Angkor
(Cambogia)

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1992

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Già nei primi secoli dell'era cristiana si era attuata una fonte ma pacifica indianizzazione dell'Indocina a opera dei Brahmani, la casta sacerdotale indù e in un secondo tempo dei missionari buddhisti, pertanto, i grandi templi di Angkor testimoniano un affascinante sincretismo di elementi autoctoni e importanti: il locale culto khmer degli antenati e della Montagna Sacra si fonde con l'ideale indù del monarca universale e con i miti della Montagna Cosmica, asse del mondo e suo perno ordinatore. 

Alla fine del IX secolo re Yasovarman I (889-900) fece costruire per primo la propria capitale nel sito di Angkor, forma alterata del termine sanscrito Nagara che significa "città reale, capitale", inaugurando una tradizione che sarebbe durata per i successivi cinque secoli: molti dei suoi discendenti lo avrebbero emulato cosicché nacquero diverse Angkor disposte l'una accanto all'altra fino a creare un centro monumentale di circa duecento chilometri quadrati. Per secoli i re si dedicarono a far costruire i templi dove essi stessi venivano venerati e che tuttora ne perpetuano la memoria, al perfezionamento delle opere di irrigazione e alla costruzione di dighe (veri capolavori di tecnica idraulica, oggi non più visibili), all'espansione politica e culturale: nel XII secolo la civiltà khmer si irradiò per tutto il sud-est asiatico fino a estendersi dalle coste del Vietnam alla Birmania centrale, dal Laos alla penisola malese. 

Nel IX secolo un grandioso rito brahmanico celebrato sul sacro monte di Phnom Kulen per il re Jayavarman II sancì per la prima volta il culto del devaraja, il "dio-re". Narra il mito che il dio Shiva, uno degli aspetti divini più importanti della religione indù, conferì al re il lingam, la pietra fallica che lo simboleggia e che da quel momento divenne anche il tabernacolo dell'essenza regale del devaraja, il protettore dell'universo, la cui dimora non poteva essere altro che il tempio-montagna. Quindi ogni sovrano edificava durante il suo regno un tempio personale che ospitava il lingam, simbolo della sua regalità e della sua essenza divina, e che alla sua morte ne diventava il mausoleo, una sorta di corpo architettonico. I più potenti devaraja fecero erigere luoghi sacri anche per i loro parenti: in tal modo il tempio, oltre a testimoniare la speranza di vita nell'Aldilà, diventava una sorta di ponte fra gli antenati e la loro progenie. 

Il regno di Jayavarman VII tra 1181 e 1219 rappresentò il culmine dell'impero, ma anche l'inizio del suo secolare declino: il progressivo ridursi della Cambogia alle sue terre interne sotto l'incalzante avanzata delle popolazioni vicine, la sospensione dei lavori per il controllo delle acque, la crisi di una società divisa in caste, logorata dalle guerre e dalla dispendiosa furia costruttrice del sovrano, la massiccia conversione al buddismo ascetico minò quel potere che per secoli aveva ostentato il proprio induismo. 

Nel 1431 l'antica capitale di Angkor venne abbandonata perché indifendibile e i re si trasferirono più a sud, nell'attuale Phnom Penh: i templi vennero inghiottiti dalla vegetazione tropicale e della città si perse quasi completamente la memoria. Fu un naturalista francese, Henri Mouhot, che nel secolo scorso descrisse per la prima volta nel suo "Il giro del mondo" le meraviglie della città di Angkor, attirando l'attenzione dell'Occidente sulla civiltà khmer. Durante il protettorato francese della Cambogia, l'Ecole Française d'Extreme Orient, fondata nel 1900, iniziò il recupero di Angkor, procedendo a liberare i monumenti della giungla e a restaurarli.

Nel 1908 fu creata una struttura specifica, la Conservation des Monuments d'Angkor, che vide succedersi mitici direttori come Comaille e Henri Marchal, morto proprio in Cambogia nel 1970. Quando gli olandesi, nel 1929, inaugurarono il metodo dell'anastilosi - che consiste nello smontare completamente il monumento e ricostruirlo rinforzato pezzo per pezzo - si cominciò ad applicarlo con ottimi risultati ai monumenti khmer. 

Nel complesso monumentale di Angkor lo stesso schema urbano ritorna, con poche varianti, nelle diverse "capitali": nel cuore di ogni "città reale", protetta sui quattro lati da una cinta muraria, si trova il tempio principale, a nord di questo il palazzo reale, poi i quartieri residenziali; ultimi, ma non meno importanti, i baray, la cui forma geometrica aveva un significato magico, grandissimi bacini artificiali creati attraverso imponenti lavori idraulici che permettevano di irrigare le risaie nei sei mesi della stagione secca.  

Tutta l'architettura khmer è ispirata al simbolismo della Montagna Cosmica ed è proprio la torre-santuario quadrata con piramide a gradini che costituisce la più antica soluzione architettonica khmer, in mattone, arenaria o laterite. Prima isolate e poi raggruppate su un basamento in numero di tre o di cinque, le torri, i prasat, si evolvono in seguito nello scenografico complesso del tempio-montagna a quinconce, cioè a cinque torri, quattro disposte agli angoli del perimetro quadrato e una al centro, collegate da gallerie colonnate. 

Sono i miti indù dell'origine del mondo a dettare le regole per la costruzione: il tempio-montagna sorge in un bacino che simboleggia l'Oceano Cosmico, le acque primordiali nel cui grembo caotico sta racchiusa la vita in attesa di essere manifestata. L'importanza del baray, il bacino idrico khmer, è fondamentale nell'edificazione dei centri religiosi: il potere regale si fonda infatti, oltre che sulle motivazioni sacre, sulla capacità di sfruttamento delle acque per le risaie: così il re, trasponendo il mito in una dimensione pratica funzionale, diventa la fonte e il distributore della vita. 

Il corpo principale del tempio coincide con il mitico monte Meru a cinque picchi, che nella visione indù è al centro dell'universo e simboleggia l'asse ordinatore che trasforma il caos originario nel mondo manifesto. Le porte che si protendono in speciali padiglioni fuori dalla costruzione ai quattro punti cardinali celebrano l'estensione del potere regale su tutto l'universo. 

Quanto al ponte con la balaustra costituita da naga, i serpenti policefali a cinque o sette teste, rimanda all'arcobaleno che raccorda cielo e terra e alla pioggia di cui i serpenti sono portatori. 

A. Angkor Vat 

B. Phnom Bakheng

C. Angkor Thom 

D. Bayon

E. Preah Khan

F. Neak Pean

G. Bacino orientale

H. Ta Prohm

I. Banteay Kdei -

J. Sras Srang

K. Ta Som

L. Mebon orientale

M. Prerup

Moltissimi i monumenti nella zona di Angkor, la "Città" per eccellenza che si estende per 200 chilometri quadrati nei pressi dell'odierna località di Siemreap nella Cambogia settentrionale. Ogni sovrano doveva assolvere tre doveri fondamentali: verso i sudditi, con la costruzione di bacini e canali di irrigazione; verso gli antenati, con l'edificazione di un tempio che li commemorasse; verso se stesso in quanto devaraja, con l'erezione del suo santuario-montagna. 

Uno degli insediamenti più antichi si trova presso l'odierno villaggio di Roluos, ove il grande sovrano Indravarman fissò la sua capitale, Hariharalaya, facendo scavare il grande haray Indratataka ed edificare il tempio a sei torri del Preah Ko nell'879 e il santuario-montagna del Bakong nell'881. 

Abitata sicuramente fino all'882 Ruluos fu abbandonata dal successore Yashovarman (889-900) che fondò una sua capitale (Yashodhrapura), alimentata dall'enorme bacino idrico detto " Baray orientale" e gravitante attorno al tempio-montagna del Bakheng, che ospitava il lingam reale. Con Yashodhrapura inizia la storia di Angkor, che per più di cinque secoli fu l'epicentro dell'Impero Khmer, salvo la breve parentesi durante la quale Jayavarman IV spostò la capitale a Koh Ker dal 921 al 941. 

Non furono comunque soltanto i re a edificare: uno dei capolavori dell'arte khmer, il Banteay Srei, fu fatto costruire nel 967 da due Brahmani, Yajnavaranha e il fratello Vishnukumara, a 20 chilometri a nord-est di Angkor Rettangolare, con una serie di edifici tra la prima e la seconda cinta e riprese monumentali - ovvero gopura - cruciformi sugli ingressi della terza e della quarta, alleggerisce la massa dei muri con finestre cieche a colonnine circolari. Il viale d'accesso è fiancheggiato da due porticati e il tempio vero e proprio si articola in tre prasat centrali, di dimensioni ridotte, su basamenti decorati e con false porte su tre lati, sovrastati da una copertura a più piani che riprendono, miniaturizzandola, la  costruzione. Notevolissimi a Banteay Srei i frontoni, polilobati e poco curvi sui prasat, a profili molto ondulati nelle cosiddette "biblioteche", d'imitazione lignea nei gopura, spesso su tre piani prospettici, con quell'effetto "a cannocchiale" che diverrà tipico con l'Angkor Vat. La decorazione del tempio rappresenta uno dei momenti più felici nell'arte khmer per la ricchezza e la freschezza delle composizioni.

Il primo tempio dell'architettura classica khmer è il Prah Ko che sorse sul monte di Mahendrapura per custodire, come voleva la tradizione, le anime degli antenati del sovrano; dedicato al dio Shiva, l'edificio è costruito in mattoni, con infissi e porte in latente, pietra dal caldo colore rosso mattone, che caratterizza le architetture khmer più antiche. Nella struttura si succedono, dall'esterno verso l'interno, un ampio recinto quadrato, una seconda recinzione che sorge a un livello superiore e, infine, una piattaforma rettangolare munita di sei alte torri quadrate, disposte su due file: la prima fila di tre torri è consacrata agli antenati maschi, mentre la seconda alle antenate, giacché nella cultura khmer le donne e gli uomini avevano gli stessi diritti; alla base di ciascuna torre troviamo una figura in bassorilievo, un "guardiano" che sorveglia il riposo degli antichi avi.  

Nell'881 Indravarman I fece costruire un secondo tempio, più imponente e articolato, il Bakong: dedicato anch'esso a Shiva, il cui rappresentante in terra era appunto il sovrano, sorse ancora una volta su un monte e venne circondato, oltre che dal muro di cinta, da un esteso specchio d'acqua artificiale. L'accesso era possibile grazie a due ingressi so­praelevati che solcavano il bacino idrico: le balaustre dei due passaggi sospesi erano foggiate a forma di serpente.

Il Bakong è il primo grande monumento in pietra in cui si uniscono la piramide a ripiani e il santuario a torre: dei cinque piani del complesso, costituiti da altrettante terrazze concentriche, i primi tre sono decorati ai vertici con elefanti in pietra, il quarto da dodici torrette, mentre all'ultimo piano si trova il santuario principale sormontato da cinque tetti coronati da un fiore di loto. Alla base di tutta la costruzione si trovano otto santuari turriti e altrettanti leoni accucciati vigilano sulle le scale d'accesso.  

Suryavarm II (1113-50), il "Protetto della vittoria", fece costruire in circa trent'anni l'Angkor Vat (1122-50) ovvero "la città santuario", la più grande creazione architettonica di tutta l'Asia e la più alta espressione dell'arte khmer, al punto da essere noto come il "Partenone cambogiano". Dedicato a Visnu, il tempio costituisce con ogni probabilità il mausoleo del sovrano: lo provano l'ingresso orientato a occidente e gli innumerevoli bassorilievi che vanno letti da sinistra a destra, proprio nel senso del rituale funebre indù. Su una base piramidale a pianta quadrata, circondata da tre serie concentriche di gallerie, scandite da colonne e poste ad altezza via via crescente, si innestano, a più di duecento metri di altezza, cinque enormi torri a forma di boccioli di loto, di cui quella centrale è poco più alta delle altre: esse richiamano il profilo del monte Meru, "la mitica montagna aurea" dell'induismo, cuore dell'universo e sede della divinità.

All'interno si presentano agli occhi del visitatore chilometri e chilometri di decorazioni, modanature scolpite e bassorilievi che ricoprono tutto il muro interno della galleria del primo piano. Vi sono descritti antichi poemi indiani, episodi di vita della corte, scene di battaglia, momenti epici come la discesa dell'esercito reale khmer dalla montagna alla pianura con i comandanti seduti sugli elefanti e seguiti dall'esercito dei fanti.

Ma il capolavoro è la rappresentazione del mito di origine indiana della "zangolatura dell'oceano del latte", che occupa una parete di un centinaio di metri. Per ottenere la bevanda dell'immortalità, Yamrita o ambrosia, dei e demoni stipulano una tregua e percuotono insieme i flutti dell'oceano del latte servendosi del serpente Vasuki, che viene arrotolato intorno a una montagna: a un capo e all'altro del grande cobra novantadue demoni e ottantotto dei tirano alternativamente per ottenere un movimento rotatorio. Arbitro della disputa è Visnu, raffigurato sia con sembianze umane sia in una delle sue incarnazioni, la tartaruga. Centinaia di figure femminili dal volto calmo e sorridente e dall'espressione ieratica, adorne di preziosi monili, compaiono sui pilastri, sulle architravi delle porte, sui muri e le pareti delle gallerie: sono le apsàras, danzatrici celesti, e le dévata, divinità femminili che dispensano le gioie del paradiso. 

Alla morte di Suryavarman II nel 1150 fece seguito un trentennio di instabilità politica durante il quale i cham, provenienti dal vicino Vietnam, dapprima saccheggiarono, nel 1177, e in seguito dominarono per quattro anni su Angkor; ma il futuro Jayavarman VII (1181-1219), guidò la riscossa del popolo khmer e lo rese di nuovo indipendente.  

Alla fine del XII secolo questo sovrano, conosciuto come il "re costruttore" fece edificare la sua capitale, la gigantesca Angkor Thom, "Angkor la Grande", la "Grande città", in cui l'arte khmer ritrova l'antico splendore. Nella cinta muraria di sedici chilometri si inseriscono cinque porte monumentali, punto di arrivo di altrettanti ponti fiancheggiati su entrambi i lati da cinquantaquattro statue colossali: a sinistra, con espressione serena, gli dei, a destra i demoni dai volti contratti, che hanno, cosa curiosa, occhi occidentali; tutti stringono il corpo del mitico serpente Naga, riconoscibile per le sette teste, progenitore dei khmer e spirito delle acque. Al centro sorge il tempio Bayon, un edificio piramidale su cui svettano ben cinquantaquattro torri, su ognuna delle quali sono scolpiti quattro volti ciclopici del dio-re. 

Il muro della galleria del portico esterno è decorato da bassorilievi che rappresentano scene di battaglia contro i guerrieri cham, dai tipici copricapo a fior di loto, ma soprattutto scene di vita quotidiana della popolazione dell'epoca, descritte con un linguaggio spontaneo e realista: con questo re, convertitosi al buddismo, l'arte abbandona la mitologia e si fa profana. 

Tra i numerosi edifici religiosi buddisti fatti costruire dal neo convertito Jayavarman VII, spicca l'immenso monastero di Ta Prom, dedicato dal re alla madre: è questo il luogo più suggestivo dell'antica città, volutamente lasciato dagli archeologi nelle condizioni in cui fu scoperto nella seconda metà del XIX secolo, con le gallerie e le mura ricoperte dall'intrico secolare della vegetazione tropicale e gli enormi blocchi di pietra delle strutture crollate avvolti da gigantesche radici.  

LA MONTAGNA COSMICA

Tutta l'architettura khmer è ispirata al simbolismo della montagna cosmica, il luogo più alto dove il mondo degli uomini e quello degli dei comunicano, quasi una sorta di Torre di Babele, ed è proprio il prasal, la torre-santuario sulla piramide a gradoni, che costituisce la più antica soluzione architettonica khmer, in mattoni, arenaria o latente. Prima isolati e poi raggruppati su un basamento in numero di tre o di cinque, i prosai si evolvono in seguito nello scenografico complesso del tempio-montagna a cinque torri, di cui quattro disposte agli angoli del perimetro quadrato e una al centro, collegate fra loro da gallerie colonnate. Sono i miti hindu dell'origine del mondo a dettare le regole per la costruzione: il tempio-montagna è circondato da uno specchio d'acqua che simboleggia l'oceano cosmico primordiale, nel cui grembo caotico è racchiusa la vita in attesa di essere manifestata. A costituire le liquide distese che riflettono i sacrali è una fitta rete di canali, alimentati a loro volta dai baray, i bacini khmer, grandi contenitori d'acqua piovana e di riporto dai fiumi, che non erano scavati nel suolo, ma ottenuti alzando argini: il perimetro del baray veniva segnato da due canali paralleli, la cui terra di riporto serviva a costruirvi in mezzo l'argine. Il canale esterno aveva funzione di drenaggio e di raccolta delle acque di straripamento.

I baray immagazzinavano l'acqua a un livello più alto della piana e, quindi, tramite un sistema di chiuse, era possibile farla defluire a piacere, senza bisogno di pompe, ma sfruttando il dislivello. Una meccanica idraulica geniale, ottenuta con un dispendio di mezzi e fatica decisamente inferiore a quello richiesto dallo scavo di un bacino e che permetteva tre raccolti di riso all'anno. I lavori per imprese simili tuttavia, prevedevano migliaia di operai: bisognava disboscare, sterrare, scavare canali e alzare argini. Ciò richiedeva un forte potere centrale, in grado di provvedere successivamente alla manutenzione del sistema idrico. L'importanza regale si fonda così, oltre che sulle motivazioni sacre, anche sulla capacità di sfruttamento delle acque per le risaie: il re, trasponendo il mito dell'oceano cosmico, fonte della vita, in una dimensione pratica funzionale, diventava il garante e il distributore della liquida essenza vitale. Oggi, tuttavia, questa concezione della città idraulica è messa fortemente in discussione dalle ultime scoperte satellitari.

AL CENTRO DELL'UNIVERSO

Il corpo principale del tempio che emerge dalle acque coincide con il mitico Monte Menu, che nella visione hindu è al centro dell'universo e simboleggia l'asse ordinatore che trasforma il caos originale nel mondo manifesto. I cinque picchi del Meru giustificano il motivo delle cinque torri. Le porte, che si protendono in speciali padiglioni fuori dalla costruzione verso i quattro punti cardinali, celebrano l'estensione del potere regale su tutto l'Universo. Quanto al ponte con la balaustra costituita da naga - i serpenti policefali - che collega la città e il tempio, cioè il mondo degli uomini e quello degli dei, rimanda all'arcobaleno che raccorda Cielo e Terra e alla pioggia, di cui i serpenti sono portatori. Ogni elemento è volto a sottolineare la dimensione divina: i cigni e i garuda, i mitici esseri in parte umani e in parte rapaci che compaiono alla base delle costruzioni, stanno a indicare che queste sono i carri o i palazzi volanti degli dei, trasportati nei cieli da creature alate. La statua principale diventa il tabernacolo dello spirito regale e deve essere resa viva tramite una particolare cerimonia definita "apertura degli occhi". Defunto il re, questa diviene il luogo che ne ospita le ceneri. Poche statue sono rimaste in loco, purtroppo, perché i predatori le hanno divelte dalle basi alla ricerca di tesori che forse non vi furono mai.

Al santuario, casa del dio-re o suo mausoleo, il popolo poteva accedere solo parzialmente. Gli ambienti più interni - o più sopraelevati, visto che le tipologie architettoniche erano due: il tempio collocato sulla piramide a gradoni e quello in piano entro cinte concentriche - erano aperti esclusivamente al sovrano e ai sacerdoti, esseri che godevano di uno stato sovrumano.

Tanta incredibile bellezza fu probabilmente costruita anche con il sangue dei nemici vinti, obbligati alla schiavitù, e del popolo khmer, costretto a periodi di lavoro forzato. Ma probabilmente tanta sofferenza era illuminata dalla fede e il devaraja, più che un tiranno, rappresentava la guida e il modello morale per il suo popolo. Se questa ipotesi può sussistere per le forme dispotiche dell'antica Cambogia, è insostenibile per la storia recente e le sue ideologie genocide. Dimenticare l'uomo per ricordare solo i suoi monumenti è una fuga dalla realtà. Lungo le strade in riva ai canali, nelle risaie, nei mercati, nei villaggi, gente dignitosa e gentile nasconde il suo terribile e recentissimo passato nel profondo dello sguardo e non ha ancora trovato la pace che merita.

LA SCOPERTA DI ANGKOR

Abbandonata nel 1431, nel 1863 Angkor fu scoperta dagli europei grazie alla pubblicazione postuma dei taccuini e dei disegni del naturalista francese, Henri Mouhot, che nel 1858 si era imbattuto nelle rovine dell'antica capitale khmer. Quando poi alcuni dei reperti di scultura e architettura portati da Angkor a Parigi da Delaporte qualche anno più tardi, calchi e statue raffiguranti un gigante a cinque teste e dieci braccia, un drago policefalo, un leone ritto e pronto a saltare approdano all'Esposizione universale di Parigi del 1878 circondati da carte e disegni collezionisti e architetti, scultori e letterati vengono catturati dal fascino dall'arte khmer. 

Sebbene la politica coloniale francese in Oriente non avesse trovato in Cambogia le ricchezze sperate, in Francia l'interesse si espande rapidamente a mano a mano che pezzi pregiati, calchi, souvenir provenienti da Angkor prendevano la via dei musei e delle collezioni d'Oltralpe. 

Così, con il tempo Angkor comincia a essere meta non solo di sempre più frequenti spedizioni archeologiche, ma anche di un vero e proprio flusso turistico. 

Nell'autunno del 1907 giungono ad Angkor più di duecento escursionisti europei, per lo più coloni provenienti da Phnom Penh o da Saigon, mentre dal 1912 vengono organizzati viaggi "tutto compreso", ma di soli due giorni: si può soggiornare in capanne su palafitte dove però occorre portarsi biancheria, viveri e quanto necessario per cucinare. 

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Negli anni venti le agenzie turistiche permetteranno di visitare la città in qualunque stagione, e la moda delle crociere farà tappa anche ad Angkor, che diventa anche meta di importanti artisti, come lo scrittore Pierre Loti, e gli attori Charlie Chaplin e Paulette Goddard (1936). 

La seduzione esercitata da Angkor accende l'interesse per la civiltà cambogiana nel suo complesso: quando nel 1924 il re Sisovath giunge portando con sé il Corpo di ballo reale, Rodin dedica un'intera serie di disegni a quelle fanciulle e per completarla le insegue fino a Marsiglia. 

Ma è in occasione dell'Esposizione coloniale di Parigi del 1931 che l'iconografia di Angkor entra nell'immaginario collettivo: viene allora presentata una monumentale ricostruzione dell'Angkor Vat e i pubblicitari se ne impadroniscono.

Angkor Wat  

Angkor Wat (in lingua khmer Tempio della città) è un tempio khmer, situato nel sito archeologico di Angkor, in Cambogia, nei pressi della città di Siem Reap.

Il tempio fu fatto costruire da re Suryavarman II tra il 1113 e il 1150. Il re ordinò che la gigantesca costruzione partisse da 4 lati contemporaneamente, cosicché fu completata in meno di 40 anni. L'ipotesi più probabile è che si tratti di un mausoleo, un luogo dove il re avrebbe potuto essere venerato dopo la morte. Infatti, l'entrata principale è situata ad ovest, come nei templi funerari, e non ad est, come consuetudine per i templi indù. Il tempio è a forma di rettangolo, lungo circa 1,5 km. da ovest a est e 1,3 km. da nord a sud; all'interno del fossato che circonda completamente il muro perimetrale di 3,6 km vi sono tre gallerie rettangolari, costruite una sopra l'altra. Al centro del tempio si trovano cinque torri. Angkor Wat si compone di due principali caratteristiche dell'architettura cambogiana: il tempio collina che si erge all'interno di un fossato e che simboleggia il Meru (la montagna degli dei nella religione indù, ed infatti il tempio è consacrato a Visnu), e i successivi templi a galleria.

È diventato il simbolo della Cambogia ed appare sulla bandiera nazionale; è oggi il luogo del paese più visitato dai turisti. La prima costruzione del tempio iniziò nella prima metà del dodicesimo secolo, durante il regno di Suryavarman II (1113-1150 circa), e fu dedicato a Visnu. Non sono state trovate iscrizioni del periodo della fondazione, per cui il nome originale è oggi sconosciuto. È situato a 5,5 km a nord dell'odierna città di Siem Reap, e a sud-est della capitale precedente, che era a Baphuon. Sembra che alla morte del re i lavori si siano fermati, ed alcuni bassorilievi siano rimasti incompiuti. Nel 1177 Angkor fu saccheggiata dai Chăm, tradizionali nemici dei Khmer. L'impero fu rifondato dal un nuovo re, Jayavarman VII, che stabilì la nuova capitale e il tempio dello stato rispettivamente a Angkor Thom e a Bayon, pochi chilometri a nord.  

Angkor Wat si differenzia dagli altri templi di Angkor perché non è mai stato del tutto abbandonato, ed inoltre il fossato esterno lo ha in un certo qual modo protetto dall'avanzare della giungla. Fino al XVI secolo il tempio era conosciuto come 'Preah Pisnulok', dal nome dato a Suryavarman dopo la sua morte. In questo periodo prese il suo nome moderno, che significa "Città Tempio". 'Angkor' è la forma dialettale della parola nokor che deriva dal sanscrito 'nagara' (capitale), mentre wat è il termine Khmer per tempio.

Uno dei primi visitatori occidentali del tempio fu Antonio da Magdalena, un monaco portoghese che lo visitò nel 1586 ed affermò che "è una costruzione così straordinaria che è impossibile da descrivere con una penna, poiché non c'è un edificio simile al mondo. Ha delle torri e delle decorazioni e quanto di più raffinato che il genio umano possa immaginare." Tuttavia il tempio divenne popolare in Occidente solo alla metà del XIX secolo, dopo che Henri Mouhot pubblicò le sue note di viaggio.

Mouhot, come altri visitatori occidentali, non credette che i Khmer avessero potuto costruire il tempio, e ne sbagliò la datazione giudicando che fosse contemporaneo ai romani. La vera storia di Angkor Wat fu messa insieme solo dopo lunghi studi stilistici ed epigrafici che furono portati avanti con la sistemazione ed il restauro dei siti dell'intera area di Angkor.

Angkor Wat richiese un notevole lavoro di restauro durante il ventesimo secolo, in particolare la rimozione della terra e della vegetazione. I lavori furono interrotti durante la guerra civile e sotto il controllo dei Khmer rossi negli anni '70 e '80, anche se subirono relativamente pochi danni durante questo periodo, ad eccezione dei furti.

Lo stile - Angkor Wat è il principale esempio dello stile classico dell'architettura Khmer, da cui ha preso il nome lo 'stile Angkor Wat'. Durante il dodicesimo secolo gli architetti Khmer divennero più abili rispetto ai predecessori nell'uso della pietra arenaria (piuttosto che mattoni) come materiale principale per la costruzione di edifici. Altri templi in questo stile sono Banteay Samré, Thommanon, Chao Say Tevoda e i primi templi di Preah Pithu ad Angkor; fuori Angkor, Beng Mealea e parte di Phanom Rung e Phimai. Lo stile Angkor Wat fu seguito dal periodo cosiddetto Bayon, in cui alla qualità si preferì la quantità.

Angkor Wat è stato elogiato soprattutto per l'armonia del suo progetto, che è stato paragonato all'architettura degli antichi greci e romani. Secondo Maurice Glaize, un sovrintendente di Angkor della metà del ventesimo secolo, il tempio "raggiunge una perfezione classica mediante una moderata monumentalità dei suoi elementi più belli e la collocazione precisa delle sue proporzioni. È un opera di potenza, unità e stile".

Gli elementi architettonici che lo caratterizzano comprendono: torri ogivali a forma di bocciolo di loto, semi-gallerie e corridoi più ampi, terrazze cruciformi che appaiono lungo l'asse principale del tempio. La maggior parte delle aree visibili sono di blocchi di pietra arenaria, mentre la laterite fu usata per il muro esterno e per le parti strutturali nascoste. Il legante usato per unire insieme i blocchi non è stato ancora identificato, ma si pensa a delle resine naturali o della calce secca. Altri elementi del progetto sono stati persi a causa dei furti e del tempo, inclusi gli stucchi dorati sulle torri, alcune figure dorate nei bassorilievi, e i pannelli in legno dei soffitti e delle porte. I tipico elementi decorativi sono devata (o apsara), bassorilievi, e l'uso esteso di scene narrative e floreali sui frontoni. Le sculture è abbastanza statica e meno gradevole dei periodi precedenti.  

Il sito - Angkor Wat è una combinazione unica tra il tempio collina, cioè il progetto standard per i templi nazionali dell'impero, e il successivo piano di gallerie concentriche. Il tempio è la rappresentazione del Monte Meru, la casa degli dei: le cinque torri centrali simboleggiano i cinque picchi della montagna, mentre le mura ed il fossato simboleggiano le montagne e l'oceano che le circonda. L'accesso alle zone più in alto erano via via sempre più esclusive, e le persone normali erano ammesse solo nel livello più basso.

Al contrario della maggior parte dei templi Khmer, Angkor Wat è orientato ad ovest invece che ad est. Questo ha portato molte persone (inclusi Glaize and George Coedès) a concludere che Suryavarman volesse servirsene come tempio funerario. Altre testimonianze di questo sono fornite da alcuni bassorilievi, che procedono in senso antiorario (detto prasavya in hindi), cioè al contrario rispetto alla normalità. I riti procedono in ordine inverso durante i funerali Brahminici. L'archeologo Charles Higham una cassa che potrebbe essere un'urna cineraria che fu scoperta dalla torre centrale. Freeman and Jacques fanno notare tuttavia che molti altri templi di Angkor non hanno il tipico orientamento ad est, e suggeriscono che l'allineamento di Angkor Wat sia dovuto alla sua consacrazione a Visnu, che è associato con l'ovest.  

Il cortile più esterno - Il muro più esterno, lungo 1025 metri per 802 metri di larghezza ed alto 4,5 metri, è circondato da una fascia di terreno libero e da un fossato. L'accesso al tempio da est è lungo un declivio di terra, ed in pietra arenaria da ovest; quest'ultima è l'entrata principale ed è probabilmente dove prima c'era un ponte. In ogni punto cardinale ci sono dei gopura; il più grande è quello ad ovest con tre torri in rovina. Glaize fa notare che questo gopura richiama perfettamente la forma del tempio. Sotto la torre più meridionale c'è una statua di Visnu, conosciuta come Ta Reach, che probabilmente occupava in precedenza la parte centrale del sacrario. Tra le torri corrono delle gallerie che arrivano fino alle due entrate ai lati del gopura, dette anche "porte degli elefanti", perché sono abbastanza grandi da farcene passare uno attraverso. Queste gallerie hanno delle colonne quadrate nella parte esterna (ovest) e sono chiuse da pareti nella parte interna (est). Il soffitto tra le colonne è decorato con fiori di loto; la parte ovest con figure danzanti e la parete ad est del muro con finestre, con figure maschili danzanti e animali baldanzosi, e con devata, incluse le uniche nel tempio che mostrano i propri denti (a sud della porta).

Il muro più esterno racchiude un'area di circa 820.000 metri quadrati, che originariamente oltre al tempio vero e proprio era occupata anche dalla città, e da palazzo reale a nord del tempio. Questi edifici, come tutte le costruzioni comuni di Angkor, erano costruiti in materiale deperibile e non in pietra, ed è per questo che oggi non ne rimane niente se non lo schema delle strade. La maggior parte di quest'area è oggi invasa dalla foresta. Un viale pavimentato di 350 metri unisce il gopura occidentale al tempio vero e proprio, con dei naga a balaustra e sei gruppi di scalini che sul ambedue i lati conducono verso la città. Su ciascun lato c'è una biblioteca con un ingresso per ogni punto cardinale, con di fronte il terzo gruppo di scale dall'entrata, ed uno stagno tra la biblioteca e il tempio stesso. Gli stagni non facevano parte del progetto iniziale, così come il terrazzo a forma di croce con a guardia dei leoni che connette il viale pavimentato alla struttura centrale.

La struttura centrale - Il tempio vero e proprio si eleva su di un terrazzamento rialzato sopra il livello della città. È composto essenzialmente da tre gallerie che si alzano verso la torre centrale; ogni livello sale sopra quello sottostante. Per Mannikka le gallerie sono dedicate rispettivamente al re, a Brahma e la luna, e a Visnu. Ogni galleria ha un gopura ad ogni punto cardinale, e le due gallerie interne hanno delle torri agli angoli, e formano un quincunx con la torre centrale. Poiché il tempio è orientato verso ovest, tutto l'insieme è spostato all'indietro verso est, lasciando più spazio libero in ogni cortile o galleria del lato occidentale; per lo stesso motivo ad ovest gli scalini sono meno ripidi che sull'altro lato. 

La galleria più esterna misura 187 per 215 metri , con ogni angoli dei padiglioni invece che delle torri. la galleria è aperta verso l'esterno del tempio, con delle semi-gallerie con colonne che si allungano e che rinforzano la struttura. I muri interni contengono una serie di bassorilievi con scene in larga scala, principalmente dal Ramayana e dal Mahābhārata. Higham li definì "la più grande disposizione lineare di sculture in pietra mai conosciuta". Partendo dall'angolo a nord-ovest in senso antiorario, la galleria più occidentale mostra la battaglia di Lanka (tratto dal Ramayana, dove Rama sconfigge Ravana) e la battaglia di Kurukshetra (tratto dal Mahābhārata, che mostra l'annientamento reciproco dei clan Kaurava e Pandava). Seguono poi delle scene storiche nella galleria più meridionale, una processione di Suryavarman II, e poi i 32 inferni e i 37 paradisi della mitologia indù.  

Nella galleria ad est c'è una delle scene più rinomate, la grande creazione del mare di latte, e mostra 92 asure e 88 deva che usano il serpente Vasuki per produrre il mare sotto la direzione di Vishnu (Mannikka conta solo 91 asure, e spiega l'asimmetria numerica come la rappresentazione del numero di giorni tal solstizio d'inverno all'equinozio di primavera, e dall'equinozio al solstizio d'estate. La galleria a nord mostra la vittoria di Krishna su Banasura (dove secondo Glaize, "la lavorazione è la peggiore in assoluto" e una battaglia tra gli dei induisti e asure. I padiglioni all'angolo nord-ovest e sud-ovest contengono ambedue delle scene in scala ridotta, alcune non identificate, ma soprattutto dal Ramayana o dalla vita di Krishna.

Come connessione tra la galleria più esterna e il secondo cortile c'è un chiostro a forma di croce, chiamato oggi Preah Poan (il "Salone dei mille Buddha"). Per secoli le immagini di Buddha sono state lasciate nel chiostro dai pellegrini, sebbene oggi la maggior parte siano state rimosse. Quest'area ha molte inscrizioni legate alle buone opere dei pellegrini, la maggior parte scritte in khmer ma altri in birmano e in giapponese. I quattro piccoli cortili delineati dal chiostro sembra che un tempo potessero essere riempiti d'acqua. A nord e a sud del chiostro ci sono le biblioteche.  

Più oltre, le gallerie più interne immediatamente seguenti sono connesse tra di loro connesse e con due biblioteche affiancate da un altro terrazzamento a croce, anche questo aggiunto in seguito. Salendo dal secondo livello in poi, sulle pareti abbondano i devata, singolarmente o in gruppi di quattro. Il cortile al secondo livello è di 100 per 115 metri, e può darsi che fosse in origine allagato a rappresentare l'oceano intorno al Monte Meru. 

Tre gruppi di scalini su ciascun lato conducono in alto verso le torri sugli angoli e gopure nelle gallerie più interne. La scalinata molto ripida rappresenta la difficoltà di salire nel regno degli dei. La galleria più interna, detta Bakan, è un quadrato di 60 metri di lato con gallerie che connettono i gopura con il sacrario centrale, e altri sacrari secondari si trovano sotto le torri angolari. I soffitti delle gallerie sono decorati con dei corpi di serpente che terminano in teste di leone o di garuda. Dei frontoni scolpiti decorano gli ingressi delle gallerie e dei sacrari.

La torre sopra il sacrario centrale si eleva per 43 metri ad un'altezza di 65 metri dal piano del terreno; diversamente dai precedenti templi-montagna, la torre centrale si eleva sopra le quattro torri che la circondano. Il sacrario stesso, in origine occupato da una statua di Visnu e aperto su ogni lato, fu murato all'interno quando il tempio fu convertito al Buddhismo Theravada, con dei Buddha in piedi disegnati sulle nuove mura. Nel 1934 il sovrintendente George Trouvé scavò la cavità sotto il sacrario centrale: riempito di sabbia ed acqua, era già stato derubato di tutti i suoi tesori, ma trovò un deposito di foglie d'oro appena due metri sopra il livello del terreno.  

Le Case del Fuoco - Tra i celebri bassorilievi delle mura esterne dell'Angkor Wat, uno dei più finemente scolpiti è dedicato alla parata dell'esercito del suo costruttore, il re Suryavarman II. Questa meravigliosa scultura si sviluppa sull'impressionante lunghezza di ben 94 metri, quasi interamente su un unico registro alto oltre due metri e occupando per intero il lato ovest della cinta meridionale. Suryavarman II è seduto sul suo elefante e venerato da un folto nucleo di attendenti, che reggono sopra il suo capo ben 15 parasoli reali che ne denotano il massimo rango. 

Davanti all'elefante, adagiato su di una lunga arca trasportata da portantini, è scolpito il "Fuoco Sacro", simbolo propiziatorio di fortuna, ricchezza e invincibilità militare. Per proteggere la sua eterna fiamma furono costruite 121 "Case del Fuoco", disseminate lungo le principali vie di comunicazione di tutto l'Impero. Ad Angkor possiamo ammirarne due, molto simili tra loro, rispettivamente all'interno dei grandi monasteri buddhisti del Ta Phrom e di Preah Khan. La loro forma è facilmente riconoscibile e distintiva: sono infatti costituite da un ambulacro principale orientato lungo l'asse est-ovest che termina con una possente torre, sopra le cui porte sono scolpiti raffinati bassorilievi, e sono caratterizzate da mura eccezionalmente spesse con finestre sul solo lato meridionale.

Khmer rossi e gli anni del terrore - Protettorato francese dal 1863, incorporata nel 1887 nell'Unione Indocinese, la Cambogia di re Norodom Sihanouk riacquistò l'indipendenza nel 1953. Sihanouk rimase alla guida del Paese fino al marzo 1970, quando, in seguito a un colpo di Stato, venne cacciato dalla Cambogia, che assunse un assetto repubblicano. Dall'esilio in Cina, Sihanouk si alleò con i Khmer rossi, organizzazione armata del Partito della Kampuchea Democratica, d'ispirazione maoista, guidato da Poi Pot; e con essi riuscì, dopo un'aspra guerra civile, a riprendere il controllo del Paese nel 1975. Il 14 dicembre di quell'anno venne proclamato lo Stato Democratico della Cambogia; nel 1976, entrata in vigore una nuova Costituzione, fu eletto capo dello Stato Khieu Sampan, leader moderato dei Khmer rossi, mentre la carica di primo ministro veniva assunta dal feroce Poi Pot. 

Dal 1977 la Cambogia Democratica fu coinvolta in ripetuti conflitti con il Vietnam, mentre i Khmer rossi instauravano un regime di terrore che in pochi anni attuò un vero genocidio, in nome di una nuova nazione basata su un mix dì nazionalismo e maoismo. Nel gennaio 1979 il regime fu rovesciato dall'invasione vietnamita supportata dall'Unione Sovietica, Poi Pot fuggì e venne condannato a morte in contumacia. Per tutti gli anni Ottanta i Khmer rossi, alleati col principe Sihanouk in esilio, proseguirono le azioni di guerriglia e tentarono di boicottare le libere elezioni che, per intervento dell'ONU, si tennero nel 1993. Poi Pot morì, in circostanze non chiarite, nel 1998. Oggi la Cambogia è una monarchia parlamentare e il re è Norodom Sihamoni, figlio di Sihanouk, che ha abdicato in suo favore nel 2004. Nel 2006 è stato istituito un Tribunale per i crimini compiuti dai Khmer rossi, che avrà il compito di giudicare gli ex dirigenti del regime responsabile della morte di quasi due milioni di persone.  

Angkor Wat oggi - Dal 1990 Angkor Wat ha visto rinascere gli sforzi per la conservazione e un enorme incremento di turisti. Il tempio fa parte del sito di Ankgor, che dichiarato patrimonio dell'umanità nel 1992; questo portò allo stanziamento di un po' di fondi ed ha incoraggiato il governo Cambogiano a proteggere il sito. Il progetto tedesco per la conservazione di Apsara (GAPC) sta lavorando per proteggere i devatas e altri bassorilievi che decorano il tempio. 

I rilievi dell'organizzazione hanno trovato che circa il 20% dei devatas erano in pessime condizioni, principalmente a causa della erosione naturale e il deterioramento della pietra, ma anche in parte a causa di precedenti tentativi di restauro. Altro lavoro include la riparazione delle strutture crollate, e la prevenzione di crolli futuri: la facciata ovest del livello superiore, per esempio, è stata rinforzata dal 2002 con impalcature, mentre un team giapponese ha completato nel 2005 il restauro della biblioteca nord del cortile più esterno. 

Angkor Wat è diventata una delle maggiori destinazioni turistiche: il numero di ingressi al tempio non sono noti, ma nel 2004 il paese ha accolto più di un milione di passeggeri internazionali in arrivo, di cui il 57% (secondo il Ministero del Turismo), avevano pianificato di visitare il tempio. L'afflusso di turismo ha finora causato relativamente pochi danni, se non alcuni graffiti; sono stati messi dei corrimano e degli scalini in legno per proteggere i bassorilievi e i pavimenti. Il turismo ha anche fornito dei fondi aggiuntivi per la manutenzione (circa il 28% dei guadagni dai biglietti d'ingresso di tutto il sito di Angkor viene speso nel tempio), ma la maggior parte del lavoro proviene dal gruppo pagati da governi stranieri piuttosto che dalle autorità cambogiane.  

Angkor Thom  

Angkor Thom fu l'ultima delle capitali dell'Impero Khmer, ed anche quella che è durata più a lungo. Fu fondata nel tardo dodicesimo secolo dal re Jayavarman VII. Copre un'area di circa 9 km², in cui si possono trovare diversi monumenti sia di epoche precedenti che quelle costruite da Jayavarman VII e i suoi successori. Al centro della città c'è il tempio di stato di Jayavarman, il Bayon, con altri siti importanti posti poco a nord, nei dintorni di Piazza della Vittoria.

Storia - Angkor Thom fu fondata come capitale dell'impero di Jayavarman VII, ed era il centro di un enorme programma di costruzione di edifici. Una iscrizione trovata nella città descrive Jayavarman VII come lo sposo e la città come sua sposa.

Tuttavia non fu la prima capitale Khmer della zona. Yashodharapura, più vecchia di ben 3 secoli, era situata leggermente a nord-ovest, ed in parte sovrapposta ad Angkor Thom. I più importanti tra gli edifici più antichi all'interno della città sono l'ex tempio di stato di Baphuon, e il Phimeanakas, che fu incorporato nel Palazzo Reale. I Khmer non facevano alcuna distinzione tra Angkor Thom e Yashodharapura: una iscrizione usa ancora il vecchio nome persiano nel quattordicesimo secolo. Il nome di Angkor Thom (grande città) rimase in uso fino al sedicesimo secolo.

L'ultimo tempio conosciuto che è stato costruito ad Angkor Thom fu Mangalartha, ed è del 1295. Da quel momento le strutture esistenti continuarono talvolta ad essere modificate, ma tutti i nuovi edifici erano in materiale deperibile e non sono sopravvissuti al tempo. Nei secoli seguenti Angkor Thom rimase la capitale di un regno in declino finché non venne del tutto abbandonata prima del 1609, quando uno dei primi viaggiatori occidentale scrisse di una città disabitata, "fantastica come l'Atlantide di Platone" che alcuni pesavano fosse stata costruita dall'imperatore romano Traiano. 

Stile - Angkor Thom è costruita nello stile Bayon, che si manifesta nelle grandi dimensioni costruttive, nell'ampio uso di laterizio, nelle torri-viso ad ogni entrata della città, e nei Naga che portano delle figure gigantesche ed accompagnano ciascuna delle torri.  

Il sito - La città giace sulla riva destra del fiume Siem Reap, un affluente del Tonle Sap, a circa 400 metri dal fiume. La porta meridionale di Angkor Thom è a 7,2 km a nord di Siem Reap, e 1,7 km a nord dell'ingresso di Angkor Wat. La "Grande Città" che si estende per 9 chilometri quadrati, è cinta per 12 da mura alte 8 metri, con cinque porte, quattro ai punti cardinali e la quinta a nord della porta orientale, sovrastante nella loro altezza di 20 metri da quattro volti di Lokeshvara (ultimo grande costruttore khmer), identificato evidentemente con Jayavarman nella sua funzione di "protettore dell'universo". 

Le porte sono precedute da 54 deva, gli déi dagli occhi allungati, e 54 asura, i demoni dagli occhi tondi, che reggono un naga. E' evidente il rimando al "frullamento dell'oceano", ove il mitico serpente Vasuki fu utilizzato come corda attorno alla Montagna Cosmica - il tempio del Bayon - per ottenere l'effetto del rimescolamento.

Ad ognuno dei punti cardinali c'è un cancello, da cui partono strade verso il Bayon posto al centro della città. Poiché il Bayon non ha mura proprie e neanche fossati, quelli della città rappresentano per gli archeologi le montagne e l'oceano che circondano il Monte Meru del Bayon. Un altro cancello (il 'Cancello della Vittoria') si trova 500 m più a nord del cancello orientale; la 'Via della Vittoria' corre parellela alla via orientale verso la 'Piazza della Vittoria' e il Palazzo Reale a Nord del Bayon.  

La città dunque ruota attorno al Bayon, la cui costruzione subì modifiche nel corso degli anni, tanto da rendere complicate per gli studiosi sia la sua datazione, sia la sua destinazione, finché il ritrovamento di una statua del Buddha non lo chiarì.

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A prescindere dalle modifiche e dai continui rialzi, l'elemento cardine del  Bayon è il massiccio centrale a torri, un moltiplicarsi impressionante di prasat a quattro volti di Lokeshvara. 

Accanto all'incredibile suggestione esercitata dalla foresta di torri, decine e decine di bassorilievi srotolati sulle pareti delle gallerie, raccontano le gesta di Jayavarman VII, vittorioso sui Chan del regno Champa, inserendole nel contesto della vita quotidiana dei Khmer di allora, rappresentata con freschezza e immediatezza, evidenziando come gli artisti del Bayon cambiassero il tono e registro a seconda che raffigurassero il mondo dei potenti, déi o sovrani che fossero, o quello degli umili, ancora oggi tanto simile ad allora.

Ad ogni angolo della città c'è un Prasat Chrung (angolo sacro), costruito in pietra e dedicato ad Avalokiteshvara. Sono a forma di croce con una torre al centro ed orientate verso est.

Dentro la città c'era un sistema di canali attraverso i quali l'acqua scorreva da nord-est verso sud-ovest. Lo spazio di terreno racchiuso dalle mura era occupato dagli edifici della gente comune, di cui oggi non rimane più niente. Oggi quest'area è coperta dalla foresta.

Oltre il Bayon, tutti i siti principali si trovano a est o ad ovest della 'Piazza della Vittoria'. Andando da sud a nord troviamo il Baphuon occidentale, la Terrazza degli Elefanti, il Phimeanakas ed il palazzo reale, la Terrazza del Re Lebbroso, Tep Pranam e Preah Palilay; ad est, il Prasats Suor Prat, il Khleang meridionale, Khleang settentrionale, e Preah Pithu.  

Baksei Chamkrong

Baksei Chamkrong è un piccolo tempio induista dedicato al dio Shiva, al suo interno si può trovare una preevole statua dorata del divinità. 

Il tempio è situato sul lato sinistro dell'entrata sud dell'Angkor Thom, risale all'epoca dell'Impero Khmer ed è stato costruito dal re Harsavarman I in onore di suo padre Yasovarman I. 

La costruzione fu iniziata durante il periodo di Harsavarman I e durò per molti anni a causa di alcune modifiche ordinate dai sovrani successivi, fu completato durante il regno di Rajendravarman II (944-968 d.C.)

Il nome Baksei Chamkrong significa letteralmente "L'uccello che dà rifugio sotto le sue ali" e deriva da una leggenda che parla di un re che provò a fuggire da Angkor durante un assedio e in questo venne aiutato da un enorme uccello che lo trasportò e gli diede protezione sotto le sue ali.

Questo tempio è uno dei primi del sito costruiti con materiali capaci di resistere al tempo, mattoni e laterite e con decorazioni in arenaria, molto dello stucco sulle superfici del tempio è andato distrutto per via degli agenti atmosferici.