Il centro politico e spirituale della cultura Tiwanaku
Bolivia

patrimonio dell'umanità dal 2000

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Presso le rive del lago Titicaca, nell'altopiano boliviano, si trovano vestigia monumentali che testimoniano l'esistenza di un'antica civiltà, certamente legata alle culture andine del Perù precolombiano, ricca tuttavia di elementi architettonici e iconografici del tutto peculiari. Gli archeologi l'hanno da tempo definita con il nome di "civiltà di Tiahuanaco". 

Questa fu la prima civiltà preincaica del mondo andino di cui gli europei vennero a conoscenza: i Conquistatori, già nel XVI secolo, appresero alcune leggende secondo le quali la stirpe dei sovrani inca traeva origine proprio dai sacri luoghi del lago Tiiticaca e alcuni si recarono a visitare le misteriose rovine che testimoniavano uno stato di abbandono legato a un'epoca ormai lontana. Il cronista spagnolo Pedro Cieza de Leòn, nel XVI secolo, descrisse le vestigia di Tiahuanaco definendole come "cosa degna d'ammirazione e d'esser vista" e ipotizzò che si trattasse di Antigualla, "la città più antica di tutto il Perù". 

Spesso definita “città eterna delle Ande”, Tiahuanaco deve la sua nascita a una delle culture più ricche e importanti dell'antichità sudamericana. Un popolo influente, egemone ma non propenso alla guerra, una sorta di cultura-madre essenzialmente ideologica che sviluppò un forte senso dell'arte e dell'iconografia. Con un processo durato quasi duemila anni, Tiahuanaco si trasformò da piccolo villaggio in città sacra, capitale e centro più importante dello Stato. Al tempo stesso era il fulcro simbolico del loro mondo, fatto di armonia tra natura, uomo ed entità divine. 

La stessa struttura architettonica della città riflette la loro concezione cosmologica, rappresentata da mondi diversi. L'interno della Terra, il mondo “di sotto”, era lo spazio sacro dal quale sorge la vita, seguito da un livello intermedio, il momento presente, ossia la sfera umana, animale e minerale, e il mondo “di sopra”», che rappresentava la potenza della fertilità attiva e il livello più elevato della vita. Ed è tenendo presente questa visione che si deve visitare la città con i suoi misteriosi resti.

La civiltà Tiahuanaco fu contemporanea di quella Huari, che si trovava a nord di quella Tiahauanaco, condividendone molti attributi, in particolare dal punto di vista artistico. Tuttavia i contatti tra le due culture sembrano essere stati limitati ad un periodo di 50 anni durante, i quali vi furono sporadiche scaramucce riguardanti una miniera occupata per prima dai Tiahuanaco. La miniera delimitava il confine tra le sfere di influenza delle due culture e gli Huari tentarano, senza successo, di assicurarsela tutta per loro.

Il declino di questa civiltà sembra sia causato dall'invasione di popolazioni dal sud o nella perdita di fede nella religione predominante. Il collasso dei Tiahuanaco influenzò la crescita dei sette regni Aymara, gli stati più potenti dell'area. Tutto il territorio fu conquistato, attorno al XV secolo, dagli Inca e annessi all'impero noto come Tahuantinsuyo. La regione occupata dai Tiahuanaco venne annessa alla provincia nota come Qulla Suyo, la provincia dell'est.

Suddivisa in due settori, quello in cui si celebravano le cerimonie e abitava l’élite e quello dei laboratori artigianali, giunse a occupare oltre 600 ettari, divenendo l'ombelico del mondo, un punto di unione e d'incontro. Disposta secondo gli assi cardinali, ha i suoi punti di riferimento allineati al sorgere e al calare del sole. Ma quello che si presenta agli occhi del viaggiatore è un complesso di ruderi, spesso difficilmente identificabili nella loro funzione.

L'intera città sembra essere stata sconvolta da un cataclisma di indescrivibile potenza, dove quasi tutto venne sepolto sotto un'enorme coltre di fango. Il lago Titicaca, che bagnava anticamente il grande centro cerimoniale, si ritrasse verso l'entroterra per oltre 28 km e la città, precedentemente portuale, cambiò completamente volto.

Negli anni trascorsi tra le imponenti rovine, Arthur Posnansky, un ingegnere viennese trasferitosi a La Paz agli inizi del Novecento, si convinse dell'incredibile antichità del sito, arrivando a indicare il 15.000 a.C. circa come data di fondazione della città. Le sue teorie si basavano principalmente su calcoli archeo-astronomici ricavati dall'allineamento di alcuni blocchi del Kalasasaya (una vasta area delimitata da monoliti verticali) con l'alba e il tramonto. L'ingegnere stabili, attraverso la determinazione dell'angolo formato dal piano dell'orbita terrestre e il piano dell'equatore celeste, che il suo allineamento era di 23 gradi e 8 primi, contro gli attuali 23 gradi e 27 primi.

I calcoli matematici cosi elaborati fecero ipotizzare a Posnansky che i costruttori della città li avessero utilizzati per allineare i loro monumenti quando l'obliquità della Terra era diversa, e questo poteva essere avvenuto solo 17.000 anni fa. Un risultato che le ricerche svolte negli anni successivi e tuttora in corso hanno smentito: è oggi opinione corrente che la storia di Tiahuanaco, almeno in termini di centro urbano pienamente sviluppato, si è svolta tra il 500 e il 1000 d.C. 

L'area archeologica di Tiahuanaco occupa una superficie di circa mezzo chilometro quadrato ed è posta a un'altitudine di 3600 metri sul livello del mare. Le diverse strutture architettoniche, alcune delle quali straordinariamente imponenti, non sono state realizzate contemporaneamente, ma in epoche diverse, alcune di esse sembrano addirittura incompiute, come se la civiltà che le aveva create fosse stata bruscamente interrotta. 

L'aspetto monumentale degli edifici ha portato molti archeologi a considerare Tiahuanaco come un vasto e sfarzoso centro cerimoniale, dove si veneravano dèi e si praticavano culti legati all'osservazione degli astri; si pensa che per molti secoli possa essere stato un luogo di pellegrinaggio delle popolazioni andine, ma nessuno è ancora riuscito ad assegnare al sito una definizione certa. 

Per realizzare i monumenti, furono usati grandi blocchi e lastre di pietra basaltica e arenaria, squadrati e levigati con notevole perfezione tecnica; questi venivano incastrati tra loro con l'uso di graffe di rame o bronzo a forma di "T". Le cave si trovavano ad alcune centinaia di chilometri di distanza dal sito. 

Una tra le costruzioni più misteriose di Tiahuanaco è l'Akapana, considerata la "montagna sacra" del sito. Si tratta di una struttura, di 180 m circa di lato, formata da sette terrazze sovrapposte, che culminano in una grande piattaforma, posta a un'altezza di 17 m circa. 

Il nome del monumento, forse uno dei più antichi del centro cerimoniale, significa "altura artificiale" e si suppone rivestisse una funzione templare. 

I pochi resti lasciano presumere l'esistenza di un enorme serbatoio di acque piovane, collegato a un impianto di canalizzazione che distribuiva l'acqua all'interno e ai differenti livelli della costruzione. Immaginiamoci l'effetto visivo: una gigantesca fonte che dall'alto, dal cielo, gettava l'acqua che da la vita, in una splendida similitudine con il concetto della pakarina, la fonte delle origini. 

Statue in basalto nero, recentemente portate alla luce, "sorvegliavano" i vari livelli di questa sorta di piramide, tra cui uomini-puma, i chachapuma, e sacerdoti con asce rituali, in una perfetta visione dualistica del creato. L'Akapana è stata oggetto, nel corso degli anni, dell'attenzione di numerosi cacciatori di tesori che ne hanno squassato parte della sommità in cerca di camere segrete all'interno o al di sotto della stessa.

Poco più a nord dell'Akapana si trova un complesso assai particolare, che veniva un tempo associato ai recinti megalitici dell'Europa, quali quelli di Stonehenge: il nome del luogo, Kalasasaya, significa infatti "pietra dritta" e trae spunto dalla peculiarità della sua struttura. 

Una serie di lastre monolitiche, non dissimili dai celebri menhir, formano un recinto che racchiude una bassa piattaforma a base quadrata di 130 x 120 metri.

La costruzione, dotata di un monumentale portale d'accesso costituito da un trilite di blocchi di arenaria rossa del peso di diverse decine di tonnellate. Fu probabilmente il più grande osservatorio astronomico della città, in quanto sia dalla sua scalinata sia dai suoi angoli è possibile ricostruire con esattezza i solstizi e alcuni tra i più importanti momenti equinoziali. 

Al centro si trova una piazza seminterrata, una sorta di patio rivolto a oriente. All'interno della Kalasasaya si possono ammirare alcuni monumenti litici, la cui ubicazione attuale, assegnata in seguito a restauri, non corrisponde con certezza a quella originaria. 

Discutibili restauri condotti negli anni Cinquanta del Novecento hanno sconvolto la struttura originaria, inserendo muri costruiti con blocchi di calcestruzzo negli spazi tra i pilastri e riempiendo l'intera spianata del tempio con terra, facendole assumere la forma di una piramide tronca a due gradoni. 

A nord dell'Akapana si trova il monumento più spettacolare, la Porta del Sole, divenuta da tempo il simbolo di Tiahuanaco. La Porta del Sole fu scolpita in un monolito di andesite del peso di 100 tonnellate. La parte superiore è decorata con un bassorilievo che si compone di 48 figure alate divise in tre file, di cui 32 dal volto umano e 16 tra condor, elefanti e animali fantastici. Si presume che anticamente potesse essere ricoperta da sottili lamine d'oro. Spesso identificata come una raffigurazione del dio Sole, essa poggia, ritta, su una piramide formata da tre livelli a raffigurare un elaborato calendario.

Al centro c'è un dio, con i raggi del Sole che si dipartono dal viso in ogni direzione. Le guance sono rigate di lacrime, simbolo della pioggia, e nelle mani tiene due oggetti stilizzati, simboli del tuono e del fulmine. 

Per gli indios Aymara, etnia dominante sulle sponde del lago Titicaca, quella è l'effigie di Viracocha, il dio che emerse dal lago nella notte dei tempi creando il Sole, il cielo, le stelle, la pioggia e gli uomini. Poi vagò per la Terra, da mendicante, dando agli uomini i primi rudimenti della civiltà. Per scomparire, infine, nell'immenso Oceano Pacifico. 

Infinite ipotesi sono state formulate a proposito di questa "divinità", chiamata comunemente "dio dell'arco" o "dio dai bastoni"; l'unico dato praticamente certo è che si tratta dello stesso essere raffigurato sulla Stele Raimondi di Chavin de Huantàr, risalente al 1000 a.C. circa.

Esiste dunque un indiscutibile nesso tra il culto della Porta del Sole di Tiahuanaco e l'antichissimo culto dell'essere dalle sembianze feline e serpentiformi venerato dalla civiltà di Chavin, allo stato attuale delle ricerche considerata la "madre" delle successive culture del Perù precolombiano.

Il dio dell'arco resta ancora un affascinante mistero da risolvere. Altrettanto enigmatiche e singolari sono le altre due sculture antropomorfe della Kalasasaya, il Fraile termine spagnolo che significa "frate" e il Ponce, così chiamato dal nome del suo scopritore. Più che sculture a tutto tondo, entrambe presentano piuttosto la struttura di massicci pilastri, sui quali le fattezze umane e altri particolari sono incisi o scolpiti a bassorilievo. 

Altri due edifici templari sorgono rispettivamente a est e a ovest di Kalasasaya: il Tempio Semisotterraneo e il grande complesso detto "Pumapunku", che rappresenta ciò che resta di una struttura piramidale in arenaria.

Non lontano da questo si possono ammirare le vestigia del Palacio e la cosiddetta "Porta della Luna". Una notevole quantità di ceramiche è stata rinvenuta nell'area del centro cerimoniale: gli specialisti, confrontando le iconografie presenti su queste con quelle dei monoliti e dei tessuti, stanno continuando la difficile ricerca per ricomporre le tessere del mosaico e comprendere i molti aspetti oscuri della civiltà che eresse i grandi monumenti presso le rive del lago Titicaca, nel freddo altipiano andino.

Altre terrazze cerimoniali a forma di "T" sono disposte nelle vicinanze; qui sono stati rinvenuti oggetti di ossidiana, rame e argento, resti di lama sacrificati e manufatti di ceramica raffiguranti quelli che forse erano i membri dell'elite politica e religiosa. Ma la scoperta più eccezionale riguarda l'avanzata forma di agricoltura praticata dal popolo di Tiahuanaco. 

Essi scavavano nei campi profondi canali a una distanza di una quindicina di metri l'uno dall'altro. Riempiti d'acqua, questi avevano la funzione di ospitare pesci e piante acquatiche, utili rispettivamente come cibo e fertilizzante, mentre l'acqua favoriva la formazione di una tiepida coltre di umidità che proteggeva i campi coltivati a patate dal congelamento, frequente a un'altitudine di quasi 4000 metri sul livello del mare come quella del Titicaca.

Di recente nelle comunità aymara della sponda boliviana del lago è stato avviato un progetto agricolo che ricalca i metodi di Tiahuanaco con risultati sorprendenti: il raccolto di patate è aumentato del 400% e, con le oche e i pesci allevati nei canali, la dieta della popolazione è migliorata notevolmente.

E così, grazie alla riscoperta delle conoscenze antiche, forse presto gli Aymara potranno debellare il grave problema delle patologie legate alla malnutrizione, che oggi affligge il 50% della popolazione infantile della Bolivia.  

Una fine improvvisa - Non si può lasciare questo magnifico sito senza una visita alla struttura situata a sud del complesso Akapana-Kalasasaya: il Puma Punku. La struttura colpisce per la dimensione dei blocchi impiegati per la sua costruzione - alcuni dei quali hanno un peso di decine di tonnellate -, ma impressiona anche per la raffinatezza degli ornamenti scultorei. Ovunque giacciono sparse al suolo parti di quelli che furono portali, finestre, nicchie o semplici blocchi di pietra. 

Di nuovo una precisione sbalorditiva nella lavorazione della pietra, una costante dell'antico Perù, dove autentiche meraviglie furono scolpite nella durissima andesite. Espressione di una civiltà che fece di Tiahuanaco un modello di città-stato, ma che ebbe una fine, un collasso che disgregò completamente ciò che era stato creato nell'arco di millenni. Intorno all'anno 1150, la potenza di Tiahuanaco si disintegrò, e gli studiosi non sono ancora d'accordo sulle cause effettive del crollo. Forse un violento cambio climatico, che scatenò una lunghissima siccità, oppure feroci lotte etniche. Ciò che resta sono vestigia di un grande impero, mute testimoni dell'alto grado di cultura e civilizzazione raggiunto da un popolo che non è mai scomparso, ma vive ancora oggi nelle tradizioni e nei riti dell'Altopiano andino.