusiastica
del
vescovo
Steere
(vescovo
di
Zanzibar
dal
1874
al
1822),
autore
anche
del
primo
dizionario
inglese-swahili
in
alfabeto
latino.
Secondo
la
leggenda,
il
sultano
Bargash
gli
chiese
di
non
costruire
la
torre
della
cattedrale
più
alta
del
Palazzo
delle
Meraviglie
e,
alla
sua
accettazione,
gli
regalò
un
orologio
per
la
torre
stessa.
Nella
cattedrale
è
molto
vivo
il
ricordo
di
David
Livingstone:
c’è
una
finestra
dedicata
a
lui
ed
il
crocifisso
è
stato
realizzato
usando
il
legno
dell’albero
che
indica
il
luogo
in
cui
il
suo
cuore
fu
sepolto
nel
villaggio
di
Chitambo,
nell’attuale
Zambia.
Il
mosaico
che
decora
l’altare
fu
regalato
da
Miss
Caroline
Thackeray
(cugina
del
famoso
scrittore),
che
insegnò
nella
missione
locale
dal
1877
al
1926.
Dietro
l’altare
si
trovano
il
seggio
vescovile
ed
altri
dodici
seggi
per
i
canonici.
Essi
sono
decorati
con
pannelli
di
rame
su
cui
campeggiano
i
nomi
di
diversi
personaggi
biblici
scritti
in
swahili,
mentre
la
finestra
dietro
l’altare
è
decorata
con
raffigurazioni
di
santi
africani.
CATTEDRALE
DI
ST.
JOSEPH
- Le torri gemelle di questa cattedrale si ergono,
inconfondibili,
nel
cielo
e
catturano
immediatamente
l’attenzione
dei
visitatori
che
raggiungono
l’isola
via
mare,
ma
sono
incredibilmente
difficili
da
ritrovare
nell’intricato
dedalo
di
stradine
adiacenti
la
chiesa.
Progettata
dall’architetto
francese
Beranger,
fu
completata
nel
1886.
Essendoci,
oggi,
pochi
cattolici
sull’isola,
la
cattedrale
non
è
regolarmente
usata
od
aperta
al
pubblico.
MOSCHEA DI MALINDI
-
E'
è
una
delle
più
antiche
moschee
di
Zanzibar.
Fu
costruita
da
musulmani
sunniti
ed
è
caratterizzata
da
un'architettura
molto
sobria,
con
però
alcuni
tratti
insoliti:
il
minareto
è
di
forma
conica
(se
ne
trovano
solo
in
tre
moschee
in
tutta
l'Africa
orientale)
ed
è
posizionato
su
una
piattaforma
quadrata
anziché
appoggiato
direttamente
sul
terreno.
La
moschea
e
il
suo
minareto
non
sono
facilmente
visibili,
a
causa
degli
edifici
circostanti.
La
sala
della
preghiera
è
larga
e
permette
di
stare
gli
uni
accanto
agli
altri.
BAGNI
PERSIANI - Fatti costruire dal sultano Bargash come bagni
pubblici,
sono
attualmente
chiusi
al
pubblico,
ma
il
guardiano
sarà
ben
felice
di
farvi
da
guida,
chiedendovi,
in
cambio,
una
piccola
mancia.
Questi
furono
i
primi
bagni
pubblici
di
Zanzibar,
realizzati
in
stile
persiano
da
Haji
Gulam
Hussein
tra
il
1870
e
il
1888.
Chiusi
al
pubblico
fin
dal
1920,
hanno
un
esterno
particolarmente
decorativo
di
mattoni
rossi.
LA
CASA
DI
LIVINGSTONE
- La base dell’ultima spedizione del
missionario-esploratore
si
trova
lungo
Malawi
Road,
in
direzione
nord-est,
al
di
fuori
del
perimetro
cittadino.
Attualmente
è
sede
del
principale
ufficio
turistico.
Costruita
nel
1860
ca
per
il
sultano
Majid
(1856-1870),
ospitò
Livingstone
prima
della
sua
partenza
per
il
continente
per
preparare
quella
che
sarebbe
stata
la
sua
ultima
spedizione.
In
seguito,
fu
usata
dai
membri
della
comunità
indiana
dell’isola
e,
nel
1947,
fu
acquistata
dal
governo
coloniale
per
installarvi
un
laboratorio
scientifico
per
la
ricerca
sulle
malattie
delle
piante
di
chiodi
di
garofano.
Dopo
l’indipendenza
e
la
rivoluzione,
divenne
sede
principale
del
Tanzania
Friendship
Tourist
Bureau,
antesignano
dell’attuale
ufficio
turistico
ZTC.
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