Isola sacra di Okinoshima e siti associati della regione di Munakata
Giappone 

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2017

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L'isola di Okinoshima fa parte del territorio amministrato dalla città di Munakata ed un’isola grande poco meno di un chilometro quadrato. E’ considerata terra sacra dal locale Munakata Taisha e la popolazione dell'isola consiste di un singolo impiegato del tempio

Sull’isola alle donne è proibito mettere piede per motivi religiosi. La sacra Okinoshima, appena dichiarata Patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco, è sede di un kami, uno «spirito» divino secondo la religione shintoista, il principale culto giapponese.  

Esistono varie spiegazioni del perché alle donne sia vietato mettere piede sull’isola, ma quella più probabile è legata al ciclo mestruale: secondo i precetti religiosi dello shintoismo – ma la credenza è presente anche in altre culture antiche – una donna con le mestruazioni è “impura”, e contaminerebbe il sito. Gli stessi uomini, quando si recano sull’isola, devono spogliarsi e compiere un rituale di purificazione: anche per questa ragione non sono molte le persone che visitano Okinoshima. L’isola ha un unico abitante, il guardiano del santuario, e i visitatori non possono prendere nulla di ciò che si trova su di essa, nemmeno un filo d’erba.

Il divieto che riguarda le donne è un precetto religioso, non una legge, quindi se una donna dovesse raggiungere in qualche modo l’isola (come è successo in altri siti sacri giapponesi proibiti alle donne) non commetterebbe un reato.  

Gli uomini che approdano sull'isola devono spogliarsi e purificarsi nel mare. La situazione contradditoria è che la divinità cui è dedicato il tempio secentesco Okitsu è una donna, la dea degli abissi marini Tagorihime ("nebbia marittima").

Non solo, da più di 600 anni, sull’isola si svolgono rituali di preghiera necessari per assicurare la protezione delle navi che solcano il mare e benedire i successi in campo diplomatico del Giappone in Asia.

I pescatori e i naviganti rivolgono le loro preghiere alle tre divinità femminili conosciute come Tagorihimi-no-Kami (che rappresenta la nebbia marittima), Tagitshuhime-no-Kami (che rappresenta la marea intensa e violenta) e Ichikishimahime-no-Kami (gli atti di culto degli dei). 

Tra il quarto e il nono secolo Okinoshima era un porto sicuro dove i marinai si fermavano nei loro viaggi tra Corea e Giappone, e nel corso del tempo hanno lasciato sull’isola circa 80mila ex-voto, cioè oggetti usati come offerta per la divinità in cambio di un viaggio sicuro, simili a quelli che si vedono nelle chiese delle città di mare: spade e altre armi, specchi e perle. Dato che gli oggetti più antichi sono precedenti all’inizio della diffusione della scrittura in Giappone, sono molto preziosi perché danno l’idea di cosa fosse lo shintoismo a quei tempi, e di conseguenza sono protetti come un tesoro nazionale.

Gli unici visitatori sono ammessi (con un obbligatorio permesso d'ingresso), soltanto il 27 maggio, con l'esclusiva intenzione di pregare per le anime dei militari russo-giapponesi morti in guerra nel 1905 nei dintorni dell'isola. Gli uomini non potranno assolutamente riferire quanto hanno visto e fatto nel tempio; vige, inoltre, il perentorio divieto di portare via oggetti locali.

La richiesta di inserimento nella lista stilata dalle Nazioni Unite era partita nel 2009 ed è apparsa del tutto «coerente dal punto di vista paesaggistico e artistico, essendo il luogo un paradiso a cielo aperto e ospitando numerose opere artistiche e oggetti storici di valore». Meno coerente è sembrata, però, a livello etico.