Calakmul
è
un
sito
archeologico
maya
situato
nello
stato
messicano
del
Campeche,
vicino
al
confine
con
il
Guatemala
e
circa
150
km
a
est
di
Chetumal.
Gli
scavi
condotti
negli
ultimi
anni
dall'archeologo
Ramón
Carrasco
hanno
portato
questa
gigante
metropoli
maya
all'attenzione
del
mondo
accademico.
Il
glifo
emblema
di
Calakmul
era
già
conosciuto
da
anni
agli
studiosi,
ma
non
si
sapeva
a
quale
sito
associarlo.
Fino
a
pochi
anni
fa
tutto
sembrava
chiaro
riguardo
alla
storia
di
Calakmul
ed
alla
sua
dinastia.
Finalmente
si
era
confermata
l'associazione
al
sito
del
Glifo
Emblema
dalla
testa
si
serpente
letto
"kan"
in
maya
ch'olti
classico.
La
scoperta
a
Dzibanche
di
una
scalinata
con
prigionieri
scolpiti
in
rilievo
ed
iscrizioni
celebrative
di
vittorie
militari
hanno
però
messo
in
dubbio
molte
certezze.
Sembre
ora
chiaro
che
Calakmul
non
fu
sempre
governata
dalla
dinastia
del
glifo
emblema
testa
di
serpente,
ma
che
essa
fu
la
sede
dinastica
solo
nel
periodo
che
va
dal
636
d.C.
al
736
d.C.
Fu
il
più
potente
sovrano
che
le
terre
maya
videro,
Yuhknoom
Ch'een
II,
a
portare
la
corte
sua
corte
a
Calakmul.
Questo
re
è
l'individuo
più
citato
nelle
iscrizioni
maya
di
città
straniere.
Molti
erano
i
re
che
gli
dovevano
pagare
tributo
e
pochi
erano
quelli
che
sfuggivano
al
suo
controllo.
L'unica
città
che
si
tentava
di
mantenere
indipendente
era
Tikal,
nell'odierno
Guatemala.
Ma
alla
fine
persino
Tikal
fu
sconfitta
in
una
guerra
condotta
dal
re
di
Dos
Pilas
B'ahlaj
Chan
K'awiil.
Quest'ultimo
era
in
realta
null'altro
che
la
longa
manus
del
sovrano
di
Calakmul.
Per
un
paio
di
anni
Calakmul
controllo
un
fragile
impero
maya,
che
fini
al
più
tardi
nel
695
d.C.
quando
un
nuovo
re
di
Tikal
vinse
una
battaglia
importantissima
contro
Calakmul.
A
quell'epoca
a
Calakmul
regnava
gia
Yuhknoom
Yich'aak
K'ah'k,
l'erede
di
Yuhknoom
Ch'een
II.

Era
la
primavera
del
1931.
Ormai
da
diversi
giorni
Cyrus
L.
Lundell,
esploratore-biologo,
si
apriva
la
strada
a
colpi
di
machete
nella
foresta
tropicale
del
Peten,
nello
Yucatan
meridionale.
Da
anni
sfidava
quell'ambiente
frequentato
da
serpenti
e
giaguari
per
conto
di
una
compagnia
per
lo
sfruttamento
delle
risorse
forestali
del
Messico.
Il
suo
compito
era
quello
di
individuare
le
zone
più
ricche
di
legname
pregiato
e
soprattutto
segnalare
la
presenza
dell'«albero
del
chicle»;
poi
sarebbero
arrivati
i
chicleros
a
raccogliere
il
lattice
da
inviare
negli
Stati
Uniti
dove
diventava
chewingum,
l'ultima
mania
degli
americani.
Quella
volta,
però,
non
era
stato
l'albero
del
chicle
(Manilkara
sapota)
a
spingerlo
tanto
lontano
dall'ultima
baracca
della
compagnia.
Era
stata
una
strana
storia
che
due
taglialegna
gli
avevano
raccontato
parlando
di
una
città
ingoiata
dalla
selva,
di
piramidi
alte
come
colline,
di
muraglie
avvolte
dalle
radici,
di
bassorilievi
affondati
tra
le
paludi
che
rendevano
quella
foresta
un
vero
inferno
verde.
Una
storia
confusa,
ma
Lundell
decise
di
partire
alla
ricerca
della
città
perduta.
Si
diresse
a
sud,
e
dopo
giorni
di
fatiche
se
la
trovò
davanti
all'
improvviso,
dominata
da
due
piramidi-colline
che
gli
suggerirono
come
battezzarla:
Calakmul,
«tra
due
alture»
in
lingua
maya.
Così
venne
scoperta
Calakmul
e
da
allora
è
stato
un
susseguirsi
di
scavi
archeologici
e
di
scoperte
che
alla
fine
hanno
delineato
una
lunga
storia
(dal
450
a.C.
al
900
d.C.),
tanto
sorprendente
quanto
poco
conosciuta
al
grande
pubblico,
perché
Calakmul
non
è
ancora
nel
circuito
turistico
internazionale.
Una
storia
fatta
di
intrighi,
alleanze,
guerre
e
protagonisti
dai
nomi
suggestivi,
come
«Artiglio
di
Giaguaro»,
signore
del
regno
«Testa
di
Serpente»,
il
vero
nome
maya
di
Calakmul.
Campeche
sembra
ferma
nel
tempo,
col
suo
centro
storico
in
bello
stile
coloniale
circondato
da
mura
ottagonali
che
avrebbero
dovuto
difenderla
dagli
attacchi
di
pirati
come
Henry
Morgan,
Leoncillo,
L'Olonese,
Rock
Brasiliano
e
persino
Pie
de
Palo
(Gamba
di
Legno).
Ma
quando
la
muraglia
fu
terminata,
nel
1704,
i
pirati
se
ne
erano
già
andati
in
altri
mari.
Stessa
sorte
ebbero
i
due
forti
ai
lati
della
città,
che
ora
ospitano
due
musei.
E
proprio
nel
Forte
San
Miguel
c'è
una
maschera
maya
in
mosaico
di
giada
che
da
sola
meriterebbe
un
posto
nella
lista
delle
Sette
meraviglie.
Raffigura
il
volto
di
un
ignoto
signore
che
salì
sul
trono
di
Testa
di
Serpente
nel
VII
secolo
d.C.
Ha
un'espressione
serena
e
uno
sguardo
nero
d'ossidiana
come
si
addice
a
un
sovrano:
un
capolavoro
assoluto.
Nelle
altre
vetrine
ancora
maschere
di
giada
e
la
ricostruzione
delle
tombe
di
grande
Artiglio
di
Fuoco
(più
noto
come
Artiglio
di
Giaguaro),
sovrano
di
Calakmul,
e
di
una
delle
sue
mogli
che
venne
sacrificata
insieme
a
un
bambino
quando
il
suo
sposo
morì,
attorno
all'anno
705.
I
veri
resti
del
re
sono
nelle
mani
dei
restauratori
e
nella
tomba
ricostruita
c'
è
solo
una
parte
del
prezioso
corredo
funebre.
Ma
la
storia
di
Artiglio
di
Giaguaro
va
cercata
a
Calakmul,
la
città
dove
visse
e
morì.

All'ingresso
della
zona
archeologica
di
Calakmul
una
stele
alta
sembra
una
sentinella
a
guardia
della
prima
piramide
ripida
come
un
picco.
A
pochi
metri
un'altra
piramide
fronteggia
un
edificio
lungo
con
tre
templi
allineati
in
cima:
tre
«punti
di
mira»
che
guardati
dalla
piramide
segnalavano
rispettivamente
la
posizione
del
sorgere
del
Sole
al
solstizio
d'estate,
all'equinozio
e
al
solstizio
d'
inverno.
Testimonianza
del
legame
quasi
maniacale
che
i
Maya
avevano
con
stelle
e
pianeti.
Tutti
gli
edifici
sono
assediati
dagli
alberi,
stretti
da
radici
che
paiono
piovre.
Appena
un
po'
più
libero
lo
spazio
della
grande
Acropoli
ovest
dove
gli
edifici
si
accavallano
l'uno
sull'altro
per
lasciare
poi
lo
spazio
al
campo
del
gioco
della
palla,
un
gioco
rituale
che
finiva
con
sacrifici
umani.
Il
reticolo
delle
costruzioni
prosegue
e
si
infittisce
nel
quartiere
detto
il
Labirinto.
Da
qui
la
nobiltà
controllava
il
lavoro
degli
artigiani
che
producevano
armi
e
utensili
raffinatissimi
scheggiando
l'ossidiana,
importata
dal
Guatemala,
e
una
pietra
locale
simile
alla
selce.
Da
ogni
lato
le
costruzioni
continuano
sotto
la
foresta,
sempre
meno
visibili
e
sempre
più
lontane.
Il
solo
centro
monumentale
copre
una
superficie
di
25
chilometri
quadrati
con
una
decina
di
acropoli,
piazze
e
piramidi
e
gli
ultimi
sobborghi
si
incontrano
a
6-7
chilometri
dal
centro.
In
tutto
gli
archeologi
hanno
individuato
oltre
6
mila
strutture
e
dicono
che
nel
momento
della
massima
espansione
a
Calakmul
vissero
50
mila
persone.
Ma
è
la
Grande
Piramide
che
domina
tutto.
Un
edificio
strutturato
in
tre
corpi
che
un
tempo
raggiungeva
i
55-60
metri
di
altezza
(ora
45)
e
i
suoi
lati
arrivano
a
140.
Tutt'intorno
foresta
alta
che
impedisce
di
apprezzare
in
uno
solo
colpo
d'occhio
questa
montagna
di
pietre.
Salendo
fino
in
cima
si
supera
di
molto
il
tetto
della
selva
e
lo
sguardo
spazia
su
un
tappeto
verde
che
occupa
tutto
l'
orizzonte,
interrotto
solo
dalla
vetta
dell'altra
grande
piramide
di
Calakmul
(40
metri),
dove
lavorano
gli
archeologi.
Ed
è
proprio
con
l'aiuto
degli
archeologi
che
è
possibile
ripercorrere
la
lunga
storia
del
regno
Testa
Serpente,
letteralmente
sigillata
all'interno
della
grande
piramide
un
tempo
intonacata
e
dipinta
di
rosso.
Le
piramidi
maya
sono
come
scatole
cinesi,
una
dentro
l'altra,
perché
il
re
che
veniva
dopo
costruiva
la
sua
nuova
piramide
appoggiandola
su
quella
che
aveva
fatto
il
suo
predecessore,
il
quale
aveva
fatto
la
stessa
cosa
prima
di
lui;
e
così
via,
di
dinastia
in
dinastia.
E
col
passare
dei
secoli
la
struttura
si
ingigantiva
sempre
di
più,
crescendo
sulle
proprie
radici.
Ecco
perché
le
piramidi
maya
sono
vere
casseforti
del
tempo.

«Sotto
questa
struttura
abbiamo
individuato
due
piramidi
una
più
antica
dell'altra
e
almeno
quattro
ristrutturazioni
parziali
-
spiega
Ramon
Carrasco
Vargas,
direttore
degli
scavi
di
Calakmul
dal
1993
-.
Alla
base
di
tutto
c'è
un
edificio
del
450
a.C.,
decorato
con
un
bassorilievo
a
colori
lungo
venti
metri;
per
ora
è
la
più
antica
struttura
a
cui
siamo
arrivati,
ma
penso
che
sotto
ve
ne
siano
altre
due
ancora
più
vecchie».
Scavando
come
talpe
cunicoli
che
si
infilano
tra
una
piramide
e
l'altra
e
traducendo
le
iscrizioni
incise
sui
monumenti
di
tutta
l'area
maya,
gli
archeologi
sono
ora
in
grado
di
raccontarci
una
storia
fatta
da
tante
città-Stato
spesso
in
lotta
tra
loro
-
come
le
nostre
città
rinascimentali
-
unite
da
una
base
culturale
comune,
dalle
stesse
divinità
e
da
lingue
simili
quanto
l'
italiano
e
lo
spagnolo.
A
Calakmul,
durante
i
secoli
d'oro
del
Periodo
Classico,
la
vita
doveva
essere
davvero
splendida,
almeno
per
la
nobiltà.
I
mercanti
portavano
merci
preziose
da
Paesi
lontani,
i
sacerdoti
osservavano
il
cielo
dalla
piramide-osservatorio
e
stabilivano
i
tempi
della
semina
e
del
raccolto,
il
sovrano
saliva
al
tempio
per
le
cerimonie
di
auto-sacrificio
e
con
lame
di
ossidiana
e
aculei
di
razza
si
feriva
il
pene
e
la
lingua
per
versare
sangue
ed
entrare
in
contatto
con
gli
dei,
nobili
e
ambasciatori
andavano
da
una
città
all'
altra
per
tessere
alleanze,
esigere
tributi
o
imporre
matrimoni
politici
o
re-fantoccio
alle
città
vassalle.
Architetti
e
artigiani
erano
impegnati
a
ingrandire
edifici,
tracciare
canali,
scolpire
monumenti.
Un
formicolio
di
vita
che
si
interrompeva
solo
quando
i
guerrieri
prendevano
le
armi
per
portare
il
dominio
di
Testa
di
Serpente
fin
dove
potevano
arrivare.
Ma
quello
fu
anche
il
tempo
in
cui
a
Tikal,
l'altra
superpotenza
del
Peten,
salì
al
trono
un
uomo
conosciuto
con
un
nome
singolare,
Ah
Cacaw
(Cioccolata)
e
pochi
anni
dopo
(nel
686)
a
Calakmul
venne
incoronato
Artiglio
di
Giaguaro,
un
nobile
di
37
anni.
Due
personalità
di
primordine
destinate
a
scontrarsi,
anche
perché
Ah
Cacaw
dette
inizio
a
una
serie
di
guerre
-
note
come
«guerre
stellari»
-
in
coincidenza
di
particolari
situazioni
astronomiche
che
secondo
i
Maya
garantivano
la
vittoria.
E
al
momento
giusto
Ah
Cacaw
lanciò
i
suoi
guerrieri
contro
il
regno
Testa
di
Serpente.
«Lo
scontro
avvenne
nel
695
-
spiega
ancora
Ramon
Carrasco
-
e
su
un'iscrizione
ritrovata
a
Tikal,
Ah
Cacaw
si
vanta
di
aver
"catturato
lo
scudo
di
pietra
del
regno
di
Artiglio
di
Giaguaro".
Affermazione
che
venne
interpretata
come
una
metafora
dell'uccisione
del
sovrano
di
Calakmul.
Ma
non
era
così.
Quattro
anni
fa,
infatti,
è
stata
scoperta
la
tomba
di
Artiglio
di
Giaguaro
dietro
la
scalinata
della
grande
piramide.
E'
quindi
evidente
che
Ah
Cacaw
catturò
proprio
lo
stendardo
e
non
il
sovrano;
che
infatti
morì
alcuni
anni
dopo».


Lo
studio
della
sepoltura
reale
permette
di
immaginare
che
cosa
accadde
in
quei
giorni.
Artiglio
di
Giaguaro
era
alto
un
metro
e
settantadue
centimetri,
almeno
dieci
in
più
dei
suoi
sudditi,
aveva
piccole
giade
incastonate
nei
denti
incisivi
-
segno
della
sua
nobiltà
-
e
soffriva
di
spondilite
anchilosante,
una
malattia
genetica
delle
ossa.
Morì
quando
aveva
poco
meno
di
sessantanni,
ma
da
tempo
aveva
fatto
scavare
la
sua
tomba
nella
piramide.
I
sacerdoti
dettero
ordine
di
preparare
tessuti
e
resine
per
avvolgere
il
corpo
del
re,
gioielli
e
vasi
da
deporre
nella
tomba.
Un
lavoro
che
richiese
diversi
mesi
scanditi
da
cerimonie
e
offerte
di
sangue
umano,
finché
arrivò
il
giorno
della
sepoltura.
Il
corpo,
adornato
con
un'acconciatura
di
giada
e
piume,
venne
introdotto
nella
piccola
camera
affrescata
insieme
al
corredo
funebre.
Poi
i
sacerdoti
prepararono
un
veleno
per
una
donna
di
25-30
anni,
forse
una
delle
sue
mogli,
e
un
bambino
di
8-12
anni,
e
i
loro
corpi
vennero
adagiati
in
un
loculo
adiacente
a
quello
del
re.
Infine,
il
cunicolo
d'accesso
fu
sigillato
e
coi
secoli
se
ne
perse
la
memoria.
Sette
altri
sovrani
si
avvicendarono
sul
trono
del
regno
Testa
di
Serpente,
per
due
secoli
ancora,
ma
poco
dopo
l'anno
900
accadde
qualcosa
che
gli
archeologi
non
sanno
del
tutto
spiegare.
Calakmul
venne
abbandonata
e
rapidamente
l'antica
superpotenza
diventò
una
città
fantasma.
La
stessa
fine
fecero
tantissime
altre
città
maya
e
nel
solo
stato
del
Campeche
gli
archeologi
hanno
individuato
ben
2.500
abitati,
ancora
da
scavare.
Ma
ve
ne
sono
altri
da
scoprire.
