Lo Stato
federato
del
New
Mexico
si
trova
nel
sud-ovest
del
vasto
territorio
che
forma
gli
Stati
Uniti
d'America.
La
regione
è
costituita
da
alcune
catene
del
complesso
geologico
delle
Montagne
Rocciose
separate
da
vallate
solcate
da
fiumi
e
torrenti.
Il
fiume
più
importante
è
il
Rio
Grande,
e
lungo
uno
dei
suoi
tributari
sorse
il
villaggio
di
Taos.
Il centro
urbano
data
all'incirca
al
1130-1180;
a
questa
data
risalgono
le
più
antiche
costruzioni
Hlauuma
(Casa
del
Nord)
e
Hlaukwima
(Casa
del
Sud)
a
carattere
sacro,
quando
una
calamità
originata
da
cause
ancora
sconosciute
-
probabilmente
di
tipo
climatico,
dato
che
l'attività
agricola
era
praticata
su
terre
ora
del
tutto
improduttive
-
obbligò
le
popolazioni
di
origine
preistorica,
come
gli
indiani
Anasazi,
ad
abbandonare
le
zone
fertili
di
Mesa
Verde
e
di
Chaco.
La storia
del
popolamento
della
regione,
ricostruita
attraverso
le
indagini
archeologiche,
vede
la
scomparsa
di
grandi
comunità
indiane
con
il
conseguente
proliferare
di
piccoli
villaggi
nelle
valli
del
Rio
Grande
e
dei
suoi
affluenti.
Si
tratta
di
modesti
agglomerati
rurali,
organizzati
secondo
strutture
sociali
e
religiose
comuni,
possessori
di
pratiche
agricole
estremamente
perfezionate
come
il
sistema
di
irrigazione
per
la
coltivazione
del
mais.
L'occupazione del territorio
secondo
questo
tipo
di
insediamento
era
talmente
particolare
che
la
prima
spedizione
spagnola
-
guidata
tra
il
1540
e
il
1542
da
Francisco
Vàzquez
de
Coronado,
in
quel
periodo
governatore
della
Nuova
Galizia,
l'attuale
Stato
di
Jalisco
in
Messico
-
chiamò
gli
abitanti
della
regione
semplicemente
pueblos,
il
cui
significato
in
spagnolo
equivale
a
"villaggi".
In
realtà,
il
nome
raggruppa
differenti
tribù,
ognuna
con
una
propria
lingua
(Tewa,
Tiwa,
Towa,
Keresan,
Zunian),
insediate
in
regioni
distinte
intorno
al
Rio
Grande:
gli
Hopi,
i
Keres,
i
Tano
e
gli
Zuiii.
Questi
indiani
si
distinguevano
nella
tessitura
su
telai,
nella
produzione
di
vasi
molto
apprezzati
e
nella
lavorazione
della
creta.
Inoltre,
in
una
terra
molto
arida,
erano
divenuti
eccellenti
agricoltori
scavando
enormi
cisterne
in
cui
poter
raccogliere
l'acqua
piovana
e
irrigare
con
essa
grandi
estensioni
di
terreno,
ritenute
un
bene
comune
del
villaggio.
Gli
sciamani
(uomini
medicina)
rivestivano
grande
importanza
specialmente
durante
le
cerimonie
per
propiziare
la
pioggia.

Erano
anche
buoni
cacciatori
di
cervi,
antilopi,
orsi
e
puma;
solo
occasionalmente
si
spingevano
nelle
pianure
per
cacciare
il
bisonte,
talvolta
usavano
trappole
per
catturare
uccelli
e
piccoli
mammiferi.
In
definitiva
erano
popolazioni
pacifiche
e
laboriose,
spesso
prese
di
mira
dei
predoni
Navajo
e
Apache.
In
caso
di
attacco
essi
si
rifugiavano
nei
loro
pueblo:
tolte
le
scalette
cercavano
di
bersagliare
dall'alto
i
loro
nemici
ma
spesso,
data
la
loro
indole
poco
feroce,
gli
assalitori
riuscivano
a
saccheggiare
parte
del
raccolto,
uccidere
diversi
uomini
e
rapire
donne
e
bambini
da
usare
poi
come
schiavi.
L'organizzazione
sociale
della
comunità
era
di
tipo
matriarcale
e
matrilineare,
poiché
la
donna
era
proprietaria
delle
terre
e
della
casa.
I
ruoli
decisionali
all'interno
del
clan
spettavano
invece
ai
sacerdoti.
La
religione
venerava
come
essere
supremo
il
Sole,
accompagnato
dalle
principali
divinità
della
Terra
e
della
Luna.
Nelle
kiva,
centri
cerimoniali
a
base
circolare,
si
svolgevano
sia
riunioni
per
decidere
dell'attività
della
tribù,
sia
cerimonie
prettamente
religiose.
Quasi
tutte
le
kiva
-
ve
ne
sono
sei
nel
pueblo
di
Taos
-
presentano
determinati
elementi:
una
pietra
eretta
tra
la
fossa
per
il
fuoco
e
lo
sfiatatoio
esterno,
usato
come
camino,
e
un
buco
nel
terreno
per
far
partecipare
gli
dei
della
Terra
al
rito.
Il
forte
spirito
di
comunità,
sintetizzato
nella
frase
"siamo
in
un
nido",
ha
cementato
il
popolo
Taos.
Uomini
e
donne
offrivano
i
propri
servizi
alla
comunità
quando
necessario.
Bisognava
essere
cooperativi
ed
impedire
che
i
propri
desideri
diventassero
negativi
per
il
gruppo.
Una
delle
più
forti
istituzioni
Taos
era
la
famiglia.
Le
due
famiglie
d'origine
(paterna
e
materna)
erano
ugualmente
riconosciute.
Ogni
famiglia
abitava
un
diverso
edificio
per
cui,
quando
una
coppia
si
sposava,
i
due
nuovi
coniugi
si
trasferivano
in
una
nuova
abitazione.
Gli
anziani
insegnavano
ai
giovani
i
valori
e
le
tradizioni
che
da
sempre
proteggevano
l'integrità
della
cultura
Taos.

Gli
edifici
della
parte
settentrionale
sono
tra
i
più
colorati
e
fotografati
dell'emisfero
occidentale.
È
la
più
grande
struttura
Pueblo
ancora
in
piedi,
e
tuttora
abitata.
È
costruita
con
mattoni
di
paglia
e
fieno
che
superano
il
metro
di
spessore.
L'obbiettivo
principale
era
la
difesa.
Fino
al
1900
l'accesso
alle
stanze
dei
piani
bassi
era
basato
sull'uso
di
una
scala
che
portava
sul
tetto,
da
cui
si
poteva
scendere
utilizzando
una
scala
interna.
In
caso
d'attacco
la
scala
esterna
poteva
facilmente
essere
sollevata.
Le
case
erano
composte
normalmente
da
due
stanze,
la
prima
fungeva
da
salotto
e
stanza
da
letto,
la
seconda
da
cucina,
sala
da
pranzo
e
magazzino.
Non
esistono
collegamenti
tra
le
varie
abitazioni.
Gli
indiani
Taos
raramente
usavano
mobili
in
passato,
ma
al
giorno
d'oggi
è
comune
l'uso
di
tavoli,
sedie
e
letti.
Nel
Pueblo
l'elettricità,
l'acqua
corrente
e
le
tubature
interne
sono
vietate.
Il
villaggio
è
interamente
edificato
in
mattoni
d'argilla
prodotti
con
terra,
acqua
e
paglia,
pressati
in
stampi
e
seccati
al
sole.
Si
compongono
di
varie
stanze,
tutte
collegate
fra
loro,
e
raggiungono
anche
i
cinque
o
sei
piani.
I tetti piatti sono costituiti da
travi
di
legno,
vigas,
coperte
da
tegole
anch'esse
di
legno.
All'esterno,
come
intonaco,
era
utilizzato
il
fango
dal
tipico
color
rosso-marrone,
mentre
l'interno
veniva
ricoperto
da
una
tinteggiatura
bianca,
prodotta
con
terre
naturali.
Le
costruzioni
sono
poste
una
accanto
all'altra
su
differenti
livelli;
in
passato
non
esistevano
strade
che
dividevano
le
case:
l'ingresso
si
trovava
direttamente
sul
tetto.
Ogni
villaggio
era
fortificato
da
parapetti
di
difesa
e
raggiungibile
solo
per
mezzo
di
scale
che
in
caso
di
pericolo
venivano
ritirate.
Le
mura
cittadine
racchiudevano
l'intero
villaggio
ad
eccezione
dell'ingresso
come
simbolo
dei
confini
comunali.
Ora
il
muro
è
piuttosto
corto,
ma
in
passato
serviva
principalmente
per
difendersi
dalle
tribù
confinanti.
Il
fiume
scorre
attraverso
il
Pueblo
fornendo
anche
una
fonte
per
bere
e
cucinare.
In
inverno
il
fiume
non
si
congela
mai
del
tutto,
nonostante
venga
ricoperto
da
una
sottile
lastra
di
ghiaccio.
A
causa
del
suo
scorrere
veloce,
il
ghiaccio
può
essere
rotto
per
raggiungere
l'acqua
fresca
sottostante.

La
conquista
da
parte
degli
spagnoli
non
fu
accettata
dagli
indiani.
L'introduzione
di
nuove
razze
di
bestiame
e
di
nuovi
cereali,
a
totale
uso
e
consumo
dei
colonizzatori,
modificò
solo
in
minima
parte
le
loro
tradizioni.
Dal
1613
gli
abitanti
di
Taos
si
rifiutarono
di
pagare
i
tributi
in
contanti,
le
encomiendas,
imposti
dalla
Corona
spagnola
a
favore
dei
suoi
sudditi.
A
ogni
villaggio
fu
dato
il
nome
di
un
santo,
tuttavia
la
cristianizzazione
fu
mal
tollerata
e
ancora
oggi
la
maggior
parte
delle
feste
si
ispirano
alla
religione
nativa.
Nel
1634
il
missionario
Alonso
de
Benavides
si
lamentava
con
il
papa
del
comportamento
degli
indiani,
insensibili
ai
suoi
tentativi
di
evangelizzazione.
Nel
1680
fu
incendiato
il
primo
tempio
cristiano,
costruito
nel
1619
e
dedicato
a
san
Geronimo.
La
lotta
continuò
anche
negli
anni
successivi,
malgrado
il
cambiamento
dell'amministrazione
"nemica".
Infatti
nel
1821
la
Nuova
Spagna
divenne
indipendente
con
il
nome
di
Messico,
dopo
sanguinose
rivolte
capeggiate
prima
dagli
indios
e
poi
dall'aristocrazia
creola.
La
debolezza
dell'amministrazione
messicana
causò
la
secessione
del
Texas,
e
la
guerra
che
ne
derivò
tra
il
1846
e
il
1848
portò
all'annessione
del
New
Mexico
agli
Stati
federati
americani
(trattato
di
Hidalgo
Guadalupe).
Gli abitanti di Taos hanno
ottenuto
nel
1970
la
restituzione
delle
terre
da
parte
del
presidente
Richard
Nixon; in particolare hanno potuto di
nuovo
accedere
al
territorio
sacro
del
lago
Azzurro.
Le
terre
erano
state
confiscate
da
Theodore
Roosevelt
e,
nei
primi
anni
del
XX
secolo,
vennero
trasformate
nella
Foresta
nazionale
di
Carson.
Il
Lago
Blu,
che
gli
antichi
Pueblo
consideravano
sacro,
era
incluso
in
questa
restituzione.
Il
sito
web
dei
pueblo
elenca
la
restituzione
del
lago
sacro
tra
gli
eventi
più
importanti
della
propria
storia,
a
causa
delle
credenze
religiose
secondo
le
quali
i
Taos
sarebbero
nati
dal
lago
stesso.
Dal 1992 il
pueblo
di
Taos
è
entrato
a
far
parte
del
Patrimonio
dell'umanità
dell'Unesco.
GLI
INDIANI
D'AMERICA
All'arrivo
degli
europei
gli
amerindi
furono
denominati
in
due
modi:
"indiani",
per
il
noto
equivoco
di
Cristoforo
Colombo
che
credeva
di
aver
raggiunto
le
Indie
orientali,
e
"pellerossa",
per
la
loro
usanza
di
dipingersi
il
volto
durante
le
cerimonie
religiose.
Nell'America
settentrionale
le
tribù
indiane
si
svilupparono
in
vasti
ambienti
naturali,
molto
vari
per
clima
e
risorse;
ne
risultò
una
molteplicità
di
modi
di
vita
e
di
elementi
culturali
che
diedero
vita
a
oltre
duecento
lingue
diverse.
I popoli
cacciatori
delle
pianure
e
delle
praterie
comprese
tra
il
Mississippi
e
le
Montagne
Rocciose
come
i
Comanche,
gli
Arapaho,
i
Cheyenne,
i
Piedi
Neri
e
i
Sioux
erano
in
prevalenza
nomadi.
Questi
gruppi
mantennero
per
lungo
tempo,
anche
dopo
l'arrivo
degli
europei
sul
continente,
le
loro
tradizioni
e
il
loro
stile
di
vita.
I
primi
contatti
con
i
coloni
furono
persino
vantaggiosi
per
loro:
gli
spagnoli
avevano
portato
con
sé
e
diffuso
il
cavallo,
che
non
esisteva
in
America.
Il
nuovo
animale
fu
allevato
da
alcune
tribù
e
divenne
un
mezzo
per
migliorare
i
metodi
di
caccia
e
facilitare
gli
spostamenti.
Nelle
regioni
orientali,
dai
Grandi
Laghi
alla
costa
atlantica,
vivevano
gli
Uroni
e
gli
Algonchini
dediti
alla
caccia
e
a
una
limitata
produzione
agricola.
Più
decisamente
agricoltori
erano
i
Creek,
i
Cherokee
e
i
Seminoie,
stanziati
tra
gli
Appalachi
e
la
penisola
della
Florida.
Nel
sud-ovest,
dall'Arizona
al
New
Mexico,
erano
insediati
Apache,
Hopi,
Navajo
e
Yuma.
Risentendo
dell'influsso
culturale
e
dei
contatti
con
le
civiltà
degli
altopiani
messicani,
il
loro
modo
di
vita,
basato
sull'agricoltura
(mais
e
legumi),
era
legato
a
insediamenti
in
villaggi
stabili
costituiti
da
edifici
di
argilla
e
fango,
i
pueblos.

Nonostante
le
differenze,
alcuni
elementi
culturali
erano
comuni
a
vari
gruppi.
La
guida
delle
tribù
era
affidata
a
consigli
di
capifamiglia
o
capi-clan,
affiancati
dallo
stregone
che,
come
autorità
religiosa,
custodiva
le
tradizioni
orali
e
il
culto
del
"Grande
Spirito".
Lo
sfruttamento
delle
risorse
naturali
era
mirato
a
ottenere
il
minimo
indispensabile
per
vivere.
I
bisonti
venivano
cacciati
badando
a
non
ridurne
troppo
il
numero.
Nelle
comunità
agricole
non
esisteva
la
proprietà
privata
della
terra,
che
era
considerata
un
bene
collettivo
e
il
fondamento
stesso
della
vita.
I numerosi
tentativi
di
convivenza
pacificamente
con
gli
europei
furono
vanificati
da
accordi
non
rispettati
e
dall'espansione
della
colonizzazione
che,
specie
nelle
pianure
centrali,
privava
gli
indiani
delle
loro
terre;
le
tribù
più
numerose
tentarono
quindi
di
organizzarsi
con
una
difesa
armata.
Uno degli
ultimi
episodi
di
lotta
fu
la
battaglia
di
Little
Big
Horn
(1876),
nel
Montana,
in
cui
morirono
il
colonnello
Custer
e
centinaia
di
soldati
accerchiati
da
Sioux
e
Cheyenne.
Il
problema
indiano
fu
affrontato
nel
1871
con
una
legge
federale
che
non
riconosceva
le
tribù
indiane
come
"nazioni
indipendenti",
e
concedeva
loro
di
vivere
in
apposite
riserve
situate,
in
prevalenza,
in
regioni
interne
e
isolate
dell'ovest.
In questi
territori
vive
oggi
la
metà
dei
discendenti
degli
indiani,
circa
un
milione
e
mezzo
di
persone.
Alcune
comunità
delle
riserve,
come
le
tribù
Hopi
e
Navajo
dell'Arizona
e
del
New
Mexico,
hanno
mantenuto
un
minimo
di
tradizioni
e
di
vita
associativa.
Qualche
gruppo
ha
potuto
sfruttare
le
risorse
naturali
reperite
nel
proprio
territorio,
come
il
legname
e
i
prodotti
minerari,
e
farne
oggetto
di
commercio.
Nel
complesso,
tuttavia,
gli
indiani
godono
di
un
livello
di
reddito
inferiore
a
quello
medio,
sono
in
gran
parte
disoccupati,
hanno
una
vita
media
di
quarant'anni
contro
i
settantaquattro
dei
bianchi
e
la
loro
condizione
rimane
sostanzialmente
quella
di
emarginati.
In
alcune
riserve
la
mortalità
infantile
sfiora
il
cento
per
mille,
contro
il
cinque
per
mille
della
popolazione
bianca.
