Città di pietra di Stone Town a Zanzibar
Tanzania

patrimonio dell'umanità dal 2000

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Zanzibar, un nome che risveglia pensieri nostalgici, che ricorda terre esotiche, le avventure di Simbad il marinaio, storie che narrano di ricchezze incommensurabili, traffici commerciali, sfarzo di sultani, ribellioni e intrighi.

Il nome Zanzibar deriva probabilmente dal persiano zandj barr (terra dei neri), nome con il quale i mercanti arabi indicavano tutta la costa orientale africana da loro conosciuta e visitata per i traffici commerciali. L'arcipelago di Zanzibar è nell'Oceano Indiano al largo della Tanzania, di cui fa politicamente parte. L'arcipelago è composto da due isole principali, Unguja (comunemente detta Zanzibar Island) e Pemba, e da un insieme d'isole minori che si trovano nelle acque territoriali delle due isole principali, tra cui ricordiamo Tumbatu, Mnemba, Uzi, Mesali, Latham.

Si pensa che i primi residenti dell’Arcipelago di Zanzibar fossero delle popolazioni che parlavano la lingua bantu e che giunsero qui dalla Tanzania più di 2000 anni fa. La storia di Zanzibar è stata determinata dalla sua posizione geografica: esattamente nel mezzo delle rotte commerciali dell’Oceano Indiano, e raggiungibile sia dai commercianti sia dai coloni. I rapporti commerciali con l’Arabia e con varie zone della costa dell’Africa orientale furono avviati sin dal 700 a.C. Nei primi secoli d.C., furono fondati degli insediamenti stabili e i commercianti iniziarono a mescolarsi con la popolazione indigena di lingua bantu. Fu proprio questa integrazione che gradualmente diede origine allo sviluppo della lingua e della cultura swahili nella regione.

I rapporti commerciali tra l’arcipelago, l’Arabia e il Golfo Persico raggiunsero il loro massimo livello tra il XII e il XV secolo. Zanzibar diventò una potente città-stato, rifornendo intere parti del mondo di schiavi, oro, avorio e legno. Con i commerci con l’Oriente si diffuse anche l’islam, che si radicò in modo stabile entro la fine del XI secolo. L’arrivo dei portoghesi all’inizio del XVI secolo preannunciò la fine di questa età dell’oro e l’inizio della lotta per il controllo dell’arcipelago.

Nel dicembre 1840, una flotta intera si avvicina a Zanzibar, navi colme di suppellettili domestiche e di ogni altra cosa abbia bisogno una corte sfarzosa. Il sultano Sayyid Majid bin Said Al-Busaid trasloca dal suo palazzo in Oman in una nuova residenza scelta da lui stesso ad oltre 2000 miglia marine più a nord: Zanzibar. E' attratto dai colossali guadagni del centro commerciale e vuole controllare anche le zone della costa orientale africana e le vie commerciali dell'entroterra.

Sotto il sultano Sayyid, Zanzibar si trasforma nel mercato più impressionante dell'Oceano indiano e la città vecchia di Stone Town cambia il suo volto. Gli edifici di pietra si sostituiscono alle capanne di argilla con i tetti di paglia. Nell'ampia baia attraccano imbarcazioni arabe e africane, clipper inglesi, navi francesi e americane e grandi velieri provenienti dall'India. Le imbarcazioni riempiono le loro stive di avorio e di spezie oppure di schiavi provenienti dall'entroterra africano e portano stoffe, riso, polvere da sparo e altro ancora nel crocevia dell'Africa orientale. Quando il sultano Sayyid trasferisce la sua residenza a Zanzibar, vivono qui già 5000 arabi, soprattutto commercianti.

Molti a Zanzibar si definiscono swahili, gli originari abitanti dell'isola, che da secoli ormai hanno subito gli influssi di persiani, africani e arabi. Per la maggior parte sono musulmani, perciò si trovano in città 48 moschee con altrettanti minareti. Anche i cristiani e gli induisti hanno trovato le loro chiese: stupa e templi. Questa incredibile mescolanza di colori, di culture e di religioni da' vita al fascino si Zanzibar.

Gli antichi caravan serragli, che un tempo ospitavano i commercianti di tutto il mondo, all'esterno non sono appariscenti. La vita è tutta proiettata all'interno, per tutta la lunghezza della casa si estende un grande balcone coperto, che si affaccia sul cortile interno.

Soltanto i portoni delle case arabe sono sfarzosi, questo per dimostrare che all'interno non abita una persona povera. Le porte degli arabi benestanti sono decorate da elaborate incisioni, come quelle degli swahili e degli indiani. Rappresentano uno status symbol, come in tutte le altre culture in diverse espressioni stilistiche. Si conservano ancora 560 porte intagliate, la più antica risale al XVII secolo. Porte particolarmente sfarzose decorano le antiche dimore della famiglia del sultano e il palazzo.

Il sultano Sayyid fa costruire il suo palazzo in una posizione ottimale, direttamente sulla passeggiata marina. Qui si trasferisce nel 1840 con tutta la sua corte: 3 mogli, 75 concubine e numerosi figli. Il sultano Sayyid è un vero guerriero e scende in campo in ogni battaglia. Zoppica leggermente, a causa di una pallottola che lo ha colpito da giovane ad un'anca. Ha una mentalità aperta; parla arabo, swahili, persiano e indi. Nella sala delle udienza del suo palazzo, il sovrano parla quasi con tutti da pari a pari, perfino schiavi che hanno riacquistato la libertà possono accedere ad alte cariche.

Lo stile di vita nel palazzo è comunque dispendioso, il sultano Sayyid ha una corte tipicamente orientale, i magazzini sono sempre ben riforniti di merci e di scorte, così come pure il suo harem, un edificio a sé stante nel mezzo del giardino.

Il sultano Sayyid concede agli induisti gli stessi privilegi dei musulmani e la libertà di professare la fede religiosa, facendo costruire un tempio nel centro di Stone Town.

Gli indiani sono ancora presenti con le loro bancarelle al mercato si Zanzibar e con negozi nelle strade del centro storico. All'inizio del XIX secolo controllano gran parte del mercato con il lontano oriente, in particolare la domanda è insaziabile di avorio e di spezie dall'Europa, così l'America e l'india li ricompensa con affari strabilianti. Per questo motivo molti indiani sono attratti a Zanzibar, ai grossisti seguono i piccoli commercianti e gli artigiani. Nel 1870 sono già una comunità di 3000 persone. Inizialmente vivono nel paese straniero piuttosto modestamente, in seguito iniziano a costruire palazzi, che si distinguono molto dalle costruzioni arabe: i balconi infatti sono rivolti all'esterno e si affacciano sulla strada e sulle piazze.

I grossisti indiani finanziano il dispendioso stile di vita del sovrano musulmano, la sua flotta e le sue compagne militari. In compenso il sultano trasmette ai suoi sudditi indiani i diritti doganali del porto di Zanzibar, che manterranno per quasi tutto il XIX secolo. Un affare lucrativo per ambo le parti, perché le entrate doganali aumentano sempre di più.

Una merce si rivela particolarmente proficua per il sultano Sayyid: il commercio degli schiavi dall'entroterra africano. I discendenti degli schiavi si trovano ancora oggi fra i lavoratori del porto e fra gli abitanti di Stone Town.

Nel XVIII secolo sono soprattutto i francesi a comprare schiavi per le loro piantagioni nelle colonie. Nel XIX secolo restano sempre più schiavi a Zanzibar nelle nuove piantagioni di spezie e di caffè. I fiori di garofano garantiscono in breve tempo, un ottimo affare.

Il sultano Sayyid da solo possiede fino al 1856, anno della sua morte oltre 45 piantagioni e 12.000 schiavi.

La tratta degli schiavi, il capitolo oscuro della storia di Zanzibar. Ai margini di Stone Town si trova il grande mercato degli schiavi, luogo di maggior attrazione dell'Africa orientale. Ogni anno si mettono in mostra migliaia di schiavi, esposti, osservati e venduti. Il duro lavoro nelle piantagioni succhia la vita di molti schiavi e pretende il rimpiazzo di nuova merce.

Gli inglesi, la maggior potenza sull'Oceano Indiano, per primi costringono nel 1873, la chiusura del mercato degli schiavi. Dove un tempo si mercanteggiava la merce umana, gli inglesi erigono una chiesa anglicana.

L'Impero britannico gradualmente assunse il controllo della regione e la posizione tra Zanzibar e l'impero stesso venne formalizzata nel 1890 dal Trattato di Heligoland-Zanzibar nel quale la Germania si impegnò a non interferire con gli interessi inglesi nell'isola di Zanzibar, che divenne un protettorato dell'Impero quello stesso anno. Un timido tentativo da parte dei tedeschi di intervenire nel controllo dell'isola in modo indiretto si concluse con il brevissimo conflitto della guerra anglo-zanzibariana, nel 1896. All'inizio gli inglesi nominarono dei vicari (visir) dal 1890 fino al 1913, e poi dei cosiddetti Residenti inglesi dal 1913 al 1963.

Nel 1896 si scatenò la breve guerra anglo-zanzibariana per la successione del Sultano Hamad bin Thuwaini e terminò con l'ascesa del sultano Hamoud bin Mohammed. Acconsentendo alle richieste inglesi, il sultano pose fine al ruolo di centro per il commercio di schiavi dell'isola iniziato sotto l'occupazione dell' Oman nel XVII secolo proibendo la schiavitù e liberando gli schiavi nel Paese.

La chiusura del mercato degli schiavi avviene al tempo del sultano Bargash, un figlio di Sayyd. Il nuovo sultano si getta in un progetto edilizio dopo l'altro, fa ampliare la struttura già esistente con un nuovo edificio destinato alle grandi cerimonie; il portone d'ingresso è così grande che il sultano vi può accedere a cavallo di un elefante. Bargash vuole un palazzo delle meraviglie, quindi lo fa corredare da tutte le raffinatezze tecniche esistenti a quel tempo. Il palazzo è sormontato da una cupola autoportante; i pilastri che sorreggono il peso sono importati dall'Inghilterra e provengono dalle fonderie di Sheffield.

Il palazzo è il primo a sud del Sahara a disporre nel 1833 di luce elettrica e acqua corrente. Bargash provvede a portare l'elettricità e l'acqua in tutta la città e apporta migliorie anche nel porto.

Eppure il declino è già segnato, l'abolizione della schiavitù colpisce pesantemente Zanzibar. Alla morte del sultano, gli inglesi dichiarano Zanzibar loro protettorato. Nel 1896 navi da guerra inglesi, bombardano il palazzo e la passeggiata marina per scacciare un fastidioso reggente. L'attacco dura 45 minuti, la guerra più breve nella storia mondiale. Da quel momento regnano soltanto sultani devoti all'Inghilterra.

Il 19 dicembre 1963 Zanzibar ricevette la sua indipendenza dal Regno Unito come monarchia costituzionale sotto il sultano. Questa situazione durò poco, il sultano fu rovesciato il 12 gennaio 1964, e il 26 aprile Zanzibar si unì con lo stato del Tanganika per formare la Tanzania, della quale fa parte ancora oggi. La rivolta che seguì l’indipendenza segnò il rovesciamento della classe dirigente araba, al potere da lungo tempo, da parte degli africani, che costituivano la maggioranza della popolazione. 

Le rivalità tra gli abitanti dell’isola principe, Zanzibar, e la più piccola Isola di Pemba, e il conflitto tra i sostenitori e gli oppositori dell’unità con la terraferma, continuarono a proliferare. Così come sulla terraferma, i due partiti più importanti dell’arcipelago sono il Chama Cha Mapinduzi (CCM) e la parte avversa, il Civic United Front (CUF), che ha la sua roccaforte a Pemba. Le tensioni tra i due partiti raggiunsero l’apice con le elezioni del 1995 con i residenti di Pemba che si sentivano sempre più messi da parte e amareggiati. 

La violenza etnica contro gli abitanti di Pemba divampata alla vigilia delle elezioni del 1995, aveva inasprito ancora di più gli animi. Il fragile periodo di calma che seguì fu di nuovo sconquassato dalle elezioni del 2000 e dalla conseguente violenza scoppiata a Pemba nel gennaio del 2001. Da allora, rinnovati sforzi al dialogo tra il CCM e il CUF hanno ripristinato un tenue periodo di pace, anche se pochi progressi sono stati fatti per risolvere i problemi esistenti. Il permanere delle tensioni ha portato ad occasionali atti di violenza, con attentati a personaggi di rilievo e ad un hotel frequentato da turisti agli inizi del 2004.

Stone Town

Stone Town (città di pietra), chiamata Mji Mkongwe in Swahili, è la parte vecchia della capitale dell'isola di Zanzibar, in Tanzania.

La città sorge su una penisola triangolare sulla costa occidentale dell'isola, ed è caratterizzata da un labirinto di vicoli ricchi di case, negozi, bazar e moschee. Ci si sposta a piedi, in bicicletta o in moto; le automobili sono inutilizzabili nella maggior parte delle vie interne, troppo strette.

L'architettura di Stone Town è un mix unico di stili: dal moresco e l'arabo al persiano, all'indiano, all'europeo coloniale. Le case moresche e arabe sono particolarmente notevoli, caratterizzate da grande porte di legno finemente intagliate e ornate a bassorilievo e da grandi verande chiuse da pannelli di legno intagliato.

La zona occupata da Stone Town è stata abitata almeno per tre secoli, ma le case di pietra hanno iniziato ad apparire solo dagli anni 1830.

La città è stata a lungo il più importante centro commerciale nell'Africa orientale; in seguito alla colonizzazione della terraferma nel 1800, questo ruolo è gradualmente passato a Mombasa e Dar es Salaam. Il principale genere di esportazione erano le spezie, in particolare chiodi di garofano (Zanzibar era un punto cruciale della via delle spezie che univa Europa e Africa all'Asia). Stone Town svolgeva anche un ruolo fondamentale nel commercio di schiavi tratti dal continente e inviati in Medio Oriente. Ancora oggi si possono visitare nella zona alcune delle prigioni in cui gli schiavi venivano reclusi, sia a Stone Town che nella vicina Prison Island.

A partire dal 1800, Stone Town fu anche scelta come base da molti esploratori europei (per esempio portoghesi) e da molti coloni. Vi vivevano comunità di immigrati provenienti da Oman, Persia e India, in genere dediti al commercio (gli omaniti erano però i padroni dell'isola e dei territori da essa dipendenti; vedi la storia di Zanzibar).  

E’ il regno della poesia, del sogno ovattato che profuma di incenso e di cannella. È gioia pura da assaporare lentamente, destarsi presto al mattino al canto del muezzin, rendendosi conto che ci si trova in un luogo non immaginario, non frutto della fantasia ne creatura della nostalgia, perché non c'è nessun altro posto al mondo che racchiuda in se tanto carisma, esotismo, fascino sottile della decadenza, come Stone Town.

Gli uomini dalle lunghe e candide vesti, le donne velate di nero dalle mani e piedi decorati con l'henné alla maniera araba, le grida dei bambini che giocano felici nelle strette vie della città vecchia, rappresentano solo una piccola parte di questa umanità vera e sincera che a Zanzibar fortunatamente abbonda.

In tale miscuglio etnico troviamo veri ed incredibili controsensi, quali gli uomini neri musulmani che parlano "swahili", ma portano l'abito tradizionale chiamato "kanzu", le donne che paiono arabe, ma portano sul capo ceste varie e brocche d'ottone all'africana.

Perdersi nel centro storico è facile ma indispensabile tra i microscopici negozi bui ricchi di profumi e fascino. La meraviglia di questa città dichiarata patrimonio dell'umanità e tutelata dalla Fondazione Karim Agha Khan come memoria culturale dei musulmani ismaeliti è soprattutto costituita dagli antichi portoni di legno intagliato, circa cinquecento, dai vecchi palazzi che la compongono, di solito disposti su tre piani, con bellissimi cortili interni e con l'immancabile elemento architettonico e sociale: la "baraza", una tradizionale panca in muratura che si trova al lato dell'ingresso di tutte le case arabe o swahili.  

Indispensabile una visita al palazzo del vecchio dispensario, edificio costruito con la pietra corallina madreporica, caratterizzato da splendide balconate riccamente lavorate ed intarsiate. Era un antico centro di consultazione per i mercanti di spezie, avorio e schiavi.  

Sono da visitare anche gli antichi Bagni Persiani, nel cuore della città, piombati nel silenzio dell'abbandono, ma in ottimo stato di conservazione, il Forte Portoghese, possente, il Palazzo delle Meraviglie (House of Wonders) con i suoi tre piani di colonnati metallici importati dalla Scozia per volere del Sultano Bargash, che vi conduceva una vita divenuta leggenda per gli occidentali a causa delle sue cento concubine, amate cinque alla volta ogni notte. È la costruzione più imponente dell'isola e venne bombardata dagli inglesi che punirono il sultano, reo di non rispettare gli accordi sull'abolizione della schiavitù.

Stone Town rimane impressa nella nostra anima come nelle nostre pellicole. Ovunque vi è qualcosa da fotografare, sia in alto, come gli splendidi balconi decorati, sia ad altezza d'uomo, per la varietà di etnie che vi abitano.

Il tramonto è un attimo in cui diviene indispensabile raggiungere il vicino lungomare per ammirare le barche locali, i "dhow", dirigersi a vela spiegata verso la riva, in un rosseggiare di colori che cambiano di attimo in attimo. Dai tempi degli antichi esploratori, quali Burton, Livingstone e Stanley, che ne fecero il loro punto di riferimento per scoprire poi l'interno dell'Africa, non molto è cambiato.

Le auto non sono poi così numerose e fortunatamente non riescono ad entrare nelle strette vie della "medina", lasciandola così al suo naturale ed ovattato silenzio.

In pieno centro, nei pressi del mare, lungo la cosiddetta "Via dei Suicidi", è situata la casa di Tippu Tip, uno spietato trafficante di schiavi che trovò la sua fortuna proprio a Zanzibar.

È un edificio elegante che presenta una caratteristica botola sita nei pressi del portone principale e che, tramite un cunicolo sotterraneo, metteva direttamente in comunicazione la casa del negriero, dove sarebbero poi stati smistatii gli schiavi, con un attracco vicino alla spiaggia, su cui sbarcavano le navi cariche di merce umana. Egli è stato sepolto non distante dalla sua abitazione in una tomba araba, tuttora visibile, sita in un giardino incolto.

La vendita degli schiavi avveniva nel quartiere di Mkunazini e nel luogo esatto dove sorgeva il palo della fustigazione è stato eretto un altare, nel 1873, a ricordo del sacrificio di migliaia di africani morti. Nel luogo sul quale ora sorge la chiesa anglicana, è possibile visitare le celle dove essi venivano rinchiusi prima di essere venduti all'asta.

JAMITURI GARDENS -  Situati nei pressi del Palazzo delle Meraviglie, furono realizzati nel 1936 per celebrare i 25 anni di regno del sultano Khalifa (1911-1960) ed hanno mantenuto il nome di "Giardini del Giubileo" fino alla rivoluzione del 1964. Sono molti frequentati e di sera ci sono numerosi chioschi che vendono snack e bibite. In prossimità del mare sopravvive ancora un arco arabescato in cemento armato, costruito nel 1956 per la visita della principessa Margaret d’Inghilterra.

IL VECCHIO MERCATO DEGLI SCHIAVI E LA CATTEDRALE UMCA - La cattedrale anglicana, completata nel 1877 dalle United Missions to Central Africa (UMCA), fu la prima, per questa confessione religiosa, ad essere edificata nell’Africa orientale. Essa sorge nel luogo in cui si teneva, nel XVIII e XIX secolo, il mercato degli schiavi, all’incrocio di New Mkunazini Road e Creek Road, nella zona orientale di Stone Town.

Alcuni missionari dell’UMCA si erano recati in Africa Orientale nel 1861 per diffondere la religione cristiana ed opporsi all’inumano commercio di schiavi, finendo con lo stabilirsi, nel 1864, a Zanzibar. Quando, nel 1973, il sultano Bargash chiuse il mercato degli schiavi, i missionari lo acquistarono ed iniziarono la costruzione della cattedrale, usufruendo anche di un terreno adiacente che fu donato loro da un mercante indiano, Jairam Senji.

La prima funzione fu officiata il giorno di Natale del 1877, quando il tetto non era stato ancora completato. Secondo la tradizione, l’altare sorge nel punto esatto in cui gli schiavi erano legati al palo per essere frustati.

Di questo mercato umano, oggi, non sopravvive più nulla, benché si dica che la cantina della St. Monica’s Guesthouse sia il pozzo in cui gli schiavi erano tenuti prima di essere venduti.

La realizzazione della cattedrale fu resa possibile soprattutto dall’opera entusiastica del vescovo Steere (vescovo di Zanzibar dal 1874 al 1822), autore anche del primo dizionario inglese-swahili in alfabeto latino. Secondo la leggenda, il sultano Bargash gli chiese di non costruire la torre della cattedrale più alta del Palazzo delle Meraviglie e, alla sua accettazione, gli regalò un orologio per la torre stessa.

Nella cattedrale è molto vivo il ricordo di David Livingstone: c’è una finestra dedicata a lui ed il crocifisso è stato realizzato usando il legno dell’albero che indica il luogo in cui il suo cuore fu sepolto nel villaggio di Chitambo, nell’attuale Zambia.

Il mosaico che decora l’altare fu regalato da Miss Caroline Thackeray (cugina del famoso scrittore), che insegnò nella missione locale dal 1877 al 1926. Dietro l’altare si trovano il seggio vescovile ed altri dodici seggi per i canonici. Essi sono decorati con pannelli di rame su cui campeggiano i nomi di diversi personaggi biblici scritti in swahili, mentre la finestra dietro l’altare è decorata con raffigurazioni di santi africani.  

CATTEDRALE DI ST. JOSEPH - Le torri gemelle di questa cattedrale si ergono, inconfondibili, nel cielo e catturano immediatamente l’attenzione dei visitatori che raggiungono l’isola via mare, ma sono incredibilmente difficili da ritrovare nell’intricato dedalo di stradine adiacenti la chiesa. Progettata dall’architetto francese Beranger, fu completata nel 1886. Essendoci, oggi, pochi cattolici sull’isola, la cattedrale non è regolarmente usata od aperta al pubblico.

MOSCHEA DI MALINDI - E' è una delle più antiche moschee di Zanzibar. Fu costruita da musulmani sunniti ed è caratterizzata da un'architettura molto sobria, con però alcuni tratti insoliti: il minareto è di forma conica (se ne trovano solo in tre moschee in tutta l'Africa orientale) ed è posizionato su una piattaforma quadrata anziché appoggiato direttamente sul terreno. La moschea e il suo minareto non sono facilmente visibili, a causa degli edifici circostanti. La sala della preghiera è larga e permette di stare gli uni accanto agli altri.

BAGNI PERSIANI - Fatti costruire dal sultano Bargash come bagni pubblici, sono attualmente chiusi al pubblico, ma il guardiano sarà ben felice di farvi da guida, chiedendovi, in cambio, una piccola mancia. Questi furono i primi bagni pubblici di Zanzibar, realizzati in stile persiano da Haji Gulam Hussein tra il 1870 e il 1888. Chiusi al pubblico fin dal 1920, hanno un esterno particolarmente decorativo di mattoni rossi.  

LA CASA DI LIVINGSTONE - La base dell’ultima spedizione del missionario-esploratore si trova lungo Malawi Road, in direzione nord-est, al di fuori del perimetro cittadino. Attualmente è sede del principale ufficio turistico. Costruita nel 1860 ca per il sultano Majid (1856-1870), ospitò Livingstone prima della sua partenza per il continente per preparare quella che sarebbe stata la sua ultima spedizione. In seguito, fu usata dai membri della comunità indiana dell’isola e, nel 1947, fu acquistata dal governo coloniale per installarvi un laboratorio scientifico per la ricerca sulle malattie delle piante di chiodi di garofano.

Dopo l’indipendenza e la rivoluzione, divenne sede principale del Tanzania Friendship Tourist Bureau, antesignano dell’attuale ufficio turistico ZTC.