Già
nei primi secoli dell'era cristiana si era attuata una fonte ma pacifica
indianizzazione dell'Indocina a opera dei Brahmani, la casta sacerdotale
indù e in un secondo tempo dei missionari buddhisti, pertanto, i grandi
templi di Angkor testimoniano un affascinante sincretismo di elementi
autoctoni e importanti: il locale culto khmer degli antenati e della
Montagna Sacra si fonde con l'ideale indù del monarca universale e con
i miti della Montagna Cosmica, asse del mondo e suo perno ordinatore.
Alla
fine del IX secolo re Yasovarman I (889-900) fece costruire per primo la
propria capitale nel sito di Angkor, forma alterata del termine
sanscrito Nagara che significa "città reale, capitale",
inaugurando una tradizione che sarebbe durata per i successivi cinque
secoli: molti dei suoi discendenti lo avrebbero emulato cosicché
nacquero diverse Angkor disposte l'una accanto all'altra fino a creare
un centro monumentale di circa duecento chilometri quadrati. Per secoli
i re si dedicarono a far costruire i templi dove essi stessi venivano
venerati e che tuttora ne perpetuano la memoria, al perfezionamento
delle opere di irrigazione e alla costruzione di dighe (veri capolavori
di tecnica idraulica, oggi non più visibili), all'espansione politica e
culturale: nel XII secolo la civiltà khmer si irradiò per tutto il
sud-est asiatico fino a estendersi dalle coste del Vietnam alla Birmania
centrale, dal Laos alla penisola malese.
Nel
IX secolo un grandioso rito brahmanico celebrato sul sacro monte di
Phnom Kulen per il re Jayavarman II sancì per la prima volta il culto
del devaraja, il "dio-re". Narra il mito che il dio
Shiva, uno degli aspetti divini più importanti della religione indù,
conferì al re il lingam, la pietra fallica che lo simboleggia e
che da quel momento divenne anche il tabernacolo dell'essenza regale del
devaraja, il protettore dell'universo, la cui dimora non poteva
essere altro che il tempio-montagna. Quindi ogni sovrano edificava
durante il suo regno un tempio personale che ospitava il lingam,
simbolo della sua regalità e della sua essenza divina, e che alla sua
morte ne diventava il mausoleo, una sorta di corpo architettonico. I più
potenti devaraja fecero erigere luoghi sacri anche per i loro
parenti: in tal modo il tempio, oltre a testimoniare la speranza di vita
nell'Aldilà, diventava una sorta di ponte fra gli antenati e la loro
progenie.
Il
regno di Jayavarman VII tra 1181 e 1219 rappresentò il culmine
dell'impero, ma anche l'inizio del suo secolare declino: il progressivo
ridursi della Cambogia alle sue terre interne sotto l'incalzante
avanzata delle popolazioni vicine, la sospensione dei lavori per il
controllo delle acque, la crisi di una società divisa in caste,
logorata dalle guerre e dalla dispendiosa furia costruttrice del
sovrano, la massiccia conversione al buddismo ascetico minò quel potere
che per secoli aveva ostentato il proprio induismo.
Nel
1431 l'antica capitale di Angkor venne abbandonata perché indifendibile
e i re si trasferirono più a sud, nell'attuale Phnom Penh: i templi
vennero inghiottiti dalla vegetazione tropicale e della città si perse
quasi completamente la memoria. Fu un naturalista francese, Henri
Mouhot, che nel secolo scorso descrisse per la prima volta nel suo
"Il giro del mondo" le meraviglie della città di Angkor,
attirando l'attenzione dell'Occidente sulla civiltà khmer. Durante il
protettorato francese della Cambogia, l'Ecole Française d'Extreme
Orient, fondata nel 1900, iniziò il recupero di Angkor, procedendo a
liberare i monumenti della giungla e a restaurarli.
Nel
1908 fu creata una struttura specifica, la Conservation des Monuments
d'Angkor, che vide succedersi mitici direttori come Comaille e Henri
Marchal, morto proprio in Cambogia nel 1970. Quando gli olandesi, nel
1929, inaugurarono il metodo dell'anastilosi - che consiste nello
smontare completamente il monumento e ricostruirlo rinforzato pezzo per
pezzo - si cominciò ad applicarlo con ottimi risultati ai monumenti
khmer.
Nel
complesso monumentale di Angkor lo stesso schema urbano ritorna, con
poche varianti, nelle diverse "capitali": nel cuore di ogni
"città reale", protetta sui quattro lati da una cinta
muraria, si trova il tempio principale, a nord di questo il palazzo
reale, poi i quartieri residenziali; ultimi, ma non meno importanti, i
baray, la cui forma geometrica aveva un significato magico,
grandissimi bacini artificiali creati attraverso imponenti lavori
idraulici che permettevano di irrigare le risaie nei sei mesi della
stagione secca.
Tutta
l'architettura khmer è ispirata al simbolismo della Montagna Cosmica ed
è proprio la torre-santuario quadrata con piramide a gradini che
costituisce la più antica soluzione architettonica khmer, in mattone,
arenaria o laterite. Prima isolate e poi raggruppate su un basamento in
numero di tre o di cinque, le torri, i prasat, si evolvono in
seguito nello scenografico complesso del tempio-montagna a quinconce,
cioè a cinque torri, quattro disposte agli angoli del perimetro
quadrato e una al centro, collegate da gallerie colonnate.
Sono
i miti indù dell'origine del mondo a dettare le regole per la
costruzione: il tempio-montagna sorge in un bacino che simboleggia
l'Oceano Cosmico, le acque primordiali nel cui grembo caotico sta
racchiusa la vita in attesa di essere manifestata. L'importanza del baray,
il bacino idrico khmer, è fondamentale nell'edificazione dei centri
religiosi: il potere regale si fonda infatti, oltre che sulle
motivazioni sacre, sulla capacità di sfruttamento delle acque per le
risaie: così il re, trasponendo il mito in una dimensione pratica
funzionale, diventa la fonte e il distributore della vita.
Il
corpo principale del tempio coincide con il mitico monte Meru a cinque
picchi, che nella visione indù è al centro dell'universo e simboleggia
l'asse ordinatore che trasforma il caos originario nel mondo manifesto.
Le porte che si protendono in speciali padiglioni fuori dalla
costruzione ai quattro punti cardinali celebrano l'estensione del potere
regale su tutto l'universo.
Quanto
al ponte con la balaustra costituita da naga, i serpenti
policefali a cinque o sette teste, rimanda all'arcobaleno che raccorda
cielo e terra e alla pioggia di cui i serpenti sono portatori.
|
A.
Angkor Vat
B.
Phnom Bakheng
C.
Angkor Thom
D.
Bayon
E.
Preah Khan
F.
Neak Pean
G.
Bacino orientale
H.
Ta Prohm
I.
Banteay Kdei -
J.
Sras Srang
K.
Ta Som
L.
Mebon orientale
M.
Prerup |
Moltissimi
i monumenti nella zona di Angkor, la "Città" per eccellenza
che si estende per 200 chilometri quadrati nei pressi dell'odierna
località di Siemreap nella Cambogia settentrionale. Ogni sovrano doveva
assolvere tre doveri fondamentali: verso i sudditi, con la costruzione
di bacini e canali di irrigazione; verso gli antenati, con
l'edificazione di un tempio che li commemorasse; verso se stesso in
quanto devaraja, con l'erezione del suo santuario-montagna.
Uno
degli insediamenti più antichi si trova presso l'odierno villaggio di
Roluos, ove il grande sovrano Indravarman fissò la sua capitale,
Hariharalaya, facendo scavare il grande haray Indratataka ed
edificare il tempio a sei torri del Preah Ko nell'879 e il
santuario-montagna del Bakong nell'881.
Abitata
sicuramente fino all'882 Ruluos fu abbandonata dal successore
Yashovarman (889-900) che fondò una sua capitale (Yashodhrapura),
alimentata dall'enorme bacino idrico detto " Baray
orientale" e gravitante attorno al tempio-montagna del Bakheng, che
ospitava il lingam reale. Con Yashodhrapura inizia la storia di
Angkor, che per più di cinque secoli fu l'epicentro dell'Impero Khmer,
salvo la breve parentesi durante la quale Jayavarman IV spostò la
capitale a Koh Ker dal 921 al 941.
Non
furono comunque soltanto i re a edificare: uno dei capolavori dell'arte
khmer, il Banteay Srei, fu fatto costruire nel 967 da due Brahmani,
Yajnavaranha e il fratello Vishnukumara, a 20 chilometri a nord-est di
Angkor Rettangolare, con una serie di edifici tra la prima e la seconda
cinta e riprese monumentali - ovvero gopura - cruciformi sugli
ingressi della terza e della quarta, alleggerisce la massa dei muri con
finestre cieche a colonnine circolari. Il viale d'accesso è
fiancheggiato da due porticati e il tempio vero e proprio si articola in
tre prasat centrali, di dimensioni ridotte, su basamenti decorati
e con false porte su tre lati, sovrastati da una copertura a più piani
che riprendono, miniaturizzandola, la costruzione. Notevolissimi a
Banteay Srei i frontoni, polilobati e poco curvi sui prasat, a
profili molto ondulati nelle cosiddette "biblioteche",
d'imitazione lignea nei gopura, spesso su tre piani prospettici,
con quell'effetto "a cannocchiale" che diverrà tipico con
l'Angkor Vat. La decorazione del tempio rappresenta uno dei momenti più
felici nell'arte khmer per la ricchezza e la freschezza delle
composizioni.
Il
primo tempio dell'architettura classica khmer è il Prah Ko che
sorse sul monte di Mahendrapura per custodire, come voleva la
tradizione, le anime degli antenati del sovrano; dedicato al dio Shiva,
l'edificio è costruito in mattoni, con infissi e porte in latente,
pietra dal caldo colore rosso mattone, che caratterizza le architetture
khmer più antiche. Nella struttura si succedono, dall'esterno verso
l'interno, un ampio recinto quadrato, una seconda recinzione che sorge a
un livello superiore e, infine, una piattaforma rettangolare munita di
sei alte torri quadrate, disposte su due file: la prima fila di tre
torri è consacrata agli antenati maschi, mentre la seconda alle
antenate, giacché nella cultura khmer le donne e gli uomini avevano gli
stessi diritti; alla base di ciascuna torre troviamo una figura in
bassorilievo, un "guardiano" che sorveglia il riposo degli
antichi avi.
Nell'881
Indravarman I fece costruire un secondo tempio, più imponente e
articolato, il Bakong: dedicato anch'esso a Shiva, il cui
rappresentante in terra era appunto il sovrano, sorse ancora una volta
su un monte e venne circondato, oltre che dal muro di cinta, da un
esteso specchio d'acqua artificiale. L'accesso era possibile grazie a
due ingressi sopraelevati che solcavano il bacino idrico: le balaustre
dei due passaggi sospesi erano foggiate a forma di serpente.
Il
Bakong è il primo grande monumento in pietra in cui si uniscono la
piramide a ripiani e il santuario a torre: dei cinque piani del
complesso, costituiti da altrettante terrazze concentriche, i primi tre
sono decorati ai vertici con elefanti in pietra, il quarto da dodici
torrette, mentre all'ultimo piano si trova il santuario principale
sormontato da cinque tetti coronati da un fiore di loto. Alla base di
tutta la costruzione si trovano otto santuari turriti e altrettanti
leoni accucciati vigilano sulle le scale d'accesso.
Suryavarm
II (1113-50), il "Protetto della vittoria", fece costruire in
circa trent'anni l'Angkor Vat (1122-50) ovvero "la città
santuario", la più grande creazione architettonica di tutta l'Asia
e la più alta espressione dell'arte khmer, al punto da essere noto come
il "Partenone cambogiano". Dedicato a Visnu, il tempio
costituisce con ogni probabilità il mausoleo del sovrano: lo provano
l'ingresso orientato a occidente e gli innumerevoli bassorilievi che
vanno letti da sinistra a destra, proprio nel senso del rituale funebre
indù. Su una base piramidale a pianta quadrata, circondata da tre serie
concentriche di gallerie, scandite da colonne e poste ad altezza via via
crescente, si innestano, a più di duecento metri di altezza, cinque
enormi torri a forma di boccioli di loto, di cui quella centrale è poco
più alta delle altre: esse richiamano il profilo del monte Meru,
"la mitica montagna aurea" dell'induismo, cuore dell'universo
e sede della divinità.
All'interno
si presentano agli occhi del visitatore chilometri e chilometri di
decorazioni, modanature scolpite e bassorilievi che ricoprono tutto il
muro interno della galleria del primo piano. Vi sono descritti antichi
poemi indiani, episodi di vita della corte, scene di battaglia, momenti
epici come la discesa dell'esercito reale khmer dalla montagna alla
pianura con i comandanti seduti sugli elefanti e seguiti dall'esercito
dei fanti.
Ma
il capolavoro è la rappresentazione del mito di origine indiana della
"zangolatura dell'oceano del latte", che occupa una parete di
un centinaio di metri. Per ottenere la bevanda dell'immortalità,
Yamrita o ambrosia, dei e demoni stipulano una tregua e percuotono
insieme i flutti dell'oceano del latte servendosi del serpente Vasuki,
che viene arrotolato intorno a una montagna: a un capo e all'altro del
grande cobra novantadue demoni e ottantotto dei tirano alternativamente
per ottenere un movimento rotatorio. Arbitro della disputa è Visnu,
raffigurato sia con sembianze umane sia in una delle sue incarnazioni,
la tartaruga. Centinaia di figure femminili dal volto calmo e sorridente
e dall'espressione ieratica, adorne di preziosi monili, compaiono sui
pilastri, sulle architravi delle porte, sui muri e le pareti delle
gallerie: sono le apsàras, danzatrici celesti, e le dévata, divinità
femminili che dispensano le gioie del paradiso.
Alla
morte di Suryavarman II nel 1150 fece seguito un trentennio di
instabilità politica durante il quale i cham, provenienti dal vicino
Vietnam, dapprima saccheggiarono, nel 1177, e in seguito dominarono per
quattro anni su Angkor; ma il futuro Jayavarman VII (1181-1219), guidò
la riscossa del popolo khmer e lo rese di nuovo indipendente.
Alla fine del XII secolo questo sovrano, conosciuto come il "re
costruttore" fece edificare la sua capitale, la gigantesca Angkor
Thom, "Angkor la Grande", la "Grande città", in
cui l'arte khmer ritrova l'antico splendore. Nella cinta muraria di
sedici chilometri si inseriscono cinque porte monumentali, punto di
arrivo di altrettanti ponti fiancheggiati su entrambi i lati da
cinquantaquattro statue colossali: a sinistra, con espressione serena,
gli dei, a destra i demoni dai volti contratti, che hanno, cosa curiosa,
occhi occidentali; tutti stringono il corpo del mitico serpente Naga,
riconoscibile per le sette teste, progenitore dei khmer e spirito delle
acque. Al centro sorge il tempio Bayon, un edificio piramidale su cui
svettano ben cinquantaquattro torri, su ognuna delle quali sono scolpiti
quattro volti ciclopici del dio-re.
Il
muro della galleria del portico esterno è decorato da bassorilievi che
rappresentano scene di battaglia contro i guerrieri cham, dai tipici
copricapo a fior di loto, ma soprattutto scene di vita quotidiana della
popolazione dell'epoca, descritte con un linguaggio spontaneo e
realista: con questo re, convertitosi al buddismo, l'arte abbandona la
mitologia e si fa profana.
Tra
i numerosi edifici religiosi buddisti fatti costruire dal neo convertito
Jayavarman VII, spicca l'immenso monastero di Ta Prom, dedicato
dal re alla madre: è questo il luogo più suggestivo dell'antica città,
volutamente lasciato dagli archeologi nelle condizioni in cui fu
scoperto nella seconda metà del XIX secolo, con le gallerie e le mura
ricoperte dall'intrico secolare della vegetazione tropicale e gli enormi
blocchi di pietra delle strutture crollate avvolti da gigantesche
radici.
LA
MONTAGNA COSMICA
Tutta
l'architettura khmer è ispirata al simbolismo della montagna cosmica,
il luogo più alto dove il mondo degli uomini e quello degli dei
comunicano, quasi una sorta di Torre di Babele, ed è proprio il prasal,
la torre-santuario sulla piramide a gradoni, che costituisce la più
antica soluzione architettonica khmer, in mattoni, arenaria o latente.
Prima isolati e poi raggruppati su un basamento in numero di tre o di
cinque, i prosai si evolvono in seguito nello scenografico complesso del
tempio-montagna a cinque torri, di cui quattro disposte agli angoli del
perimetro quadrato e una al centro, collegate fra loro da gallerie
colonnate. Sono i miti hindu dell'origine del mondo a dettare le regole
per la costruzione: il tempio-montagna è circondato da uno specchio
d'acqua che simboleggia l'oceano cosmico primordiale, nel cui grembo
caotico è racchiusa la vita in attesa di essere manifestata. A
costituire le liquide distese che riflettono i sacrali è una fitta rete
di canali, alimentati a loro volta dai baray, i bacini khmer, grandi
contenitori d'acqua piovana e di riporto dai fiumi, che non erano
scavati nel suolo, ma ottenuti alzando argini: il perimetro del baray
veniva segnato da due canali paralleli, la cui terra di riporto serviva
a costruirvi in mezzo l'argine. Il canale esterno aveva funzione di
drenaggio e di raccolta delle acque di straripamento.
I
baray immagazzinavano l'acqua a un livello più alto della piana e,
quindi, tramite un sistema di chiuse, era possibile farla defluire a
piacere, senza bisogno di pompe, ma sfruttando il dislivello. Una
meccanica idraulica geniale, ottenuta con un dispendio di mezzi e fatica
decisamente inferiore a quello richiesto dallo scavo di un bacino e che
permetteva tre raccolti di riso all'anno. I lavori per imprese simili
tuttavia, prevedevano migliaia di operai: bisognava disboscare,
sterrare, scavare canali e alzare argini. Ciò richiedeva un forte
potere centrale, in grado di provvedere successivamente alla
manutenzione del sistema idrico. L'importanza regale si fonda così,
oltre che sulle motivazioni sacre, anche sulla capacità di sfruttamento
delle acque per le risaie: il re, trasponendo il mito dell'oceano
cosmico, fonte della vita, in una dimensione pratica funzionale,
diventava il garante e il distributore della liquida essenza vitale.
Oggi, tuttavia, questa concezione della città idraulica è messa
fortemente in discussione dalle ultime scoperte satellitari.
AL
CENTRO DELL'UNIVERSO
Il
corpo principale del tempio che emerge dalle acque coincide con il
mitico Monte Menu, che nella visione hindu è al centro dell'universo e
simboleggia l'asse ordinatore che trasforma il caos originale nel mondo
manifesto. I cinque picchi del Meru giustificano il motivo delle cinque
torri. Le porte, che si protendono in speciali padiglioni fuori dalla
costruzione verso i quattro punti cardinali, celebrano l'estensione del
potere regale su tutto l'Universo. Quanto al ponte con la balaustra
costituita da naga - i serpenti policefali - che collega la città e il
tempio, cioè il mondo degli uomini e quello degli dei, rimanda
all'arcobaleno che raccorda Cielo e Terra e alla pioggia, di cui i
serpenti sono portatori. Ogni elemento è volto a sottolineare la
dimensione divina: i cigni e i garuda, i mitici esseri in parte umani e
in parte rapaci che compaiono alla base delle costruzioni, stanno a
indicare che queste sono i carri o i palazzi volanti degli dei,
trasportati nei cieli da creature alate. La statua principale diventa il
tabernacolo dello spirito regale e deve essere resa viva tramite una
particolare cerimonia definita "apertura degli occhi". Defunto
il re, questa diviene il luogo che ne ospita le ceneri. Poche statue
sono rimaste in loco, purtroppo, perché i predatori le hanno divelte
dalle basi alla ricerca di tesori che forse non vi furono mai.
Al
santuario, casa del dio-re o suo mausoleo, il popolo poteva accedere
solo parzialmente. Gli ambienti più interni - o più sopraelevati,
visto che le tipologie architettoniche erano due: il tempio collocato
sulla piramide a gradoni e quello in piano entro cinte concentriche -
erano aperti esclusivamente al sovrano e ai sacerdoti, esseri che
godevano di uno stato sovrumano.
Tanta
incredibile bellezza fu probabilmente costruita anche con il sangue dei
nemici vinti, obbligati alla schiavitù, e del popolo khmer, costretto a
periodi di lavoro forzato. Ma probabilmente tanta sofferenza era
illuminata dalla fede e il devaraja, più che un tiranno, rappresentava
la guida e il modello morale per il suo popolo. Se questa ipotesi può
sussistere per le forme dispotiche dell'antica Cambogia, è
insostenibile per la storia recente e le sue ideologie genocide.
Dimenticare l'uomo per ricordare solo i suoi monumenti è una fuga dalla
realtà. Lungo le strade in riva ai canali, nelle risaie, nei mercati,
nei villaggi, gente dignitosa e gentile nasconde il suo terribile e
recentissimo passato nel profondo dello sguardo e non ha ancora trovato
la pace che merita.
LA
SCOPERTA DI ANGKOR
Abbandonata
nel 1431, nel 1863 Angkor fu scoperta dagli europei grazie alla
pubblicazione postuma dei taccuini e dei disegni del naturalista
francese, Henri Mouhot, che nel 1858 si era imbattuto nelle rovine
dell'antica capitale khmer. Quando poi alcuni dei reperti di scultura e
architettura portati da Angkor a Parigi da Delaporte qualche anno più
tardi, calchi e statue raffiguranti un gigante a cinque teste e dieci
braccia, un drago policefalo, un leone ritto e pronto a saltare
approdano all'Esposizione universale di Parigi del 1878 circondati da
carte e disegni collezionisti e architetti, scultori e letterati vengono
catturati dal fascino dall'arte khmer.
Sebbene
la politica coloniale francese in Oriente non avesse trovato in Cambogia
le ricchezze sperate, in Francia l'interesse si espande rapidamente a
mano a mano che pezzi pregiati, calchi, souvenir provenienti da Angkor
prendevano la via dei musei e delle collezioni d'Oltralpe.
Così,
con il tempo Angkor comincia a essere meta non solo di sempre più
frequenti spedizioni archeologiche, ma anche di un vero e proprio flusso
turistico.
Nell'autunno
del 1907 giungono ad Angkor più di duecento escursionisti europei, per
lo più coloni provenienti da Phnom Penh o da Saigon, mentre dal 1912
vengono organizzati viaggi "tutto compreso", ma di soli due
giorni: si può soggiornare in capanne su palafitte dove però occorre
portarsi biancheria, viveri e quanto necessario per cucinare.
Negli
anni venti le agenzie turistiche permetteranno di visitare la città in
qualunque stagione, e la moda delle crociere farà tappa anche ad
Angkor, che diventa anche meta di importanti artisti, come lo scrittore
Pierre Loti, e gli attori Charlie Chaplin e Paulette Goddard (1936).
La
seduzione esercitata da Angkor accende l'interesse per la civiltà
cambogiana nel suo complesso: quando nel 1924 il re Sisovath giunge
portando con sé il Corpo di ballo reale, Rodin dedica un'intera serie
di disegni a quelle fanciulle e per completarla le insegue fino a
Marsiglia.
Ma
è in occasione dell'Esposizione coloniale di Parigi del 1931 che
l'iconografia di Angkor entra nell'immaginario collettivo: viene allora
presentata una monumentale ricostruzione dell'Angkor Vat e i
pubblicitari se ne impadroniscono.
Angkor
Wat
Angkor
Wat (in lingua khmer Tempio della città) è un tempio khmer,
situato nel sito archeologico di Angkor, in Cambogia, nei pressi della
città di Siem Reap.
Il
tempio fu fatto costruire da re Suryavarman II tra il 1113 e il 1150. Il
re ordinò che la gigantesca costruzione partisse da 4 lati
contemporaneamente, cosicché fu completata in meno di 40 anni.
L'ipotesi più probabile è che si tratti di un mausoleo, un luogo dove
il re avrebbe potuto essere venerato dopo la morte. Infatti, l'entrata
principale è situata ad ovest, come nei templi funerari, e non ad est,
come consuetudine per i templi indù. Il tempio è a forma di
rettangolo, lungo circa 1,5 km. da ovest a est e 1,3 km. da nord a sud;
all'interno del fossato che circonda completamente il muro perimetrale
di 3,6 km vi sono tre gallerie rettangolari, costruite una sopra
l'altra. Al centro del tempio si trovano cinque torri. Angkor Wat si
compone di due principali caratteristiche dell'architettura cambogiana:
il tempio collina che si erge all'interno di un fossato e che
simboleggia il Meru (la montagna degli dei nella religione indù,
ed infatti il tempio è consacrato a Visnu), e i successivi templi a
galleria.
È
diventato il simbolo della Cambogia ed appare sulla bandiera nazionale;
è oggi il luogo del paese più visitato dai turisti. La prima
costruzione del tempio iniziò nella prima metà del dodicesimo secolo,
durante il regno di Suryavarman II (1113-1150 circa), e fu dedicato a
Visnu. Non sono state trovate iscrizioni del periodo della fondazione,
per cui il nome originale è oggi sconosciuto. È situato a 5,5 km a
nord dell'odierna città di Siem Reap, e a sud-est della capitale
precedente, che era a Baphuon. Sembra che alla morte del re i lavori si
siano fermati, ed alcuni bassorilievi siano rimasti incompiuti. Nel 1177
Angkor fu saccheggiata dai Chăm, tradizionali nemici dei Khmer.
L'impero fu rifondato dal un nuovo re, Jayavarman VII, che stabilì la
nuova capitale e il tempio dello stato rispettivamente a Angkor Thom e a
Bayon, pochi chilometri a nord.
Angkor
Wat si differenzia dagli altri templi di Angkor perché non è mai stato
del tutto abbandonato, ed inoltre il fossato esterno lo ha in un certo
qual modo protetto dall'avanzare della giungla. Fino al XVI secolo il
tempio era conosciuto come 'Preah Pisnulok', dal nome dato a Suryavarman
dopo la sua morte. In questo periodo prese il suo nome moderno, che
significa "Città Tempio". 'Angkor' è la forma dialettale
della parola nokor che deriva dal sanscrito 'nagara' (capitale), mentre
wat è il termine Khmer per tempio.
Uno
dei primi visitatori occidentali del tempio fu Antonio da Magdalena, un
monaco portoghese che lo visitò nel 1586 ed affermò che "è una
costruzione così straordinaria che è impossibile da descrivere con una
penna, poiché non c'è un edificio simile al mondo. Ha delle torri e
delle decorazioni e quanto di più raffinato che il genio umano possa
immaginare." Tuttavia il tempio divenne popolare in Occidente solo
alla metà del XIX secolo, dopo che Henri Mouhot pubblicò le sue note
di viaggio.
Mouhot,
come altri visitatori occidentali, non credette che i Khmer avessero
potuto costruire il tempio, e ne sbagliò la datazione giudicando che
fosse contemporaneo ai romani. La vera storia di Angkor Wat fu messa
insieme solo dopo lunghi studi stilistici ed epigrafici che furono
portati avanti con la sistemazione ed il restauro dei siti dell'intera
area di Angkor.
Angkor
Wat richiese un notevole lavoro di restauro durante il ventesimo secolo,
in particolare la rimozione della terra e della vegetazione. I lavori
furono interrotti durante la guerra civile e sotto il controllo dei
Khmer rossi negli anni '70 e '80, anche se subirono relativamente pochi
danni durante questo periodo, ad eccezione dei furti.
Lo
stile - Angkor
Wat è il principale esempio dello stile classico dell'architettura
Khmer, da cui ha preso il nome lo 'stile Angkor Wat'. Durante il
dodicesimo secolo gli architetti Khmer divennero più abili rispetto ai
predecessori nell'uso della pietra arenaria (piuttosto che mattoni) come
materiale principale per la costruzione di edifici. Altri templi in
questo stile sono Banteay Samré, Thommanon, Chao Say Tevoda e i primi
templi di Preah Pithu ad Angkor; fuori Angkor, Beng Mealea e parte di
Phanom Rung e Phimai. Lo stile Angkor Wat fu seguito dal periodo
cosiddetto Bayon, in cui alla qualità si preferì la quantità.
Angkor
Wat è stato elogiato soprattutto per l'armonia del suo progetto, che è
stato paragonato all'architettura degli antichi greci e romani. Secondo
Maurice Glaize, un sovrintendente di Angkor della metà del ventesimo
secolo, il tempio "raggiunge una perfezione classica mediante una
moderata monumentalità dei suoi elementi più belli e la collocazione
precisa delle sue proporzioni. È un opera di potenza, unità e
stile".
Gli
elementi architettonici che lo caratterizzano comprendono: torri ogivali
a forma di bocciolo di loto, semi-gallerie e corridoi più ampi,
terrazze cruciformi che appaiono lungo l'asse principale del tempio. La
maggior parte delle aree visibili sono di blocchi di pietra arenaria,
mentre la laterite fu usata per il muro esterno e per le parti
strutturali nascoste. Il legante usato per unire insieme i blocchi non
è stato ancora identificato, ma si pensa a delle resine naturali o
della calce secca. Altri elementi del progetto sono stati persi a causa
dei furti e del tempo, inclusi gli stucchi dorati sulle torri, alcune
figure dorate nei bassorilievi, e i pannelli in legno dei soffitti e
delle porte. I tipico elementi decorativi sono devata (o apsara),
bassorilievi, e l'uso esteso di scene narrative e floreali sui frontoni.
Le sculture è abbastanza statica e meno gradevole dei periodi
precedenti.
Il sito - Angkor Wat è una combinazione
unica tra il tempio collina, cioè il progetto standard per i templi
nazionali dell'impero, e il successivo piano di gallerie concentriche.
Il tempio è la rappresentazione del Monte Meru, la casa degli dei: le
cinque torri centrali simboleggiano i cinque picchi della montagna,
mentre le mura ed il fossato simboleggiano le montagne e l'oceano che le
circonda. L'accesso alle zone più in alto erano via via sempre più
esclusive, e le persone normali erano ammesse solo nel livello più
basso.
Al contrario della maggior parte dei templi Khmer,
Angkor Wat è orientato ad ovest invece che ad est. Questo ha portato
molte persone (inclusi Glaize and George Coedès) a concludere che
Suryavarman volesse servirsene come tempio funerario. Altre
testimonianze di questo sono fornite da alcuni bassorilievi, che
procedono in senso antiorario (detto prasavya in hindi), cioè al
contrario rispetto alla normalità. I riti procedono in ordine inverso
durante i funerali Brahminici. L'archeologo Charles Higham una cassa che
potrebbe essere un'urna cineraria che fu scoperta dalla torre centrale.
Freeman and Jacques fanno notare tuttavia che molti altri templi di
Angkor non hanno il tipico orientamento ad est, e suggeriscono che
l'allineamento di Angkor Wat sia dovuto alla sua consacrazione a Visnu,
che è associato con l'ovest.
Il cortile più esterno
- Il muro più esterno, lungo
1025 metri
per
802 metri
di larghezza ed alto
4,5 metri, è circondato da una fascia di terreno libero e da un
fossato. L'accesso al tempio da est è lungo un declivio di terra, ed in
pietra arenaria da ovest; quest'ultima è l'entrata principale ed è
probabilmente dove prima c'era un ponte. In ogni punto cardinale ci sono
dei gopura; il più grande è quello ad ovest con tre torri in
rovina. Glaize fa notare che questo gopura richiama perfettamente
la forma del tempio. Sotto la torre più meridionale c'è una statua di
Visnu, conosciuta come Ta Reach, che probabilmente occupava in
precedenza la parte centrale del sacrario. Tra le torri corrono delle
gallerie che arrivano fino alle due entrate ai lati del gopura,
dette anche "porte degli elefanti", perché sono abbastanza
grandi da farcene passare uno attraverso. Queste gallerie hanno delle
colonne quadrate nella parte esterna (ovest) e sono chiuse da pareti
nella parte interna (est). Il soffitto tra le colonne è decorato con
fiori di loto; la parte ovest con figure danzanti e la parete ad est del
muro con finestre, con figure maschili danzanti e animali baldanzosi, e
con devata, incluse le uniche nel tempio che mostrano i propri
denti (a sud della porta).
Il
muro più esterno racchiude un'area di circa 820.000 metri quadrati, che
originariamente oltre al tempio vero e proprio era occupata anche dalla
città, e da palazzo reale a nord del tempio. Questi edifici, come tutte
le costruzioni comuni di Angkor, erano costruiti in materiale deperibile
e non in pietra, ed è per questo che oggi non ne rimane niente se non
lo schema delle strade. La maggior parte di quest'area è oggi invasa
dalla foresta. Un viale pavimentato di 350 metri unisce il gopura
occidentale al tempio vero e proprio, con dei naga a balaustra e
sei gruppi di scalini che sul ambedue i lati conducono verso la città.
Su ciascun lato c'è una biblioteca con un ingresso per ogni punto
cardinale, con di fronte il terzo gruppo di scale dall'entrata, ed uno
stagno tra la biblioteca e il tempio stesso. Gli stagni non facevano
parte del progetto iniziale, così come il terrazzo a forma di croce con
a guardia dei leoni che connette il viale pavimentato alla struttura
centrale.
La
struttura centrale - Il
tempio vero e proprio si eleva su di un terrazzamento rialzato sopra il
livello della città. È composto essenzialmente da tre gallerie che si
alzano verso la torre centrale; ogni livello sale sopra quello
sottostante. Per Mannikka le gallerie sono dedicate rispettivamente al
re, a Brahma e la luna, e a Visnu. Ogni galleria ha un gopura ad
ogni punto cardinale, e le due gallerie interne hanno delle torri agli
angoli, e formano un quincunx con la torre centrale. Poiché il tempio
è orientato verso ovest, tutto l'insieme è spostato all'indietro verso
est, lasciando più spazio libero in ogni cortile o galleria del lato
occidentale; per lo stesso motivo ad ovest gli scalini sono meno ripidi
che sull'altro lato.
La galleria più esterna misura 187 per
215 metri
, con ogni angoli dei padiglioni invece che delle torri. la galleria è
aperta verso l'esterno del tempio, con delle semi-gallerie con colonne
che si allungano e che rinforzano la struttura. I muri interni
contengono una serie di bassorilievi con scene in larga scala,
principalmente dal Ramayana e dal Mahābhārata. Higham li definì
"la più grande disposizione lineare di sculture in pietra mai
conosciuta". Partendo dall'angolo a nord-ovest in senso antiorario,
la galleria più occidentale mostra la battaglia di Lanka (tratto dal
Ramayana, dove Rama sconfigge Ravana) e la battaglia di Kurukshetra
(tratto dal Mahābhārata, che mostra l'annientamento reciproco dei clan
Kaurava e Pandava). Seguono poi delle scene storiche nella galleria più
meridionale, una processione di Suryavarman II, e poi i 32 inferni e i
37 paradisi della mitologia indù.
Nella
galleria ad est c'è una delle scene più rinomate, la grande creazione
del mare di latte, e mostra 92 asure e 88 deva che usano il
serpente Vasuki per produrre il mare sotto la direzione di Vishnu
(Mannikka conta solo 91 asure, e spiega l'asimmetria numerica
come la rappresentazione del numero di giorni tal solstizio d'inverno
all'equinozio di primavera, e dall'equinozio al solstizio d'estate. La
galleria a nord mostra la vittoria di Krishna su Banasura (dove secondo
Glaize, "la lavorazione è la peggiore in assoluto" e una
battaglia tra gli dei induisti e asure. I padiglioni all'angolo
nord-ovest e sud-ovest contengono ambedue delle scene in scala ridotta,
alcune non identificate, ma soprattutto dal Ramayana o dalla vita di
Krishna.
Come
connessione tra la galleria più esterna e il secondo cortile c'è un
chiostro a forma di croce, chiamato oggi Preah Poan (il
"Salone dei mille Buddha"). Per secoli le immagini di Buddha
sono state lasciate nel chiostro dai pellegrini, sebbene oggi la maggior
parte siano state rimosse. Quest'area ha molte inscrizioni legate alle
buone opere dei pellegrini, la maggior parte scritte in khmer ma altri
in birmano e in giapponese. I quattro piccoli cortili delineati dal
chiostro sembra che un tempo potessero essere riempiti d'acqua. A nord e
a sud del chiostro ci sono le biblioteche.
Più
oltre, le gallerie più interne immediatamente seguenti sono connesse
tra di loro connesse e con due biblioteche affiancate da un altro
terrazzamento a croce, anche questo aggiunto in seguito. Salendo dal
secondo livello in poi, sulle pareti abbondano i devata,
singolarmente o in gruppi di quattro. Il cortile al secondo livello è
di 100 per 115 metri, e può darsi che fosse in origine allagato a
rappresentare l'oceano intorno al Monte Meru.
Tre
gruppi di scalini su ciascun lato conducono in alto verso le torri sugli
angoli e gopure nelle gallerie più interne. La scalinata molto
ripida rappresenta la difficoltà di salire nel regno degli dei. La
galleria più interna, detta Bakan, è un quadrato di 60 metri di
lato con gallerie che connettono i gopura con il sacrario
centrale, e altri sacrari secondari si trovano sotto le torri angolari.
I soffitti delle gallerie sono decorati con dei corpi di serpente che
terminano in teste di leone o di garuda. Dei frontoni scolpiti
decorano gli ingressi delle gallerie e dei sacrari.
La
torre sopra il sacrario centrale si eleva per 43 metri ad un'altezza di
65 metri dal piano del terreno; diversamente dai precedenti
templi-montagna, la torre centrale si eleva sopra le quattro torri che
la circondano. Il sacrario stesso, in origine occupato da una statua di
Visnu e aperto su ogni lato, fu murato all'interno quando il tempio fu
convertito al Buddhismo Theravada, con dei Buddha in piedi disegnati
sulle nuove mura. Nel 1934 il sovrintendente George Trouvé scavò la
cavità sotto il sacrario centrale: riempito di sabbia ed acqua, era già
stato derubato di tutti i suoi tesori, ma trovò un deposito di foglie
d'oro appena due metri sopra il livello del terreno.
Le
Case del Fuoco - Tra i celebri bassorilievi delle mura esterne
dell'Angkor Wat, uno dei più finemente scolpiti è dedicato alla parata
dell'esercito del suo costruttore, il re Suryavarman II. Questa
meravigliosa scultura si sviluppa sull'impressionante lunghezza di ben
94 metri, quasi interamente su un unico registro alto oltre due metri e
occupando per intero il lato ovest della cinta meridionale. Suryavarman
II è seduto sul suo elefante e venerato da un folto nucleo di
attendenti, che reggono sopra il suo capo ben 15 parasoli reali che ne
denotano il massimo rango.
Davanti
all'elefante, adagiato su di una lunga arca trasportata da portantini,
è scolpito il "Fuoco Sacro", simbolo propiziatorio di
fortuna, ricchezza e invincibilità militare. Per proteggere la sua
eterna fiamma furono costruite 121 "Case del Fuoco",
disseminate lungo le principali vie di comunicazione di tutto l'Impero.
Ad Angkor possiamo ammirarne due, molto simili tra loro, rispettivamente
all'interno dei grandi monasteri buddhisti del Ta Phrom e di Preah Khan.
La loro forma è facilmente riconoscibile e distintiva: sono infatti
costituite da un ambulacro principale orientato lungo l'asse est-ovest
che termina con una possente torre, sopra le cui porte sono scolpiti
raffinati bassorilievi, e sono caratterizzate da mura eccezionalmente
spesse con finestre sul solo lato meridionale.
Khmer
rossi e gli anni del terrore - Protettorato francese dal 1863,
incorporata nel 1887 nell'Unione Indocinese, la Cambogia di re Norodom
Sihanouk riacquistò l'indipendenza nel 1953. Sihanouk rimase alla guida
del Paese fino al marzo 1970, quando, in seguito a un colpo di Stato,
venne cacciato dalla Cambogia, che assunse un assetto repubblicano.
Dall'esilio in Cina, Sihanouk si alleò con i Khmer rossi,
organizzazione armata del Partito della Kampuchea Democratica,
d'ispirazione maoista, guidato da Poi Pot; e con essi riuscì, dopo
un'aspra guerra civile, a riprendere il controllo del Paese nel 1975. Il
14 dicembre di quell'anno venne proclamato lo Stato Democratico della
Cambogia; nel 1976, entrata in vigore una nuova Costituzione, fu eletto
capo dello Stato Khieu Sampan, leader moderato dei Khmer rossi, mentre
la carica di primo ministro veniva assunta dal feroce Poi Pot.
Dal
1977 la Cambogia Democratica fu coinvolta in ripetuti conflitti con il
Vietnam, mentre i Khmer rossi instauravano un regime di terrore che in
pochi anni attuò un vero genocidio, in nome di una nuova nazione basata
su un mix dì nazionalismo e maoismo. Nel gennaio 1979 il regime fu
rovesciato dall'invasione vietnamita supportata dall'Unione Sovietica,
Poi Pot fuggì e venne condannato a morte in contumacia. Per tutti gli
anni Ottanta i Khmer rossi, alleati col principe Sihanouk in esilio,
proseguirono le azioni di guerriglia e tentarono di boicottare le libere
elezioni che, per intervento dell'ONU, si tennero nel 1993. Poi Pot morì,
in circostanze non chiarite, nel 1998. Oggi la Cambogia è una monarchia
parlamentare e il re è Norodom Sihamoni, figlio di Sihanouk, che ha
abdicato in suo favore nel 2004. Nel 2006 è stato istituito un
Tribunale per i crimini compiuti dai Khmer rossi, che avrà il compito
di giudicare gli ex dirigenti del regime responsabile della morte di
quasi due milioni di persone.
Angkor
Wat oggi
- Dal 1990 Angkor Wat ha visto rinascere gli sforzi per la conservazione
e un enorme incremento di turisti. Il tempio fa parte del sito di
Ankgor, che dichiarato patrimonio dell'umanità nel 1992; questo portò
allo stanziamento di un po' di fondi ed ha incoraggiato il governo
Cambogiano a proteggere il sito. Il progetto tedesco per la
conservazione di Apsara (GAPC) sta lavorando per proteggere i devatas
e altri bassorilievi che decorano il tempio.
I
rilievi dell'organizzazione hanno trovato che circa il 20% dei devatas
erano in pessime condizioni, principalmente a causa della erosione
naturale e il deterioramento della pietra, ma anche in parte a causa di
precedenti tentativi di restauro. Altro lavoro include la riparazione
delle strutture crollate, e la prevenzione di crolli futuri: la facciata
ovest del livello superiore, per esempio, è stata rinforzata dal 2002
con impalcature, mentre un team giapponese ha completato nel 2005 il
restauro della biblioteca nord del cortile più esterno.
Angkor
Wat è diventata una delle maggiori destinazioni turistiche: il numero
di ingressi al tempio non sono noti, ma nel 2004 il paese ha accolto più
di un milione di passeggeri internazionali in arrivo, di cui il 57%
(secondo il Ministero del Turismo), avevano pianificato di visitare il
tempio. L'afflusso di turismo ha finora causato relativamente pochi
danni, se non alcuni graffiti; sono stati messi dei corrimano e degli
scalini in legno per proteggere i bassorilievi e i pavimenti. Il turismo
ha anche fornito dei fondi aggiuntivi per la manutenzione (circa il 28%
dei guadagni dai biglietti d'ingresso di tutto il sito di Angkor viene
speso nel tempio), ma la maggior parte del lavoro proviene dal gruppo
pagati da governi stranieri piuttosto che dalle autorità cambogiane.
Angkor
Thom
Angkor
Thom fu l'ultima delle capitali dell'Impero Khmer, ed anche quella che
è durata più a lungo. Fu fondata nel tardo dodicesimo secolo dal re
Jayavarman VII. Copre un'area di circa 9 km², in cui si possono trovare
diversi monumenti sia di epoche precedenti che quelle costruite da
Jayavarman VII e i suoi successori. Al centro della città c'è il
tempio di stato di Jayavarman, il Bayon, con altri siti importanti posti
poco a nord, nei dintorni di Piazza della Vittoria.
Storia
- Angkor Thom fu fondata come capitale dell'impero di Jayavarman
VII, ed era il centro di un enorme programma di costruzione di edifici.
Una iscrizione trovata nella città descrive Jayavarman VII come lo
sposo e la città come sua sposa.
Tuttavia
non fu la prima capitale Khmer della zona. Yashodharapura, più vecchia
di ben 3 secoli, era situata leggermente a nord-ovest, ed in parte
sovrapposta ad Angkor Thom. I più importanti tra gli edifici più
antichi all'interno della città sono l'ex tempio di stato di Baphuon, e
il Phimeanakas, che fu incorporato nel Palazzo Reale. I Khmer non
facevano alcuna distinzione tra Angkor Thom e Yashodharapura: una
iscrizione usa ancora il vecchio nome persiano nel quattordicesimo
secolo. Il nome di Angkor Thom (grande città) rimase in uso fino al
sedicesimo secolo.
L'ultimo
tempio conosciuto che è stato costruito ad Angkor Thom fu Mangalartha,
ed è del 1295. Da quel momento le strutture esistenti continuarono
talvolta ad essere modificate, ma tutti i nuovi edifici erano in
materiale deperibile e non sono sopravvissuti al tempo. Nei secoli
seguenti Angkor Thom rimase la capitale di un regno in declino finché
non venne del tutto abbandonata prima del 1609, quando uno dei primi
viaggiatori occidentale scrisse di una città disabitata,
"fantastica come l'Atlantide di Platone" che alcuni pesavano
fosse stata costruita dall'imperatore romano Traiano.
Stile
- Angkor
Thom è costruita nello stile Bayon, che si manifesta nelle grandi
dimensioni costruttive, nell'ampio uso di laterizio, nelle torri-viso ad
ogni entrata della città, e nei Naga che portano delle figure
gigantesche ed accompagnano ciascuna delle torri.
Il sito
- La città giace sulla riva
destra del fiume Siem Reap, un affluente del Tonle Sap, a circa 400
metri
dal fiume. La porta meridionale di Angkor Thom è a
7,2 km
a nord di Siem Reap, e 1,7 km
a nord dell'ingresso di Angkor Wat. La "Grande Città" che si
estende per 9 chilometri quadrati, è cinta per 12 da mura alte 8 metri,
con cinque porte, quattro ai punti cardinali e la quinta a nord della
porta orientale, sovrastante nella loro altezza di 20 metri da quattro
volti di Lokeshvara (ultimo grande costruttore khmer), identificato
evidentemente con Jayavarman nella sua funzione di "protettore
dell'universo".
Le
porte sono precedute da 54 deva, gli déi dagli occhi allungati,
e 54 asura, i demoni dagli occhi tondi, che reggono un naga. E'
evidente il rimando al "frullamento dell'oceano", ove il
mitico serpente Vasuki fu utilizzato come corda attorno alla Montagna
Cosmica - il tempio del Bayon - per ottenere l'effetto del
rimescolamento.
Ad
ognuno dei punti cardinali c'è un cancello, da cui partono strade verso
il Bayon posto al centro della città. Poiché il Bayon non ha mura
proprie e neanche fossati, quelli della città rappresentano per gli
archeologi le montagne e l'oceano che circondano il Monte Meru del
Bayon. Un altro cancello (il 'Cancello della Vittoria') si trova
500 m
più a nord del cancello orientale; la 'Via della Vittoria' corre
parellela alla via orientale verso la 'Piazza della Vittoria' e il
Palazzo Reale a Nord del Bayon.
La
città dunque ruota attorno al Bayon, la cui costruzione subì modifiche
nel corso degli anni, tanto da rendere complicate per gli studiosi sia
la sua datazione, sia la sua destinazione, finché il ritrovamento di
una statua del Buddha non lo chiarì.
A
prescindere dalle modifiche e dai continui rialzi, l'elemento cardine
del Bayon è il massiccio centrale a torri, un moltiplicarsi
impressionante di prasat a quattro volti di Lokeshvara.
Accanto
all'incredibile suggestione esercitata dalla foresta di torri, decine e
decine di bassorilievi srotolati sulle pareti delle gallerie, raccontano
le gesta di Jayavarman VII, vittorioso sui Chan del regno Champa,
inserendole nel contesto della vita quotidiana dei Khmer di allora,
rappresentata con freschezza e immediatezza, evidenziando come gli
artisti del Bayon cambiassero il tono e registro a seconda che
raffigurassero il mondo dei potenti, déi o sovrani che fossero, o
quello degli umili, ancora oggi tanto simile ad allora.
Ad
ogni angolo della città c'è un Prasat Chrung (angolo sacro), costruito
in pietra e dedicato ad Avalokiteshvara. Sono a forma di croce con una
torre al centro ed orientate verso est.
Dentro
la città c'era un sistema di canali attraverso i quali l'acqua scorreva
da nord-est verso sud-ovest. Lo spazio di terreno racchiuso dalle mura
era occupato dagli edifici della gente comune, di cui oggi non rimane più
niente. Oggi quest'area è coperta dalla foresta.
Oltre
il Bayon, tutti i siti principali si trovano a est o ad ovest della
'Piazza della Vittoria'. Andando da sud a nord troviamo il Baphuon
occidentale, la Terrazza degli Elefanti, il Phimeanakas ed il palazzo
reale, la Terrazza del Re Lebbroso, Tep Pranam e Preah Palilay; ad est,
il Prasats Suor Prat, il Khleang meridionale, Khleang settentrionale, e
Preah Pithu.
Baksei
Chamkrong
Baksei
Chamkrong è un piccolo tempio induista dedicato al dio Shiva, al suo
interno si può trovare una preevole statua dorata del divinità.
Il
tempio è situato sul lato sinistro dell'entrata sud dell'Angkor Thom,
risale all'epoca dell'Impero Khmer ed è stato costruito dal re
Harsavarman I in onore di suo padre Yasovarman I.
La
costruzione fu iniziata durante il periodo di Harsavarman I e durò per
molti anni a causa di alcune modifiche ordinate dai sovrani successivi,
fu completato durante il regno di Rajendravarman II (944-968 d.C.)
Il
nome Baksei Chamkrong significa letteralmente "L'uccello
che dà rifugio sotto le sue ali" e deriva da una leggenda che
parla di un re che provò a fuggire da Angkor durante un assedio e in
questo venne aiutato da un enorme uccello che lo trasportò e gli diede
protezione sotto le sue ali.
Questo
tempio è uno dei primi del sito costruiti con materiali capaci di
resistere al tempo, mattoni e laterite e con decorazioni in arenaria,
molto dello stucco sulle superfici del tempio è andato distrutto per
via degli agenti atmosferici.
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